La Difesa delle Lavoratrici - anno III - n. 7 - 5 aprile 191

SOLITQDINE Mar gherita si affacciò all'usc io socchiuso. cc Siete ancora alzata. Rosa? )) Una voce rispos e dalla camera buia: <( Sono anco ra a1zata: prendo il fresco vi– cino alla finestr a . Così lar di uscite Margh e– rita? )J " Il bimb o si è svegl ialo adesso. Vado da Pa olo che ci aspetta alla spiaggia ,,. <e Non vedrete i fuochi) >. • Non impo rla. \ 'ado soltanto perc hè Pao– lo tornì a casa pr esto. Buona notte Rosa» <e Buona nott e, i\1argherita )). ' · Il passo della giornne risuonò nel corLi– letto, per la strada si sp~nse. La vecchia rimas e sola. Era la gran festa del paes e e la vasta casa che ogni sera, pri– ma del cadere della notte , era piena di vo– ci. di sussurri, dei mille rumori della vita simil e a un grande albero pieno di ni di prim a che discenda il sole, quella sera era deserta. La vecchia avm·a visto uscire gli uomini Yestit i a festa, accompa gnati o se– guili dall e donne e dai bimbi , con l'aria di letizi a serena che ha la gente umi le, abi– tuala all e sofferenze e alle fatic he, se le ac– cade di avere un gio rno di abbondanza o di meno stretta pove rtà . Eld era rimasta sola. Il cortil etto era buio. e scuro era il cielo sopra il quadrato dei muri. solo le stelle palp ilarnno intense. mettendo come il re– spiro della Yita in quella quiete troppo pro– fonda. La wcchia trasse il rosario. Er a l'ora in cu i si ricongiungeva a tutte le creat ure del suo cuo re. a quelle che la morte le aYeva portate via per sempre, alle alt re trasc inat e di qua e di là dalle Yicende e dalla neces– sità della vita . che si erano staccale da lei come no,-elli dall a pianta. las ciand ola so– la a invecchiare, a morire ; era l'ora in cu i ella ricordava con più inten so amore e 1 e pareva. i,regando. di continuare la sua lun– ga opera di protezione materna. I morti erano più forti di lei, pensava , lontani dai pericoli e dai dolori della Yila, ma i morti soffrono di essere dimenticali ed ella ogni sera mandarn ad essi la rnce d, I ricordo: la sua sollecitudine. il suo amo – re eran0 resi inutili ai vivi dalla lontanan– za. ma non poteva da r loro le ultime ior– ze e rullimo calore di affetto, non li met– t-eva, pregando, sotto la pro tezione di una madre Ulfinilamente più buona di lei e possente e non richiamava su di essi la grazia djvina? Il rosari o scorreva len to tra le dita della vecchja: la voce ripeteva sommessa e ap· passionata }"invocazione " Ave t,f aria gratia plena .. i, Sul vento che si alzava leggero e fresco del mare , giunse un'ondata di suoni. Era cominciata ia musica. La vecchia vide la piaz za affol– lata; uomini, donne, bimbi, seduti ai caffè, abili chiari, ventagli_ udr le grida dei ven– ditori. Dorn.inus cecum ... Cn sibilo ruppe il silenzio: un razzo lu– minoso solco il cielo al disopra del corti– letto. si apri in una costellazione di colori vividi , si spense crepitan do. E il silenzio e l'oscu r ità non furono più signori della casa e della notte: ia vecchi a non fu più sola. Venivano con le ondate di suoni, coi fiori di luce che si accendevano nel cielo; venivano gli assenti, i morti del suo euore- Eccoli, i suoi figli, freschi e lieti attorno alla tavola appa recchiata; fuori c'è la musica, i ragazzi sono impazienti di far prest-0 per uscire. Come sono buoni e con– tenti! 'i ,·ivrebbe sempre in pace. se tutti i giorni rosse possibile mettersi a tavola co– si' Suo marito entra senza una parola; è APPESDICE 14 Pagine di vita ~fa Beppe s·era fatt.1J degli amici fJOCfJ s:ig• gi ed io ne ero disgustata e dolente. 