Fiera Letteraria - Anno X - n. 30 - 24 luglio 1955

Domenica 24 luglio I955 LA FIERA LETTERARIA l'ag. ~ GALLERJIA DEGLJI §CRJITTORI( lTALJfANl[ V,\·A 1 1 1,\'ESTHA SV CESE,\'ATICO .lf. Saluto a Marino '.)f.' di MANARAVALGIMlGLI . V~glW.Jaro a~h'io il mio saluto ~u~tgri~ 9 0 5; 6 il P!r... silenzioso e sofingo sarà a Marino il più caro. Ar– rmo alla sua ~a.8a,che è nell'angolo tra ponte e ca– nale, e suono il campanello {forse il campanello è in ca3a su!!- la ~osaC!iefa pi1ì 1·11more, se non si è pronti e _svelta a tlr_ure md1etro con lo 11t1ghie il 1mlsanteJ. Vume ad aprirmi la Tonina che lta s,, le braccia il ba• tuffol~tto_ mo~bido e bianco di 1m gattino 11ato da Po· cl!,! g1orn1. A-11, 1t011110 se~1tito o mi vengono incontro om per_ la scala la sorella lnes e Marino. < Niente /e_ste, niente fe~te >, mi dice ,Marino, < né qui né a Firen~e né a Milano>. < Ma e è tanta gente in Italia c~e h vuol bene o in qi,a1che modo te lo vorrebbe dare>. Il salotto potrebbe essere quello di ,m. quahm– que parz.név1d o pescivendolo di Cesenatico, se sul t~volo tondo, ohe t ti~l mezzo, e s11llungo so/d, e 1 ,er– /t.nq s1~ll(!, stufa Beclt,, a cassette, ,ion ci fossero trov• P• hbr, d1 rece11te stam1)(l. e mucchi di lettere. Ma dove scrive ~arino1 Forse sii quel tavolincino minuscolo appoggiato al m"ro presso la finestra, Ci avvicinia– mo alla fit1estra che dà s11i canale: barche vele cor• t/,f?,· qttalche ~scatore, calzoni rimboccati, che armeg– gia ~on un piede sulla barca e un altro sulla riva; laD01ù ,;. fondo, tra turnolette leggere, il cielo cllE pan~~ e ~~de sul mare: e Tutta la mia vita è qui, tut_ti , "!'e'. settanta antu sono qui, da q1wndo ,wc• qu, >, m• dice Marino. E ttn attimo, volge il ca'J)O e l'occhio a una wrete dov'è il ritratto della sua Mamma. 1\lANARA VALGlMIGLI PRESENTAZION'E *· di .GUIDO LOPEZ Luglio 1955 . La prl.mavolta che-:- a bracclo di mia Madie - , tt.ù;a;. I uscio ai Marino (avro avuto si e no dodlcl anni e lu1 m1conosceva ... da -sempre) la sua casa sul canale era se– conda a guartlare dal ponte: e nel giardino cmt-at.odal mul"oc·era li gran fico alla cul ombra la Tonina - ormai da trent-·ann1 e più manlpoJat.rlce d·ottJme tagllat.elle in .casa Morett-1- servh 1 a ta\·ola al t,utt-'ahro che padronale padrone. Quando vi toma1 - sqlo - nel ·51, la casa d"an. golo_non c'era più; o meglio, 'era d1' 1 entata d"Bngoloquel– la d. Moretti: sulle macerie dell"alt,rn. l'lotern VJII Arma. ta s·era !aua st-rada verso li Nord. mettendo a fragore il quieto e garrullo borgo tutto vele rosse e color arancio. Stavolt.a - giugno '5!> - mancava anche li !lco del giar– dino, abbatl.uto per decrepitezza; e al posto della gatta b,lgiad"altri tempi e d'un cagnetto trovatello di guerra, eera una tenerissima mtcla d angora candida, superba di recente matemit-à. Immutat,a, invece. la più che centenaria tartaruga cune. ff~~~iutl l~vg1~-~~C:~u!twc::;1Ta~~~ r!~v:se~to 5! di là dal canale, punta avanzat.8.della CcsenaUcoche Ma. rino Ignora e che Ignora Marino. Debbo aggiungere ch'io non ,, .di mai Il ncgoclo di pizzlcagnolo del • tempo felice » là dove adesso lo scrittore, rlscat-tando a sé u locale e eh.udendone lo sbocco sulla strada. ha posto una gran bi. blioteca. un IU1180 tavolo antico, un seggio epi,;copale ln ~~Pi:!