Fiera Letteraria - Anno VI - n. 20 - 20 maggio 1951

• Pag. 2 uo ni e 1riguti . Sono 11nzi cue che di nno il tono. Incuneate fra un 1111,lauo e l'ahro, fra quc5to o quel mo1m11en10, scn •ono a d r• condarli di mìHcro, e forccli sco11rire di 1or• prcaa, a ma:.chcrare dh11rmo11ic di 1tile e di epoca, a creare di~tanzc incalcolabi li 1cr..:hè illusorie. Ba.ua !pcu o 11111 ,·iuu a rhe scom· 11arc all':rni;olo, una 11iccola thn i!olata e gallcgg iunte come na\'c che ,i oHrn dalla par· te di 11rua, rompendo una ,•ia, una viuP.a. a darci il ,c nso dcll'inrinito. Tale moti,·o, che ti direbbe i!pirnlo dall' isola liberin a, è Ire• qu cnt iu in,~ ncll'arrh itcttur a ron1:1na degli ul, ti n1i secoli e tOilitui!ce un clc111c1110 di 1i, 1temat ionc miu bile. Cc ne ,ono c!cn1pi da per 111110. Ed C grn ie a queste 1emplici cu e che Roma appare, in uno 1pui o non n-oppo \'att o, una città t05Ì varia , -,,ie na <li luoghi , ,1cono,ciu1i e im ìt:uni, ilei q111li• il ,•i1u1d:mle non u:opr e 1e non q1111lchc l110 o il runlo più emin ente: 111gm:lia d'un C'am11anilc di là d~ una fuga di tett i, lo $piccl1io d'un a cu• 11ola In uno •('Orcio fugace. 1J loro gioco ar d1itcllonico ubb idi!cc alle legi;i della fan• tu ia cd ha prcu appoco la !leu a funzione d 1e ha il chiaro,curo nella pillu ra del Seiccn10. La bcllez:r.it di Roma, in reahi, non ,·uol cu cre su: la1a oltre il gi1u 10 limite. A lei , piace :ipparir e e !{'arire, come 1c Roma in,– fin e vh·c•Ee per M stcua . Anche dove .r C!pone più :1perla11,Jen1e,nella ,:lorìa dei cicli, gli effcni di cui 1( i::iova 1ono di ordin e 1piritu alc e fanl:utico più che 1cmpli cemente panor11mico. La magia oa nel piano ,m cui qu~ la cillÌI fu edHicata. Siamo nella c11pi1ale del cat1olici1n10, nel cuore della uh tiuni1ii. Abi1ia1110 in una città 11111a. Co.otr uila ,opra 111111 11,crficie moua come in mezzo afl'ac111ia, faua di ma1cric corr ut• tibili. con quel tra, ·ertin o che l'u io ,pezza, • tah•olta, come un pane tec co e-, prende , a contatto del piede e del gomito, un color d'ou o le\ igato, con tanti ('apola, ·ori di 1tuc, co, Rom a barocca ci un11nen111 ad o,:ni f,H! O la nogtra fragilità, la no5lr:1 miseria, ma, nel temro 1ltH!O, u1110 cond uo!e a farci gu:ard11re in alto. Erl ceco I~ 1randi ari e.rie di Siato V, aperte ai pcll ei;:rini, che furono concepire come la via del Cah·1tr~o. S:ili;ono, 1cendon o, a guiu di arcohal eno, 11er non la• 1cfarcl ,·edere :ihro , fint hC tl,.C in cammino, che In aow1uità rl'u11 oheliaco o d'una Lu i• lica, m,ète lonrnniHime nell'in1magin11tionc, più che nello spazio. Ecco le piazze romane, do, e le peu one, giunt e in men o, 1comp:1io– no in pro fonda ,a1ca, emergono agli orl i e le ,·cdi, a dist:inu, u lire la te:1 ina111 di San Pielro ron1e !e and:iue ro in ~ radirn. Le ampie crune dei campunili !eicentd<'hi ti d~nuo proprio la nostalgia del cicl o irrag• giungibile. Co~ì lr..ahi ,;simc foer ia1c baro cche. le quali. a mirnra che 1i allon1an11no d11lla terra, di,·en1a110 !Cmprc pili bianche, più im• m:icolatc, e laS!