La Difesa delle Lavoratrici - anno VI - n. 15 - 19 agosto 19

Anche ,a pii, umile prol etaria, sia pure prioa d; coihlra e di risorse i,itellettual i, può e– spl icare ,m 'opera oolida ed efficace pe r il dioen ire del Socialismo, solo che assolva th– gna111et1te il SHO con1p1to di madre.- che sappKI allerore - per le lotte del do111a11i - dei fìali sani, fort i, eq1dlibrati . • La mad re che ha compiuto I 'allattamento di un figlio, si trova di solito ritemprata moral– ment e e fisicamente. Il benessere che le deri va dalle compiute funzioni materne si manifesta specialm en te con una maggiore freschezza della pelle e una più bella vivacità negl i occhi. La donna che ha allattato si sente più lieta, mo– ralmente più forte e quindi meglio disposra a coi:n-piere altri doveri, a sopportar e altri sacri– fiz1. Essa deve pertanto saper profittare di que– sta benefica disposizione della natur a dedican– do le sue rinnovate energie specialmente alla educazi one dei figli. Abbiamo già parbro della necessit à di inizia– re l' educazi one del bambino fin da lla sua na– scita. Dai suoi primi giorni di vita, il bambino in– comincia a sentire I 'influenza dell'ambien te circostante e delle abitudini che gli si danno . La madre che vuole e....;::.sere buona educatrice à-eve quindi incom inciare dal sorvegliare sè stessa, curando. rinnovando e migliorando con– tinuam ente la propri a educazione. Così, come durante l'allattamento essa ha il ìiover e di mantenersi buona e calma di frenare impeti d'ira e di ribellione; quand o l'allatta– mento è finito essa ha sempre e più che mai il medesimo dovere di sorvegliar e sè stessa, poi– chè la piccola anima che si apre avidame nte al– la vita è incredibilmente pront a a percepire e ad accogliere ogni vibrazione del! 'anima ma– rerna e ad impadronirsene. Tutti sappiam o quale mera,·iglioso istinto di imitazione abb iano i bambini e come spesso ac– cada che anche i più piccoli ripetano, ali 'indi– rizzo dei fratellini o d ·altri. p.,arole irose. ingiu– rie o atri di minaccia che hann o imparato dai ~enitori. Ah. son o vera mente graziosi questi picci ni quando escono in cer te esclamaz ioni o atti che sono la perfetta imirazion e di ciò che hann o vecluro fare ad altr i ! E di solito le gra– ziose « uscite >i provoca no la maggiore ilar ità in runa la famiglia e il piccolo birichin o viene coperto di baci e di carezze . Ma ciò non do– vrebbe accadere , e dal piccolo fatto che appare senza importanza i genitori dovrebbero impa– rare a trattenere lo scatto iroso, la mala paro– la. I "arto violenro per non porgere cattivo esem– pi:) ai figli. Poichè. se è grazioso il bambino di due anni che alza la manina minacciosa per col– pire chi lo ha indispettito, non sarà più piace– vole vederlo compiere lo stesso atto quando sa– rà più grandicello , nei suoi rapponi coi fratel– lini. coi compagni di scuola. ecc . Su ques:o arg ornenro vi sare bbe molto da di– re - E così brntale l'atto di menar le mani , che dovrebbe assolutamen te sparire dalle abitudini òe!Ie famiglie , anche come sistema di repres– sione e di castigo . Invece quant e madri , spe– cialmen te nelle classi povere, picchiano i figli Sno a far loro del male ! E a chi osa biasimar e il sistema, rispondono che solo con quel mezz o riescon o ad ottener e I 'obbecLienza dai piccoli in– disciplinati. Ciò è vero , purtrop po. in moltissi– mi casi ; ma è la conseguenza di rutto un er– ::ato sistema èi educazi one. Il bambino abituato .;Jle busse , è naturale che non senta più gli al– tri castig hi. Ma come si inasprisce la piccola nima ogni volta che vien e applicat a la bru tale rrpress ione e quali tristi sentimenti di malevo– ,e,za , di inconsape vole odio e di vendetta vi gerriogJ iano ! Alcuni bambini. di caratt ere viva – ce e risofferen te, si ribellano al castigo e si ri– voltano ai geni tori tirando calci. mordendo , graf – iiando (t. non è