La Difesa delle Lavoratrici - anno IV - n. 21 - 21 novembre

Maternità dolorosa V~na non ave va conosciut o i gern.tori, o megl 11.o av eva cono sciuto il padr e per così b reve te mpo , che il ricordo si era a poco a poco dlleg uato dalla sua memoria . . La . mat,rigna, una begh ina impast a ta d i 1poc_r1s1a e di pen·e.rsil à, l'aveva allevata a malm cu m e, sfogan do su d i lei il suo istinto bru tale e perver,50 cotl'im por le fatiche su pe– ri_ori all e sue for ze, coll'infliggerl e p rivaz io- 111 e ma ltra ttam enti , senza che la su a ani – ma d• donna vibras5e d'un palpito d i te.ne – rezza per quel la creatura affida ta alle sue cure. E per \'a nn a era w,a sp eoie di to,·tura an– che il tempo p assalo nell a ch iesa in cui la ma trig na la costr ingeva a recar si tult i i gior ni, in sua com pagnia . Yann a non cre– d eYa in dio ; la su a inte lligenza di bimba pr ecoce si rifiutava di amin ett.ere l'esisten za d 'un ente sup remo che an ebbe dovuto esse– re un moslro d'i n iquità e d'in giusti zia. Quel dov er biascicare de lle pr eghiere, d i cui non com prendev a il senso, simulando una fede che era ben lun·gi dal possedere, costitu iva per la bimba un sup pli zio moral e, sup erio– re ad ogni supp lizio fisico. Non v'ha nulla , cred o, di più doloro so che il dov er mentir e con l.inuamente, sciente mente, ment re l'ani– ma onest a si ribell a alla menzogna od iosa ed infa me a cui vi cost ringe un a forza , una volontà superio re. Yan na su bì quel m ar tirio sen za avere il coraggio di r ibell ars i aper tamente, paral iz– zata c-0m'er a dal terr ore che la matrign a le ispi ra rn, senten dosi debole ed imp otente di fronte a quell a brutale violenza. Così pass ò la su a infanzia scolor ita , ar i– da d i affetti, pri va di sor risi e di carezz e. L'adole scen za po rtò alla sua anima incom– presa, comp res.sa e martoriata , un bisogno misterio so di sen tirsi amata da qualcuno , dalla cui am icizia ritrarr e solli evo e confor– l-0. Sembrò finalmeate che iJ suo umano , intenso d esiderio di affetto, dovesse venir e esa udito.. Fu in chiesa che ella sentì un giorno , fissi su d i lei. due occhi bru cianti d i passi one, a cui ella , nella sua inesp erienz a, diede il nome di piela ... Il giorno dopo l'uomo a.pprofltt.ando del momento oppo r tuno, fece scirnlare una let,. tera nelle su e mani , che trem arono nel ri– cev erla com e fascio di corde vibranti. \1 algr ado la sua intelligenza , Vanna era un'ingenu a ; la sua an ima sempl ice e retta , inca pace dj conc epir e la me nzogna , non po– teva. sospe tt-a.r la in alt ìi; per questo prestò cieca iede alle pr oteste di sincera amic izia conte nu te nella lette ra <lello sconosciuto. Ella era così scorata, così assetata di te– ne rezza , che que ll' am ico spo ntaneo, le ap– parv e come un raggio di sole da cui si senti gra ndemente riconfortata , non p,erchè la p ietà par tiS&eda un uo mo (era così onest.a che un pensiero imp uro non poteva sfiora r– la ) ma per ché quel sent imento la commo ve– va, an che se il seS60 la lasci av a indiff eren te. L'u omo er a giovan e ancora , ma fosse sta– to anch e vecchio w un mostro d i' bru tte zza , ella avrebbe ugualmente concep ito per lu i quel sentime nto di ri conoscen za , di cui egli dovev a p iù tard i abusar e facendo la sua . Ed ell a fu sua senza volo ntà e sen za ri– volta , sube ndo l'olt raggi o pas sivamente, co– me sub iva i ma ltra ttamenti della matrigna , ma senza che i su oi sensi si risvegliasse ro , senza ch e una fibra sola d i tut to il suo es– sere vibras se di gio ia o d'ebbrezz a. Quel fat,. lo bru tale, che i poet i rives t.ono di ta nta poe – sia, la la.,;:.ciòrig id a e inerte , in pr ed a ad uno scr.