Fiera Letteraria - Anno IX - n. 4 - 24 gennaio 1954

Domenica 24 gennaio 1954 LA !'ii.,.h,.r\ L.L. .. .t .CL\.i'\.J.\.lt\. Pag. 3 UN CASO JLETTE1RARKOCOMPLE§SO E QUASI SCONOSCIUTO: Poesie di Césa,• Vallejo )f. Gli araldi neri Ci sono colpi nella vita, cosl forti... lo non_ so! . Colpi come dell'odio di Dio; come se davant, ad eas, la ri.!acca di tutto il sol/erto ri.!tagnasse neU'anima... /o non so! Sono pochi, ma sono ... Aprono fossi oacuri nella faccia pit), fiera a nel dorso più forte. Sono /orse i destrieri di barbari Attila; o .son gli araldi neri che ci manda la Morte. Son le cadute profonde dei Crist~ dell'anima,_ di una fede adorabile che il Destino beatemnua. Quei colpi sanguino.si son le crepitazioni di un pone che olla porta di un forno ci ai brucia. E l'tiomo ... Povero ... poV8Tol Giru gli occhi, come quando un batter di mani alle i,palle ~i c~iama; rivolge gli occhi pazzi, 6 tllttO il già VIS.!UtO nf/onda, come pozza di colpa, nello ag1w.rdo. Ci aono colpi nella vita, cosl forti... 'lo non ao! (da e Los heraldos negros >) Agape Nessuno oggi è vc,rnto a domandare; nè mi hanno chiesto queitta sera nulla. Neancl1e un fiore di cimitero ho tMto in coai lieta proceasio11edi luci. Perdonami, Signore: ohe poco .son morto! E questa aera tutt-i, t1itti pasaano . senza chiedenni nulla, o domandar1m. E 11-0n ao coaa scordano, e ,n, reata in mano male, come cosa d'altri. Sono u.scito aulla porta, e mi vien voglia di gridare a tutti: ae vi manca gualcosa, qui é restata! PercM t1itte le sere di queata vita, non ao che porte battono au un tMo, e coae eatranee mi prendono l'anima. Nessuno oggi è venuto; e che poco aon morto questa aerai (da e Los heraldos negros >) E se dopo tante parole E ae dopo tante 11Jlrole, non aopravoive la parola! Se dopo le oli degli uccelli, non sopravvive l'uccello /enno/ Meglio aarebbe, in veritd, che si mangino tHtto e finiamo! Esser nati per vivere "ilellanostra morte! Sollevarsi dal cielo alla terra ~p~f; 0 fi~n~!:i~!tt~ di spegnere con la ~pria om• [bra ,la propr,a tenebra! Meglio aarebbe, francamente, che ai mangino tHtto e che importa ..! E se dopo tanta storia, soccombiamo, non già di eternitd, ma di queste cose semplici, come stare in caaa o metterai a meditare/ E se poi troviamo, a occltio e croce, che viviamo., a giudicare dall'altezza degli 0,1tri, 'f)6r il pettine e le macchie del fazzoletto! Meglio sarebbe, in veritd, che si maAgino t·utto, certo/ Bi dirà che noi abbiamo '" uno degli occhi molta pena 6 anche nell'altro occhio, molta pena, :,~"c'~t1 liio~~1gT:rf.1~~,,moua pe,1a... (da e Poema.a humanos >) Ho pranzato -solo adesso Ho pran.zato solo adeuo, e non ho auuto madre, né preghiera, né < serviti>~ né acqua, n4 padre che, nel facondo offertorw del granturco arrostito, chieda del suo tardare da immagine, sui toni più alti del suono. . Come potevo pranzare. Come potevo servirm, da quei piatti distanti qitelle cose, quondo il 111io focolare t stato infranto, e «mamma, non s'affaccia. sulle labbra. Com6 potevo d11nquemangiar nulla. .Alla tavola di un buon amico ho pranzato con s1w padre appena giunto dal mondo ~: ~Tni:e .,fr! ~":t! e I.MJ ~::e if::!ano biabligliando da tutti i vuoti alveoli: e con coperti franchi di lieti tiroriro percM atanno nella loro casa. Coal t facilel fJ mi han fatto male i coltelli . di quella tavola in tutto il palato. . Il mangiare di queste tavole, dove s, prova amore altnti invece del proprio amore, fa terra il boceone che non offre la MADRE, fa duro colpo la deglutizione: il dolce, fiele; olio funereo, il caffè. Quando s'è infranto il proprio focolare, e il aerviti ,noterno non eace dalla tomba, la cHCina all'oacuro, la miseria d'amore. {da < Trllce >) II suo cadavere era pieno di mondo Soleva scrivere col auo dito grande rtell'aria: e Yibano i compagni! Pedro R.ojas >, di Miranda de Ebro, padre e uomo, marito e uomo, /etTovtere e uomo, . padre e più 11omo.Pedro e le sue dHe morti. Carta di vento, l'hanno ucciso: passai Penna di carne, l'hanno ucciso: paua.J « Abbisa tutti i compagni presto!