Fiera Letteraria - Anno II - n. 38 - 18 settembre 1947

flEH.A LlffTERAP . 3 -------------------------------------------------------------- III Insonnia ' M I ripromettevo di passare finalmente uno nolle tranquilla. Aprii con una certa f.mo.zionc l'uscio del m'o nuovo domicilio parigino. Sulla soglia rimasi un momento pe1pJe550, Anzichè una camera, un tugurio aa quel· !o a dir la verità, ma un tugurio ben appal– tato e feerico che in quell'ora tardiuima sembrava -aspettilrmi. Il plen:lunio Rella\-a sulla parete un bian– co rettangolo a scacchi, Tutto nuotuva là dentro in una penombra laui~inosa e trasparente. Chillsi adaRio .adagio r uscio ~er sep..1rarmi senz.a rumore dal resto del mondo. ... Come avevo previsto, I" tuce elettr;ca non funz.iomn : la lampàd na non era più <.1llro che un filtro rosso.strache a girar la chiavet– ta s'i.luminava senza rischiarare !".ambiente. Allora covai di tasca la. candela compr,ata per la strada, l'accesi e la piantai sul corno· d. no ch'e l'.tava lì in capo ·al 'etto vuoto e nero come un mobiluccio funtbre in un se· Polcro. Feci tutto queso .tenendo semprei d'occhio il &0ffitto che in quel p~nto eta così basso da costtinaermi a camminare piegato in due. Seduto sulla sponda del letto procedetti a la mepfo alla mia svestiLione, cercando dt non urtare col capo la voha massiccia che ca ava a precipiiio sulle mie spalle. Quando fui pronto, rimboccai la coperta e~ se·nza fare le solite indagini del ,~!agg!.a– tore m.eticolo5,0, nii allunRai fra le lenzuola. E soffi.ai , ul bme. 1 11 pauroso soffitto scomparve. la camera ,i.apparve, immer!o. ancora in un vapore az.– ,:urrino, o vig.le come lo speco di un illu– sionisla. Non un suono, non ,'Jn segno di vita che Riunttesse al mio orec:chio. Mi raccolsi, misi in uno sbadiglio t:itta l'indiffereni.a e l'inerzia di un commiato, e chiusi ~li occhi. Questa vo la et.a il silenzio che m' impe– diva di dormire, un silt.nzio dai m nuti con· tati come quello che circonda il condannalo il morte. Cercai allora di accordare il mio respiro alla quiete del luogo così che nel ritmo CRunle del fiato il sonno che aleggiava n mezz'..,,ria avesse a penetrarmi a poco a poco. '' Mes hòtels" di BRUNO BARILLI stanz"' funzionava là dentro ·macchin~lmente, e non per farmi paura, ma in vi1tù d'un cabalist:co ingr.am1ggio che aveva il proprio orario. Mi rico,dai che poche ore prima l'oste nel mostrarmi 1·alloggio si era turbato .al p'Jn• lo di non sembr.:lre più ha· .. A quali trasfor– mazioni singol:nri anda,-a sogRello il buon uomo? Non c'era d<? riconoscerlo. Più nien te di quel to;,o flern.-n-tt co e bonario col quale mi aveva accolto ~iù in botteRa; la front,. pallidissima rigata di gocce fredd2 1 11.li o cchi mezzo cho:usi. egli aveva l'aria di nllere sparire, dl non voler significate più nulla. Mo le. bianchiccio. 6oco, 1 povere,· to aspeltava lì dinanzi a me che accettassi la camer:J come se si traltasse di liber.arsene sei;tretamente. . .. Del resto da tre ore vig.lavo là dentro ~r~;~::O. ":in ~-::dd:l afl~~~r~ ~si.ni ,i~:\~avt nel trasoRMlo fl:iire del tempo la fontas.ia fomentata divampava e respiravo prec p:10-– samente soffiando con b narici come un ca– ne ehe ha la febbre. Flusso, rirlu5$0 di wpori e di ,-e.iglio, tra· versi,. ab·ss.ali della mente. 