Ù, in que lle regioni remote, eterne, non 11rrirnno che i piccioni, le ron• dini e la '1r11monlana. , Che dire delle madonn e che 1mu cggi1mo 1ui tetti ? Delle aniriadi di croci, di 01ten• sori. e ahri emhle nii iu ati in, e.inia agli obe• litfhi e sui fastigi delle chicte, che si KO · prono, ehiua pcrchè, 1ollan10 all ':ilba? Sono i mirato li, le :apparizioni ,di Roma. • LA LUCE DI ROMA A SIMBOLICA ciui che ci siamo pro• L ,·a1i a r:11,pruc nt:irc 1i rico1109ce nella ,ua Ju ce, 1e111pre au olul a, ,folgoranl e, e 1i potrebbe dir e callolica, in quanto ,e n1hra rhplendcre al di~opra delle Jlagion i. D':11f1u11110, lungi 'dall' a11e111nr1i e im11all itlir.,, quut :i luce inc!Orahile riful ge come nei met i Cfti,·i. Se gli alberi a,•eue ro la fort a Ji con• ter \J rc le loro foglie, 1c i giorni louc ro mc· no brt\ i, te il fiato !Olli le della tramonlana ·non 1i faccue aH crtir c 1rop110, noi perde· remmo la 11ozio11cdel 1cmpo. Tale è il carallerc immuta bil e e 1emptt1 un po' ecccu i,·o della luce romana. A mo· n1en1i ai [inisce per non 11oterl11 più 101te, nere. Non 1i ha pitì il cora ggio di comparir e da, ani i al 1uo tri bunale. E si desidera un po' di grigi o, qu:alchc riu,·ola, un ri 1osanta acqmu:zone. Pere.bi: noi abbi:,mo con la luce romana gli ,1cu i rappo rti che con l'IH•Olu10. Cc ne 11lori:imo, ,i, ma fin o ad un certo punto, ohr e il quale t iamo tratti, in omaggio al G. CONSÒ LAZIONE - cObellsco del Quirinaln calendario e alle noll re umane pouibil iti; a cadere nel rela1i,•o, a farti partlciani del c111h•o tempo. Ma è inut ile aggiun gere che Roma non si cur:1 di noi, neanche da que.10 lalo. Le 5ue 1t11gioni, apparentemente a1111croni!lìchc, 10110 il rifl e5,50 più 1ensibile della aua elcrn ità. Eternità di luce che non tollera, come 111p• piamo, •le mezze 111gioni, i pau aggi gra• dua li dell'anno, e più ,•olentier i ai concilia con qualch e ora, con qu 11lchc i;iornal a di bon;iccia. L'effimero pcn·ienc a 1lrnp p;irc al• l"cteruo ciO l'he 11d intere 11agio ni è negato, E' quu ta la lezione che ci dà Romn, Sul (inirc dell'e11nte comincia la tacit a ,:uerra della tramon lana con lo 1cirocco e 11 mi!ura clic l'uno o l'ahr o di quc,ui due ,·enti prevalga. cono~cerete 111gloria e la mite ria del clima romano. Ma 11011 ecru tc le '11agioni a Roma o, 11er dir n1cglio, non illudelc\'i che 1i:rno din ribuit e re,:olarmente, secondo le pre,e rizioni del c11lend:1rio, tb c i romani di Gioacchino Belli chianrnvano e: bugiard cllo >. Di 1oli10 arrivan o in anti cipo o in ritard o, follc ggiuno qu11nto pili ro ~o no, q11nsi 11,•cuer o il compito di far fiorire e tf iorire i monu, menli pinllO!IO che gli alberi, e 1010 a fine ò'nnno si pnò a,·cre un'idea dell'impcrturb a• bile giu11izia di, que!IO climn, ca11riccio10, ma non tragico, irrequieto mn educativ o. Sem• pre di,1,oelo a ricono acere i tuoi torti, 11. re,::i· lurd, quando meno ce l'1up e11i11mo, una gior• nat a indin 1cnticabi le, e a farcch1 p■gnr cara, nel cuo che noi fou imo co,i imprudenti da fidurccnc tro 1110. Rinu•ne u,1111,·itt 1tnbililo d u: la ,•crn ila• ,:ione roma na è fuori del tempo, affidala 11 11uel ,·ento iecco e pili costante d'ogni altro, per 1oste11ére il quule occorrono lmon i poi, mon i. Ci11cchè il clima di Roma non è cosi molle come 1i pot rebbe credere. Biut a pcn• tare d1c per Ire qtrnrti dell'anno 111 