~ pareti - un gruppo del su01 moltJ. e pre- C'era 11,tavolt-a con me - oltre a mia moglie - un fo. togra!o professionista. Piacque al nost-ro scrlttore ch"egli non sapesse proprio nulla di lui, anzi ne avesse a mala pena imparato Il nome mettendosI In viaggio da Milano. Cosi Marino. che sa dir di no più. d'ogni altra persona ch'io conosca, !u con lui cordialissimo. Accettava, cioè, d1 !arsi !otograrare quasi a comando: al tavolino. alla libre– ria. al J)OZl,O. sul canale, e persino posando la mano sulla spalla d'un barcaiolo a p!cdl scalzi. Capii più tardi che questa s_uacondiscendenza era dovu ta anche ad una specie di riparazione pre\·entiva per quei secco NO ch'cgll si era maturato dentro in mia aLtesa: a .so!!ocaresul nascere quel poco o tanto di feste ch·.o a\ 1 re1 volutopreparargll a Cesenatico per i suol 50e 70.Ml assali di!aU!. non n~no d1 J!uliet-te Bertrand nel 1925 a Parlgt: come si narra m quest.epagine. e SenU Ines - dice\'a egl: fratt.anto alla cara sorella. chiesta in soccorso - ricordi quando eravamo piccoll noi due e s.i giocava per le scale o In giardino o qui nello studlot bast-a, 1 a che sent-lss.imo 6QUlllare il campanello. per qualcuno che cercava nostro Padre. e noi vla! a nasconderci dietro li J)OZZO. Sempre cosi. per me: quando suonano Il campanello. io fuggo>. lo guardavo sgomento, e lui: « Volete !anni feste _ In– calzava - a Ces,::natlco?m1costringete a partire: prendo il treno per Bologna>. Anche la Tonina testimoniava: f~u~:/?:S:1i 1 ~t~~t~a;;:~~eN/ii,~~• !~~ri:~ti~~~~~ Nçn sblrc!a nemmeno, in quei casi, per paura che 10 scorgano. Se Invece rosplte è atteso o,- lnaU.esoma annunziato dall'una ~elle due donne - è gradito (sono gradlLI, poi, quasi tut-t.. purché non vengano per adularlo), allora ecco la casa di Marino dlvent-ar la più amabile delle case. e lui - come ben~ lo ha còlto Rombi - scendere le scale dal• lo stud!o con le braccia aperte. già d.i!endo: eOh. caro! ». Caro Manara. caro Pietro. caro Beppo. caro Alfredo. caro Nino. caro Aldo: cioè Valgimlgll. Pancrazi. Borgese. Pan– zln1.Lopez (mio padre). Palazzeschl: per dire - tra I vivi e ~mob~.~a~~:~~h~ 1 ~a~~!f~ro~ie~ag~ef~ ~~~\1!r: ~~!t,iè a Olgllola. e persino alruomo dal lampo elettronico; non avrei \'Oluto adesso guastare l'ntero sabato - un quieto !iaobrietod~tf:~a /f~,~:1~,~~''i,;-~~!~~~l~~e~a't ~:/~: que. le feste. I dlscorslni, I telegrammi. l'e\·ent-ualecenetta 60t-tola pergola, e ne ottenni. in compenso, l'accesso all'ar. chlvlo (arruffato) delle recensioni e delle lettere. Qui cou\•enivopoi - via vht che Mar,no ml estraeva questo o quel foglio scrlt-to"a mano o a stampa - che la !esUc• clola non avrebbe lasciato quasi nulla dietro di 5é (o più che altro. malinconie) mentre questa bella raccolta di scritU su Marino, a Marino.rir Marino, resta, ed è una ra~~j ~~~:.nt~~g~i\~6 ~~: 1: ~~tit~ l~~~r~: P:!1~~il ~~ là ,•ive. da sempre, Ja\'Orando sul tavollnet-to all'ombri'. della propria mano; e Lutti a CesenaUco son d'accordo Sindaco compreso, di !ar rinta di nulla; guai se perdessè quella pace, quella solitudine, quel silenzio. Come se a Cunegonda la tartaruga Imbandierassero Il guscio. Tale è la cronistoria < per dirla alla Saba) di questo •numero» morettlano: che si compone idealmente di tre parti. L'una è antologica e .a.., con l'inclus!one di due 6aggi espre56amente scriU! per la ePiera• da Bellone! e da GrilU - raccoglie alcun{ degHessent.lall elzeviri che I maggiori critlcl _dedicaronoalle opere maggiori di Ma• rlno <dei tempi g,ornnili ce n'è meno. anche per Ja di!