donne chiesa mondo - n. 74 - dicembre 2018

DONNE CHIESA MONDO 4 DONNE CHIESA MONDO 5 re, preparare il cibo e renderlo commestibile fanno parte di un’espe- rienza, di un sapere che riguarda soprattutto le donne. La cucina è di certo nei secoli opera di civiltà femminile, civiltà del dono, della vita e del piacere. Passa di madre in figlia, inizia con una femmina picco- la che guarda una donna grande, si trasmette e si impara senza libri né sillabari, in un corpo a corpo che segna il rapporto. All’inizio è un balbettio proprio come in quel primo apprendimento che è la lin- gua materna, in cui non esistono regole ma il mistero dell’apparte- nenza di due corpi e un passaggio inconsapevole del più grande dei saperi: il linguaggio. Talvolta, ma non sempre, la passione fa il resto. Eleva la prepara- zione del cibo, la distoglie dal senso dell’obbligo e del servizio e la fa diventare un lavoro speciale. Il nutrimento, la cura restano presenti e accanto, ma la passione li sorpassa. Incomincia allora il lavoro di ri- cerca del gusto, del piacere dell’altro, della fatica e del dono. Uscire dall’obiettivo di puro nutrimento dota la cucina di un senso in più, un valore libero e relazionale. È questo legame tra nutrimento e pas- sione che dirige il gioco che un giorno chiamai «cucina relazionale». Mi accorsi che ogni gesto, e fin dal primo, anche se da sola ai for- nelli, prevedeva gli altri. L’immagine di altri corpi mi stava accanto fin dalla prima mossa, la loro necessità di nutrirsi e la capacità di provare gusto e piacere mi accompagnava. Si cucina, si offre, si mangia per legarsi all’altro. Materialmente col corpo. Tutte le fasi che prevedono la preparazione del cibo prevedono l’altra/o. I commensali ti stanno già muti e invisibili a fianco fin dall’inizio e in attesa, per tutto il tempo. E poi c’è la tavola: si fanno le parti, è il momento della condivisione, e se il cibo ha fatto da buon tramite è più probabile che si aprano relazioni. Il cibo è percorso facile e abbreviato per favorire la comunicazio- ne. È un piacere da donare e condividere, per di più un piacere del corpo, quindi forte, ma anche praticabile e spendibile con leggerezza. In questo senso è oltre e di più del mero nutrimento e se ne va lon- tano dal ruolo e dall’accudimento. Entra nella gratuità della relazio- ne. Nominarne il valore simbolico e di scambio gli dà un senso in più. Eccola qui la cucina relazionale. «Volete due spaghetti?» è la frase più importante che conosco. È dolorosa, è bella e l’associo a casi estremi. Va dritta all’altro e gli ten- de una mano. Rifà ponti dove tutto è crollato. La pronunciò mia madre. Quando ebbi il gravoso compito di dirle che era morto suo figlio, mentre temevo per la sua salute e un possi- Jill Barklem una illustrazione per «Le più belle storie di Bosco di Rovo» (Edizioni EL, Trieste, 2018)

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