Fiera Letteraria - Anno VI - n. 7 - 18 febbraio 1951

Domenica 18 Febbraio 1951 , LOPE DE VEGA VECCHIE STA~PE :*, Una romanm diLopede Vega Par di sentire la musica ispir a la a qu este pa ro– le: dove un rombo fra g oroso , dove un mormo– rato sospiro m escola to alla g razi a dei violin i .. t,ersione di Aldo Ca•n e rlno E CCO QU I: per i non specialisti, il nome di Lopc Felix dc Vega Carpio è quello di un copioso, di un felice, di un grande inventar di commedie . Qualcu _na _ne ha_nno letta tutti. E ricordano la ricch ezza delle ìmmaR"ini. i:li mtrecc 1 bizza rri e magari la vcrsegg-iatura frondosa e certo ondolcggiarc delle parole c~t; ~à ad cs~e, come a scene sp~sso lir!ch~ i.i conviene, una partico– lar e, una fehc1ss1ma varietà nella m..motonia dcll'ms 1cme· insomma un moto continuo che le vivifica e allieta. ' ' Poi~ tutto il resto; ossia tutt i i doni di L!,pe commcdioftrafo. Ma queste son cose che si trovano nelle storie lette rarie e persino nelle enciclopedie. Non tutti, o mcglìo pochi, da noi. conoscono Lope lirico; cd è un peccato. Per questo, pare utile dare, senza comment i, un e pezzo> davvero singolare per originalità e novità (e ricorda tevi che Lope mor i' nel 163.r;). .Senza tito lo, questa. li~ica; o 1:1cJ{lio: si c_hia~a _semplic~mente e Romance>.\ Sentite come Lope faccia 11 suo rit ratto; megho: il ritratto dt un suo stato d'ani– mo. Ma ho detto: senza commenti . Semmai, mi piacerebbe un commento musi– cale, e mi P_ar di sentir lo; una musica ispirata a queste parole; e posso dirvi dov~ mc~tc_re1 _un. rc:>11:ibo frai'oroso e. dove un mormorato sospiro, dove j?razia e sottile fr m1r d1 v1ohn1 e dove darci fiato alle trombe. Mi ci proverò un'altra vol– ta. Intanto, ecco, nel mio italiano, la ROMANZA Alle mie solitudini wdo, C/1è /)er farmi comf,ognio 8GStano i mie i pensamenti. No11 so clii tiene il'viUaggio Dove vivo e dove n,uoio, Q,è col venir da me stes.10, Noi, posso di più. lonta,io. No,i sto ben, meco, ni tnale, Ma dice mio intendimento CIie 11ni,omo cl1e i lulro d'anima Sta prigioniero ntl corpo, Int endo quel e/te mi basta, E so/amen to non vedo Come sopporti se stesso U11 ig11ora11teswperbo. f:cif,~:::!: ~~f~ /J!n~~~ia,.o Mo non mi posso guardare Dai lacci d'un in.sensato. Sosterrà che lo son io, ~j c:,~il~d !a~~pfdft:m ento, No11 sto,ino i11 u11 sol soggelto. La distin::io11e conosco Per cllè in lwi e in me contemplo SHo stolte,:ua in sua orrogon•o , Mio umiltà nel suo disprezao. O sa lo NotHro adesso Più elle seppe in altro tempo, O to11ti so11noti saggi Percllè so11 loro a co11torlo. Solo so clic non so nullo, Disse un sopie11te, facendo Conti con la suo umiltà, U dove il pi,ì vale il meno. Nou mi credo 110md'inteUello, U,• d1'.sgroaialo mi credo; j;;;~,n '::a/ 0 a~:! 0 ;:::;r;lo, lt mond o ttOII può durare, Perchè, dicono, e lo ·credo, S11011ado vetro incrinato E dcz., rompersi presto. Segno che esiste il J!fodiaio E' clie tutti lo perdiamo. Gli uni per carta di più, Cl, altri per carta dì mtno. Dissero che anli came11tlf Frt,,J!i' Vt•rità nel cielo: Tal la rid1,ssero }!li rtomini Ch, più di Id 11011 ha vòlto. In dur età noi viv iamo, Lo irostro e quella degl i altri: 8 1,ella d'11rl{cnto è degli altri. ud/o di rame l.J nostra. A c'1ì mai ,ion darà cr,uccio, t:5!