· flcoltà di rlt-rovarne Il testo): l "alt.ra è - tra scritt-l editi e inedltJ - una piccola galleria di rltrat.ti morettlanJ e di brevi «t-estlmonlanze»1nrrammez.zatea lettere Inedite tratte dRlrRrchlvlo di Cesenat;co, sempre ricco di sor– prese ancorché depauperato dalla guerra; e inrlne _ oltre a un brano Inedito del nostro autore - una piccola Inchiesta fra scrittori egiovani• <giovani di penna Rn• ,. che se non sempre giovani di età): « Quale libro di Mo– rett-1 preferite?•· og~t S:n:i~~~li~y:i~~g~~:~~ :ui::~~r1r·~~~nrocl.~:o d~ l'altro criterio di tendem,a c·era da rarsl venire Il mal di capo. Abbiamo anche per questo preferito dare alla scelta u1l"Jntonazlonea!!ettiva: da Arrem alla Zangran• di, questi sono-scrittori del dopoguerra che a Marino Mo- ~bt;f ~~~obo;~~t.i1°1e~ie1~a J~ ~~af(~orire~~Ìa~i1°1°nd~~~c~~~ o presentat-1 all'editore, da Marino. Lo dicevamo quegli ~~: ~~ri~-~~ :~~ges~,:~r~i d~J 1 ~in=g~hfiar;~g:.d~ re~1Cs~r~~~• 1 !~~• J~~~a~g~U)~~a~~~· di penna. cApita che 11,lano nove qui dentro; e càplta anche _ benché l'uno non npesse dell'alt-ro - che la loro scelta cada quasi ogni \Olta su un libro dhe:·so. a lnmpant.e conrem1a d·un giu– dizio spesso formulato: il Moret-tl non essere rautore di un lib~ solo. A far cifra tonda tra I nove. è g!usto che !~t~F~ 1 l1m~r1 ~~t~b\~5;!}t~f·~ 1 rchut:ùtn'e:~:~~nl~lp;~: rabll!, compreso J"lrrltante e qualche volta persino ve– lenoso e slblll!no Pauo Paul, porrà l'accento, rra le opere narrative. sul Fiocco verde, storia di un Vescovo !ra nove donne. Il flocco verde - se un giorno Marino cl cal·erà al• GUIDO LOPEZ (Continua a pag. 6) MARINO MORETTI Cinquant'anni di . . ' attzvzta letteraria l\larlna Mardll, on·t, nel suo studio di Cuenatlco Marino Morelli a vent·annl, In Via Laura UN BRANO INEDITO DALLE CARTE DI MORETII DALL'ARCHI DICESENATI Consegnandoci questo brano Inedito fil titolo è nostro) Marino Moretti vi ha am,o– ,to lO seguente laconica dlcfta,ra: • Pagine t:~ì r:m,1::: :s~lf~'i:a:e~:, t~~~ ~af. vo che il pezzo è stato scritto l'anno ,corso; e che IL teatro divenuto con ia ,econda guerra abìtatfone multipla -,,er sfollati, di cui si narra e fanttutlca qui, esbt.e davve– ro, ed è proprio Il Comunale di Cesenatico, descritto al suol bei tempi In vari{ libri, tra l quali • Il romartio deUa Mam'1!a >. ...Il giorno dopo, mancando la bella rete che Ingombrava al solito l'atrio del nostro Comunale, Inaugurato Il 10 giugno 1860, entrò risoluto il commendatore con una sua gonna valigia, disposto ad accet– tare la sua piccola Idea d'artista, sicuro ormai di non !ornarsene indietro. Non aveva paura né dellE:donne scarmigliate né delle raguze dal capelli rossi che lo accoglievano con un certo sarcasmo pren• dendolo per uno dell'altra riva, ossia un e signore>, forse Intuendo che si resta si– gnori anche senza pecunia né dimora. Egll voleva Insomma che queste donne gli fa• cessero posto: e pagava. Era proprio di• sposto a pagare per la munlflcenµ di una e stellina>. - Un palco? - disse allora la più scar• ruffata di quelle. - Vediamo se resta an• cora un palco oer lei. Vuole Il palco di prim'ordine numero 