La Difesa delle Lavoratrici - anno IV - n. 1 - 3 gennaio 191

Per I picco li ll dodici Dicembre , la vigilia d i San ta Lucia , Renzo domandò all a ma mma : - Mannma, pensi che santa Lucia pas– serà da Milan o? - Non credo , ripose la mamm a. Ma ... chi ssà! Sant a Lu cia è mol to buona. Renz o mise un bel piattino bia nco sul da vanzal e delha, fineslJ·a e un a mattin a vi t.rovò un a tromb etta lucente come loro e un cavallu ccio girig io, con un b-el musin a bian co. Renw appe se all 'alb ero in cui era tu tto un luciochio di ceri accesi e di ,pallin e rosse, rosa, viola e in cui i fiorti e i manda– rini spaindeva no la loro 1firag r anza dolce, un bellissimo burattino , col viso b ian co, come se fosse infarinato, un na so lungo, come quello di Pinocchio e du e occhi etti •neri e lucidi come quelli di un topolino . Renzo lo battezzò: P inocch ietlo. E rise e giuocò mol t-0 con lu i, fino a quando Capodanno voo,:hio , freddolo so, incapuc ciato , non gli portò un treno vero. Renzo imagin ò dli gi– -naire tutto il modo sul suo bel treno. Ma si femnò ad un t.ratto perchè gli si parò in– nanzi un g rand e ostacolo : il mar e. - "Mam1na, e se volessi and are in Sici – lia , in An1erica, in Afri ca? - Col treno non potresti. - No. E nep pure col triciclo che mi re- galò il ,nonno. Ci VOI"iI"eb be un a barca . - Impi egh erebbe tropp o tempo. Ci vor - rebbe un bastimen to. - A vela? - :'\o, a vapor e. Ren zo sent} che, se non avesse avuto un bas timento a vapore, per amdare in Sicilia , in Am erica, in Afri ca sarebbe stat-0 il ra – gazzo più in felice del mondo. - Mamma , e se pr egassi la Befana di portarm i il basti mento pen si che mi accon– ter ebbe? - Forse no. Yuoi troppo cose. Dopo il ba stiment-0 desidereresti qu alche cosru d'al– tro. - Ma il bas timento, cred ilo, mam ma, mi occorr e tropp o. Prov erò a sta r molto buo– no, molt-0 buono. La vigilia della Befana , sotto la cap pa del camino , invece della sua pantofo lin1, rossa, come gli aveva suggerit-0· la mamma. mise una vecchia scarpona dei nonno. E s'addormentò, pieno di fiducia. Ma dopo un po' sentì delle vocette stni– dule che lo chiamavano: - Renz o, Renz o. noi silaJmo in collera con t-e! In fondo al let to i suo i giocattoli lo guar – davan o con un'aria corru cciata , che non aveYano mai avuto. Il cavallino era propri o indispet tito. Diceva: - Ecco, tu m'hai str app at-0 la, coda . Pen– sa che umilia zione! Un cavall o senz a coda è il ridico lo dei suoi fra telli. lo non ti per donerò mai. La trombetta strillav a : - Io avevo una voce sono ra e lieta . Ora ho nrr.aJvoce fessa e rauca come se avessi sempre il raffr eddo– re. Le tue manin e non fan no che del mal e: rompo no. rovinano , sciu pano. Vergogn a ! Il treno diceva: - Un giorno o l'altr o snccederà uma disgr azia. Io non mi regger ò più e mi capo volge rò con gr an pericolo dei viaggiatori. Tu sei un cat tivo ma cchinista e un r,erfido frena tore. Ma· il più irri tato di tutti era P inoc– chietto: - Chi con-OSCeancora che io sono Pin oc– chio? Ecco il mio naso, rotto, pesto, sfor· mato. Il naso era il mio orgoglio e il mio APP ENDICE 31 Pagine di vita Pe r-chè non dire alla fanciull:i: Se tu do– mani ti sarai donata ad un uomo indegno, avra/ il sacrosanto diritto di riprenderU, di scegliere un cuore più affine, di chiedere allré soddisfazioni alla viia? . . . Ma la