~ ,V:!::~~~ ~J[,a:f,i;'/ro, E il valore olla moden,a? Diss e Dio elle ma11gerebbe Il suo patte l'uomo primo Con il sudor della fro11te, Poi elle ruppe il Suo comando: E alcu11i disobbedienti Al timore e allo verxog11a Contro i pegni dell'onore Si baratt a110 i lor be11i. V'irt,, con Filosofia Per egri11a11come ciechi; E l'ima l'altra condlfce, Pia,1ge11do va,rno e chiede11do. Due poti umovo,i la terra D'ur.iversal movi1tte11to, La miglior vita è il favore, Il miglior sa11g11e il danaro. Odo S1,011orle campane; No u mi spavento, se posso, Che al posto di ta11te croci Siano tanti uomini morti. Mira11do vado i sepolcri I cui marmi eterni dicono Senz a parola, che eterni I loro padroni non furono. Oli, be,. abbia chi li al::ava, Poi che solamente i11 essi Dei grandiosi potentat i Han vendetta i piccolini! Brnlta dipingon l'Invidia,· lo confesso che mi tie11e Per alcuni clic no11sa,1110 Clii vive di là dal mllro. S cn::o 11èlibri ,iè carte, Nè affari, saldi, 11è soldi, Se vogtio 11 scrive re, cl1iedono A prestito il calamio. Sau:'essere povui o riccl1i, f/011110 lor orto e camino; Non li risv exliano crucci, Nè prete11sioni nt piat1. Nè morm oraron dtl grande, Nè i,wdtarouo il piccino, Nè mai, come me, fir marono Complim enti, o d1eder Pasqua. Con q11esta intJidia elle dico, E q11el che tasso in silenzio , Alle mie solitudini vado, Dalle mie solitudini vengo. LOP E O.E VEGA e Aldo Camerino Biblioteca Gino Bianco LA FIERA LETTERARIA ARIA ml avverti sub1.t.o L , del cambiamento, gli alberi avevano una for– ma diversa. un diverso modo di raggrupparsi sugli sproni e di emanare luce: dentro di loro li colore SI è fermato e coagulato, gli ullvl 50110a.s.sortle scuri, poco ra – m.Jncati. Avevano mietuto, e _grandl distese g'lallocalclnate davano al paese un sen.50 di ricca desolazione, la terra era ricoperta da un ve1o di cene– re; un paese come quello, co– si ciclico e sicuro, è iJ :lpo.s.si - ~:: ~og:n=~~~ ; :u 0 e~1/ c~1 i è: Il sangUe può ribellarsi, ma la ribellione è subit.o clrco– scrltt.a, domata, deflnlta; il paese ti espelle, ti denunzlR, ti sta a guardare, come un pal– coscenico che echeggi. del– le esclamazioni solitarie di Amleto. Lo splendore delle Marche è fermo, sugato dal– rarla che ne emette la capa– cità. di durare più che di fe– rire: w10 splendore nero, lm· mobile, dentro le cose. Sono le cose che hanno acquistato il peso del loro colore. E pure I marchigiani, col loro liquidi dialetti dove ogni tanto sibila un'lntonazione p'iù ospra, godono fnma. di covare sorde e secolnri strn– nezze che a· un tratto, dopo aver lievitato su quella terra cosl ferma, esplodono; ma so– no scoppi di geysers, valvole di sicurezza di una sapienza secolare e conservatrice, che sgretolandos i hn costituito un paesaggio più forte degli In– dividui. Sono stato qulndlc1 giorni nelle Marche, a mezza costa, col mare lontano che entra col suol effetti luminosi nel– J'jnterno, senza farsi vedere; ma ogni tanto, dov'è più ros– so li vapore che vela uno sbocco di paese. una vela mi– nuscola sl scopre in fondo o un gioco lento di valli, ed en– trn dentro, si stampa In cuo– re con una fitta leggera. Per– chè della geogrn.fta ho un senso fisico, non sono di quel– li per cui ogni paese è come una scatola che li difende da qualsiasi variazione, e andare nelle Marche per me ha. vo– luto dire anche affronta.re un pericolo, spostarmi sensibil– mente sulla terra. Là a.vevo dell'Italia un'Idea diversa dal so?lto, sentivo I luoghi