necessari o dimostrar e alle let– trici il ma.e che deriva al morale dei bambini dal ripe tersi di simili scene): altri , di carat– tere timoroso e mite, sentono eccess ivamente il castig o, se ne !Oaventano troppo e ne consegu e che, per evitarJo, ricorrono ali 'astuzia e al sot– terfugi o allo scopo di nasconde re i loro falli, in– eom inciando cosi incoscientem ente a diventar e bugiard i e vili. Ma per poreT""" corre,g g..r ~ i-gare-urr bam– bino sen za picchiarlo, è necess ario che il bam – bino stesso non con0sca l'atto brutale. La ma– dre deve pertant o evitarlo semp re, incomincian – do da l pri mo bambino che alleva, come deve assolutament e proibi re ai suoi figli <Ji men ar le mani fra di loro. Il miglior modo di ottenere obbed ienza e ri– spetto dai figli è quello di educarl i, fi n dalla na– scita , - lo ripeto ancora un.a volta - ad abi– tudini di razi onale disciplina e di ordine in ogni funzwne del la vita, circondandoli per ò sempre di una tenerezza costante che li faccia vivere in una dolce atWJsf era di aff eltu osilà. Fin dal primo svegliar si della sua intelligenza , il bam– bino deve vedere nella mamma l'angelo sorri– dente e benefico , l 'essere dal quale gli viene infallibilment e ogni be~e. E_gli _deve formarsi la convinzi one che i su oi genitori sono sempre e ,mmutabilmente buoni e giusti, non solo; ma àeve essere cosi abituato alla loro tenerezza da t verne continuamente bisogno. Naturalm~nt e, ~no i geni tori che debbono sa~er . determma,: e nel loro. bambin o un tale sta to d ammo : e a c1.ò ,-Mlsctranno evitand o rigorosament e querele, li- L', DIFESA DELLE LAVUHATIÙCl tigi, male parole, ecc., e mostrandosi sempr e giusti e logici in azioni a cui -possa trovarsi -pre– sente il bambino . Ho parlat o di logica ed insisto su questa pa– rola, poichè tutti sapp iamo come il bambi no ne sia dotato. Se si nega oggi ciò che si è accor– dato ieri, se si afferma il contra rio di ciò che si è preced entemente affermato , la logica terri– bile e infallibil e del bamb ino insorge e prote– sta; nella piccola anima viene scossa l'asso luta fìducia nei genitori : il bambino discute. E quando discute, quando ha rag ione di discutere , non obbedisc e più volentier i. Per un bambino educato ad una razionale di– sciplina ed abituato a vivere in un ambiente di pace. di ordine, di tenera affettuosi tà, non oc– corrono gravi castighi. 11 peggiore è quello dì vedere i genitor i « in collera 11 con lui. La mam– ma che se ne sta col viso corrucc iato e adkfolo– rato 2er il fallo che egli ha comm esso. e non lo guarda e non gli rivolge la p'arola, e, lo pri– va delle sue carezze e dei suoi baci, gli pro– cura un dolore così insopportab ile che egli de– siste immediatamente dal capriccio , obbedisce ali 'ordine che prima non aveva rispettato, smet– te la bizza che ha fatto soffrire la mamma. E diventa in lui così imperioso il bisogno di rive– dere la mamma sorridente, di poter correre fra le sue braccia e di riaverne le carezze ed i ba– c\ che non può fare a men o di u sentirsi buo– no n, di farsi perdonar e umiliando si in tutti i modi. Così , nel sentimento che rende insopportabile al bambin o il dolore della mamma e lo spinge a chiedere perdono del propr io torto, si nascon– de già il germe benefico di altri sentimenti più grand i che faranno domani di lui un uomo in– capace di far soffrire altrui e giusto verso sè stesso e verso il prossimo. (Continua). A . Mari. Cant o di donn a . lo fu i, piccola bimba, che non conobbi padre e madre, in una ca.sa misera dove una povera donna bisognosa mi aveva portato dandomi il latte che rubava ai figli suoi ancora piccoli. Crebbi e piangendo domandai la mamma mia, e, mentendo, mi dissero che essa era morta. lo piansi e l 'invocai nel mio lettin o la sera perchè venisse a baciarmi e a portarmi un po' di pane che ristorasse il mio stomaco vuoto. Tanti f ratelli io ebbi, scalzi come me, e