Fiera Letteraria - Anno I - n. 5 - 9 maggio 1946

COME e llLDt.\O clH• JllÌ ro~c passala. Pcrchè .:.a\c,·o a\'ulo mohc paure 11cgJj uJ1imi urllll, come t..anla geu– tc, sì, come tutti. Tutti ebbero p:n,l'a, e Julli se ne ricordano, e tutti arwora lo raccontano; dico . ebb('ro paunt di c.oisterc, :,i nascoo• dc, ano, JIOU c:cra luogo che 0.1- scon.clcssc abbastauza; ~i surchbc voluto 1orn:1re piccoli, come quan– do ci sj nusconcle,,a sollo il man– tello della madre, tornare nell'ute– ro materno. Si porla\'nno occhiali neri come w1 tempo Jc bautle, e lwrbe e baffi come ma..,chcre. Tra amici, incontrandosi, fingevano di 11011 conosccr5-i, per 11011 compro– mcllcrsi, dicevano; avevano nomi falsi, carte folse; e c"era solidarie– tà, un pr1ssante q-uaJmu1ue ti avver– tiva dei pericoli della Eilrada: in– ~omma, diciamo srmpre che quello fu un gran tempo, arldirillura uu bel tempo, il tempo 1nigliore della nostra viui. Figurarsi che vita. Lo provai anch'io, era hcllo come de– ,,'essere bello per il seme stare sollo la terra. o pc1· il rag:1zzo sentirsi guardato pen~ando che nessuno lo ,•ccle quale è, ttHti lo vedono piccolo mentre egli è grande, capisce tutto, e si stupisce della poca intelligenza. clegJi adulti, e sa che c1uando sarà grande lui farà, dirà, saprà. E poi arriva l'eti'1 grande, e non è vero tJtrnsi niente, il ragazzo di ieri si ri– lrova uomo come noi c·i sia.mo ri– trovati. con quel ragazzo e quella speranza scm.pre ne] cuore. Credevo fosse passata l'impressio– ne di quella paura, come passano 1a11te roS<' e non rimane se non rac– conlarle. 1\fa a qualcuno non è pas– sata. Difaui si leggono nei giornali delitti increclibili, suicidi assurdi. Brutte storie, ma sono le storie di quelli che non si sono rassegnati a questa vita senza pii1 pericoli im– mi.nenli, dopo quel tempo, appena due anni fo, in cui pareva che tutte le poi izi~ non facessero che ricer– ca re tutti gli !lltri cittadini colpe– voli elci Joro pensieri, nclclirilturn colpevoli di essere .al mm~do, e ognuno si sentiva unn immagini:' proibita, conosciuta, famosa. Altri, come me, sono tornati a c.1sa loro e hanno ripreso le loro faccende, Ja vita e la .lotta coi bisogni, senza piì1 l'attesa di quel domnni, come 11011 si aspetta più cli uscire clnJJa fan• ciullezza per e.!lscrc uomini. Ho ripreso le mie faccende, e if' dovessi dire d'essere sodclisfono mentirei. Faccio quello che devo fare, il mio dovere. L:1 vitn è bre– ve, Hl.ti per lottare con lo spettro del bisogno è piuttosto lunga. Son~ anch'io, come gli altri. reduce di quell'avventura in cui ~i aspettava. E non so se càpita agli :1hri; a me ci.pita cli ritrovarmi all'improvviso piomhato jn un'apprcn$iOnc. un'in. quietituclinc; divcntn pìmico, sbi– go11imc11to; ccl ceco che mi ripren– de quella paur.a cPun tempo, m'a– spc11o chissù t·he co,;;.,.1.. sono scosso in Of!ni fibra, tremo, fino a quando l:1 ragione, come una vecchia ma– lcrn:1 cd espcTW, mi anuno11;scc che non c'è da .iwcr paura, che lutto è finito di quel tempo, (·he sono ]ibe– ro, libero di stare in casa o di usci– re, di compierf' un delitto o di fare del bene, librro insomma di dare alla mia vita il significato che me• glio mi piace. Allora mi riconiorlo, mi prende una pieUI e i.olidariet.