0:in. dol~ cezza Jl}ielo avevo falto CQnoscere, ma egh m1 avea risposto ma.le. Tornava a bere li_quori, a sta r assente qualche sera fino a tardi, ad és ser viol-ento ed aspro. EgJi veniva a casa tut– te le sere da I.,;gnano ed io procuravo che nulla gli manca.es ~. Il suo posto non dava al– cuna 11.aranzia: l'appaltau.ire era prossimo al faJlimen.tù. Presto dovette rimaner a casa e la vita oziosa non contribuiva certo a miglio– rarlo. Un giorno perché l'avevo rimproverat.o di compra r troppo vino, lanciò il flaacfJ pieno contro la parete; un'altra voJta perchè m·erù risentita d'una sua par ola volgare, mi schia f– feggiò . Un'altra sera m'aveva chiusa a cate– naccio nella cucina rigida, fredda e a\ e.1.·odo– vuto passar ivi la notte e andar a scurJ_la il giorno dop o cogli occhi pesti e le ossa md(J- lett~ia influenza benefica scemava di gior- no in giorno. , _ . Ma intanl o m·ero accorta d .esser mcinta e ciÒ m.i spaventa\·a e rallegrava insieme. Qu.J.- 1e avvenire per la povera creatura? ... e forse il bimbo cl1'egli aveva tanto desiderato avreb– be potuto molcergli il cuore, farlo buono, ope- LA Din :s.-1 DELLE l,AVORATRICI pallid o e stanco, si butt a su un a sedia e piang e. È andato a chi edere un pr estito che non ha otte nuto ; è quas i sera e nevica e nes– suno, in casa, ha anco ra man gialo. Ah qu el– le lag rim e! I bimbi non osano muoversi. Ella cerca parol e di corag gio e por la a ven – dere uno de' suoi scarsi lenzuoli . Il suo ul– timo figliuolo piang e, perchè non ha le sca rp e e il vest itino bello per andare a ve– dere la festa come i suoi piccoli amici . Ella è in casa sola con lui e ten ta di conso– larlo. <e Quando tu avrai le scarpine nuov e gli alt ri le avranno già rotte, tu an derai col babbo ed essi sLarann o in casa"· Il bimbo piange sempre: re Vuoi che ti racconti una favola? ,, E trova per la piccola ani ma in pena fate e regine pietose che regala.no tesori ai bam – bin i poveri. Il bimbo si acqui eta e sor ride ai doni che gli sem brano suoi. Come dorm e tranquilla e rosea la sua bel– Id figliuola! Bisogna sveglia rla! L'alba im– bian ca ap pena il cielo; il carr etto è già ca– rico di panni che debbono essere lavat i al fiume ed ella è stanca, non rip osata dalle poche ore di sonno. Pur e non ha cuor-e di svegliarla. Madr e ·, 0 losa - le dice il mari to - ti ammazzerai dr fatica per rispa rmiarla! >>, Hanno messo il suo figli uolo maggiore nel cata letto e lo portano all'ospeda le. Ohe si– lenzio, quanto dolore, quant o pianto repr es– so! « Coraggio! All'ospedale guarira i più pres to "- Ed egli assente con gli occhi pieni dr lagr im e, ma strin ge la man o della so– rella, come per non lasciarl a. Che grido di dolor e, dopo ch'eg li è partilo! Il suo più più piccolo figliu olo si butta in terra. sin– ghiozzan do! L,a calma è scomparsa dall a vecchiu soli- Il condannato .. . la ria. I fantasmi portati dalla festa lontana hanno risollevat i in lei gli antic hi dolori; hanno rid estata la madr e sempre in lotta per il pan e e la felicità de' suoi figliuoli, la creat ur a di fatica che avr ebbe dato il san– gue per vederli cont enti e che vid e inv ece ripetuta in loro, sem pr e, la sua sorte, e do– vette china re il capo rasseg nata, ad ogni partenza sente ndo di non aver il diritto di tra tten ere chi voleva cercarsi una vita me– no dura , risor ge la creatura che sa di es– sere condannata a morir sola. in un letto di ospedale o, all'improvviso pur nella su a stanzetta muta dove, forse, la troverà la pietà dei vicin i. E il pensiero, l'immagine della mor le sorsern dominando , tutti i pen– sieri , tutti i ricordi della vecchia. Quell'ora che tanle volt e, le era appa rsa