1 Por1alo siro ial vertice di un' al ucinazione ricadevo in una stanchezla disgustala e veni,-o assalito .d'un trauo da un brurd,io d'inferno: er.on v.am · pale, morsicature, e puntu1e, punture, pun– ture. Mi con1orccvo tr.ascin.ato qua e là, in que,I letto a due piazze, da carovane di in setti. tai .attentissimo. Contro la feritoia i due gior nali flunuav;;ino, :ma corre11te fre~ca li agi· tava; ora si ora no !a luce tr.apelava e an– dava :a sfarfallare sulla parete. A poco a poco la finestrella riapriva il suo occll'.o. Udivo distintamente la carta lacerarsi ,a stri– sce, i! peuettini: qua'cosa. un corpo forse, ·pesa,--a entro quei fogli. si muoveva con un bizzaro dis.eRno e una r.abbiosa ostinazione; non avevo ancora pensalo al Rrosso topo che mi aveva se~uito sino a casa che già i nu– meri di Comedia 10,,esciati scivokavano dal davan-zale sul pavimento e la bestiaccia con un tonfo cadeva sul tavolino sottostante. Non bo mai potuto sopportare la ,..i!tta d1 un lopo d"acqua. Vestirmi in frett-a e furia. e buttarmi con gran fracasso giù per 1 -a scaletta di legno fu un attimo solo. La port-a di str.ada che funzionava per mezzo d'·.m cong,gno misterioso s·llprf da Der sé come quella di un agguato:- avresti detto che qualcuno mi spiava sapendo che la mia notte sarebbe finita cosi. Mi slanciai fuori s':JI boulelJard con dei gesti di pazzo. Est locanda V E.NNt giù di botto sul boulevatd, gemen· do scordato, ~orne un.a chitarra c,aJu,la da un balcone. Sent·ivo di avere un g,.an buco .al po~to dello stomaco : ma non era I a fame - era il s.onno. rr Jtto era allo stesoo posto della seia prip ma - ~ tutto dormiv.a profondamente. Ma ORni aspetto di vita era scomparso. Non c·erano che cose rimastr.. Nel ir~n s lenzio delle albetate, le par– che municipali; più in là le baracche del mercato. oscure o vuote - e sul ciglio del merciaoiedi qualche b.done di immondizie. dritto nella sua ombta. ... Si levò Quel ,·t.ntÌcello d, pri:no maUino che spazza adagio adag·o le tenebre - cor• reva R.elido r.adendo il boulelJard deserto. Presi di tr:averso la strada e imboccai una discesa oiù buia. lnc'ampan, ad ogni passo, sbandavo d;:l un !alo all'altro della viuzza, camminllndo a te· sta bassa. flaaellato dalle onde del sonno - e guatavo qi.r-a ~ là dentro i vicoli giranti di Quel labirinto nella speranza di scorgere intabarralo e fermo su un cantone un gardien de lo paix, o uno spazzino, al quale chie dere qn'indiµ.z'onc - o una bottega di• schi'Jsa r. illuffi.lnat.:i, che facesse pulizia. Non s'incontrava un'anima. l paraggi eran ,,zoti - e già albeggiava. quando mi parve di udire echeggiare dei colpi di tosse- - la i tosse dei resuscitati. Qualr:11110pass.ava hel• toloso. fuori ùo. e spariva. ... Finalmente a un crocicchio antico mi si oorò dinanzi la grig' a focci;ita di una locan– da chambrcs à la journée, col bar spalan· czto e pieno di hmi accesi - e' era anche SUPER FLUMINA- BABYLONIS I. Mc11itazio11e a, Cnrta.gine Questa. lua :.ntirno luce ha.bocca in un J;JJant.o di sale e si /a pietra di MARIO ALESSANDRO PAULUCCI la mia prima parola mi -condanna. U,ci!o dal Tuo JCme, rilo.rngvi è im,::,ouibile; sé voglio essere l';«.lo, debbo pcrpeluamenle iinnovarmj in vuoli simulacri, lutti simili, d6Slinali pur e$Si a /tir cenere Ma si cominc'.a sempre dai piedi a dor-1 mire~ e. i miei. erano intiri.zzit_i. ~nch'e gli occhi m1 si apn,-auo per la no1a d un nastro di luce che. da una fçssura larga fre diJa co· lava sul pavimento corno giallo d.uovo. nel J)«umbe'o giorno degli ulivi, al mosto del $0/e africano in cui