che avevo lasciato, e queUI In cui ero, fram.m.lschtatl In un gio– co che I secoli rendono lento ma. non meno Inesorabile. Non sono una regione di pns-- b~';f~~z1: ::::~1ì:n~arnn~ a:; essere una regione perfetta– mente lndlviduablle, eppure hanno anche questa funzione di tramite tra il Nord o li Sud, un tramite più riparato , dove le urgenze si sfocano. dove penetrano lentamente , naturalmente, le Influenze cho le poltu italiane si trn– smettono con ogni mezzo. Nel– le Marche ho capito geogra– ficamente, sul terreno, che che cosa significhi questo pa.s– saggto di <!1viltà;che cosa è clvlltà: qualoosa che supera ,tli uomini e le loro Idee de– finite, è lo splrttua le che ha trovato U suo corpo fl.slco, una facoltà. di espansione che va. stri carri del viandanti, sul– le tele del pittori, ha come stazioni di riposo gli nffre– schl delle cripte, fruscia nel sibilo addolcito del dialetti che s'Incrociano. si distinguo– no o si confondono. Il conta– dino marchigiano , se gli do– mandi come sta. ti risponde: e Bene, e la parte? a; lo sono rimASto colpito da questo sen– so di formula a cui può arrl– vnre Il linguaggio: egli altro non vuol dire: e e da. parte tua? >: ma questo rtspetto o questa cortesia divenuta un 6.1.mboloUngUisttco. confesso che ml hanno incantato co– me una foglia caduta dall'an– tro di Sibilla. I contadlnl danno ancora il tu romano; Venezia scendendo lungo l'A– drtatlco , sulle c06te o sul ma– re, ha acceso fuochi di gotico Internazionale; la pittura to– scana attraverso l'Umbria. e le gole dell'Appennino ~ pene- ASSENZA DELLE MARCHE Questa terra dà il senso di un'erosione le ntiss ima; come un sogno che non riesce, nel suo lungo cr ep u scolo, a sveg lia1·si .. trata. e tntnnto già trasfor – mandosi chilometro per chl– lome~ro, a ASS.ISI, a Follgno, a Fabriano, f\no a confluire e slgnlflcare qualcosa nel go– tico, venuto più scialbo dal– l'Adriatico: tut.to questo non può non da.re l'Idea. che la civiltà ha una. geografia, è un concetto, come si suol dire, vcrtlcnle mn anche orizzon– tale. Ogni forma ha In sua determln ablllsslmn patria. Al secoli. questa terra sparita, corrisponde la terra, questi secoli che non soompalono. Ho vissuto a Sansevermo mol– ti giorni: ebbene, so che Il paese romano che gli è pa– dre. Settempeda, era venuto alla. luce in mezzo al campi, e poi 1 campi lo hanno dl nuovo colmato. tanto è supe– riore al concetti la profonda etnicità di questa regione abi– tuata a fare 11 punto con l'I– talia. ma Rnche a non la– sciarsene tntlmortre. E quel– l'Appennino che difende le Marche e le separa dall'occt– dente !tallano, per dar l'idea di questo occidente basta rammentare la Toscana e ll Lazio, i due più grossi e fnt– tl > accaduti nella penisola, quell'Appennino arldo che 'ln mezzo all'Italia è una zonn di alto silenzio. e Infine quel– l'Adriatico che. ripeto, pene– tra. a. folate nell'Interno dan– do al paese Oo vidi da Reca– na;'ti, dnl colle dell'lnfl.nlto) un senso d'l Infinità marina. e dl fluida vMflcaztone del suol colli, hanno ridotto le Ma.rche a un paese che pensa a se stesso 1:n un modo Im– mobile. senz.nscampo, con una r!ccheu.a. direbbe un viaggia– tore francese, e mome >, con una gioia. lsolnta di cui bene si possono riconoscere I con– fini, e che mette addosso, la sera. girando per le sue stra – de dove la luce ha ancora un'an'lmaz.lone calcinata, che