>nforto indescrivibile. Se era quello l'amor e con qual nome chiamare il dolo re? E quBll'uom o che violando il suo corpo non APPEN DI CE -------- COME SI MUORE DI EM ILIO ZOLA Da tn,ppo lungo tempo ~gJj ne pre-...edeva In fin~; perciò non piange; ma b aflranto da unr1 irnmer1.<:a stanchnza mo rale. Torna abbasso, g,J::i 1 ...-J:- 1 ,i:i. c;erva inV.:nta a rimetter~ le impo– ;te ,1l r,eg-CrZ;o, ed egli ste6'"A)scMve su un !o· gli.etto di carta: Chiuso per lu.tfo di famigl~a. Indi lo :;i.ttacca sulla porta con quattro osti~. Tn <:asa Francesca paJ:ì6.a l'intera m attina a f111. Jire e porre in ordine la st:m za rnr1rtuaria. Netta il pavomtnto col ca.novar::cio; fa sparir tutte le ampol! e e bocéette; <J1::.pone r,res.c:;o la defunta un cero aceeso ~ un t-.ecchi-ello d'ar/J;Ja santa; Unperocché, a..~~ttandùsi. la sor~l1fi; d1 Adele, queJJ'Agata eh-e ha una l_mgua d 1 1 vipe~ ra, e!-"Sanon vuole che trovi a ridir'=' ~ I accusi d'essere disordinata e inJlngarda. Hùusseau intant..o ha m;:ind3to un commesso ad Rd,!m. piere a!l'3 formalità necessari e, ed egli si re.ca in ch'.esa ove discute a lungo col prete sulla ta riffa del funerale. Se è addolorato non e una buona ragione perchè si abbia a derub~r]o .. Sua mo,;.rlie lo amava e se potesse risusci– tare :<::arebbe <·oniPnta di vederlo a mercan– teggiar coi curati e cogli addetti ali~ Pomp-e funebri. Vuole nondimeno, pel quartiere, che il mortorio sia decoroso. Finalmente intervi ene l'accordo fra.. i con- le aveva da to che spas imo, le ispirò, più cbe :r,i1pulsione, un senso d i nausea, di disg usto . Non lo vi<le p iù e fu bene; il pensie ro che riveden dolo avre bbe dov u to soggiace re alle sue voglie, le fece accett ar e il suo abb and o– no com e u n'i nspe rat a llb erazion e. Qualche mese dopo qu ell'abbandon o Van – na ebb e la cer tezza d1 esse r madr e e ne pr o_ vò uno sgome nto così viv o da non sap er nascon derlo all a ma ttig na , che, come se non atten desse che un'occasi one per sba ra z– zar si di Jei, la scacci ò di casa , dopo averla coper ta d i insulli e di percosse . \'a nna si tro vò così sulla strada, coll e mem br a ind olen zite , mac ulata dall e bat ,i– ture, e coll'animo ribocca n te di ama re zza. \'agò a lungo per le vie della città come un' inse-nsa t.a od un automa , tra scinan d o pe– nosamente, faticosamente il peso della sua matern ità dolorosa, e l'assi llo della sua di– speraz.ione, ind ugi andosi presso le vet,rine, p iù per riposare che per guar<dare, urtand o spesso i pa ssan ti, fissando tut ti senza vede– re alcuno. Vi fu un mo mento in cui l'assal se ìrres1- stib ile la ten tazione di finirla con u na vit.a che era un pes o t rop po greve per le sue de– boli forz e. Pe rchè non lo fooe? Forse , chi&– sà, le arrise la sp er anza d' un avvenire mi– glior e, forse an che la irruttenne il .pens i,ero che ucoidendo si, non ucc i·deva lei sola. Venne la sera, e con essa una sbanchezz a estrema, e i primi, tormentos i sLimoli della fame. Si rannicchiò '.in un ang olo, si ravv ol– se alla m eglio ne.i suoi cenci, perch è, sebb e– ne si fosse in pieno estate, un freddo inten– so pervad eva le sue membra dandol e briv i· di viol enti ,e facendole battere i d enti com e pe,r la febhre. Dinan zi a le,i pas savano coppie di ama nti e d i