donne chiesa mondo - n. 59 - luglio 2017

DONNE CHIESA MONDO 4 DONNE CHIESA MONDO 5 persone che conoscevo. All’improvviso, ho trovato lavoro presso una famiglia a Roma, dove sto ancora adesso. L’immigrazione dall’Ucraina, soprattutto in quegli anni, era prevalentemente femmi- nile. Ha conosciuto altre donne del suo paese? Sì, le ho incontrate in chiesa, alla messa della domenica. E siamo diventate subito un piccolo gruppo affiatato. A Roma c’erano già tre chiese di rito greco-cattolico ucraino, una a piazza Madonna dei Monti, una all’Aventino e la grande basilica, in cui ci riuniamo per le feste, di Santa Sofia, a Boccea. All’inizio in chiesa si seguiva solo la liturgia, non c’erano molte iniziative ma poi, grazie a un parroco molto dinamico, che era un ucraino nato in Australia, don Andreana, la chiesa si è aperta a conferenze, dibattiti, presentazioni di libri, feste. A Roma era tutto più facile per noi emigrate perché le chiese c’erano già, le stesse che ci sono oggi. Ma nelle altre città trovarsi per pregare era più difficile, seguivamo la messa cattolica ma ci mancava- no la nostra lingua, i nostri canti, le nostre preghiere. Le chiese quindi erano un luogo di preghiera e di incontro, dove vivere qualcosa del- la vostra patria. Come avete fatto dove non c’erano, cioè in quasi tutta Italia? All’inizio ci incontravamo nei giardini, un gruppo di donne che insieme recitava il rosario, pregava, cantava. La chiesa eravamo noi stesse, la costruivamo in qualche angolo tranquillo della città. Quan- do il gruppo cominciava a diventare più numeroso, le donne prende- vano in affitto un appartamento per farne una chiesa, e al tempo stesso il loro luogo di incontro, e cercavano di contattare un sacerdo- te che venisse a celebrare per le feste. Ma erano le donne a fornire tutto il necessario, a ricamare le tovaglie d’altare, a tenere tutto in or- dine e dignitoso per l’uso sacro al quale l’appartamento era adibito. Venivano a celebrare giovani preti che si stabilivano a Roma per stu- diare, qualche prete più dinamico, ma in generale queste donne sono riuscite sempre a costruirsi la loro chiesa, con le sole loro forze. In un secondo momento, se il gruppo si allargava, poteva provare a chiedere al comune l’uso di una chiesa abbandonata, e talvolta ot- tenerlo. La fatica per aprire una chiesa, tenerla viva e custodirla, farla riconoscere dal clero e dalle autorità, non è mai stata leggera. Ha ri- chiesto sacrifici, investimenti, lavoro che si aggiungeva a quello che già dovevano svolgere tutti i giorni, ma non sono mai tornate indie- tro, sono sempre riuscite a costruire il loro luogo sacro, per farne il centro pulsante della loro vita. A pagina 5 dall’alto: la comunità ucraina a Udine e un gruppo di ragazze in abiti tradizionali a Padova

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