vi1oro• 1iu ima tramonl:ina è In natu rale 11llc11a del H lc di Oni zio cd è nella 11m lt1ce che vivono I<! e Gcorgi<'ht >. E' in quell o venlo th e non dn ra mai meno .di tre giorni. m11 puO sta• bilire 1111icii1ic, e paci e•lremamentc lunghe e ,·ihranl i, che bh ogna vedere le rhiue di Roma, le grandi chic1c burocchc, quan do il ln111inHo e ,·cn1ilato gennaio cc le mo~tra abital e da uno 1piri10 guerri ero come for• tene cottruite conlr o il mu1c,•ole tempo. LA FIERA LETTERARIA UNA STR A DA VJLVA Le cento bott eghe di via della Croce di Ren.at o ~ u.ooi Considerazioni sugli alberi e altre specie di vegetazione a Roma L E CITTA' antiche furono barriere alzate conlr o l'ignoto e il caot ico. !'iun di• , gradavano ,·erso Ili ca111p1gna, la o d u- dc,a110 brusc1111ente, e quel rbe 1i dice ,uburl ,io .111va dentro le muni. La dli.i. a,•eva un ('Uorc, un centr o, do, e tulio si ratC'Ogliev:a. Come l'ond o del mare non giung e a lan1Lire la terra. JKrchè fra il mar e e la terra c'è la spiaggia, ou ia una zon !I dcaerta e nenlra, cosi il rumo re cittadi no 1i 1pegnc,•n 11rima di :irri,•are all e porte. Nei ll!mpi moderni, ,comparto il rcligioao orrore dello nalura, ,·enul c a mancare tulle quelle ug ioni che face, •ano della città anli c11 u,n mOndo fieramente appar tato e dife,o, 1ale conced one ci,•ica io pu, ·vh·e in altre forrne. Non e pià rb& una qucnion e di architettura, cioè di decoro. Con siu e nel fo n re limiti e divicli ide:1li. Ma a Ron11, tornata a vita ci· , ile nel' Rinaacimen10, au ume un aspcuo p1r• ti<'olarmcnlc dccito . Mi pare c,•ident e che l'arc hit eltura ron11ma non 1ollcra intru sioni nat11r;1li!t iche, allo tlct• 10 modo che 1111 coro del P1leatrina, a cui que .i'a rrbilcltura è com1mrnbil c, non ha bi• 1ogno di :ilcun 10..icgno orcht atralc. Se una citti 1>uÒ far 11cnure a una 1eh·a, tale ,c nsa• zione a Roma fi può avere, per Il frond cg· giare 111cuo dei cuegg inti, delle cupole. dei campanili, per lo acro1cio delle fontane. ~cn· z;i tulla\·ia immagi111re tm nlhero in' una 11111• , lun quc pi■zzn romana clau iu; a meno che non 1i tratli dell'albero della cuw :agna. Due 101i elemc111i, l'acqu a e i. pie.Ira, bu tf!rono ai nostr i archi1e11i rer rito 5truirc mit o l'uni• ,·eno naturale e fa11a1lico. E ditemi ,e nelle 11lllue romane c'è qua lche <'OSa da n:uco ndere o da ai;giungcre, se l'architettura di Roma non è ,uffi ciei1to a ,e 1teua, 1e il hcllo di quen a dnà non con&i1lc pr oprio nella 1ua rigoro111 a~lru: lonc dalla natura, che !'arie uri ò e rorr eue in r:nile modi, non u1<:cndo 11erO mai dai pro11ri !Imiti, Fu il 1eite nto, rip etiamolo, il qu111lc,da una parte, eiu pcrO qu,a to ('aratterc dell'archi– teltura roma1u,, dall 'ahn seppe ,·i,·ìficarlo. Nel accolo dei via1111i o delle 1cor ertc st o• sra fiche, ,in qutll 'cpoca di mo11ri e di lei • gend c, cbe a Homa dh·cnlano 1ubi10 fl uii• gliari, allo 11eu o modo che la reallì più comune diventa legi;cnd 11ri11, il Bernini ebbe la no~talgiu del mare , della rorcia e della oliua incr edibile ,·egetn ionc. che fece fiorire da per tullo, nel suo tra,·ert ino. Immaginò allor a la fontana del Tri1on e, mise • piazza dell:i )liocn•a quel picColo e ,:rni oto cle• b