donne chiesa mondo - n. 62 - novembre 2017

DONNE CHIESA MONDO 40 nuta, perché limiterebbe la nostra disponibilità ad accogliere. Ecco l’errore delle cinque vergini definite stolte: con il loro andare verso lo sposo presuppongono di poter determinare il momen- to dell’incontro, della festa, non mettono in conto l’imprevisto, l’indeterminato, il ritardo dello sposo. È lui il vero protagonista, l’atteso, colui sta per venire, il banchetto è preparato da lui, a noi però chiede la collaborazione dell’at- tesa. Attesa è quindi il modo che il Vangelo ci in- dica per vivere il presente. E quella di Gesù è una domanda su come vogliamo vivere questo tempo, su come decidiamo di attendere la sua venuta. Dieci vergini, tutte accolgono l’invito all’in- contro, prendendo con sé le lampade necessarie a illuminare il cammino nella notte. Ma non ba- sta mettersi in cammino. L’attesa è lunga, nes- suno di noi è esente dalla stanchezza, dal peso della quotidianità, dalla fatica e dalle sofferenze, dai dubbi che il cammino può presentare. È dif- ficile restare vigilanti, tesi all’incontro con il Si- gnore, per tutti c’è il pericolo di addormentarsi. Tuttavia, ciò che è importante è stare, anche ad- dormentati, ma rimanere in attesa, anche nella notte, continuando a credere e a sperare nella promessa ricevuta perché solo «chi persevera fi- no alla fine sarà salvato» ( Matteo 24, 13). Questa la sapienza delle cinque vergini: hanno preso con sé ciò di cui hanno bisogno nell’attesa, per perseverare: l’olio. Non è una virtù straordina- ria, che richieda doti particolari. No, è una qua- lità umana, quotidiana, è la disponibilità a fer- marci e riflettere di fronte a ciò che viviamo, senza sfuggire la verità profonda che scopriamo di noi, è capacità di prevedere, di mettere in conto che ci può essere l’imprevisto, un ritardo nella venuta dello sposo. Il tempo dell’attesa, il tempo presente ci chiama quindi a una grande e personalissima re- sponsabilità. È la responsabilità verso un cam- mino intrapreso, verso una scelta fatta, la re- sponsabilità di coltivare e tenere acceso ciò che ci ha messo in movimento: il desiderio dell’in- contro con il nostro Signore. L’olio che le gio- vani sagge prendono con sé è proprio questo desiderio, è la nostra relazione personalissima, non condivisibile, non acquistabile, con colui che attendiamo, è il calore ardente che ci ha messo in movimento verso una pienezza di luce e di vita. Le scorte di questo olio vanno però rinnovate, non sono date una volta per sempre: chiedono di continuare a scegliere la sequela, il nostro attendere, riscegliere di essere luce e non tenebra. Tenere viva la lampada significa saper tenere vivo il desiderio dell’incontro, vivere nel- la speranza e nella fiducia non nel nostro passo, nel nostro muoverci verso, ma nel venirci incon- tro del Signore, che porterà a termine l’opera. Un sì non basta! È il sì del quotidiano quello a cui Gesù ci invita, del nostro quotidiano, per- ché è ora, è adesso che si vive l’attesa e si pre- para l’incontro. In questo qui e ora, mescolanza di presente e futuro, ci è dato di vivere la nostra vocazione, la nostra adesione al Vangelo, questo è il tempo per essere pronti per poter entrare nella sala prima che la porta sia chiusa. Il tem- po in cui, secondo l’esortazione dell’autore della Lettera agli ebrei , dobbiamo correre «con perse- veranza nella corsa, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede» (12, 1-2). Un autore monastico dei primi secoli, nei suoi insegnamenti mette in guardia i monaci in questo modo: «Ho trovato uomini pieni di fer- vore di spirito che entrati al servizio di Dio hanno perseverato in questo fervore per tutto il resto della loro vita; al contrario, molti, dopo aver iniziato dal grado più alto, sono caduti nel- la tiepidezza. A essi non è giovato nulla iniziare la propria conversione in modo così sublime, poiché non si sono sforzati di terminare la loro vita in modo conseguente» (Giovanni Cassiano, Conferenze III , 5,1).

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