morale borgh.ese, falsa, 1!1-qumata ~1 gesuitismo vi bollerà, come fem.mm, e vo.1gar1'. C<",mE: di~neste. Oh, l'onore borghese! I:atto ~' transazioni, di bassezze,di s.lealt~, ~1 ~radi: mento, di menzogne convenz~onah, cli piccoli sotterfugi, di mesch]ne astuzie!! Oh, il pregiudizio suJl'indissolubilità dell'u- nio ne! sull 'eternità dell 'amore! . Come si sconta da noi, povere d-0nne inco– scienti inconsapevoli! E ctdvrebbe aver bi.sogno di vincoli 1 ·amor·e, per esser serio e sincero? Le donne che temono i1 divorzio e l'amor. libero, vuol dire c}_leno!1 hanno sufficienti virtù p_er tener avvinto. 11 -cuore dell'uomo, per farsi ama r e sen.za bl.SO– gno di cos~rizi<;mi. E se l'uomo è indegno, merita rimp]anh? . . Certo che, ove la collettività dei. g~ovan.1_e dei sani pensasse ai su.O? m-embr:-1rn\·ahd1, bimbi, vecchi e _malati.. r,:ivece_d1 abband?: na rli alla, discre zione dei smgoll , ed ali~ pi~ meno limitata loro potenzialità economica, 11 ~r oblema sociale e con esso il problema del- l'amore, sarebbe riso lto. . . . , Bisogna !lottare cont-ro il pre g1ud1z10 '. ~ ~ more non è una colpa, u.n d~lit~o; d~~~ore la maldicen za, la calunnia, l od10. L LA DIFES A DELLE LAVORATRICI dist intivo. Ora sono un bur attin o qu alun– qu e. Gli occhietti picc-0li era no scuri di collera. Ren zo stu pito, addol orato gu arda Wlli su oi amici con occhio di pianto . Egli vole va così bene a tu tti! Eran o le su e manin e catt ive che li rom'pevano. Non aveva mai cap ito come. I giocattoli cad evano, sgusc~a1Vano d alle sue piccole mani , anche quand o cre– d eva di tenerli ben stre tti . Ora voleva spie– gar e tutto , di fend ersi, farsi perdon are, ma i giocattoli gli impedivan o di parl are, lo investiviano con la loro voce fro sa. - Noi siamo i figliuolett i d ella Befana! Le ab biam o rac contato tutto. Ellla non ti porte rà nulla , non ti -porterà nulla! E Renzo sentì nella sua aniJJJlauna gran – de ,disperazion e. Ma per fortuna , qUlallldo aprì , gli occhi, i giocattoli scomparv ero, arei un tratto , dal suo lettin o. Renz o disse : - Starò in ascolto, quando sentirò la Befana scend ere dalla cap pa del camin o 1a1ndr ò a domandarl e perdono. Pas– saro1101 ,pochi minuti e sentì un fru soio d'a bito, un passo leggero. - Eccola , non ,può essere che lei. Ren – zo scese pia no dal lett o -peT non far si sen– tir e dalla mamma. La camiciona bianca , da not te, gli scende va fino ai ,piedi. M'l-·in cucina , invece della Befana , Lrovò la mamma che guardava proprio sotto la cappa del camino. Gua rdò Renzo , sorpresa , lo pr ese in bra c– cio: - A.h, Renzo, Renzo , curio sane! Ma il bambino ave v-a gli occhi lagri– mosi. - Mamma , 0redi che Ila, Befana mi per– done rà? - Perchè ti deve perd onare , picc ino mio? - Perohè ho rotto i suoi figlioletti. - Va', va' , a lett-0, Renzino mio. Vedrai che il bastimento arriv erà , così bello, cosi bello come non ne hai mai v,isto. E Renzo andò a letto, tutto consolato. JLJ J □ Ma il nonn o gli di sse rulla matLina m en– tre Renzo gioc ava con la 1magnifica nav e e ,rac contava il sogno della not te! - Renzin o, dovrebbe ro i bimbi poter vi– vere un po' nel mondo de i sogni! E creder e al Bambino , e alla Befana col na so adun co e la bi8a.1Cca piena dii doni , e ai Re Magi che caval cavano e cava lcavano ne lla notte, e r:iempiono di doni le scaTpe dei bimbi buon i! Ma