dofoe, come un passagg io tranquill o per cui si era mes– sa con fiducia nelle man i di dio , creden do di poterla affront are, come un viaggio sul mar e, su di una nave sicura, con un pilala infallibile , verso il paese de' suo i. que ll'o– ra irr evocabil e e sup rema, le sembrò di sgo– mento e di terror e. Veniv a il crepitar e alternato di ronzii , di sibili , di scoppi i delle girandole accese e il clamore alto della folla e della musica. La vecchia ebbe paura di essere sola, nella casa deserta , lontana da tutt i. Si levò· per accend ere un lum e. La lun a si era certo al– zata sul mare , poichè un chiaror debole entr ava nella sta nza e in que l chiarore luc– cicava un quadro a una parete , bian cheg– giava il letto. Anche il vento era cresciuto; e si udivan o il cigolio, lo sbatte re di una impos ta; una pianta , nel cor tiletto , stormi– va e si piegava , tutta scura. La vecchia sen– tì crescere il suo sgom ento. Le parv e di ve– dersi distesa su l letto mor enLe nella stanza deserta; il vento aveva spenta la cande la, le - I ' , ' - ~ =----- rz!/ li processo contro l'Avanti ! è finito col ver– ri etto di assoluzion e. I giura ti hanno dun que rtuvuto giustificare le parole di sdegno che stillavano i nostri com,pagni nell'ora tragica in cui giungeva la notizia dell'eccidio di Rocca Gorua; le frasi dett ate dalla nausea emergente alle gesta della camorra napo – letana; le vigne lle sapien ti con cui la penna rlr', buon Scalarini, dice tante cose contro un mi litarismo fanfaron e, imbaldanzito spe– cialme nt e dopo la guerra libica.. . Le voci sicure delle donne di Rocca Gor– (J(', che veniv ano a portare accuse atroci: la parola com,raossa di Orsini Luigia, lo ma– drr• a cui fit ucciso il bim bo fra le braccia d~l raarilo, e ferito e incarcera lo egli pure; In. ,;oce fiera di Angela Lung hi, che subi il confronto col tenen te Gngori, giura ndo sul capo dr•l bim,bo suo; i racconti di Ror:;a Cenla / i gio1,•anP sposa ferita di Otto colpi, e le a{fermrtzioni precise di Jlaria Coco e di Tornasina Canterani, vecchie più per la du– ra fr1.tlr:o rhP non per Ptò. hanno potuto far rare il prodigio che non era riuscito alla ma– dre·? La buona notizia lo aveva tornato per un po' :tffetluoso e pentito. " Pr:rdrm:i. a Bermi tuo, ripeteva. Non so pr;rctiè tu soffra tanto per una parola ch'io dico talora storditamente per isfogare la mia ira, non per offenderti, non capisci che li ve– nero? Vedo il tuo viso scomporsi alle mie pa,.. role, ma nùn sù capire questa tua eccessiva sensibilità,,. Voleva elle an da ssi a pusseggio con lui, ma nrJn aveva sempre delicatezza e premure. Quand·erù stanca e, conoscendolo, non mi la.– rrna.vo mai, egli lo vedeva dal mio vis,, e mi 7:anzQm1va.e mi diceva eh 'ero un empia..'3tro, una mnz:.1 creatura. Infatti egli era a·uTHl ro– bustezza eccezionale e ne andava orgr,gliosis– ..,[mo e ne abusava. Era ir1temJJen1nte in tut– to; nr;n aveva. U senso della misur:1. r·n nuovo anno scùlastico era incornindato ed io ero prossima. :-Jlparto. Mio rri:u'ilo aveva avuto dei litigi col sindaco e cit, m'aveva pro· curati seri dispiaceri. La signorina Adele avendo appreso da una nostra conoscente <lei prossimo lieto evrntr1 mi :-1vea mandato un corr edino completrJ. E nac– rrue una bimba, tanto cara, che chiamarnmn Elvira. Un mio fratello, che s'era impiegato a Mi – lano, venne a trovarci in quell'occasione e si po1·t1J via mio rnarlto per metterlo a scrive re r1ress1, u11 ;'.tvv,Jca.to di sua crmoscenz.a. Rima.si sola r:olla mia bimba. Era tantrJ fr~ddo in quf-1 carneronP vuoto ... S(,ffrh·-0 a.d allattare. Ero sola e tristP, pnchè mi sentivo tanto