> Palo al quale 11am10 appeso la swa croce, lo hanno llCciBOj . . al pi6. del suo dito grande l'hanno .uce1ao! lnaieme li hanno uccisi, Pedro e Ro1asl Vibano i compagni in testa alla aua aria scritta! Vibano con questa b di belva nelle viscere (l) di Pedro e di Rojas, dell'eroe e del martire/ ?erq,iisendolo, morto, gli trouarono nel corpo 1m grande corpo, -per l'a11imadel mondo, e nella giacca 1m cucchiaio morto. Pedro aoleva anche mangiare tra le creature della sua carne, preparare, adornare la tavola a vivere dolcemente in rappresentazione di tutti, e quel ciicchiaio andò nella sua giacca, deato o qi,ondo dormiva, sempre, cucchiaio morto vivo, esso e i s1wi simboli. Abbisa tutti i compagni presto! . Vibano i compagni al pié di qHeato cucchiaio per l.sem.pre! L'hanno 11cciso, obbligandolo a morire, Pedro, R.ojaa, l'operaio, l'uomo, quello che nacq1ie piccolrno, guardando il cielo, e che poi crebbe, divenne rosso e lottò con le sue cellule, i suoi no, i at«>i ancora, le [sue /ami, i auoi pe.:.:i. L'hanno ucciao dolcemente tra i capelli di sua moglie, la Juona Vdzque.:, all'ora del /1ioco, all'anno della polla e q1iando già era vicino a tutto. Pedro Rojas, coal, dopo morto, . s'al::ò, baciò il suo catafalco insanguinato, pianae per la Spagna a tornò a scrivere col dito nell'aria: « Vibano i compagni/ Pedro Rojaa >. Il suo cadavere era pieno di mondo. (1) In spagnolo~ e bultre >, avvoltolo. Ho reso con belva per conservare la b. (da, Espafta, aparta de ml este càllz >) CESAR VALLEJO 11 POe la Per U V I ■ a·no r?f,)J:f(~~~~ i~~\~. '~,~r~:.1re~:•:~:~ e,~);a p~fi'~~;>_ a Charles- Questa tenerezza rivolta al• l'Infanzia altera, nella memo-- I' rla,llt e ES A R VAL L E J O ~{~[ :1~;i.~ 1 .',~~ng,: LE OPERE * Los heraldos 11egros • Lima, 19I8. Trilce • Lima, 1922; Madrid, 1930. Poemas hu.manos . Paris, 1939. Espana, aparta de mi este càliz . Paris, 1939. Poesia., completas • Ediz. Losada, Buenos Aires, 1949. PARLODELLASPERANZA lo non soffro quc,to dolor6 come César Valle}o.No,l mi dolgo ora come artista né come uomo e nepp•tre come semplice euere vivente. Non ,offro qitesto dolore come cattolico, come maomettano, ,uf come acco. Oggi ,of/ro soltanto. Se non mi chwmaNi Ctaar Vallejo,sof– frirei ug1talment99ue,to 8le&So dolore. Se non /o,si un artislfl, lo ,offrirei ugualmente. Se 110n /osai uomo e neppure esere vitJ6nte, lo soffrirei ugualmente, Se non /wsi cattolico, ateo né maomettano, lo soffrirei ug1«1l– mentc. Og9i soffro da più in pro/ondo. Oggi ,offro s0Ua11to. Ora mi dolgo senza spiegazioni. ll mio dolore é cosl pro/011doche non ha caua:-i. 11é ,na11ca di 001,sa. Quala sarebbe fa aua causat Dou't una cosa co,I importante, da 11011 eaaerc la sua causat A c}l6 ò ,iato questo do– lore, ,ofof fl nuo dolore é del vento del nord o del ve11to del sud. come q1ielle uooo neutre che alcuni str(rni uccelli dlpongono, del cento. Se J~e morto la mia do1111a, il mio dolore aarebbe uguale. Se mi aVt!8· iero tagliato il collo dalla radice, il mio dolore aarcbbo ttg1u:ifc.Se la vita /0886, injine, diveraa, il mio dolore .sarebbeuguale. Oggi aoffro soltanto. Guardo it dolore dell'affamato e vedo che la ,ua fame è C08'Ì lontana dalla mia sofferenza, che ae ruta.sai di– giu.110 fi110a morire, uacirebbeaempre dalla mia tomba un filo d'erba almeno. Co.sì l'i11namorato! Che sanguo generato il suo, di Jronte al mio ,enzo /011te né abocco! lo credOtlofinora che tutte lo co,e deU'univer,o fos– sero, inevitabilmente, padri o fi9li, Ma ecco che il mio dolore di oggi 11011 è pc1dren6 figlio. Gli manca il dorao per il auo annottare, come gli abbonda petto per il suo far 17ior110, e ae lo pone.,sero nella stan:a oscu~ non darebbe luce 1:1 ,e lo poneucro in u11a stanza lun11noaa, ~~~/:.ug;~~b:o,f~b~~itc?ift~~soffro accada quello che CESAR VALLEJO (Da e Poema.s humano.s >) messe per un tempo morto, che tPntano di corr(..1gere, dJ ~~l 11 ie 1:rf~~d? v:n1! 1 e 1~ Europa Janejo conobbe Il carcere peruviano): '":;,~: ;; ;~1 ~'\.1P?11i!!a1: 1 : di dome111lca,oli• qMattro - d•I m11tcl1"10,p•r , ui11Kda11!1, - , c11rc•r11tl, - I mal11U - • , pouerl. Ncill'oulle del bambl1'11, 1'101'1 d11r6 piQ - pug11i a 11CIHU1'10 di loro, il Qllot., dopo, - a11coro ,a11gul11a11do, pla"s,•rebbe: Il aa– bato clu, vhJ11e - ti dar6 Il mio compa11otlco, per6 - 1'1011ml plc• eh.lor•! - Non gli dir6 91.;. UCI bCIIICI, Biblioteca ino Bianco

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