rio//iora fu morie col wo aspro scnto,e di tem:1,.di vino e d, santuario. Il fuo peccato è w!o piiù un oscuro /rate che scivolfl tra mura deserte nello specchio del tuo fuoco tlontano. E 1 ;f prezzo del giudizio: atJrò mai fmllo come J' albero che un tempo i'n me lo du'tiseJ} Sarai Tu. que'sla ùo+lta, Padre mio a farne ci.bo pu la Tua jnnoccnui. Guardavo lì di trailo in lr-a.tlo quel rÌ\'olo d'oro. poi più su il pal ido rettangolo irre– Ùo che fumava fosforo sul muro come una proiezione spettrale, e pieno di quello Hu· pore che dà !a stancheua aspettavo i·nvano di assopirmi. 'P'rov~,i a voltarmi s.ull'ahm fo1r.c..o. Anche da questo 1-ato non c'ct.a sonno. Incandescenti fanrm,ticherie m1 salivano al cerve lo. Contro di me .si aprÌ\-:a nello p11re1eil'uni" ca finestrella che da.va su un cortile di pri– p;ione, e non pote,-o levarmi dalla te?ita che proprio lì 50tto, addouala Q 10 muraglia ci fosse una ghigliottina rigidamente avvolt11 in una !unita camicia di telo cerala, che prcr\– deva un aspetto alòsimo e tenibile di atatua. Intanto col fruscio di un fooco artificiale i:J 'una pÌena sembrava affacciarai alla grossa feritoia. Finii per r:accendere la candela, e buttar vin le coperte, misi i piedi nelle mie eia· balte e raccattai sul pa,;mento due vecchi numeri di Comedia: volevo provare ad :ap– plicar·i contro l'inferriata, Fu allora che m'accorsi che non ,i tralla– v.a aHatlo di (..ascino lunare. Driizz.ato Il fuori, vicmo ::.I platano, era proprio il maledello lampione ~hc a~evo vi: sto la mattina, ,a gettare quei raggi lunari nella mia camera. .. Quando ,jJ buco fu chiuso e fui ben sicuro che da. quella parte di luce non ne filtrava piò tornai a letto e spensi un'altra ,-olla la candela. ... Ade!.50 ci sarebbero volu1i altri giornali per tapPD.rr: la (es.s:ir.a ai piedi de 1 l.a port.-, ma non mi mossi più, e rimasi lì r.annicch:a· to in preda a una vaga inquietudine. Pen~vo "-Rii org.an· smi erranti che dove· vano pure esserci nel pag.lie-ricoio, pensavo ai probabili inconvenienti del b~on ff!Crca10 e 4 nd.Qvo borbottando quasi con 1mpaz.1enza: 1c Ne ho trov.alo nel mio paese, presk> gli Austriaci. a Monaco; ne ho trovalo negli a 1 berR.hi di Costantinopoli e tli Budapest, ma a P.aiRi, insiste,-o, a Parigi ch1e è una città cosmopclita di cinque milioni di abi– tanti? Ho già ca.mbinto tre hotel, e sette letti, è mai pcs,sibile che non si annunzino ancora, che non si faccia.no vive? No, que– slo non t giusto, non è a Hallo naturale I u. E as.petta. aspetta, con gli occhi spalancati. Dinanzi a me l'insonnia si drizzava in tutto il suo s.p'endore sogg:ogante. La real– tà scomi>aRinat.a. ogni coscienza sommersa in una fluviale lucidità, i fatti più lontani, le circostanze più asswde sorge\' t.no, dispOste immobilmente lungo il corso di quei pensie– ri che precedono il sonno. ... Di tanto in tanto un tanfo 1 eggcro di ve– RCl.t1.ione ,-eniva su dal cortila. e insieme una ,·a~ inquietudine di lrag,edla acqduta che si diffondeva a onde regolari. Senia dub'hio tutto un complesso dì circo.- verso una od/a ignota. per ri~hiuder$i ln una colpa cui manca ragione. lii. Z'urto che in te brucia ti viene da un sepolc,o perpetuo dove giace memoria di un'origine perduta. Il figlio prMi"'O Mahcra il lltano nei campi Unica è la rddioe, da ·un per/etto seme diE.chiusa, c mette bene e -rnt:ie come Joo ranu' tortili che reggor.o il fuoco pa.storoiedel meriggio, I.a luce apre la ,,ua acqua verde nel vano ddla porla desolala un salo frutto alla mano innocen'e, nutrimento {cr,esfre offerto al Ji,Jio dell' C$i'sldnza, fino aA.'achiarezza ùltimd, al gcst9 puro, alla saggezuz ìmmull.