mi fa pena pensar e a voi che avete i doni e la dolce cred uli-tà dei bimbi fortunati , e agili altri , ag,li innume.r evoH pov eri ba,mb ini per cui non v.i è nè Natal e, nè Eipifania, nè doni , nè gioia! E Renzino domandò: - Nonno , perchè ci sono qu esti poveri bambini? .. La nonn a Ma7i a. Le domande di R.ita. Rita, la figliuola del cartolai o del v-i!lag– gio, una b.i1111bett a sparuta d.i_diec\ ann i, da gli occhioni affoss ati ed ~ntell1gent-1, ha asc ol– tato attentamen t e la lezione di stoTia che la mla,estra di quarta ha da to sulle ,origini dei pop oli europei. . Ouelle noz-ioni e'.lementa ni ,le si aggro v1- 0'ti"àno ora nella te st-oJina colle chiacchi ieire di papà sulla ,guerra eur opea ; ed in quel gr o– viglio il sito p-ens.iero ine.s,pert:b 110n ved,e chia'to . Che fa Rita ? a-tt,en<le la mae stnina all'u– scita da!Ja scuo'la , l'avvicina e Ile ch.ied,e c,olla sua v•oce genhle: ---' P erdoni, sign,o-ra mae ·st•ra , lei ha det to ,che tu tti i pop oli eur ,o:pei han.no una sola origine. <ler,ivan o tutti da.gli stessi ant ichi s– simi pro g enit or i. E' proprio V'ero que sto? - Vero? e mie lo d,omand i? cert o che è ver-0 ! - Sì che tut ti .i pop-oli europe -i sono fra– telli ! E perché allma de.i .f-ra.tellisi combat– tono così fero cei~n te, perchè la guerra che ora èo.pre di san gue l'Europa è scoppiata? F 0trse che c' è fra tede schi e francesi 1 fra M i o fi glio? No , mai ! è sempre legittimo quando sia reciproco e leale e o(lnuno ne assuma la sua par te dì re– sponsabili tà. Così pensava Stendhal; così opina la ce-le– bre scrittrice svedese: Ellen Key; così riten– gono tutti coloro che ragionano col proprio cervello, sen z'assuOO.i preconcetti. Bisogna lotta re perchè ognuno abbia intero il frutto del propr-io lavoro e non sia più pos– sibile lo sfruttamento delJ'uomo sull'uomo. Al– lora sarà assicurata la gioia umana; allora si oprerà alla felicità comune. Questi i concetti che, a poco a poco an da– vano maturandosi nel mio cervello. Un giorno mentre uscivo d·i scuola, dopo il · gravoso lavord. de:111.e tir.e classi, ricevo un telegramma: Bimba aggravatissima - partite subito. - Balia. Convulsa, vado a casa, raccolgo poche cose in fretta, scrivo due righe al direttore didat.. lico, domando un po' di dena ro alla trattoria, e m'avvio alla stazione ch'era lontana più di tre chilometri: attendo qualche tempo e fina l– mente posso partire. V.iaggio tutta la notte così, come jnebetita, senza quasi ren dermi conto della verità, dei fatti: arrivo a Mi1ano, riparto e al mezzodì circa eccomi a Cern usco Merate. Domando, trovo mio marito, corro: vedo la mi,a bimba. E nella culla, in una staJla. Inter – roo-o la balia cogli occhi: 1t E il medico che ha~ voluto <:he la portassimo qui; le stan1~ son gelide; 11 caldo umido le giova>>. - Che ha? - Polmonite , pleurite, hToncbìte ! La bimba è tebb-ric·tante. ma tran qu.1lla: non è molto dimagrita; Ja febbre sembr a leggera. Domando dcel medico. - u E uno scienzia– to >i mi dice Beppi. Yli faccio insegnare dove sta e corro da lui. Non è soltanto un bravo medico : è un apo– stolo; questo intu isco e penso udendol o pa r– lare con infinita bontà e dolcezza. GIL,.d.ico tutta la mia angoscia mate rn ai m i conforta , mi dà un ragg io di spera nza.. <( Mi addolora, aggiunge, il dover posdoma.ni ab – ban donare Ja cura della piccina perchè