à verso gli altri che lwu.no la mfo stes– sa storia e soffrono dello mie stes6(" sofferf'llZC, che portano la loro vita t' la ioro storia ijUllc loro quattro ossa ancora meruvigliosnmcnte in• siemc; divento allegro come se fossi divenuto libero in questo momento. L'altra mattina stavo in casa mia occupato alle mie 50Jjtc facceude, senza pensare neppure lontanumen– tc a queste cose. La mattina era bc.lla. tornava ]a primavera nient.e nffatto !:il.a.ne.a di ton1are tutti g.li :11111i, sebbene cl.a uomini ci si accor– ga come essa. si sciupi da giorno a giorno; aspettavo il merlo che si posa tulle le mattine a raccol:!:liere le briciole sul davan1 .. alc della mi.a finestra, sempre diffidente, scbbenr io m.i ostini a immaginare che esso possa cn1rnrc un bel mattino nclJ.n mia slan1.a. col suo rollo pingue e fJEl{A LE'l'l'ERAHJA UNA FERITA Racconto di Corrado Alvaro perfetto, j suoi 1110, imenti sospCI• tosi •1 sc:.illi; veramente mi stupisto come esso non cnpisca che sono io u 111cllergli quelle bri(.·ioJc, r non ci .-,arcbbc bisogno cli 11,,erc paura. 111- .-,omma, 11011 pe11--a,o a queUe cose. t.tuando mi eiento chi.:1111are al trJe. [uno. Lina , occ mi cl ice clic chi p~1r. la io non lo conosco, ma che ha rhi dirmi qualche cosn di pcr&0nalc. Chiedo dii sia, e mi sento rispon· derc che il nome non ha nessun.i imporlanza per mc, che non lo ,·n– nobco, che non mi e.en ircbbe a nul– ln co11os,·erlo. << Ebbene. gli dico, ,•cnga subilo. !"aspetto)). La voce n1.i risponde dall'altrn parte, come raccogliendo una sfida: « Il tempo di fare fo strada». l\li ripcnto di e.s.scrc stato troppo precipitoso, e dico: (( .Ma non può dirmelo aJ telefono, queJ.lo chf' ,.,_iole?>) Risponde: <(No. Si trulla di una faccenda privata. Dc"o consegnarle' qualcosa. Forse la inlcresscrà >L L:1 sua voce, l'ho notato, di,•cuta quasi ironica. Mi pare ,·hc ubbia sorriso. si, 1'110 proprio sentito sorridere. (< Bene, gli dico, venga pure, e si sbrighi ». Spero che ubbia capito (·:trnctice. ~ mentre per molte on• a, ele pene.ilo clic enrebbe meglio conbcJ.!11;.1n i e fari.a fi11ita, ,e11h!ndo lii mano di rl1i vi cerc.::1come la so– la '-icurn e fidat.i, I.i s-ol::i che , i po,~u rc-!,liluire Ja pace e ecacciarc b paura, di,er.l.:ile freddo cl.i c,clo, simulate mM1tre Pahro , i cerea a lci11011i. fuggite, rimbalzale in 1111 mondo "isciclo, lenchroso, sentii~ qudFuomo che vi cere.a. là, di fron– tf' a voi, con tutte le sue viscere <·lic , i a&aporano come la belva in a~• g1rnro traeialiscc in ogni fihra di fronte alla eiua preda. Pochi mi1111l1 prinrn avevnlc crcclu10 che vi s:u-•·· sie s1nurri10 1 impappinaio, ro111r eiu<·ecclc a mc in <1uesto 1nornento in cui a.spello quel tale ~ignore che h1: 111111 faccenda personale da regol: 1 1,, (•on 111~. Ma poi. ::il momento huo– no rit1·0,a1r l'uomo primitivo che si difende in voi, calcola i mn, i– mC'11li clclFa,,trsurio, ne misur~ le pnrol(•. nr vigila, gli atti, pronlo a tulio. Sì, lo ucc·idcrò. lo stenderò :il primo ::::eolo elle fad1 pe-r colpirmi. Ma com "è che tarda? Perchè 11011 f'orre? Mi affaccio al terrazzino dcll~ c11- ci11a, e vedo la strada che dà sulla piazza. Chr sciocchezza! E' pnssntv DUE POESIE cli SIBILLA ALERAMO Quel che di cita, estremo arcv, mi