uie d:11 e i\1illc e una none> , chian11to e il pulcin della Minerva> , 1eolpi la palm a, il leon e, il serpe nte, il cocco drillo, il cavallo marino e qm1nti altri mo1i,·i del genere ador– nano la fontana di pi:u:u N11\'on11, amabil e figurazione del mondo fawJl010 dei na,·i1•· tori del Seicento . Viene poi. a dii1anu d'un 1ccolo, Fo11tii-11a di Tr e,·i, che 111rebbe come dire le caacalc del Ni:a111ra in una pian ella o l'oceano in uno 1cri i;no. Qui pouo no ri• creani gli nmalor i del paesai:;~io. Coloro che ,c ntono il hi~oi::no di albe ri li troveranno ,colpiti Hl 11uelle finte rocce, a,u i più ,·i,•i e frc1ch1, 11rr esempi o, delle palme di piana ·ib.lioteca Grno Bianco ma anth c la fame e la car~ti 11. Oo.,,e tro,·ercmmo da noi una llrada coa.ì ,•i!ibilmente 1,rcdu1 ina1a alla guerra civile come la PrOJpctt i,•a Ncw1ehi, larga seu anla num i e lung11 1clle chil omclri ? Un arco di 11roponioni co1ì cnor111i come quello del• l'c Etoile >, da far 1comp11rire, ncll'i nlenzione ,li chi lo inm,17.ò, l':irco di Tito o l\1reo di Co11an1ino, un 11horili c,·o tanto eaagerato •1uan to il grupp o della ~h raiglicse, le cui figure. a fnria di agitau i e venire avanli, 1i 1ct1nno bald111:o,amenle nel ,•uo10? Sia che i romnnl co6trniuer o con più misura e calma dei frnn<'e,i. •ia che la terra ahbiu cc• J1110 son o il r e•o delle loro co1trni:ioni, come hn ceduto la 1loria, il fallo C che il 1101tro Pan theon ,e mhrn, non dirO meno im· pone nlc, ben1i meno alto, meno imp cnito, di quello che la Francia ha dedicato ai e i::rands homme1 (le la Patrie >: nn sedano 111duto in cannone. dirchb ero al mio p11u~ . E 10110 que•te le CÌIIÌI d11 r ui 1l,n rl'm11111 ricc,·ere lc1.ioni '! I. URB• .\..'-:1 - < La torre delle .:'tlllh.u:, )la giatchè 1i11n10 in tema di ,·cgctu ionc urba nittica , vorremmo parlare anche di quel• la, spino1iu im11, del ferro hallulo . L'c1,oca rh.: 1i 1Uol dire umberlina 1c ne comp iac11ue grandemente. L'arlc del ferro ,oddi!faccva Ml un 1ernpo i ,uoi gufli florea li e il suo 11ret10 !piri to proibith·o e horgh c1e. Per cui riempì Roma di ('1111cclli, c11ncellatc, canccl• letti. Do,•un1111e 1timau e di dover c1utodi rc un rud cro, protci:;i;erc un' monum e11to, prc• tluder e un puui ggio, na~cond ere una ,•ergo• FIIR, 1lcndcva 1111!iepe di ferro. Con questo mezzo 1mu rhcrò e pose, ,111rci per dire. 10110 lurcheuo• 1u11e le 1ue inco11,:rue11zc cdili iic, rreanclo una 11uan1i1à di angoli mort i. do,•c ti anni ,lano di 11refcr c11za i ;a ni , i folografi, i fiorai. Le co•c che stanno di là da quei cancelli sono 1,er nu i veram ente c:inccll11lc e mai abbiamo a,·uto il cor.,ggio, l)tr u em• pio, di fermarci tro11110 davant i al111 chie.!11 di S11nt'A 1mue in pi'1zz11 °1tvo1111, o n quella di San Giovanni dei Fiorentini. come se le i111po11enli infcrrial e che ne ingnhbin no ,:li :1cccui e 1olgo10 alla ci11adinan1.:1il poueu o e qu1u i la ,·i!tn dei 11i!1ir.i i:;rndfoi ci proi• hi,1ero non 1010 cli è11lrarvi, ma di ;;unrdarle. Noi tinmo infa:;tid iti <hlla pe1ulanza di quc· t ic dife!c che prc1t•111lcrchbc ro ;;arc;:q;i:irr , nel loro dccorati,·iuno f1u to10 e mau iccio. con l11 n1on111nen1ali1à .!egli edifici tenuti in cu• !todia e non