sp osi, sciame di gen te alle.gra e spen– sierata che rincasav a fre ttolosa m ent e senza degn are d'uno sguar do que.lla c,realura um a– na e dolorante. Ecco: tutti avevano tJna ca– sa, una famàglia, lei sola non aveva nulla ; non un des co a cui assi<l,erSll, non un petto am ico su cui posare la testa sta nca. Nulla, nes suno! quelle due parole contenenti tutta la tragica triste zza ò'un'immane sventura , passavano nella sua mente fncrupace di pren– dere un a qualsiasi decisione. Lo stomaco vuoto aveva, a volte, stira– menti dolorosi, contrazioni sp as modich e, ed ella doveva imiporsi sfo rzi sovrumaini per trattenere i lam enti. Sentiva nel cervello fitte così acute, da farl e sembrare che qual – cuno si di vertisse a pe rcuoterle il capo a colpi brevi, inin ter rotti di martell o. La fame è un a tortura che non si può de– ver e, e Vanna, che com-e madre aveva do p– piam ente bisogno di nutrimento, l'a veva doppiamente p1·ovata. Fina lmente gli sti ram enti cessarrono, per– sone e cose si confusero dinanzi ai suo i oc– chi, ed ella non vide, non seppe più nulia .. Fu cos ì che una cattiva ed ucazione ; la mancanza di cure e di affetto, fecero d'una creatura nata per le gioie e 1" lotte dell a vita, un'infeli ce volata alle sofferenze, for– s'anche alla pros\>ituzione . MARlA CERRI. LA POLEMICA SOCTALTSTI\ ·e il titolo di un nuovo giornal e se//ima– nale di discussioni e di battaglia, che uscirà a Rorna, per cura di un gruppo di compa– gni , sull e line e direttive a//uali del Partito , diretto da Franc esco Cieco/li. Per abbona– m enti (D. 3 annuo , L 1,50 seme strale, I, . 5 sostenitore) riv olgersi alt'Am1ninistrazio ne de La Polem ica Socialista, via del Semi na– rio 87, Roma. traenti: egli sborse rà alla chiesa cento ses– santa lir e e trecento alle Pompe funeòri . Fatto il calcolo, il pove ro vedovo è sicuro che non se la oaverà , compr ese le piccole spe-– se acce.ssorie , con meno di cinque cento lire. n~ncasando trova, presso la morta , Agat a, una donna alta, secca, dag li occhi arro ssat i, dalle labbra livide e sotti li, colla qu a}e già da tre anni i due r,0niugi era.no in ro tta e non l'avevano pH1 vista. Essa &'1 alza cerim on '.osa– ment-e, poi abbraccia il cognato. O che, d.ina11- zi la morte, non scompaiono diSB-idi e rancori? Rrm~au che in tutto il m att ino non potè ver– s. -1.re una 13.1. !r.ma , scoppia in singh iozzi, nel rivedere la ~ua povera mr1glie bianca, ~tecch i– ta, col naso vif,fJpiù affilato, colla faccia tan– to rirnrJir:Ci<ilit!'i <·he a stentr1 la riconosce. Aga.· ta nr1n ver· a. una. lacrima. Se <luta.si f;Ulla mi– glior poltrona, gira gL occhi intorno pc·r la stam;:i r<Jrne ~ vot.es.s~ erigere l'inventa rio mi– nuzioso dei mobili <·he la guarniSCA)fJO. Non ha flr10Nt. -olJ,:·.ato lrl qu<•stione d'int.rres!-;;C, 1r1a è evident~ rhr: n11 rnuor dalla YO.tdia e che de– ve <loml'J..n(farsi se esi8te un testamento. Arcad~ che, n.cl m;1.fLnr1 <JPl!e f'&equie. pro– prio n.el momento <li dr:porre sulla bara il ca..