7? · - No, mamma - saltò su un vivace ra– gazzino. - Non ti ricordi che la Fanara non aveva Il tagllere? - Già, la Fanara ne ha fatto un taglie– re. Allora aspetti, Il 21, più verso Il pro• scenlo? - La porta del 21? - fece, passando, la raga7.zetta dal capelli rossi. - Bruciata, bruciata la settimana scorsa dalla Delml• ra d'Arlodante. - Non lo sapevo. Quella Delmlra ne ha bruciate di porte e di scanni a dispetto d\?l• l'antica Deputazione teatrale. Allora, si diceva. la barcaccia di destra, cioè di si– nistra? - Una barcaccia del prim'ordine? - grl• dò quasi sarcastica la più fortunala lnqui• llna della sala di musica. - Da quanto tem– po di quelle porte si son latte assi per la• vare o accendere Il fuoco? E poi, non Io sapete che nelle barcacce c'è tanta m... ? - Ha sentito, ha sentito? C'è tanta pu• pù nelle barcacce! Tolta una di second'or• dine dove sta una contessa. - Ma insomma, Insomma - Cii signore si spazientiva) - non ci deve'esserc qual– cosa anche per me che son qui pronto a pagare? Vi prego ançhe di prendere nota ch'io sono un democratico. un amico del po– polo. In giugno voterò per la repubblica. .J. Aspetti. Vuole Il second'ordine? Per• ché dal finestrini del loggione le viene al• meno più luce. Cosi pensava anche la sl– inora contessa della barcaccia. Eccole il palco numero 15, Il palco grande, centrale, il palco addirittura del podestà ... scusi. del sindaco che non c'entrerà mal più, si ca• pisce. - Del sindaco! - chiese con enfasi il comrriendatore dri1.1,andosl tutt9 per la <ortuna che _glicapitava. per !"onore che s'Intendeva quasi fargli vagamente dal popolo, se non dall'ln1era cittadinanza. - Com'è? E' disponibile Il palco ... della su• prema autorità? Escrementi non ce ne so– no? La porta davvero c'è? - Sissignore, sissignore - assicurava la buona donna per Ingraziarsi Il futuro In• qulllno, questo almeno pagante. - Lo han• no rispettato: senza ... pupù. Hanno capilo ch'era diverso dagli altri per via del cen• clo rosso che gli fa ancora da baldacchino come quello ch'era una volta sui palchi reali. Soltanto noi vi abbiamo nascosto una botticella d'acelo e un botllgllone di sangiovese che vi promettiamo di ritirare In giornata. E cosi lo abbiamo salvato chiudendolo a chiave. E pagando anche la serratura. Stamura! Dov'è la chiave del palco del sindaco? - Eceola, mamma. - Be'. Stamura, ora accompagni Il si• gnore. Accompagnalo nella. .1ua .stanza. L'inquili110 del paleo .,n. 15 * In realtà questo dialogo vien sostenuto In lingua Italiana vagamente aui!ca, se pu• re stentata, da parte della donnetta del teatro che affitta Il palco del sindaco; e Il fatto stesso che qualcuno del Comunale accetti di rispondere in lingua riesce a . dare al nuovo ospite una prima hfdetermi• nata soddlslaZlone. Ma aveva e,:?11 appena voltato le spalle alla sua cosi detta padro• na di casa che doveva, non senza amarez– za. convincersi come la lingua del teatro fosse Il rozzo dialetto, e dialetto romagno• lo per giunta. Egli Incontrava Infatti nel corrldolo dei palchi un'altra madre che redarguiva la ligllola tornata appena di città dove aveva, pare, imparato a parla• re: - S'at sint a scorr un'entra volta in talien, a t'un.dagh, (se ti sento ancora par. lare Italiano, te ne dò) - e il brav'uomo passò oltre a testa più alta, con più. fiero