devo recarmi per qualche tem1)0 lontano di qui : ma lascerò precise istru zioni al med.ico che mi so– stituirà. - Ciò mi preoccupa. vivamenle. Ritorno p1·esso la bimba. Dapp rima non po– tevo 1·esistere a quell 'aria calda, chiusa e do– vevo uscire qualche secondo, per non esser-e presa da capogiJ·o. Ma poi un po' alla volta mi abituai. Alla sera non volevo lascia r la piccina, ma lo ero talme nte affranta che Bep– pi mi vi costrinse. Dopo pochi minuti che mi ero coricata, fui presa da una crisi così ter– rib ile e da dolori tanto atroci. che dovette ro chiama re il medico e una donna per assi– ste rmi. Svegliandomi, mi sentii rinfrancata: an dai subito dalla mia Rina che la balia avea vegliata gran parte della notte. l,I medico venne per la visita: ascoltai re– ligiosamente tutte le sue indicazion i ed istru– zioni. Mi feci portare un mate rasso che ap– poggiai su sei s-edie per la notte e non mi mossi più. La febbre aveva un gjorno di tre– gua: poi tornava. Pensavo alla mia Elvira ch'e ra morta della stessa malat tia e impre– cavo al destino che mi costringeva a lasciar le mie creature in man.i altrui. Bepp i diceva che Rina non -si sare bbe sa lvata , ma io spera– vo, speravo, lottavo contro i l male colla forza eh.e mi dava la mia stessa angoscia. Ogni mat– tina io la vedevo dibattersi nel bagno caldo di senape e tutta la mia forza non era suffi– ciente a tener la immersa, ma srupevo che ciò russi e austr iaci gr andi differenze di co ltu – ,ra, di v.ita? - Ma niiente affatto, bimba mia , i te<Le– schi son più ,colti Sor se dei franc esi, ma :i francesi son più sveg ,lii e fin.i <lei t-edesc~ , o-Ji a ust riaci son p-iù r igidi for se <lei ru ssi. ~a i russ.i s-on p.iù do.lei d'anirn10. L a ricch ez– za social e è maggi.or e ne'il'un sta to che ~l: l'al tr,o, ma anche la Ru ssia, che f.ra t utti _i. gr andi stati eu ro:peii è il p.iù p over o, dara doman i la-rg.a ricche zza a i suoi fig liu oli me: rrlio ist ruit i e meg li-o ,g-oven1ati . Ness un o dt qu.esti popoli può dirsi, per doti d'.i~1geg n~ e di cuor.i;. inferio re all'a, ltr o. In tutti questi paes i l.a colt ura diffusa f1ra il popo i,o, ed as– sociat a a·! lavoro Jarà nascere dom ani una più alt a, mia&"n.ifica ci\·iltà . -- E perc11e allora l'odio, la guePra at rooe dell'un o conitro l'a ltro ? - Perch.è . perchè ', b-i.miba mia, i pop o-li so– no an co ra fancitù!i. pe rchè si lascian-0 anco– ra non solo sfr utt ar e da alassi dominanti, nel loro lavoro, ma perchè anche si lasc iano da queste trascina.re cieca mente al macello; per~ chè ogni stato eur opeo è ancor a nell e maiu d-i piccole min.or, anze di ricchi , di nobili) di potenti chie dall a g uerr a - che coJp.isce so– pratu tto il pov-eiro, ~1 pToleta r.io - speran o un più !argo dominio , magg iori ricchezze, più alti onor i. E' la cupi-cLig.ia de.i pochi, de i sedicent i pa sto ri· di popo,li, che t1·ascina alla rovina, alla mor t-e J,e pecore . - E que sti pochi son c-osì potent i -<lu.nque ? - Sì, son potenti , mia sai tu di che son potenti ? Son potenti -<l-ell'ignoranza, -della debolezza dell e moltitud ini proJetari e. Se le ma ss·e che lavarano nei campi e nel– le ·officine comp rend-esse.ro che .il lo:r-0 avve– nire.. iJ loro bene ssere è unicamente nel la– voro de l-le loro braco ia, efficacemente dife so da Ll'ing oridig ia dei -proprietari , d,ei capitali– sti