è rimasta. là come una col– tre dimentlcatn. un senso di solitudine Invalicabile, uno sconforto maschio mn non perciò meno vivo. Ogni cosa, immersa in se stessa, ha una propria destinazione dinnnzl alla quale non resta che ce– dere: la. grande piazza ellis– soidale di Sansevertno ml a.c– coglleva sotto I suol portici - perchè anche Sanscverino ha Il suo. ricurvo, Llstòn. percor– so dalle belle e dai bulli del luogo - persuaso che nulla sarebbe potuto accadere di più grave de11e vendemmie che riempivano l'arin dl unn ebrlet.à. un po' ottusa . Che viavai di buoi per le antichissime strade dove In polvere fa-rinosa attutisce 11 suono del pru;sl, t:mto che sembNl di avere a1 piedi non suoln di cuoio ma. di feltro, e dove ti silenzio è un invito a fare i conti con se stessi. per te strnde che fra Il Chlentl e Il Potenza percorrono I fon– dovalle. si arrampicano con larghi glrl sull.e colline, In cerca dell'Appennino o del mare ! 11 paesaggio ha.. si di– rebbe In llngUagglo pittorico, una e preparnz.lone > di arena– rle glR.llastre e di argille ce– neri. da. cui 11colore non bal– za fuori ma viene lentament e assorbito. emanando quell'In– tenso e Immobile struggi– mento. Come Il mosto che flnchè ribolle non si !chiarisce, ml prese una grande opaca calma e ml misi a studiare la vita segreta della ptttura marchi– giana prlmn di Raffaello: non c'era altro da. fare; e cos\ sco- ,li PIERO BI GONG I A RI pril una splendida Madonna di Allegretto Nuzl, imparai a distinguere I vari pittori san– severlnatl, Lorenzo e Jaco))O Salimbenl, Lorenzo di Alessan- :~O~e to~~ett,edg:, 11 o~t~ tutti, un esempiovivente di quel che sentivo, l'lneluttabUltà e la profonda connessione di tutte le cose. Cosi Il fabrianese Al– legretto, divenuto giottesco al– la scuola di R'lmlnl, passato do Firenze alla scuola di Bernar– do Daddl, t.ornato nelle Mar– che, come dicono 1 manuali, e provt.nctallzzò gli elementi fiorentini e senesi a. Capite tutta la profondn avventura cU quest'ape operata? Io comincia– vo n capire com'è nata l'Italia . E mi aiutava l'avventura di Niccolò Alunno, forse U più notevole quattroeent'J.Sta. um– bro, che dopo aver visto 11 Oou.oll a Montefalco, venuto a vivere nelle Marche vide I Vlva .rt.nl e il Crivelli, che gli acuirono li segno, rendendolo , come si suol dire, tagliente, jacoponlco. n Crivelli, si, il ve– neziano Crlvelli, che anch'egli stabllltos'l nelle Marche (ln se– guito a trascorsi di gioventù? sappiamo d'una oondanna per rntto e ndulterto) sviluppò l.n modo nutonomo rispetto Alla koinè v.enez.tana le sue doti: l'Isolamento accentuò 11 suo ar– caismo; la stlllzzazlone era da– ta dal trascurare quanto I vc– nez.lnn1 avrebbero rispettato, cioè In renltà esterna. cho il Crivelli deform~va seguendo gll impulsi d1 una interna e ancora m.lstlca realtl con un sesno tutto Inciso e volonta.– rlo. E m1 ricordavo dell'aria delle Marche, la luminosità appartnta delle Marche aveva fntto sl che questo grande quattrooentlsta ancora fosse trattenuto dal colore sfolgo– rante di origine trecentesca . n suo Incantevole ritardo ern imputabile a questo paese, che ne a.veva ratto un pittore raffinatamente popolare. E come non accusare un paese cl'l un destino? O come non sentire che ognl desti.no ha un cSUO> paese? E se l'A– lunno dimenticò di guardare , dalle Marche, a Perugia dove già le.voravano Il Perugino e Il