– davr~re, t;i constati dw Je Pompe fun()hri si so– no ingannati! e<J hanno mandato un fnrtrr, tronpo r()rto. N'":ces~ario è quindi éhe i bec– cl,ini v :ida.no irnrnedi;:itarr1Pnte a. cercarne un altro. Intanto il utrro è formo d nanzi all~.i, porta e il quartiere è t1Jtto rrtrnnto in suhbu. ,tlio; il eh" I: c1u1sa p-er Rousseau d'una nuova tortura. Se il doverla tenere sì a lungo in ca.sa vales<:.e alme-no a far ri-s11sdt.are In. sua. cara morta. Quando Dio vollr• vien trasr,ortata giù e la bara non riman e esposta che dieci minu ti AL CIMITERO Me ne amdavo col mio bimbo , che por – iava un gran ma.zw di cri sant em i; ave vo nell'a nimo lo st ring imento angosoioso che m i avv ince, ogni qualvoll a mi reco al Ci– m itero , a copr ire di fia.ri la tomba dei m iei .poveri mor w. Nel culto de la lor o cara me– moria, sta tutta la mia relig ion e; pensand o a loro , amoro samen te, trovo 11con fort o e la forza, che a.Itri implora umil men te dagli Dei, così che amo esser sola nel Cimitero e ant icipo la mia vis ,ta ... del 2 noveinbr e. Il mio bambino, cw il pensier o della mor – te sbigottis ce e im pressiona sempre, mi se– guiva tut!,ocompr eso d e la pi etosa nos ,ra vi– sita , e taceva, uscendo ogni tratto in qual – ch.e esclama.zione s trana, a conclusione dei pensieri che fru.llavano nel suo cerv ellino. (< Ma porchè, dun que, si muor e? Non s.i potreb be viver sempr e?.... io non voglio m o– rire E cosa fanno i mor ti?)) GLi r.iSipond evo appena, .poichè le sue ingen ue domand e m i portavano ad altri pen sieri dolor os i, e così, menLre andavo vagando con la mente, lu i sorpres a al mio entrare nel recinto, d i tro – vare una folla. Uomini. sign ore, soldati , po– polan e, ufficiali, erano ra ccolt i i<ntomo a le fosse dei soldati morti nei nostri ospe :la!i. Vi erano in gruppo, molti soldat i conva1.e,soon– ti, da l viso pallido e lo sguaroo stanco, con la teste o un braccio ancor dolor anti per le ferite; che guardavano come trasognati , que lle fosse, quasi che essi pure dovessero esservi accolti. Certam ente rivedevano, in que l momento di commoz ione , lo spettaco– lo orr endo di morte che si ripete ogni gior– ,no lassù ; riv,ivevano i mom ent i di terr or e inconcep,ibil ,e, quando il TOmbo del canno– ne e la pioggia di fuoco conturbano •la quie– te ma estos a de le vette e delle valli , semi– nando la m0>rte, atrocemente. E un a smor – fia dolorosa della bocca, diceva chiaram en– te ch'e ssi si vedevano, dopo quella mesta e pietosa cerimonia , dopo un breve bac io ed abbraccio dei propri cari . spinti lassù di nuovo , a seminare la strage, a morire. Un prete parlava: magnificava il sac rifi– cio grande dei caduti per la grandezza del– la pat ria, ammoniva. i soldati presenti a sa– per compiere essi pu re il loro dove re con– tro il nemico d' Italia. In nome del Dio d'a– more e di perdono , chiamava gius ta la guer– ra, in nome della fede , santa la vendetta. Molte <!onne, sul cui viso si leggeva l'an– gosci.ia, piangevano silenziose ... i loro figli, i loro sposi adorati, erano anch 'essi soldati, erano al fronte , si battevano. Ment re es.s-0 pregavano e piang evano su quei morti sco– nosciu ,Li, che ne -era dei Iorb ca r,i? e un tre– mit-0 convulso agitava le labbr a mormoran– ti la p,reghiera . Il mio bam bino volev a sapere mille co– se: quel p rete che declamava , le persone commosse , il pensiero che d ei soldati eran o Jà, sotterra, morti, la vista degli altri fe– riti, lo fac eva.no 1inquieto. Dolceme nt e ìo trascinai via di là, e alle sue incalzanti do– mand e, rispo ndevo, dicendo dell e tri sti con– seguenz e della guer;a, cercando far entra– re. nel su o vergine cuore , l'orro re per que– sto flagello, di cui gli uomini si servono per ma.rtorirursi: - Sai caro, sçrno •Lauti, tanti i morti: si contano a oonbìnaia idfi mi– gLlaia! E tan te mamme hanno per duto i lo– ro figli, buoni, affettuosi , uccisi da altri fì. gli, ,pure cari ad altr e mamme lontan e. E quanti bimbi non vedra nno- più