cipiglio. Aveva anche saputo entrando ,iel• la sua stanza- una diS<:relastanzina d'al• fitto che dava In una sala di torma ellttlca anziché in una orrenda corte, con grande finestra quadra non priva d'addobbo poi• veroso, d'un rosso opaco, stinto - aveva cosi saputo Il signore che quasi tutti i pal• chi erano ormai senza porta quando non servissero alle donne di ripostiglio. Ma ecco ora un vecchio signore senza ricove– ro che stringeva al petto la chiave di casa. Pagava Il mensile. un piccolissimo me.n• slle, alla più grossa e blsbetlca di queste donne, con pargolo al seno; come quiindo abitava in via Fond&7..M dove, a Bologna, scendevano ancora I comici di secondo o terz'ordlne. Pagava. era inteso, anticipato. Aveva però l'Impressione che se non aves• se In seguito fatto onore all'impegno, nes– suno avrebbe osato espellere dal teatro, come già dalla casa di via Fondau.a. un attore, anzi un commendatore, ed era per Il momento molto tranquillo . .I:: anche - perché no? - soddisfatto di riconoscere a questo teatro una bellissima acustica. Nella sua 'stanzeha, piccola come stan– za, i:randlsslmo come palchetto di teatro, occupato tutto da una brandina, da uno sgabello e dalla valigia, guardava come da un balcone la bella sala che si allar• _gava graziosamente a ,circolo nel mite e giusto diametro concesso a uno !>pettacolo I di prosa. Non poche lngitlrle avevano sol• ::f1 10 aff!Jni~~~\ ir:;~~~:Ìo~lg~~:g~~andd°i tragedi. e le fantasie mitologiche del so!– Jltto appena s'intuivano, da que~to davan• ?.aie sen7,a pelle o velluto, in una fitta e crudele rett? di cretti e fenditure compii• cate da tanta pulverulenza delle ragnatele di dopo la guerra. Lui conservava bene Il ricordo del pal– coscenico, spoglio di scenari, simile a un gran magazzino dove qualche operalo ar– meggi sen7,a scopo nell'ombra. un po' co– me nei Sei personaggi in cerca d'autore prima che giungano Icomici; e sapeva che In nessun altro luogo come in questa di• sadorna otliclna si potesse assls1ere passo passo all'imbastire e poi al maturarsi di un'opera d'arte scenica. E cosi ora se guah dava verso la scena (senza scena) distln• gueva in penombra Il gran portone che s'apriva nella pla7.zetta dietro lo sconquas• sato edi!lcio e non gli era poi dllticllc, soc– chiudendo un po' gl! occhi. scorgervi il ci– mitero d'Ofelia o la caverna d'Allgi o 11 triclinio neroniano o magari il luogo te– nebroso dove danzano le streghe mentre romba Il tuono nel Macbeth. Non altrl· menti aveva già fatto avanzare .fino alla buca rimasta aperta, In un'atmosfera poli• tlca molto accesa, in un'aria (pensava) d'ante•Breccia, l'inconsolabile Laura Bon, amica del Re, nemica di Cavour, fiera d'i• nau_gurare un teatrino In Romagn'a, com– mossa dagli applausi consolatori o, per dir meglio, e con buona pace di Cavour, ad• dirittura riparatori. - Povera Lauretta - diceva il vecchio attore al parapetto. gli occhi fissi su quel– la strana botola della ribalta - povera grande Laura, devi pur aver avuto a che lare con questori e agenti in borghese, nel tuoi spostamenti, con maresclà.111del carabinieri più che con autori e capocoml• cl. Sarò proptio contento di votare per la Repubblica. Usci soddisfatto. Girò la chiave come l'a• veva sempre girata in un ott-imo albergo, specie all'estero, per esempio a San Pao– lo del