debole. Qualche volta nrm riu. risuonare nell'aula dell e .4.ssisi un senso di profonda pietà per la tragedia stessa e in– sieme di ammirazion e per queste povere rlonne, che nella loro miseria hanno saputo respingere il denaro corruttor e di chi voleva farle tacere. Giurati di Milano, avete comviuta opera umanam en4e grand e. rendendo loro giu-– slizia! Donne di Rocca Gorga, che pian(Jevate ieri sui vostri cari perduti, oggi ci sono altre 11adri più infelici di voi, le 1nadri di coloro clw semin arono tanta sven tura! E raadri proletarie tutte, e'è un grand e d01;ereper voi: quello di creare ne-i vostri figliuoli una coscienza sicura, che non tra- 1rlùca mai, nep pu·re il giorno in cui essi do– vranno vestire una divisa e impugnare 'ùr1'arma. Non si spaventi, signor procuratore! lo disse il tenente Gregari: « Ordin ando il fuf'co , confidai nella discrezione dei miei sclda ti. .. per tirar dr itto o meno .... "· scivo ad accendere la stufa. e slavo quasi del– le giornate intere senza cibo. L n debolezza mi toglieva l'ene rgia necessaria per anda r a chie– dere, a procurarmi fuoco, calo re, compagni a. rn quarantena, dur ante iJ puerperio un a don– na avrebbe bisogno di molle cure, di mollo ri– guardo; invece, le povere donn e proleta r ie, son tenute assai meno da conto che le bestie da lavoro. Ma quel perio do di avvilimento pas sò: la himlJa ci·esceva come un fiore, grassa, seren a, buona . Aveva unn gran dolrc>na negli occhi. Ali.i domeni<'a veniva qualche v<,Ita mio ma– rito con rni0 fratello: ed era una festa per me . Come prervtravo la mia bimba! bella, prof11- rnat;1, tutta bianca, con dei pizzi, de11P cuffiette cli 'erano un amore: pnreva un gioiellino. La prim a volta che uscii dor>nqurl periodo, mi parve d'esser un'altra, d'esser uscita da una lung :t convalescenza, d'e~ser ngile, fresca, sveJ. la, d'e~S('r torna.la fanciulla: c'era un bel so– le: avrei volut o correre, toglirre fiori, grida– re, dir la mia gioia di vivere. Esser nlT'aria Ji. lJera, al sole, sempre, deve far tanto be11e!Ciò romunica una sottile chlJrezza che dà un be– Besscre inv idiabile. Come cornpiang-o que lle povere creature che devori vivere sempr e chiu– se e magari in ambienti malsani! Avevo una scuo la. faticosissima, una terza maschile di 90 scolari. Preparavo la mia bimbn la conse,. gnavo alla moglie d'un fabbro che 1 abitava al p,Ian terreno e scappavo a scuo la. Povero por– t enfants! Come diventava scuro scuro nell'of– ficina! Ver:;(} il mezzodì tornavo a casa correndo · e intanto che cacciavo giù a fatica una mezz~ agitava i cap elli sulla fronte, scuoteva le impost e e l'u scio come per gridare ai vici– ni: « Svegliat evi, sveglia tevi! C'è un mo– rent e accanto a voi! >1. E i vicini si sveglia– ron o; ma nessu no udiva il richiamo del vento. Un dolo r muto , una imm ensa pietà di sè strins ero il cuore della vecchia, ed ella si abbattè nuovam enLe sulla sedia tr emando e invocava nel suo cuore i figliuoli lonta ni; piangendo nel suo cuor e quella matern ità dolorosa che non avrebbe concesso neppu– rll come viatico all'alt ra vita, l'aspetto e il bacio delle sue creatu re. MARIA GoIA. Fra madre e figlia Filomena. - Credi pur e, le donn e socia– liste non hanno più quella riserva tezza di una volta. Non c'è la Cecilia che vive pu b– blicamente con un uomo , che gira pel pae– s1;, in cinta , non curand osi di Lutto quan– to si dice di lei? Marta. - Ecco, mamma , se invece dì vivere con quell 'uomo che ama e di cui ha fatto il compagno della sua vita, lo riceveste di nascos to, come fanno altre donn e, voi nor, trovereste maga ri che l'argomento per fare qual che piccola