il babbo , l'at tenderanno ,in vano ! E la gu erra , la bru t,. ta gu erra che porta tan te lacrime, tanto d0- loret Le mi•a a:gitazio ne si era com unica ta a sotto il -portone parat o a lutto . Un centinai o di pers one a.ttende nell a via : commercianti del quartiere, cas igliani , runici di casa, qualche opera io in pa ltò. Il car ro si mette in movi– me nto e dietro ad esso si pone il m arit o, pre– cedendo co~ì tutti gl i alt ri. Al pa.s&1.ggiodeJ fune bre ro r lco, le vicin e s fa nno con rap ido gesto il segno della crocei mormoran do sommessa ment e fra lor o: u È In cn.rt o!aia, nevvero '! Quella donnetta gialla giaJla che no n aveva più che pelle ed ossa. Eh via starà meglio assa i sotto tNra! E di re che ha fn.t,icato tut ta Ja vitil p.?r clarsi buon tempo nella vecchiaia. Povera Adele, ecco lo spasso che oro. va a go<lersi! )) Alle stesse vi– cine, poi fa et.Lima im pressione Housseau, perchè cammina dietro il ra rro a ra po f)-CO· perto, solo, pall ido e coi ro..ctica JJ('lli sparsi al vento. In cliiPsa i preti si ~bdgano in rruara nta mi– rn1ti, intanto che Agata pa re &tia contan do i ceri. Senzn. dubbio pensa che ;1 cognat() ci ab· hia mfsso troppa ostrntazione; imperocchè ~,e testa.mento non c'è e se essa eredita quind i metà della sostanza dovrà assumersi pure me– tà delle spese. Recitata i preti un 'u ltima pr e• ghiera e pa«satisi gli <.LSt.anti di mano in ma.– no l'aspersorio, tutti e5eono e quasi tut ti se ne vanno. Le lrP cn.rrozze di Jutto s'arcostano e vi salgono dentro alcune signore. Così , die– tro il f"tlrro omato sempliC<'mente di un drap– po nero frangiato in biaw·o, non rimangono più che Houssca.u. e gli a.mir-irhe non possono svignarse la, ossia una trentina di persone a dir tanto. Anche i passanti si scoprono il capo e flla110 via IP-sti. S.ccome il vedovo non ha tomba di famig li;::i, queìl' an im a -inf>an tile e gioconda , sicc hé tu1.– to comm osso: - Ma chi la vuole la guerra, mamm;naf - Gli uomini, caro i1l m io p,iccolo, l.a vo- gliono e la soffrono! Mi si s trinse attorno, e. - Sono catti 'fli, sai, mi fanno pau ra!. . Eravamo ·alla tomba desid erata: Sparsi • fiori, e ce rcai conce ntrarmi tu tta nel mio dolor e... ma no, la m~a mente divag ava., il cuo ce voleva comprend ere tuito ,il dol ore .umano. Abracciai il mio bamb'ino, -lo ba-– ciai avidamente, e non S€1pp;i che promette– re ai miei morti, di difendere l'an ima del n1io bambino con un'educazione d i amo re,. di perdono, di bontà , cbe glà renda impo 1r sibil e di conce,pire e sopratutto di amar • la guerr a. JOLE e. Pwrn .,Nl. (Cesena) IL MIO SOCIALISMO Molti anni fa l'ora1òo cli lavor o nelle sa,·. torie era di ore 10 1/2 i primi quattro gior– ni della sel timana e di 12 1/2 gl i altri dlue, poic hè il venerd ì e il sabato, ci fosse lavoro o no, bisognava rimanere sino alle no ve di -sera; se per ò v'era .lavoro urgente (ciò che non avveniva di rado) si doveva lavor ar. maga.,rl gjno a mezzanotte e più, senza avv er– tire i pa renti e per tu tta cena mangiare un po' cli pan e e cioccolatta mentre si lavorava. Le ore supp lement ari non erano pagate, e neppure la mezza dom enica. Le operaie si accontentavano con un regalucc io a Natale . Colle prime organizzaz .ioni, si riescì a.d ottenere, per le op eraie , la gi,ornata di dieci ore, ed ogni ora supplementare fu retribui– ta in ragione della giornata. Dico le ope raie, p,erchè le imp-iegate ove la sartoria aveva un negozio dovevano rimanere sino all a. chiusura la quale da