Pinturtcchfo, se U Crivelli è quC6to strano frutto fuori stagione. e se Leopard.l Infi– ne rluscl a scappare dn. que• sto angolo dl terra gratin - nell'ar'ia ventilata l8f gl0. al– candolo col nomi più rovent'i l'orizzonte dicono buta a. una del suo disprezzo e della sua mancanza di fantasia. persino disperazione, se Leopardi vol- mortificante . Mal come ad le stra pparsi da un luogo che Ancona. mi era parso 0051 od1avn ma che portò con st vivo e misterioso l'Adriatico: ftno alla flne, Jo non potevo ·un mare lnsJ:tiegabUe,che ora non pensare al casi m1e1;· non cnplsco oome nelle lagune di potevo non cerca.re la mla Torcello e di Venezia nMCOn• terra per vedere se potevo da i suol ultlml segretJ tra le ancora con coscienza tranqull - perite clvlltà di Altino e di la sentirmene figlio, con tutto Grado e la ctvlltà rimasta Il mio scetticismo e la mia suf- cWusa. in se stessa, lmprlglo~ flclenza di europeo. Guardavo nata in un'eternità 1mporrl– alla finestra. Tutto 1l romorto ta. di Venez.la: l'AdrlaUco di Sanseverlno si affolla.va t.n nel llmlo delle lagune terml– quel riquadro, pacato e dlstan- na quel senso di mare a.bban– te: ogni quarto d'ora i rlntocchl dona.te, quella tristezza vacua dell'orologto della Mlsericor- che gli uomini solcandolo dia &eendova.noa. incontrars1 han cercat-o d1 variopt.ngere, 11 sotto con gli schiamazzi per dlstramelo, con vele CO• LUIGI !'olONTANARINI - e Paeucs\o > delle oche che crescevano, e torite, come fC5ton1,con stra – credo crescano tuttora, nel nl simboli e 11011 ocracei, qua– piccolo cortlle insieme a1 gal- si tot.6m a. scongiurarne una Iett'I i quali tentavo.no , sto- solitudine che es.s1 non san– nati, t prlml n,pproccl col no vincere ma dl cul si sen- =tg{caiit1. ~e~:vaf~~ l'~~ ;f~ 0 ch~~ 1 ~g!'~~~! ~~/~; perlosa arella, a.nettata dal lasciato traoce tanto vlolen– Jlquldo fb;chio del padrone , te rlesce a. dargli un b8fllorc s1 decideva finalmente a be- di familiarità: esso l'ha por– re. E dovevo riconoscere che tata, deJ)C).1itandola un po' do– se ogni terra basta a morire, vunque, e cosl scarlcandose– non ogni terra basta a vivere, ne. L'Idea di un Nettuno se uno, dopo a.ver tutto detto burbero nessun mare quanto di sè, non vi si sente anche un Il oalmo Adriatico può darla.: po' stranJero. cioè capace dl esso che termina cosi verdo– avventura. Possiamo vivere Uno e intorbldn.to a lambire solo dove possiamo oonser- le coste, subito s'accende del– , ,a.re qualche segroto su noi la sua sotltudme elementare, stessi, di fronte a noi stessi? di una dlfflclle, alblcante 1m– E' Il nostro istinto dl conser- mensltà . Non per nulla è vazione che determina questa ,quel mare che penetra. col legge? C'è sotto qualcosa che suol colori eterni, ventilati e non capisco. Comunque dove- sttenziosi su per le valli mar– vo averne conferma qualche chlgtane incontro e.l colle da giorno dopo, a Recanati , uno cui Leopardi ebbe quel senso del più bel luoghi che lo CO• d'un 'lnflnlto corposo e soll– nosca, dove Leopardi non ha ta.r10: es.so che si dep6slta. in saputo nè vivere nè morire; luminismi d'una. fermezza. e e a Loreto, dove ha voluto dl una vacuità tanto assolute Invece venire a morire un da dare li senso addirittura grande pittore di fuort, Lo• di un'erosione minerale quan– renzo Lotto. do cala la sera e la volta del cielo a. scaglln n scaglln s'an– nera, altissima.. 