funno che !Ottolinear la inop• portu namenle. Qui come ah ro,•e l'aria è di miuero , ma ci 11arc di :1,·cr fallo intender e 1 in che con con• ,i•tono i 111i1teri della Roma umh crlino. Le irte canrcllnlc ,ono il ~imbolo di un a cari• . \;1]c aua i r ili pri,·n1:1 che pubb lica. porl(lla .1d au umere, 11nd 1c l)Cr ragi oni di gu! IO, ~•peni <'repu!colar i cd occuhi , e che pen: iò Jmava le ,•ic detertc, i giard ini chiusi. le gal· lcrie vicinie al tran&ito nelle ftre notturn e, i ponti a pedaggio. Euorme do,·e,•a euere , in •!llh ta Roma d11,, •cro spari ta, la !fiduc fo nel 1'0110lo. !e &i 1cntiv;"1 il bi~og110 di allont n• 01~rlo ptrl in(l d:,i rnoi 1nonumenli, con mrzzi r1r•,ltttivi i&pirati all'f'•telit11 del e ,•illin o pro, ,ti o > e del i:i:.rd ino i:oolo,:ico. Ecco. 1u f"'r J1;iì1, quel <'hc ci dicono le nhimc hiirrierc di IC'r<i o di ban done rn cui ; iu1tamente ca· dc il piccone demolit ore. VINCENZO CAl{DARELLI * CARDUCCI ~~ PASCAHELLA . Sonetti In dialetto romanesco, originali, - che dopo Il Belll pare Impossibile, - ha tro– vato modo di farne Cesare Pa&earella. Olà In quelll del l\1orto de campagna e della Se – rena.la dlè a dlvedere nnnl addietro la po– tenza che aveva a Intuire " rendere la ve– rità austera. In qu esti di Villa Gloria ti Pa– scarclla solleva di botto con pugno fermo Il dialetto alle alteu.e epiche. Tutto qui è vero: non è Il poeta che parla, è un trasteverino che vide e fece; per ciò l'cJ>Os na!ice naturale e non per convenzione, nella forma dialetta le. GIOSU E' CARD UCC I * (Dal, Journal de voyage de 1828, di Belli) (Partenza da RomaJ - 9 sett embre - Alle 3.30 Jul chiamato : alle 4¾ al diede le prim e mosse: alle 5.30 si par– ti. Erano con me 8 orzaroli di Novara• e di Domodossola: 3 dir i11ipetto a file, uno al mio .fianco, due in serpa, e due assisi sulla ca.nu tra so– vrastan te alla. volticella. Uno di e.tsi era superiore aglt altr i, ma, via facendo, tutti .ti Ja.mili arizw rono •· Senonchè - aggiunge Belli - e l'orwrolo .tuper1ore pa– reva voler rlsguardar e per orzarolo anche mc , avendo :~;r,~!:!~t 0 1nloa co~,t~{i~ffa 0 "z7! berta. lo risposi alla prima e alla seconda domanda; dall a terza principiai a non ri – .tpo11d.ere, e cosi, da questo punto tn cui .tlamo a Bac– cano nppena ruori RomA; .tino al momento dell'h19re.t– so a Mi lano taccio sempre, parendomi con es.ti buono Il .tlltnzlo polcht il fla to sa– rebbe buttato. Ilo un libro g~~~:! "co;?!~u ,~ 1 ~~o tede~ ~!ie~a;°:1ia/ t~~~poc: eent\ 1 s:i; sua blblloteea) che lo chia– mo fl Duca di Guisa perchè Bn!Afré come Irti, mf OJ /er.te tabacco in una .tcattola d'ar– gento : non /ecf grazia nep· pure al metallo , e lo nfi11t<u Chi accetta tabacco - con– c1uae Il nostro dlarista, sen• tenziando - deve scendere a confi denze: questo e un aJ.tioma dl Jocieta,, / 1\!s.t, Vitt. Eman , 1256, /cuc. V) . Domenica 20 Maggio 1951 STATUE E SERPENTI UN OME S GRET *' di .Rodolfo De Uattei R OMA e città apert& >, sappiamo praticamente coaa slgnlflcò: che rurono aperte non solo le famose porte Ue quall da un pezzo sono !pa lancate, alc– chè si ent.ra e s1 esce senza. render conto). ma altrcsl le botole e le chiudende che serrano l tombini la'lloblll. E ' inutile, oggi, stornar e lo sguardo, e dimen ticare che vi fu bene un tempo 1n cui, gll occhi, li aguzzam– mo tut.ti e due, e del1a coda e dello strizzo d'occhio facemmo Il nostro manuale nautico. E' ridicolo, ae ancora Quella Roma cl sftorl, fare lo gnor ri, e ftnacr e dl non conoscerla. Codesta Roma che In certi mo– menti ,può sbarazzars i delle sue statue, e se le mette nel sacco CdUattl, Quante sta tue 1n sacchl e sotto to • dera, duran te 11 periodo della guerr a !