resla, a '}llesto lume ultimo si teurle, e la tua vii.a pure vi. si af/isll, sg01nenta. I II sfllvo abbiamo dai t.utti gli inferni all'incrocio la speranza co11</011a. 111a pur potremo, o caro, reggerci wrcora con la lieve mano, e sostenerci a vertice clell'aria con /,e nostre a/,i ferite? li Grare, ma come u11..'arcle11te musica, questo pulsare forte di tua l'ita., e vedere specchiata nel tuo sguardo l'anima eh' ic, già ,n'ebbi in giovinezz.a, questo seutirti inno e ala e luce nel mondo clre divino vuoi ricreare, grave al mio cuore questo rivivere in le la mia fiera /<ll"o/a. ma come un'ardente ,nusica. d1c io 11011 lo teino, chiunque egli .:,ia, che ubbia raccohn In mia sfida. La ruccoglie, infoLti 1 e cou una vo– ce lent.u, ~candita, fatale, mi dice: cc 'on dubiti, sarò da lei presto. non dubili ». Purchè si ebrighi: 11011 si racc·ia aspettare. 1\\-rci potuto dirgli cht" non lo posso ricevere, ma allora lui rl\'rcbhc potulo pcn.:aro che io hn paura. Ho sempre dc·1est...1.toquesln orribile macc·hina clic è il telefono, appeso come 11111>appagnllo sulla sua grucc·ia. ideale di comodità per molt:1 genie. Bell'icleale, sentir– si chbmurc dal primo cui &alta in ICSl.u il vostro nome, e che ,-i pnrla con 1.n voce fal-!,n di Arlecchino .sol• lo In masche-ra nera, nera come l'c• bnnilc cli queeilo trcopolo: e quest:1 ,·oc.e enlra in casa , or. .t.ra , vi tiene legato a un filo. proprio un bcl– ridealc. Venga pure queoto signore. mi consegni pure qualcosa di per– sonale e che 1ni polrà inte·rcss..1rc, sbrighi la sua faccenda privata. Stavo per dire. la sua vendetta pri• vala. Sì, proprio. la sua vendetta privata. Anchf' due nrwi fa, mentre stavo nnscosto. un individuo giù nel cortilo si mise a µ:ridare verso le fi– nestre un nome che non era il mio, ma certo cercando cli me, ne sono sicuro. Risposero dalle finestre che quell'individuo non c'era. ma iuvc• ee ero io. Conosco questi ln1cchi, fino u ora vi sono sfug~ito, si trall<t di un istnnte in cui vi trovate cli front.e a chi può clivcntare il vostTo (1942/ quel tempo. e <'erto il cervello ri– produce quelrimnrnginc di pt111r.1 come la matrice può riprodurre un'iuunaginc bingolare che ha ,•ol– pito la ma<lrc. C'è un carabiniere all".:mgolo: il lraffico è norrm:dc-; ,·celo iJ 1ahuccaio ::il suo banco. r"(' In distribuzione delle sigarette: ri– couos<·o un amico che t.raversn la piazzu; il tempo è sereno, la glici– ne sia per fiorire laggiù, è gii1 ('t1- 1111la come le prime margheriline dei prnti, perchè la primavera CO· mincin ricordando la caniz.ie dcl– l'iiwerno nc, 1 oeio. Rientro fo casa. Tio capito che mi succede come ,1 una lastra fotografica impress.1, che, nppen.:i .a contallo dell'aeiclo, svolge lu sua immagine in uJ1·aria di ne,c. di rnandorli fioriti e di sogno, an– che molti aimi dopo, anche quando l'immagine che Ja impressionò ;~ rug~it..:1, djmenticnta, morta. Lo capisco, eppure eccomi ad· dossnt.o all'uscio, ad ascoltare sulla superficie sensibile di questo debole diaframma. le voci e i rumori pf'r la tromba delle scale. Le rn.ani che si posauo su una porta si avvertono come lo sfogliare d'un libro in una notte profonda. La mano che spin– ge il bollonc elci campanello è co– me Sf' vi si posasse sull'omh<'lico. Lo sentirò subito, spalancherò la pQrla prima che egli abbia il tem– po di suon.ari:': sarà meglio che lo urrida sul pianerottolo, prima che entri ::i mettem1.i in di&0rdine la ca– sn dove luni frli oggetti si ricorda• Biblioteca Gino Bianco 3 m, di mc, 111i raccontano in::.1::111cn– liilmcnt<· la mia &toria. <:onosco la faccia <·lic fa gt.