a mezzo delle associazi·on-i di cla sse, se le ma ssa comprende ssero ciò, basterebbe che e ss-e incr,ociass-eiro le braccia perchè il delitto inaud ito che ora si compie cessasse d'tm tratto. La forz a <lei -ricch i, dei potenti è unica– mente , la mia piccina, nella ,d-e,bolezza, nel disaccor do, nell'ig11oranza d-ei povieri e dei deboli. Che i proletari si associno in forti leghe economiche ,e politic"r1e, che comprendano ~ loro ,·eri int eress.i e queste o.rrib i1i carne– ficine che -insa nguinano il mond-o e dison-0- •r.ano l'u manità -cesseranno peT 5eIT\Pre. Que sto tu devi ben co.m.prendere, . la mia picc ola Rita; e quando doman i sarai s.pO'sa e ma.dre fa che an.che i tuo ,i figli abbiano a cre scere in questo cult-o <leJ pacifico e ci– v-ile lavoro e nel'l'odio ad ogni barba.ra e stolta · sopraffazione di popoli c-ontr:o po- poli. P. TORELLI. L'Ombra del Gigante Strenna per la gioventù socialista Tra le molte pubblicazioni sullo spaveu– toso, tragico conflitto che infuria nella civile Europa L' Ombra del gigante è l'unica strenna che osservi, annoti e commenti dal punto di vista della nostra coerente concezione socialista. Diffondetela tra la gioventù a cui uu più grande compito di nol:lili battaglie sta pre parando la storia . Prezzo del volume riccamente illustrato con copert-ina a colori L. 0,50 Per cinque copie L 2.-; pr.r dieci copie L. 3.50 i per Yen ti copie L. 6.- . Dirigere subito prenotaz ioni ed ordinazioni accompagnate dall '1mporco relativo alla Libreria Editrice " Avanti! ,, via San Damiano, 16, Milano. le giovava assa i e resiste\·o con denti stretti. Dopo i,l bag no e il ma ssag gio r.imam,eva pro– strata. ma a me sembra va di notar e in lei un lieve miglio rame nto. Alla nott e m'alzavo ogni qua rto d'ora per darle la medecina che pre – venisse quella brutt a febbre : all'alba veniva il bifolco a mu ngere le vacche ed io bevevo una tazza {lj latt e caldo. La balia mi dava il cambio quan do andavo a desin are. Be.ppi stava con noi parecc hie ore del gior – no : era affettuoso. Ritenevo che fosse disoc– cupa,to per,chè se ne stav.a lì tran quill ament e: era senza dena ri e pagavo io vitto e alloggio con quei pochi che m'avevo portati. Ero lì dal 15 dicembre ed era. già passato quasi un mese: una mia sorella era andata alcu ni giorni a sostrituirmi nella scuola, ma non poteva lima.nervi: i l Sindaco mi ordin a– va di tornare subi to, o avrei perduto il post o. Io non sapevo allora di aspettative , di legd– slazione seolas tica; mi rodevo dentro, mi mor – devo le mani. Che fare? Rina da tr e giorni era senza febbre; .il medico nuovo non mi da– va troppe spera nze: ma il mio istinto mat er– no mi diceva che la bimb a cont inuava a mi– gliora re. Beppi m i consigliava cli ,partire; la balia mi faceva le pi ù premur ose assicur a– zioni: mi diceva che insieme ad una sua fa– mig liare l'av rebbe vegliata ogni notte finchè non fosse perfettame nt e guarita. Giun se un nuovo telegram ma aì: richi amo. Decisi parti– re il di dopo ; m a con che ,cuore! AI mattino, la bimba era stat a ripres a dal – la febbre. Beppi mi condusse alla 'Stazione mentre singhiozzavo disperata. Egli mi strin – geva le ma ni commosso. Ritornò indi etr o più volte ch'io ero già mont ata nel va:gone per cli,rmi qualc he buona pa rola. (Continua ).

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