(Ida giudizio, al grido lùcido che annun-zierà la nnsoila del dio. che altende Lazzaro ,isorlo. La 1Jifa m'è piefr(J di sepolcro. eh 'io so:llevocon la mia .spcran.zn . Mia,l,e, Jammi santo col tuo olio. ve,limi col Juo lino bianco e' dammi lume col tuo pudono. Padre, macina il mio sà.f.50, m'è dolc-cJ il mio povero ,anno Il. Epigrafe La ,peranUJ si muove nelle pietre ed j tuoi occhi mi dicono il cielo. Con il mio grido nel tuo fianco puro sii aiiJala, Donna. a Samaria; come un retrile fresco, un'acqua breve: non poJSO /is.sarvi l mio volto quale dio fa ,olerte iJ gd/lo che canta il mìo ttadimenio? che la tua luce mi calcina gli occhi. Cerco ia vita e tilrovo la morte, que,tn mia lunare eternità: A nsio mi p~de d' es.sere rJiswfo con, i miei cape.Mi ,ui Tuoj piedi, igna;o della sorte, pc, il pianto Ol(ni discorro mi diventa epigrafe, o.ml immagine una statua corrosa. del Tuo commiato nel bru7loulicJeto. Dové la lenera agnd!a Ja latte Il m.'o peccdlo è d'esistere-, di aoere definito in ttn limite il mb giorno, la mia incorruttibNe :wslan:uz e il mare è una stri.sciasottile per la co,ndriglia vuota .sulla rilJa, eh.a non aòeVa altra legge che il sonno. Ora, non po!AW più dormire, Se an:ssi volulo fare lo stoico e .abbat1do· mumi a quella conlaminazionc Ìrreparabi e non ne ,arei uscito vivo. Accesì invece il lume, misi IOS$0PJa iii letto &enza ,coprire niente. n:enle di soprar.• naturale, niente per così dire di .anormale. Allora mi ricoricai un po' r.:iSo'icuralo. Sul soffitto O due spanne dal mio nnso un raunctlo saltellava lranqu]lo allontanandop si qu.:indo con un fiammifero in mar.o alz,1\'0 il br.accio; poi si lasciava cadere 'ungo un filo di bava e mosso dal mio tiato dondo– lavi(I. ... Basta. non voglio in,isteré. Alle qu:-o11• del mattino a\.'evo dei e.rampi al o slomaco. la 1·esta infuocata, e i piedi assiderati. Ormai il sangue mi si 1affreddava per aver troppo bollito e bruciato. e il soffio vi1ale s~sdv-a diii~ mie l.abbra sibilando come l'ultimo Retlo di vapore da un3 marm:U'1 che st3 per crepare e fonde.r!i sulla br.Jgc mo· renie. Non a,•evo più la forza di pens.are-. né d1 lev~re un grido: insomma naufragavo nel· l'eclissi. Qualche idea inafferrabile, più che un 'idea Wl 'ombra volteggi.ava intorno a me come la mosca che assillo un c.ad ;;ivere, Giacqui forse mezz'ora in quello stato or– rendo fin che un piccolo rumore, un uasali– mento di corte gualcile dn 1 vcnlo, mi svegliò benchè non dormis.si . Quel tr.amestfo preciso continuava. --r'utto scon,-oho mi ah.ai sui ~omiti. Questa volta le mie orecchie- non m'ingannavano: divcnp Non avevo chiuso ocdvio - allucinazioni, tormenti udili\·i - ~ ormai potevijòo cs&ere le cinque suonate. Benché 1-a notte fosse finita, il g.iorno non comincia,-a. T.ut10 pareva ristare sotto quel cielo triste. Una pa,tn.l!- commemor4tiva gra· V;;li\'a suRli eventi. L'autora non si affacciava a innaffiare di rosolio il lastrico. ••• Dietro la mia 5Chiena il fonia le dcli· esoso alberRhetto brucia.va ancora - rosso e verde, come il lume dei pompieri - e una debole ombra. Ila mia, allungat.a sul marciap'.edi, sembra,·a aspettarmi, pronta a s.eguir le mie mosse. 