·nle ~i11dle, 1 0111c quel gcml:irnlC' tcdci::co c·l,c ,enne qucll,1 S1•ra a fore una pCr<1ui~i1;i1J– ne: può cfor:,i c·lic ,an("hr co'-lui m: l danni alle opere d 1 urle H·arnbi per liii ti1;io c1ualu.-,<1ue (1111- A constatare i danni prodolh dalla guer· li siamo mohv impo1 t;.111ti cp..1.uulo ra alle opere d arte. sta provvedendo pe.r ("j Ct·rc·a110), e allora lo inlrallerrò. suo conto ogni Paese; dove, inoltre. i com. gli parl<·rò cli 111econ1c (li liti altrn ~~:~: :::b~~r:iat:r;!e!~r~i s:::ir:~ ~:pt~ iridividuo, f' ifl quell'r,llirno ll!i \C"• guire ntlle ripnrazioni, affronlllre la anlu– d:-ò come da fuori, come nn i·elr:i zione dei problemi posll dai cnsi singoli. llC0 1 M'll'la al11a import,tll'l:I 1·l1e 1111 Un vasto movimento. del quale però solo poco rii rc-,piro che rf";!!!;l' 1111a , it altri che l'abbia seguito tutto da vicino. po– (.'011 poc•> -.an~ue che la .1lirn,·nla. trebbe anche mostrare la ricchiuim,. va– E' onil>ilc ro.Jore dc! ~nn~u", ..:, d rietà. Non importa: qui ci basta segnalare IC'rra quando ..; S("JH'tt, t:d ;.. ,-ald( la sua noia dominante. che consiste ne!Ja r·orne la ICI ra <·lic si --e.i, ~I. profondità ed alacrità dell'impc,Jno. E ci- teremo un sol documento. m:i trn i più U11.:1 11110\Hcl1iamal,1 <ti lclrf,,110 significativi, e italiano: l"art1colo dedicato mi c;.t:l(·ru dalla por'l;.1, F.' liii mio da Roberto Pane a Santa Chiara di Napoli ~11nico. i11 compagnia di un ahro chr- (in Aretu,o, primo numero, Se ne consideri (.'0110.::co appt 11.1. Dice C'hC tutti , il pregio, sia nella proposta soluzion-edel rluc dc,1)nO 1,arlarrni rii <111alche CO· caso particolnre. - per qwuto ahimè dol– sa di urgente perchè e-'(· un f.1110 ga l'idet11 di perdere Santa Chit111a •~1tecen– ('l1c mi riguarcl.:t. Eviùenterncnli· ~~sc~,nHima~ia nella di,cussione dei criteri qualche c·o~.i ,lf've esserf' lrnpclalo. Orn, non c'è bisogno di rammentJ.re che ifl pen--o; la genie è buona. nei mo- la coneJCrv11zione e difesa delle opere d'arte menti del pericolo vi aiula; <''è MJ del P."IHato. è cosa del tu110moderna. ac– lid.:irictil. f'd i: in momcnl I C'Omi· que con 1/\ comprensività. o diciamo pure questi che l'uomo sente l'imporlan- muhanimità dello sp:rito moderno: e sorse za dcli.i pro1>rin \'ila, il tesoro (.lt ~:r:q:~itii;t:~.uc:an v:,/:~;r:: 10 ;eell/·:~·~ lavoro che 1111 <lCCUllltilato, i dolo, i Quello il fondamento dell'odierno fervore. d1e ha supernto, Je parole buorn· Il quale poi, s'intende. va commisuralo al– che può aver (.lctt.o. Uno può bui- l'improvvis11enorme entità delle menoma• tarla la , ita, come una cicca, ma zioni. quando la difende è uomo, di,•cot.: Sebbene non ad~ .... u1.1camente.Poichè. importante. difatti, a liberazione del mondo avvenuta. un altro polente fattore è entralo in gioco: « Ma <·Orrèlè- correte sul}ito! >• come. del resto, agli osst!rvatorivigili risuhò grido al telefono. l< Credo cli sapere