> e cala dlftlato dalla reccla di Romolo, noi l'abbiamo conosciuta be– nissimo. , All'ombr o. delle lnslanI arch itetture, s'è barato, con– trabban dato, trafficato, forni cato. Ah , certo , a Quei tempi si parlò non davvero nel latino delle lapidi, ma nel linguaggio citrato delle paro le convenzionali e dei segni di Intelligenza. I gradi ni della Scala Santa , credo abbiano conosciuto ben pochi assidui: l'ass i– duità convergeva verso scalette tene brose di vicoli obllQul, ove furtiv amente la merce passava ·daJl'una all'altr a mano. e cl si dispensava dalle presentazioni. Le confidenze più Imprevedute e meno Intemerate al contr assero; padron i vlrtuall della città (altro ehe il genera le Ios o Il govE'rnatore Ipsilon !) furo no gli ln – cettat.orl e prosseneti . Nè vi fu gerarch ia dl rioni : Quà.rtlerl alti e Quartieri bassi furono legati alla stessa cate na: Pia.un Ungheria e CamPO de' Fiori, Piazza Colonna e Piazza Vittor io, Tordlnona e Torre Argen– tina fornirono ugualmente Quinte e fondali allo ste~ spettacol o, che fu da tipica commedia dell'ar t.e. . L'antichissima arte della mezzo.nerla, delll\ ruberia, della baratte rJa tu condotta a. vct.te di sapienza, con– fluendovi Quel tanto di levnntlno e dl mar inaro, che, volere o no, è nel sangue.di Questa. penisola, avveua secolar mente al corsari e al mercat.ant l. <Bisogna av– \'ertlre che Il terribile Mosè con 11 suo Decalogo, nei passato e ancor oggi minaccioso In San Pietro In Vin• coli, era stato subito Impacchettato e tolto di mezzo). 'Il sotterfug io, Il truc co, 11 tranello fuoruscirono di sotte rrn, quali nglllsslml serpentelH, glovlnetLl eppur navigatissi mi, chlamatl come da un fischio: di chi? ;'t%se;te~ 1 1!~~:: ,m; ,n~~IQ~~! ri c;~~a~~l~~ r~= 1 ~t ~:; ftloso!eml. O usciva dal nostro sonno con l'Inconscio SQfflo del dormire. Come che fosse, eravamo altret tan tl Laocoontl tra I !erpentl , o serpen ti eravamo noi stes.si . E Roma era una valle adatta a questo periodico auto• mattco str iscio. Le sue !ta tue, Quelle scampate at sac– chi, issate sulle coloM e o sul fronton i delle Baslll– chc, continuava no a tlssare Il cielo, ma noi scruta– vamo e decl!rava mo (e con Quale perizia!) le i:rlnu della terra. Questa i cronaca dl Ieri, cioè di un ann o che prece– dette dl poco l'Anno Santo: come dimenticare? Sulle vie che I pellegrini hanno percorso , s'è perevrln ato in barb.'