donne chiesa mondo - n. 62 - novembre 2017

DONNE CHIESA MONDO 4 DONNE CHIESA MONDO 5 affrontare i temi, che non consiste nell’offrire risposte sistematiche ai problemi, ma nell’ampliare la prospettiva integrando la pluralità de- gli approcci. Essendo impegnata da lungo tempo nel dialogo tra scienza e fede, mi sono spesso confrontata con studiosi di ogni con- fessione… Quando discutiamo del contenuto della fede, i toni posso- no accendersi un po’. Ma quando parliamo di un tema esterno a noi come le scienze, ci troviamo generalmente d’accordo. Quindi penso spesso che il dialogo dovrebbe cominciare da temi esterni a noi pri- ma di affrontare argomenti interni. In realtà tra credenti c’è già unità su un certo numero di temi. E qual è il posto delle donne nel dibattito teologico ortodosso? Al momento si stanno realizzando ricerche per capire quale percor- so hanno seguito le donne che sono riuscite a partecipare al dibattito Lei è una scienziata, vivere la sua fede in questo ambito professionale è così difficile come si dice? È molto difficile. Il mondo della scienza è tanto diffidente verso quello della religione e i credenti sono perciò veramente reticenti a parlare della loro fede. Io ho lavorato fianco a fianco con un collega per sette anni in una clinica, ma ho dovuto aspettare la settimana della mia partenza per scoprire che era diacono della Chiesa presbite- riana. Avevamo lavorato insieme, pubblicato articoli insieme! Questo dà un’idea di come gli scienziati siano prudenti riguardo alla loro vi- ta spirituale. Parlarne a volte è mal visto. Qualche tempo fa, il re- sponsabile di un dipartimento ha rifiutato la mia candidatura perché avevo tenuto conferenze contro la teoria dell’evoluzione alla fonda- zione Templeton. Non era vero! La mia conferenza verteva proprio sulle persone che, per motivi religiosi, la vedono come un problema. Lui non ne sapeva molto sull’argomento, ma ciò non gli impediva di prendere decisioni riguardanti la vita altrui. La tensione tra scienza e religione è enorme e non so come riusciremo a superarla. Nondime- no in ambito scientifico vediamo svilupparsi gruppi di ricerca interdi- sciplinari. Questi gruppi dovrebbero aprirsi quel tanto da integrare la filosofia, la storia e la teologia, ma ci vorrà del tempo, per via dei pregiudizi… Gli scienziati non vedono proprio quale potrebbe essere il contributo dei teologi e gli ambienti religiosi sono piuttosto inti- moriti dagli scienziati. Quale può essere il contributo specifico dei teologi al dibattito scientifico? Gli scienziati scrutano, analizzano il mondo materiale. Cercano di capirlo, però non vedono quel che c’è dietro l’inquadratura generale. Ma gli scienziati amano, hanno una vita affettiva, vivono in rapporto con altre persone e provano emozioni: di conseguenza sanno che esi- stono altre dimensioni dell’essere. In un certo senso, in loro c’è inevi- tabilmente una dimensione spirituale. La scienza si nutre anch’essa di creatività, di intuizione, e più uno approfondisce le proprie ricerche, più percepisce che non c’è solo la dimensione materiale, c’è dell’altro. I teologi possono aiutare gli scienziati a migliorarsi, nel senso che possono impedire loro di restare isolati nei loro laboratori. Quale può essere il contributo dei teologi ortodossi sull’evoluzione della ricerca bioetica, su quella tecnologica e sull’ecologia, che sono tre dei suoi principali campi d’interesse? Nell’ambito della bioetica e dell’ecologia, la riflessione ortodossa ha davvero fatto progressi. Ma ci sono punti su cui è più lenta, come la riflessione sulla tecnologia. Ciò che i teologi ortodossi possono mettere sul tavolo è la ricchezza della loro storia e del loro modo di Vladimir Tatlin «Composizione con superfici trasparenti» (1916)

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