tutt i crescemmo, piccoli selvaggi, sudicì e seminudi; e f u nostra madre la miseria e padre il dolore. Entr ai un dì ne la scuola dove scoprii bimbe che risero de la mia veste lacera e degli zocco– letti strappati. Erano vestite bene esse e ri masero ne la mia mente di bimba come piccole fate dal sorr iso cattiv o che io temevo. E mangiai sempre a scuola, in un canto, il pane solo, mentre le fatine succhiava no pastic– cini e sgretolavano annoiate confetti. Poi, quando sentii l'anima viv ifi carsi ed ele– varsi per lo studio, quando più forte sentii il desiderio di sapere, mi strapparono a la scuola e mi portaron o in uno stabilimento perch~ an– ch'io lavorassi per arr icchi re un padron e. Tutto il giorno io là passavo faticando e im– precando e in compenso mi diedero pochi soldi che bastarono a mantenerm i in vita. E fu ori io portai, vergognosa, la mia igno– ranza e le mie vesti povere, e fuori io ebbi il disprezzo e l'in diffe renza di altre donne che ve– stivano bene ed erano sane. Ed io bimba debole piansi e piansi ancora quando mi soffocava il fra stuono delle macchi– ne e il lavoro sfib rante. Ma più tardi io sentii palpita re nel mio cuore una fede, più forte di quella che mi avevano dato per un dio creatore, onnipotente e miseri– cordioso, una f ede che affrettb i battiti del cuo– re e mi fece vivere una nuova vita ; la fede della soli dari età umana. E presa da grande amore per tutta l'uman itb dolorante, io mi unii ad altri per la lotta co– scient e dello sfruttato contr o la sfrutt atore. Per questa lotta io trovo la vita degna d'esser vissuta, da questa lotta e da la mia f ede io trag– go energia e coraggio per elevare l'anima in alto, sempr e più in alto, dove l'am ore congiun– ge e solle va le anime doloranti . Crema , agosto 1917. P/ebea. La malattia delle galline Tutte le ma.55aie sanno che qua nd o le gal– Jine in luogo di darP l' uovo colla solita~ di– stanza di uno o due giorni l'u no dall'altr o, ne danno non solo uno m a persino due al gior– no, :.{li P <·tJe il hipedf' r~ aff Ptto dalla ter ribile mal:1.ttia di r1Ji raramente guar isce, e più uova ,fa., e più vidna è la morte. AIJora la massaia previdente si affretta. a raddoppiare le sue cu– re onde trarne il maggior utiJe possibile ,pri– ma che la bPstia muoia. . Tutte le crmcessioni di libertà, di crnftragio universale, suffragio femmin ile, ecc., che con tanb. spontaneità. solo ora i vari govr rni si :1.ffrettano a prodigare ai loro sudditi, mi fan– nr, invr,Jontariamente pensare aJla m alattia ,folle ~alline, e mi fanno cbie dere alle compa– gne: Non sarebbe il momento che la donna co– sciente della mis~ione che l'atte nde si orga,. nizzasse e lavo rosse in modo da saper tr arr e il mMfgior profHto pos"nhilc daUo speci ale mo– mento che att ra -Yersa ? Se sì,. diam oci la mano O compagne, da ban– da le p1ccole divel'g enze. serv a la nostr a fem– minilità a saper tollera re amorevo lmente chi non è del tu tto nelle nostr o vedu te, il di cui move.nt e non sappiamo forse int er pretar e al vero; rinunciamo ai piccoli ,punti gli, dimen– tichiamo qualche contrariet à avuta , ognuna di noi, anche la migliore. é co~ì poca cosa di front e ai gran di eventi che si preparano, che è un delitto lo spr ecar e una sola par ola. e, pegg io anco ra, il far perd ere ad un 'assemJ)lea un solo minu to ,pel trionfo d'un a personalità. Il tempo strin ge, organi zziamo ci e lavoria– mo att ivame nte. se in un giorn o. certo vicin o. non vogliam o trova.rei addo lorate ed umiliate di noi stessi per non aver sap ut o dare quanto a.Ila donna socialista doverosamente incomb e. R. Genoni. ORA Z IONE. li ,egn o della croce. Nel nome della lame, dell'ignoranza , della miseria, pietà di me. A1,e. Ti saluto, o lavoro pieno di gioia! La ricche z– za è teca, tu sei produttivo. tu sei morale. San– to lavoro , fonte di vira, fammi felice. a te mi dedico dall'a lba alla sera, pure son povera e soffro! Pater. Il socialismo, che da tempo mi sei promes– so, non tardar più oltre! Venga il regno tuo che stabilisca l'eguagl ianza e la giustizia per tutta la terra. Damm i oggi il frutt o del mio la– voro e liberami dalla schiav itù! Gloria. Sia gloria alla fratella nza, ali 'egua glianza , alla libertà per tutti. Nel prese nte e nei secoli dei secoli avvenir e. siate con noi. Credo. I . Io credo nel lavoro, creatore di tutte le cose della terra. 