.I.alla legge scritta. E dico e registro questo, acclocchè non ml si flgurl solo rinvoltolato nel dama.:. schl oro-porpora dell'Urbe, o itinerante nel secoli qul– rlta rl. Conosco, conosco anche Questi altri misteri di Roma. So che c'è un rovescio dell'abito. Anzi, arri – verei a sospettare che Il nome segreto di no ma , Quello che gli antich i aruoplcl vollero che restasse rluorosa– mente sconosciuto a chiunque. sepolt.o nel Libri Sibll· lini, e con essi scomparso <difa tti, non c'è noto). aa– pesse dl. amaro. se non di torbido e funesto. Ma, a questo punto, chiedo: e con ciò? Con ciò, vorreste , salvornun o, concludere che la vera Roma. è quella del serpenti? N ON c'è una vera o una falsa Roma, ma c'è una. sola Roma , vecchissima, capace , adugata a ogni esperienza , e profonda.. Profo nda, Intanto, di sottosuoli, cloà di ricettacoll che conten io no, in.ste– rne, fanghiglia e rel!Qulc di santi. Laonde , ncssuuo che abbia giudizio se l'è mal Immaginata città senza peccato: difat ti, che blsogdo cl sarebbe di ·santità ae di peccato fosse sguarn ita la terra? Ora. Il vero mlstero di Rom a è nel suo pote rselo tenere In grembo. e a volte persino in mostra, que! to temu tissimo peccato. senza scanda lizzarsene e dimi– nuirsi: an zi, nell 'averne fatta una condizione di Quella sua squillante religione che cl mette sempre Il dia– volo di fron te. ma cl colloca l'angelo alle spalle. Ma.– chlavelll <che se ne Intendeva.> trova normalissimo u è di necessità,) che e ln uria città grande nascano accidenti che abbian o bisogno del medico>, e cita. appunto Roma come terra di accidenti strAnl e Inspe– ra ti: li che vuol dJre che l'lnferm ltà è cosa na turale , senza che ciò abbia Acara tterizzar l'Individuo. In oa-n1 caso, Il medico di R-Omaè Roma !tessa, che attlnre salute dal suo stesso fisico, e guarisce I suol tumori col suol umori. In un vecchio manoscritto. sotto la data 11 genn aio 1670. trovasi annot ato che e !I cominciano a sentire per Roma molte porca rle, e partico larmente la notte si ruba e assRsslna a più non POSSO, . I bravi, dl!U tl, non rispar miavano nè la persona ne la casa del Ca– valier Bern ini. Ma ciò non Impediva davvero che il BernJni, per l'app unto . desse volume, col sno gran flato, alle mirabili sculture e archite tture che amm i– ria mo. Se nottete mpo si menavano le mani (da al– cunt>, di giorno si compivano I supe rbi colonna ti. E di quelle risse non è rlmnsta tracci a. laddove fontane e basiliche durera nno nel tempo. Lasciate che la procella passi, I serpentelli ritor– nera nno nel tombini. E la bava che è stata spars a, provvedera nno a lavar la le acQue delle perenn i fon• ta ne. Slcchè, per peccato ri e peccati si tratta non ta nto di ott enere un condono, quanto di un automa.• tlco assorbimento In quella logica superiore che s1l;n1- fl.ca eliminazione della cronac a e processione della. storia . In nessun luogo ho visto rimetter!! le cose & posto come In Questa sagglsslma, a. momenti sorn iona, e adulta davvero. cltt.t\, Come brucia l'episodio, come liquida Il fatto di giornata ! Quel che le cl vuole è Il tempo, un'altra \'\;a , o a.ddlrlt tura. l'altra vita . Oa QUI. la visibile forza della SUA religione, sebbene lo sia di.sposi.o a credere esser proprio la familiarità col sacro e con l'eterno a conferirle questa sua classica. virtù addomesticatrice, rimedlatrlc e, consols.trlce. Le statue di Roma sann o tu tto, la sanno più lunga di noi. e dur eranno certamente più di noi: e comun– que più del serpenti. RODOLFO DE l\lATTEI

RkJQdWJsaXNoZXIy