fin dal primo momento. Scn%a dubbio è cli che cosn 'ii I ratta. E grazie, eh! >1 insito nella dialettica dei fnui ,pi,.ituali che Bella iiwe11zio11e il telefono; una all'insistenza nell"auività pr.11tica suben;ri la voce vi pai-la 1, diventa una fisiono- distensione contemplativa. E cil, appunto si mia. potete chiedere aiuto, vi JJOS- vide: dopo tanta azione. guerra compresa. un ripiegamento sulle attività umane per sono domandare se avete bisognu eccelh:nza disinteressate e libere. quindi in di aiuto. E quesli sono due bra,,, ispecie sull'arte. Le Nazioni gareggiarono amici, I-Jn11110 l'uria di essere scelti- nel rivendicare ciascuna, in questo campo. ci, atldirit111ru cinici, ma 8ono pro- i suoi titoli di più o meno antica nobiltà. prio qursti i tipi che all,oc<•onf'nz:i Soprattutto furono ovunque organizzate ma• hanno cuore, 00110 e"Cnerosi; ~ io nifcstuioni di cnrattcre artistico: fra ..:ui, in primo luogo. mostre retroepettive di pit– poi prcfcriH·o lu gente 11questo mo- tura e sculru,a. Valga per tutte l'E,pc»i::io– clo: quelli Chi:' p.1rlano sempre cli ne dei" eapolal)Ori della pitturo europeo dal ,·uore, clic ei·inleucriscono focilmcn- XV al XVII ,ecolo. a Palazzo V-enezia. E le, che liarmu le lacrime. in tascn. tutto cii> non vuol forse dire che l'odierno di quelli hisognn gtrnrd:irsi: ne CO· fervore nelle riparazioni. alle opere d'arte 11O5 '--v, sono 11110 peggiore' clell'aJtro. dnnnegginte dnlla guerra, va altresì com– si direbbe che cs.aurisc.1110 nelle pa- :i;t:;:s:i~~:;ore per l'nrte. evidentemente role <Juel ltrnlo cli bene cli ('lii l'uo• Scr,onchè la guerra, danne, 4 giando O di– lllO ha pure hitogno, se non uhro ti struggendo le opere d"arte, ha prodotto in f.ronte Il se stcfSO. noi sommovimel)ti a un grado nnche mag. Devo dire die ora. aspettandr giore di profondità e comple111ità.Cosi ap– quci due, !-0110 pili tn111c1uil!o. Es'-i p,ard· q~:~lmistc.rio; il ~'~tuo ~r c~i gli "Cl'lo ,ven~ono ti dirmi di ~lare il' I:~~ 1 t;~s 1 11ddir7t~:~· co::n:~l~i~ ;aVl::• :i::r~ !,,\'.Uard1a. clir h:111110 saputo cli quel! so. Ad ogni modo. in ne111un'nhraoccasione minaccia, e rn 1 im ileranno ud au- 1 si erano accorti, quanto oggi, che In criticn dnre con loro /ìno a qtUllltlo 11011 e la storia delle eir4ole nrti. ancora restano t!arò pili rcre.:ilo. PurC'hè arrivino inverosimilmente lacunose ed imperfette. O pri_ma <li qucll'all~o. Giì1. ni:1 po- ;~[! dct~~1e~e::a~i!::-en~;es:',~/;~;o,ari::: Ire~ anrlie,. 11011 _aprire. qw111~lo_ hm- terinle fragilità. di quesle opere uscile dnlln i::cra cp1ell 111d1,1d110. on 1111 e sta- mano dell'uomo, si rivclasae tragicamente, to possihile forlo n1ai 1 ncppurl' ad un trntto e in pieno. quanclo mi trovtn-o in quelfo cas:· E. ad alcuni uomini riccnm-ent<" dotati da .s:rono;:ciuta. iu quelPaltrn cittii, , natura, e conseguenle~ente dnll'esperienza, slandn .::olo in C'ar;;accrlC' ;:ere, ~cuti- accade talvolta, ad ur. punto, di dubitar pri- vo h11~s~1rC', e correvo nel aprire J· :ri· ne:::bc~;:~ ~~ :~: ~~::r:nc'::ntsC:~: porl,a pur lrt•rnantlO. Era un'cmo- zn: furono bensì. ma solo perchè l'età ma. zione vedere, nel riquadro dcll'11• turn li renlizzasse per davvNo, riposseden– scio. una (·rcatura umana &<'ouosciu- doli. Alln stessa