talune dit te si facev a alle 22, cosicché per la maestranza, dal pri– mo giorno all'ultimo dell 'anno. la gi-0rna l:& feri,ale per quando non si vegliava la. nott.. era di ore 13 l'-inverno e 14 'l'estate - o quella festiva di ore 9. La vita intellettual e, dopo una giorna "1 di ,lavoro -esau riente come que llo, era ipresso– chè nulla. Le d i,rettrici e le maestre , là ove i labo ra– tori erano al 5° ,p iano, avevano al matti no le ossa anco ra così indolenzite dal salire • scendere, che ci vol evano qu •a.8l due ore per rimettersi ,in buono stato. Ma non c'era mo– do di reclamare e bisognava rassegnar-si. In altre case il negozio chiudeva alle i li. perciò, dopo quell'o ra, se non v'e ra lavoro urgente, eravamo tutte libe re; in caso con– trario ci si doveva ferma re sin o ,a che il la– voro fosse a buon pu nto; e nei mesi dei m o– delli e della buona stagione , eran più le S&– re che si andav a casa alle 22 ed alle 23 - cbe le altre. Le operaie avevano un bel lagnarsi di ~ sere come delle estranee per le loro fami– glie, colle quali pe r settimane non poteva– no mai -intra ttenersi perc hè r,ienlra vano quan do tutti dormivano; la risposta dei po;u ci.pali €ra: (( Non sì -può f-are a meno .... sa non vi accomoda cercatevi un altro posto .. Un bel giorno, si fece affiggere nei labo– rat-0ri il Mani festo suUa legge del lavor • dell e donne e dei fan ciull i che fissava le ore di lavo ro e quelle :per la refezione vi e– tando ogni ora straordinaria e supp leme n– tar e pena una multa. I ,prin cipa li che non si era no mossi ia tempo ,per ottenere J.a concessi one di da.il ore supplement ari come negli al tri paes i, protesta -rono di esse re rovinati nei loro af– fari. Qualche ope raia che tr ovava una pic– cola risorsa di guadagno nel le ore che fa- così ha a._çqu ista to u n pezzo di terra ,per cin– que anni al cimitero d i Montma rtr e prome t– tendo a sè stesso di compe rarne uno a perpe– tuit à. di es-urna.re la moglie e sotte rr arla ~fi– nitivamentie in una tomba propr.ia. Il ca rro si ferma all' estr.emità. d'un v:ale, e tosto si porta a brac cia. H (e.retro fino ad una fossa appena &ea.vat a. I convenuti scalpiccia– no s ilenziosi. Indi il prete se 1a bat te dopo aver bia.scicato una venti na di parole. Dovun– que -s'all:n ea no giard inetti cinti da can celli e sepolture or nate di fior i e piant e sem pre ver– di, in mezzo alle quali le pietre candide ap – paion o nuove e tu tte gai e. Rous seau è col– pito da lla vista d'un monumento, un'elegante colonnina svelt a, sormon ta ta dall'urna simbo– lica. La matti na seguente gli cap:ta a casa un mar m ista che lo assedia di proposte e pro– get ti. 11 vedovo pensa ohe . quando avrà a..c. qu istat o iJ pezzetto di terr a in perpet uo, farà. er igere sn lla tomba della mog lie un a colonna rome quella ve<luta al Cim itero, adorna d'un ugua l vnso leggiadro. Agaf.:i ha a.c~ mpag nato a cas a il cognato e appena rntrati in bottega, essa si decide a in – tav olare la questio ne che tan to le sta a ouore. Come sente che esiste un testam ento , balza in piedi tutta d'un pezzo, e se ne va sbatacchian– do l'usc io e giurando che non porrà mai ptiù il piede in una simil e ba racca. Cer to vi sono mome n ti in cu i Rou sseau si sente serra re il cuore da un fiero dolore· ma ciò che SO'l)r atu tio lo istu'Pidisce , la con t'onde e lo a.gita, si è che la botte ga abbia a rima– ne re chiusa in un giorno di lavoro . (r onfi1lfUoa).

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