'Ianto affranto ero, che avrei voluto co· riQrmele accanto. Nell'alone torbido dei 1.ampioni che si rip flettevano sull'asfalto b.aknato dalla pioggia recente, le saRome storiche e ~uintetnale, le curve, la deriva e gli avvallamenti OSC':lri del fiero rione marsigliese aumentavano la superba obesità del vasto e rugoso boufevard, che sembran1 m..,culato e molle di sudore per lo ,forzo eloquente d. a.ve, raggiunto la di– mostraz'.one della propria rotondità astroncr mica - culminava in quel p:.mto, trasciDRndo l-0.rS{O e lento i suoi lroltoir, verso un buio vcrtiRinoso. ••• l.a2a:ù nessun rumore di ris,·e~lio. Dintòrno, le case chiuse. Non una persia· nq sbottula che scuote,se l':aria, CartaRine, aprile 1932 Roma, lugl,o 1947 molta stenie - e il solo caffettiere a 1cr v:rla. En!rai barcollando. ~li ch1es1 una ca- mer.a. Mi 9quadrò in me.lo modo: 1< Oamere ... niente 11. grugnì. I ba(fi duramente piantali sotto il 1uo naso di arabo, questo odioso individuo a,·eva an– ch"' lui sulla facci.a i segni del sonno intcrp rQtto - le palpebre di nefritico, appiceioate - lo sstuardo codo, avverso alla luce - le Ruance a orne?ette, la voce rauca - i I corpo indolenzilo d.a una len1taccia - e si muo· vevQ pesante dietro il banco, trattenendo in bocc.a l'ultimo sa.poro del ,anno, dinanzi a dei poveri diavoli <ji clien1i eh~ non ch·ede– ,-ano che di scaldarsi le m.Jni e il venire eon un bieehiere di caffè bollentQ (un oaffè color d'acqua e cenere) - il suo freddo ci– pÌQ.lio. jl suo pallore CilllÌvo di bevitore di sanaue. meUevano addosso una gran pawa. Scambiammo un·oechiata da nemici. . .. Giornalqi. cenciaiuoli. palombari venuti su dalle foRne con la lanterna, ,--ecchienine tre. manti in cuffia di lana nera. a.gnaldrine, lut– to 1• austero pcpolo d.ella nolle - mascelle sç_rra.te. in facce addo~mentate ___. sorbivano quella mioeela calda. E qualche ubbriaco, chino e sbuffante in ascoho, che vede,,•a pro– babilmente roteare il bar, splendido come una g·osha. ... Tornai fuori all'aria. Dopo un giretto inl1" r le ero dentro da capo, e mi sedevo stracco sul dirnno. Il bar s"era sfollato, e stavo P'Cr asoopirm1, quando sentii soffiarmi in un orecch·o. Aprii appena. un occhio: C'Jrvo w di me, con un ghigno, il caffettiere mi scuoteva. 1, Se volete pagare cinquanta. franchi ru~gì - la camera c'è 11. Lo RUardai. Era terribile. In quel momento non m1 seni \-o abba~ st.anz.a forte pe, attaccar lite. E poi egli ave– va l'aria di mettervi una zampa &ul petto, senza cap·re perché non vorreste lasciar'\; sa• lass.are da lui. Tir.ai fuori un biRlietto da cinq'Janta. D:s• !C soltanlo: " Bor. 11. Una serva alsaziana due volte p'ù alta di me. mi guidò fin su alla mia cameta. Dormivo su ogni gradino Ragg'ungemmo il mio numero che era ad un'altena ,-erti– Rinosa. Quando -arr· vammo in cima alla torre. e la serva mi spalancò I.i porta. m1 parve di venire introdotto nell ·im-oluc.ro di una mon• 51.olfiera. Eravamo fre le nub:. Non si vedevano i muri. CorrirwiRRi alle finestre - panneggltl:tnenti, pies:zhc, sbuffi e rabbuffi. Portiere p'ene di •,-ento. Veli 1 rigon6amt:nti, accartocciamenti. dor.ature, ornati - spes50ri di falso da,ma– sco. Acciaccature, vuoti oscuri. Pareva che un cjdone decrepito fos.se venuto a morire là denho. ... S:il lct!o a baldacchino un odore di ve<:~ ehiume e di nahalina. Un boccascena stantìo. un toatro di tarli ___. e intorno. un m'sterioso awi!imenlo; tut· to il venerabile baroccume dell"Ottoeento. L "atonia del chiuso. Un '1-ndiriv·el'li Jeqlo di ricordi ; brusio lunga - e finalmente un inlervenlo strepi1oso e folleggi.ante di suoni che non trovano unn sistemazione. La tra· monlan.1 fischia, non si s.