donne chiesa mondo - n. 62 - novembre 2017

DONNE CHIESA MONDO 34 DONNE CHIESA MONDO 35 contro con questa donna. Ma, come spesso accade, non applichiamo a noi ciò che predichiamo per gli altri. Lei, come uno specchio, si è posta dinanzi a me, ma io non mi ci sono riflesso fino a quando le sue parole non sono risuonate nelle mie orecchie: «Sì, Signore, ma anche i cagnolini sotto la tavola mangiano delle briciole dei figli». Ero andato oltre nella mia discussione con i farisei e gli scribi, avevo detto che ciò che è impuro sta nel cuore e non all’esterno. Il che vuol dire che né lei né sua figlia dovevano accettare che le si chia- masse cagnoline. Ma in quel momento non mi è venuto in mente di proseguire la metafora per rivendicarle e invitarle a mangiare alla stessa tavola. L’unica cosa che mi è venuta in mente di dire è stato: «Per questa tua parola va’, il demonio è uscito da tua figlia». Si meritava davvero che sua figlia guarisse. Ed è stato per quello che ha davvero detto, per la sua parola ( logos ), che sua figlia è guari- ta. Io non volevo scacciare il suo demonio, non volevo ascoltare una pagana, non volevo che dalla mia bocca uscisse una parola sanatrice. La mia mente era chiusa; mi ostinavo solo a riformare il mio popolo e non a salvare gli altri. Ma la sua argomentazione è stata determi- nante. Le sue parole mi hanno trasformato e io, di buon grado, ho compiuto un miracolo a distanza, ho trasformato sua figlia malata in una bambina sana. Ma non come una briciola che i figli buttano dal- la tavola. Bensì come un atto di amore verso una madre che soffre per la terribile malattia della figlia. Lei mi ha guardato grata, sono certo che ha creduto in quello che le ho detto perché aveva un’espressione soddisfatta sul volto; il suo viso, prima angosciato, rifletteva pace, come se le avessi tolto un gran peso di dosso. Si è voltata ed è andata via in fretta, quasi correndo. Sono rimasto a guardarla, ancora colpito dalle sue parole. La imma- ginavo mentre rientrava a casa e trovava sua figlia tranquilla, sul let- to. La immaginavo mentre abbracciava la piccola. Il suo incubo era finito, il demonio se n’era andato. La rivedrò? Probabilmente no. I nostri mondi sono diversi. Ma di una cosa sono certo: non dimenti- cherò mai quello che mi è appena successo a Tiro. Che peccato non averle chiesto il suo nome! La stanchezza e il malumore sono svaniti, nuovi orizzonti si stan- no aprendo. Mi sono rincuorato. Ieri notte non sono riuscito a dor- mire, pensavo che dovevo parlare con i miei discepoli e discutere del- la nuova svolta da dare al nostro ministero. Dovevo tornare nella De- capoli per nutrire oltre quattromila persone, donne e uomini, di tutte le culture e dare loro il pane, non le briciole; allo scoperto e non sot- to la tavola. Devo nutrire tutti e tutte, fino a quando non saranno sa- zi, e raccogliere non meno di sette ceste di pane avanzato. Ebbene, lei ha accettato un posizione secondaria secondo la nostra prospettiva ebraica; ma poiché la cosa urgente era che io guarissi la figlia, ha cambiato gli spazi e i tempi del mio discorso. Ha trasfor- mato il mio scenario da uno spazio aperto e separato a uno spazio familiare e condiviso. Nello spazio aperto e separato i figli hanno di- ritto al pane e non lo devono sprecare buttandolo ai cani, magari randagi, impuri perché mangiano le carogne. Ma lei mi ha sfidato con una diplomazia ammirevole. Si è immaginata una casa dove tutti convivono sotto lo stesso tetto, i figli e i cagnolini domestici condivi- dono la stessa casa e lo stesso pane allo stesso tempo. Gli stessi figli condividono con i cagnolini le briciole che cadono dalla tavola. La sua risposta non è forse sorprendente? Con i suoi tre diminutivi (ca- gnolini, briciolette e bambini) mi ha disarmato, mi ha fatto recupera- re la prospettiva dei più piccoli. Mi ha lasciato a bocca aperta e al tempo stesso ha suscitato dentro di me una gioia immensa perché mi ha restituito la tenerezza nel modo in cui mi rapporto con le donne. «Che donna!», ho pensato. Assomiglia a quelle donne sagge di cui parlano i rabbini, che con le loro argomentazioni l’hanno vinta sui grandi personaggi della storia. Mi è tornata in mente Abigail, la saggia moglie di quel tonto di Nabal, che fece cambiare idea a Davi- de e così evitò un massacro ( 1 Samuele 25, 2-42). Mi ha anche ricor- dato la donna con perdite di sangue croniche che aveva osato toccare Io non volevo scacciare il suo demonio non volevo ascoltare una pagana Ma le sue parole mi hanno trasformato il mio mantello, pur sapendo che il suo stato era impuro ( Marco 5, 25-34). Sono queste le donne dalle quali noi uomini abbiamo molto da imparare. Allargano il mio orizzonte, mi spingono a infrangere barriere, m’insegnano a vedere quel lato delle cose che noi uomini non riusciamo a cogliere nella vita quotidiana. Non mi vergogno a dirlo, quella donna siro-fenicia mi ha fatto cambiare mentalità: ha ra- dicalizzato la mia missione. Avevo appena discusso in Galilea con al- cuni farisei e scribi di Gerusalemme. Avevo rinfacciato loro la doppia etica, avevo mostrato loro con buone argomentazioni che a essere im- puro è ciò che esce dal cuore, e non ciò che si mangia o che si lava esternamente. Era stato quello il mio ultimo discorso prima dell’in-

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