maldicenza , sottovo– ce. Invece Cecilia , infelice con suo m arito, si è divi sa lealm ente da lui e lealment e vive con un alt ro uomo. Avrà un bi mb o, se lo cu– rerà, lo amerà; non lo porte rà al br efotro– fio per ché non è il figlio del marito legale , non na scon de la gravidanza , non pensa si– curam ente all 'inf anti cidio. Non sai tu che il disonore di cui la so– cietà cir conda l'am ore non legale, ha gene– rato l'infanticidio? Certe cose, mamma , non è il socia lismo che le vuole, le vuole un sen so di bontà umana . Filom ena. - Ma int anto Cecili a è lo scan– dalo del paese , un catti vo esempio per le ragazze. Marta. - Già, un cattivo esempio. Un cattivo esem pio lo danno le donne che ro– vinano la loro salute e quella delle loro crea– tur e per nasco nd ere la loro gravida nza , le donn e che cadono così in basso da vende re il loro amore (bada che anc he per quest e poverette io trovo tant e attenuan ti e lanti capi d'accusa contro la Società attual e). Ma una donna che accetta la responsabili tà del suo atto , che non ab ban dona la sua crea~ tura, che mette sopr a le conve nzioni socia– li un bisogno elevato e su perior e d el suo cuore, è sempre stimabile e forte e corag– giosa. Filom ena. - Pot eva far a meno di aver e ques to figliolo. 1l1arta. - Ecco, mamm a 1 io non assolvo le donn e che mettono al mondo i figlioli, spensieratamente , non avend o nè la possi– bilità nè i mezzi per mant enerli e che sono quindi costr ette ad abb andona rli . Molle ragaz ze, di quelle che voi chiamate cadute, non hann o ubb id ito che all'istinto , non hanno pensato , non hanno avu to la for– za di riflettere che un attimo di debolezza può generare una vita infelice. Ma stimo la donna che ha la sicu ra coscienza dell'atto che compie, che, pro creando, assume la responsabilità del suo atto. assolv e al suo compi to più umano: qu ello di essere m adr e. E po~. vedi, voi che siete così feroci con– tro le donne non avete nulla a ridire con– tro l'u omo che rend e madr e una ragazza. Filom ena. - L'u omo, cara mia., non per – de l'onor e, se trova un terr eno debole ap– profitta , chi non lo sa? Si è sempre detto: l'uomo è cacciatore. Marta. - Sicur o, si è semp re detto. Tan – te cose si sono semp re delle, pass ivam en– te, per rasseg nazio ne supina, per cond iscen- bistecca abb rustolita sulle braci della fucina del buon fabbro, allattavo la mia bimba per torna r poi di cor sa alla scuola prima del tocco. Affaticavo molto e avevo delle am 'lI'ezze. Anche Beppi non s'er a fatt o molto onore . Qualche tempo prim a, un dl, il sindaco m'a– veva mandat o un gran piatt o di frag ole del suo gia rd ino e m'aveva man data a chi am are nel suo st udio. Io m'ero present ata; si trat – tava dello sca mbio di scuola fra me e una col– lega col permesso dei superi ori: io avevo ce• duto 1a femrninile per aver magg ior compe n– so: ella m'aveva ceduta la terza maschil e per fare meno fatica e ave re meno responsabilità. Ma dopo parecchi mesi voleva riprenderla e c'e ra,n dei guai. Dopo aver mi parlat o della scu~la e dopo lungh-i giri e rigiri , inc omin ciò a d1nni ch'io ero troppo buona, troppo one– sta, troppo devota n mio marito eh 'era inde– g_no_ di me, ch'io avrei dovuto esse r app rezza– tissima, che avrei reso felicissim o }'uomo il più esigente, che meritavo d'esse r venera ta co– me una mad onna, ecc., ecc. Risposi asciu tta e gelida. (Continu a). Si aooepfono i comp agni e le compagne che pel' una misul'a am– minisfpafioa non si invia il gioPnale se nza aoel' prima Piceoufa la pic– cola quota d 'ahhonamenfo.

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