'lntanglblle, rabbrividendo. E' un mare ab– bandonato, un mnre non ca– ptto dall'uomo; mentre U Tir– reno è tanto strettamente le– irnto al mistero degli uomini che l'hanno vlsto e che han– no lavorato con lui nel mil– lenni. Non per nulla Roma si protende sul Tirreno , non per nulla gli Etruschi lo hanno sottlbnente contagiato della loro misteriosa fecondi- II Ancone., chi venga dal nord. si protende grlglorosa sul mare quasi che solo li la ri– va. prenda. aire, e tutt'all 'lm– provvlso, quella rlva cui soltan– to le ultime propagglnl del Montefeltro avevano dato un cenno di solllevo (ma 1l non potevo diment icare il dantesco, infido vento di Focara>, flnchè i vetri e le macerl,e del Oua.sco e del Cardeto, atrocemente vive UN A NUOVA C OLLE ZI O N E Autobiografiadi Giovannad'Arco Pag. 5 tà, di una perfezione, se vo– lete, s1m.Ue alla morte. Da. Monte Cavo lo 1 l!di una volt.a, nero a.ccendersl fino all'oriz– zonte, quasi venirmi Incontro : ed era come se fossi sullo !O· glie dell'Averno: dove avrei anche potuto penetra.re, co– me Orfeo, per grazia. specia– le. Da Ancona l'Adriatico e non partec1pa.va a. Una se– ra.. mentre cenavo .sull'alto della sua riva, non potei trat – te.nenni dal dire: e Che si– lenzio, là sotto>, quasi che CS$O avCMe approfittato della notte per scomparire, e là f06- se il vuoto: un vuoto a cui l'uomo non sa e.ppoggta.rs1. che non sente nemmeno In ascolto. Ripeto, l'Adriatico scompare In se stes.w, Indif– ferente a checchessia , In cer– ca de1la sun anima difficile, Imma.tura. Frutto acerbO, C5- so, tra amaro e vuoto, sostie– ne clell lnfln'ltl , distanti, per– fetti. Mal come nelle Marche u cielo ml era apparso tan – to lontano e assorto: e da san Clrta.co ho rivisto, sep– pure lll'impldito, il ciclo e che &OStlene a di Venezia: quel cieli che Il 'Ilepolo ha popo• lato d1. deità e di allgeri, fare– trati tnre..ntl; verso Ancona non più l'aria. renna di la.– gtma rende fermo e quasi convalescente anche ll cielo, ma pur sempre lo spazio con– serva una sua. stagione lntan – glbUe. L'opulenza si è fatta trasparenza: mn. in fondo giacdono l colori strazianti e fermi, tanto lonte.nl. Anche la. terra marchigiana. in fon– do a. quest'arla.. sembra. una apparlzlone, immersa. In un pulviscolo luna.re . Olà. tn un mio precedente viaggio notavo l'assenza in • combente delle Marche : il loro lungo crepuscolo, e l'a– ria diment icata nella. quale si Qa.vasa :t,entamente in ton1 sempre più freddi via vta. che fa sera. ma sempre plenl. fl– no a. rlemplre la. calotta. ce– leste di un oblio fatale. Sta – volta avevo nvuto la sensa– zione. a Torcello, d1 un enor• me uovo di luce posato, schiacciato leggermente sul– l'erba. e sull'acqua. che non si rompe della laguna.: è forse n vapore di luce che emana dalle acque renne e dalla umldlsslma terraferma. vene• ta; ebbene, nelle Marche ho ritrovato questa sfericità. lu– nfin068 sulla t.erra.. ma solo svuotata del vapore veneto, fattasi nssent.e. Lnggiù, dove nella terra. di laguna penetra – no le palafttto a. dar consi– stenza e fondamento, dove col legno, da navigatori, gli ab1tanU cercano di non pe– snre troppo su un terreno in – fido e dl ripararsi dall'umi– dità, le imposte di pietra, enormi , ferme sul loro cardi – ni dt pietra., del Duomo di Torcello ml a.vevano colpito come unn. singolarità conti– nentale: quasi la paura dl quegli uomtnl trovatisi nelle lagune a contatto con le gua7%e troppo pese e lo sgo– mento \nvemale. Era anche questo un aspetto, Il prlmitl – vo, dl quell'c a.ria. del conti– nente a che vediamo poi ma– nifestarsi 1n un modo addt– rlt.tura opposto: quando sp'lra dal continente U vento favo– loso del gotico tnternazlona.