Brasile, dove però non comandava più quel fastoso Don Pedro che aveva no• minato commendatore dell'ordlne della ro• l\toretll (Il 1econdo da destra) nrl WU3 fra rii alunni della a:cuola di recitazione di Firenze sa non si sapeva più qual grande attore Italiano. Quando ai volse, incontrò Jo sguardo di una vecch.ia signora in veli e cencettl multicolori che aveva osservato incuriosita e sorpresa, ma non lnsoddl• sfatta, la presa di possesso del nuovo in• qulllno. Il commendatore elegan1e come in una delle sue pitces di prima dell'altra guerra (di t..a·vedan o di Capus. per lnten• dercl), e con la bombetta In mano, alfet• tata, come se Intendesse auspicare il ritor– no di questo degno copricapo (la bombet• ta abbinata all'ombrello), s'Inchinava alla dama caduta, come lui, in miseria e le la• sciò Il passo nel corridoio accontentandosi per Il momento del mesto sorriso di colei alla quale rendeva, con la bella espresslo– ·ne di quando aveva recitato per la prima volta in serata d'onore il dumasiano Dcmi-– monde, un primo rapido omaggio . .Era certamente la signora contessa De R...che abitava in fondo al corridoio, da codesta parte, in quella ch'era stata la superlor barcaccia di destra, magnifico osservalo– rio di damerini. Ma lei, autoritaria, non mancava d'lnizlatlva e aveva dunque la No - questo si sapeva - le cose molto per be– ne. Dalla maggior barcaccia, latta secon• do ottocentesca usanza con la riunione di due palchetti, era poi uscito un vero e pro– prio salotto con l'occlusione delle due aper– ture verso la sala, l'apertura d'un flnestrl• no su un vicoletto, l'alzamento d'una sot• tile parete di legno provvista di porta sul corridoio, si che Il vano venisse Ingrandito d'una buona metà a scàplto del medesimo corridoio là dove lei aveva saputo crearsi una splendida solitudine o splendid. isola– tion che in società si dicesse. li vecchio at– tore pensò che la. celebre Laura Bon, ca• duta In miseria, avrebbe saputo lare al• trettanto bene l suol Interessi a dispetto del poliziotti di chi stava tessendo l'Italia. Cresceva cosl la soddisfazione d'aver: ot– tenuto Il palco di second'ordine, quello pro– prio del sindaco, nel teatrino di Laura Bon, d'essere in grado di pagare l'al1ltto, di non starvi neppure, come le donne cre– devano, troppo ristretto. Entrava e usci• va di continuo: uscendo chiudeva la porta e girava la chiave. E si portava la chJave con sé. Era questa finalmente un'altra grande soddisfazione vivere nel teatro, se anche non più di teatro. .., Aveva intanto saputo che una grande attrice romantica, sua capocomica nel '25, prima di morire, passava il tempo ascol– tando la sua bella voce al grammofono in alcune delle più Ispirate melopee della Figlia. di Jorio. Anche lui aveva un vec. chlo disco nella valigia. Ora lo aveva trat– to fuori e correva con questo disco dalle donne e lin dal pescatori dt;Jl'atrlo Invo– cando un modesto grammofono magari a tromba, che però non gracchiasse troppo. Era, diceva. la scena e delle pesche> dove l'Oliviero de Jalln del Dcmi-monde descrl• ve con esperta casistica la vita equivoca del Secondo Impero, ra!!igurandola In due cesti di pesche, ugualisslme, ma di diver– so prezzo peccando ciascuna di quelle del secondo cesto d'un piccolissimo e quasi In• visibile punto nero che suggerisce 11per• ché del prezzo