ma:,icra, noi di questo tar. la. quel mondo che è una ercnlura. ~i:n\e~tnun7,::~o~ ~e::iv:i ~u::~i::n:r~i forma là davanti; a ,•olle era une sapere che l'arte del pasMto non consegue donna, come cln giovinclli si è SO· la ,un ferma reahà se non ora, t'lllraverso gnato che- debba apparire una don- noi: anch'eMn Fu dunque, p1er~. alle sue na, spinta eia 1111 islint.o, un mislc· epoche ingenue, null'altro che uno specie rioso ric-l1iamo. e la si riconosce pt'r di nttesn. Illusione) Ma qunle tragedia, rm. colei che 11011 cerca se 11011voi; ,~ che in siffaun ipotesi. Queste nostre super• volte ern un t'ontaclino che vcnivn be generazioni non sono le medesime che dalrahrieri ad o.:gi SOT, venute nccumulan– di Jontano C l'UC'COIJlavadei c:1111p1do tnnte miserie ed orrori) distrutti (.lalla gucrr••, delle rngaz;,c 1\LFttFOO CAttCTl.Jl o uccise e bui tale nei pozzi; e u.nu voha fu un trclcsco, m.a non cerca– va altro clic di sedereii uccunlo td braciere, '-C11li1e ,::agire il lrnr11bino nelle braccb dcUa madre, la !!io\'a– nc padrvna di c-.a"\ache i11quel mo– mento era u'-c-ita. e allora il tedesco ('lllrò C mi 111(,SlrÒla folOf.,'l'Zlfìa ,li 1:-11..1 rnogJic e di :-,110 figlio, careua11• dosi h1 pa1H·ia e dicendo r·hc m e,•a mangiate,. I•: 11 , ohe invc,·c si pre- senta. il ncm1c·o. e dice mctlC'JHlo, 1 la mano ~ulln bpalle com<' 1111 fr::i– tello ... Eccoli. 00110 loro due. 1,rn1u, guardando b port~t come il c·,111c l'he arrnu.sn, con l'a1teggin111c11tu (.li– sarmalo di chi aspetta che 1111apor– ta si apra. Li osservo da un.a rt:Q.;;u– ra. fl mio amico lia falt.o i capelli grigi dall'nltr'anno. ha il , iso 1111 poco ecavalo. Sono pa~sate lantc co– so, s'<' sofferto. l\lcntre lo O!-liò:l•rvavo provavo una ICnC'rezza per lui, per i suoi capelli !!ri~i che t'p;li avrrbl,1• notai.o fori;:f' ron lo stc ...... o .::C'ntimrn– to s-ul mio capo. « Parlate, dire-. so tutto" rli'-'-i t.~c– cit.ato. ccE g:ra1ic cl'eso:.crc ,crrnti !)1. Sedettero tr,11up1illnmt•ntr, lrnl:1- mente, senza rlire nulla,.acrc1-rro la sig.1rett:.1 e mi dissero: <tVieni con noi u Ct'na venerdì. tu c•mo fra a• rnici, si chiacchieru, si st~1hi1isce u11 progetto>). l\li cli,;;.,;;croil loro j>rO· ~elio, e io provai b gioia tli poter fore 1111 progetto per di lì a c1uattro f!iorni. Dissi: (( .Mi mele fotto pau– ra. Crnclcvo rii issà <·hr ,•oi;::1. !\'la è vero f'lir ~i può stnbilire di auclure a ccn.a in~ic111r, e 111110 (• sieuro, che si fanno progcui, ~i calcola da u.ua scttima11.:1 :all'altra. <' .:11wllC' du un mc~c ;111'nltro. E il conladino può semin::1r(' I.i sua i;:cmcntc e a'-pettare la pioE!gin e niente nitro, e l'uomo può (·opriro la su.a ca~a, e l'uomo può dire :dia donna che '-Ì vcòono rlomani. E la c·ittà è lranq11illa, non è vero? » Dovevo a\'ere un'aria cu• riosa, perdi(• r..i miiscro a ridere, e presero le mie parolr pf'r un salto ,li umore, 11110elci tanti umori fan– ciulleschi <"li(• prendono l'uomo an• che se h::, i capelli !!ri~i, enme l'at– te;a clic fu 1111 trmpo l'a1tc1;a della , ila. e poi tll\ rnnr, la pnur:.i ciel pc• riC'olo, tlrlln mori<'. clrlla stra~"· \,;;pC'lt.a1111110 chiac('hierando fino a t.1nli. ì\l:-i 11(' lJncl µ:iorno nè- poi appn,·v(' il rnir..trrio<,o "i11.i1a1ore.

RkJQdWJsaXNoZXIy