– le che fin quaggiù, ftn nelle Marche. dnrà i suol frutti particolari. Cosl come da Fa– brian o Gentile er& risalito a.I nord. Un vento periodico, che spira nel due scns1, questa corrente culturale tra le Mar – che e il Venet.o: un vento che ln depressione bizantina. ave– va cosl feracement-e prepara• to. E può capirsi ch.1. sazio dell'lncnnto veneto, venuto quaggiù que.sl casualmente , non abbia saputo poi di• staccarsene: trova.va . quaggiù, disperatamente trasparente , quel senso d'lrù1n.lto che in• vece Venezia sfuma e allon– tana.: qua. un Ca.rio Crivelli portò a. com~ento la sua ooperlenza formale, con una cruciltà gluntn al distacco; qun un Lotto trovò il suo e hortU.S >, portandosi dletro. e stunendogll insieme, gli In– flussi ormnt troppo saturi del grandi veneti: qua venne a morire, su queste trasparenze che gli rlcordnvano come un miraggio la sua. perlcolOG& Ve-– nezla, sapend06Cne conquista– re una m1racolosa., arrl.schta.– tWlma. originalità. Questo ln– coritro di unn. stessa teIT&. tra un pittore come 11 Lotto e un poeta come U Leopardi è lnd.bncnt1oo.blle:nè sl tl'1lSCU• rl, a cnplme l'intrln.secità. la teoria leoon.rdlana a propool– to dell'infinito: le sensazioni vaste e indefl.ntte sono intro– duttivo al senso dell'lnftnlto. Era un marchigiano, il poeta, che affondando nel nulla, ceroavn qualcosa a cui ag– grappa.rs1, un'nrln che non fo.sse solo trasparenza senza flne. Comunque era giunto a quell'idea. del mare, 1n1lnlto mare , ln cul è dolce naufra– gare: che è quel mare che ho detto , quel mare deserto. Chi non ha provato a cammina.– re sulla polvere di una stra– da. d1 campagna marchigian a non può capi.re : quando quel 111anco rappreso a.ttuttsce Il suo contatto con la terra, e ta vista affonda. senza ftne in un'aria che non tiene, pa.te– tlon. E Il Lotto aveva. fatto U cammino opposto, portando Il suo pathos verso la traspa – renza., Uberondos! del tonali– smo veneto, dl quel pe.rt1cola– re -e va.sto e lndefinlto > la.– gunnre verso l'lnftnlto freddo e cristallino della terra.ferma marchigiana. Jacobello del Fiore nella sun Storta di Santa. Lucia, ~ quelle incantevoli otto tavo– lette su fondo oro della. Pi• nacoteca di Fermo. forse può darci 1n simbolo Il senso di questa pnrteclpaz'i.one (anche so la. sua. è una. terra gotica intemaztona.le concepita· In clbna veneto): unn terra. In• ~Bu~:lar~C~e Ji:1'~C:~ matlcttà lineare - croma.tlca delle avventure della Santa.: accompagna , abbraccia , so• spinge, quasi azzarderei , si di– spera , ma è una terra di una solenne solitudine, la sua di– sperazione è sotto un lenzlolo da fantasma. che le inibisce un volto e un gesto di vero contatto. Cos\ questo mare e questa terra, lancln.ti nello spaz.lo, sembrano fennl 1n se stessi. assopiti in una lumlno– slS$lma. Invalicabile solltucM– ne. Le Marche, cos\ feraci, non danno Il senso delln ma– turaz ione ma, ripeto, di un'e– r~one lentlss1ma: come un sogno che non riesce. nel suo lun1thls.slmocrepuscolo, a sve– gliarsi . PIERO Bl QONQIA&I

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