-i do,·e - il camip netto oanta come un Rrammofono. Si gonfia~ no soeltr.almente le vecch·e tendine. Si muo– vono i drappi marci sul canlerono. E dopo un JX). cli spavento l'aria indolenzita rientra nelle sue fessure strisciar.do. La pclvere del soffitto fiocca su\ pon•imen· to dove h-an preso stonza i topi. ... Il letto come il solilo. basso e larehissimo. E. la r~ola in questo paESe dove gli uo· mini r,on vo;e:liono dormir ,oli. Mi cacciai sotto un pallone di piume legp i:;teriss'mo. e mi addormentai tutto d"un pezzo. ••• Crede,-o di star lì da mezz'ora quando un col~ brutale alla porta mi fece sobb,.alzate. Il K>nno teso sereno, ch'e dormivo, andò in cento petzi, come uno specchio. d'lanian– dosi coi suoi fr~mmenti aguzzi - e allorn Provai un immenso dolore, quasi che l'oste avess,. affondato nel mio cuore la sua zampa pelosa. Rantolando come un ouo fucilato mi veatii alla cicca - mentre dietro la porta un,a \"Oc.e di donna, la serva als.aziana, mi grida\'a: 11 // est midi, monJieur ,i. All'isola di S. Luigi A DITO in un piccolo albergo molto vicino all"lsola di San LuiRi. T,utto pietra: In stradina, e le cue che san· nerei, tozze e fondate. E" un borRhetto un po' antico. Senza poi· vere nè erba: d'una pulizia qua1i minerale. La bre-.·e stradina g·,a ad .arco e ,bocca su altre stradine 1inuo1e. Dove. stretto fra i due marciapiedi, può passare appena un carretto. Di sera, in que( limbo, non ritroverai f.r cilmente il tuo alloggio. Ci Par d'euere in un bauo labirinto di ridolte, affondato nel centro vivo della cÌltà. in mezzo ai clamorosi e i,wisìbili grattacie– li turistici - dei quali non arrivano qua~ù terra 1erra nè le luci, nè le voci. nè i 1uoni. Qui regna un silenzio remalo - e il dip sco rosso. a intermittenza luminosa, col 1uo tic 1.ac d'orologeria, acceso spent·o, acceao ... che ,:Rnific.a: giorno e notte (( diraione In· terdetta n. . .. Ncll '.a\bert(o c'è posto per &elte- o otto v-iaitRiatori. Mo. che posto: immenso ed eter· no. Il modesto edificio &emb,-a fatta per op-– porsi e res' slere comoda.menle allo scoppio di una Polveriera. La mia camera a piano terreno rialzato ha dei m.u,j da fortetza - inferri.ale alte finestre, grosse come il mio polso. Doppie imposte a '\"Ctri per l'inverno, che lengon fuori accumulato il freddo e la neve. E una serr;;inda di legno che si chiude dall'interno può fare nella st.anz..a, i.mhiancaLa a calce, l'oscurilà p:ù completa. Il &0f61to massiccio a volta potrebbe ao– &tenere una torre, mentre sopra me non c"è che un primo piano: e poi aubito il tetto. Può avere più di duecento anni questa oas.a - e.erto fu costru:ta dai turchi o al· meno contro i turchi, · 'Più lardi, come sf:ppi. fu la dimora prip vatij d.' un ,-escovo caritatevole e povero, una specie di santo. ... La mia camera ha il pavimento di aaai, sul quale i passi risuonano militarmente. non ostante i tappe.ti . Una slufa cl.a COJPo di guar– dia. col grosso tubo 11tecchito, che fa gomito ,.,me lu~o la pMete, per cinque o aei metri ancora. Una doppia porta d'ingreuo, con &erroturn, bracci di (erro e cateno di ,i· cure-z.z.a: uno scalino sul fio.neo mette fuori sotto un vecchio androne compatto che rÌm-

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