2. E nei prodotti che dal lavo– ro ne derivano. 3. I quali furono creati per ope– ra delle mie braccia e de ' miei fratell i di fa– tica col sudore della nostra front e. 4. Part irono dal! 'officina nella casa del ricco. 5. Disces ero nei fondachi del padrone. 6. Salirono trasfor– mati in oro nelle casse del capitalista. 7. Di là qualch e volta ritorn arono a me sotto forma di. elemosina. 8. Credo questa un 'ingiustizia. 9. La causa delle mie miserie e dei miei patimen– ti. 10. Dell' ignora nza de' miei figli. 11- Dello sprezzo del ricco. 12. Della tribolazione di tut– ta la m.ja vita . Fin o a quan do? Atto di f ede. Ho fede nel giorno della giustiz ia sociale. ho fede che tutti divent eremo uguali in facci~ al lavoro. Non vi sarà più chi lavora l'intera vi– ta. e mangia poco pane di fianco a chi gode la esistenza fra i piaceri e le soddisfazioni. Non più il misero vilJano che riposa le poche ore nel trito giaciglio di fianco alle ben nutr ite vac– che del padron e, che si distendon o beate sopra un letto di paglia pulita; non vi sarà più la ole– be sfruttata , ingannat a dal prete, abbando~ata in una brutale ignoranza, di fianco agli accade– mici che si beffano de!! 'ope raia incolta. Ho fe– de nelle forze di tutti i lavoratori uniti che ba– stera nno a redim ere l'uman ità. Atto di speranza. S~e'.~ che dai grac ili ponti infranti più non prec 1p1t1 fracassand osi le ossa il muratore. Spe– ro che fra i d'enti scope rti di ferree ruote più non m~oia stri tolato il meccanico. Spero che nell 'ab1ss0 delle miniere , l'incend io Ja frana la ~ina, il gas letale più non uccid;no i mina~ ton. Spero che alla contadin a più non cuocia il cerve llo la sferza del sole, più non intirizzisca le membra la gelida bruma, più non dia la ter– zana il miasma palustr e, più non avve leni il sangue fracida polenta. Att o di carità. O mio padrone , tutta la vita io dedico al la– v?ro pel tuo profitto , e tu mi dispre zzi. Carità di m~ ! ~e mie mani diventano callose e tu dis– degni d1 stringermi la destra. Carità di me, Da_JJ 'alba. al tramonto sudando nel! 'officina ~ nei campi pel tuo vantagg io non ho un minuto per istruir?1i, e tu mi negh 1 i i miei diritti per– chè sono ignorante. Carit à di me ! La miseria c?stringe le mie figlie a vend ersi ai tuoi amo– ri , e tu condanni la loro immoralità chiuden– ~ole nei ~ostriboli. Carità di me ! Nei lavoro 10 ,perdo 11 vigore delle membra, io ti dò il ce?to per cento della mia vita, e quando o vec– chia o malata o comunqu e in estremo biso– g?o la_ tu~ ben eficenza organizzata in pub bli– ci enti m1 rend e uno, tu sei chiamato bene– fattore. No!!.. No! !.. Non invoco più carità! Voglio il mio diritto alla vita, o Socialismo. La lavoratri ce. -----------------~ - Il g iorna le esce l a 1° e la 3 a D ome – n ica di ogn i inese, ma p e r e s igenze d ' Impagi na z ione glf sc r ltt'f d ebbono p e r ve nir ci rispettiva m ente p rlmk. dell ' ulti m a e d ella 2 a Dome ni ca d 'o – gnJ :mese . Ildecalogo della donna sociallst 1. lo sono il dio tuo. ---".~·- ,:~ ~---=-=:; --.:.;. __ ·'--.. ,+ o"~ . ----- :,;,.- o o"l .ò-> 2. Non avrai altro di o all'infuori di me. 3. Onora il padre e la madre. 4-. Ricordati di santi(ìcare le feste. 5. Non uccidere. 6. Non r ubare. 7. No1t dir e il fal so testimonio. 8. Non fornicar e. 9. Non desiderare la donna d'allre. 18. Non desid erar e 'la roba d'altu .

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