Inferiore. Qui, spiegava al– le donne del pescatori, qui era Il baco del– la società parigina. Nell'altra tacciata del disco fuori com• mcrcio, ecco Inciso Il brindisi di Gonzaga nell'Agnese del Cavalloltl, ma a quest'al• tra delle sue Interpretazioni più memora– bili teneva In fondo assai meno, dato che di quel poeta e uomo politico Insigne nes– suno si ricordava più e saper ch'era morto In duello non avrebbe fatto nessunissimo eUetto. Informa.va che, se le opere del bar– do di quell'altra e più squallida democra– zia, Felice Cavallotti, non si recitavano da un buon mez:r.osecolo. Il !amso Demi• monde era stato Il caval di battaglia degli attori della sua generazione prima di far la conoS<:en1..a. di Pirandello. A sentir far per la prima. volta questo buffo nome una di quelle donne del teatro scoppiava a rl• dere come una matta ... MAHINO MORETTI Una leuera del Corazzini Vf si parlo. dell'ultimo oolu– me di versi cora.ufrdanf, e Il libro ddla sera della Domeni– ca •• e vf si annunciano I pro– fili di poeti da radunarsi ne • Le torri d'avorio». Sergio do– veva mortre sei mesf dopo. Roma, 12 dicembre 1906 Mio carissimo Marino, la tua atrettuosa m1 tu, come sempre, di gn:mdegioia. Per vo– ler curare t-roppol'edizione ae1 ra:e:o~ ~6 1 a~:':ente l=l ~ clso della sua pub~llcazlone. Questa volta non ho avuto !ret,. ta e spero ln una vittoria, per lo meno tipografica. Lavoro & un volume di arte critica che vedrai annùnclato in coperti• na. La mia salute torna lenta,. mente. Un bacio al caro Aldo ed uno a te, tenerissimo. Sergio La prima lettera di Panzini MUano, 21, r, 1912 S. Valerla, 3 Caro Signore, ho piacere che qualche mio scritto Le sia riuscito di grata lettura. E' Il solo autentico compenso: un poco d1 comuni– cazione di spirito col buoni. E poi'? Ho letto anch'Io di Lei cosei soavi e !lnl. e piacevoli. Sape,– vo delta Stia gentilezza d'arte; non sapevo che Ella rosse di Romagna e stesse In Romagna. Con06CeRenato Serra? suo Alfredo Panzlnt ~ Grazia Deledda per «11sole del sabato» La lettera è del 1913; Grazia Dtledda. aveva finito dt leggere l'ultima puntata del romanz.o morettiano rullo. «appendice» del Giornale d"Italla, che che lo aveva acquistato e pub– bflcato r,er Intercessione di Goffredo B~llonci, tra i pr1mls– s! che dettero credito al nuovo narratore. « Il sole del .sabato 1t usci in volume da Treve.s solo nel 1916, ed era stato composto nel 1911. Viareggio, 8 settembre 1913 Non rlsPoSi ava Sua lett-era perchè ho prima voluto leggere 11Suo Sole del .sabato. E ades– EO che Barberlna ha abitato anche questa casetta di Via• regglo eh~ ha l'orto simile a quello di Elisabetta, posso me– glio rlcamblarLe come si rt• cambia un dono le parole che Ella scrisse a me. La Sua Barberlna, col suo bambino, flore cadul<" del suoi errori e dei suoi dolori, col suo ritorno alla terra d'origine, non è una creatura umana, è la creatura. umana, siamo noi, e il suo rac– conto t-urba come la pupilla viva entro cui vediamo rtnessa la nostra pupilla. Io non so dlrLe altro - non so 5erivere lettere - ma penso che con Lei è davvero spuntato Il sole del sabato della nostra landa letteraria. E Le dico questo non per far piacere a Lei o a me, ma per• che è Ja verità. Sua Grazl4 Deledda iblioteca Gino Bian~o

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