donne chiesa mondo - n. 59 - luglio 2017

DONNE CHIESA MONDO 40 la figura della sorella, della quale viene detto che ascoltava la parola del Signore, seduta ai suoi piedi, rannicchiata con umiltà e semplicità. Il cammino del discepolo era riservato agli uo- mini, eppure qui è Maria a farsi discepola, a mettersi in ascolto. Che cosa ascoltava? Non sappiamo, ma «ascoltava» indica una durata, immette in uno stare, in un modo, crea un cli- ma. «Invece Marta», incalza Luca, era come «strattonata», sballottata dai molti servizi, per il «molto servizio», letteralmente. L’accento sem- bra cadere ora su questo «era occupata»: la sua persona era disgregata, dissipata in un molto, un molto che lascia intuire un troppo. Di fronte all’ascolto silenzioso di Maria irrompe l’ansia di Marta, divisa interiormente. Marta ci appare fi- gura contraddittoria, molteplice, come ciascuno di noi, che rischia di ridursi, anche ai suoi stessi occhi, a un ruolo, rischia di chiudersi a una o più funzioni, al dover fare. Il problema non è il fare bensì l’agitazione che causa affanno. La di- cotomia non è tra ascoltare e fare ma tra la di- sposizione all’ascolto e il rischio di restare in- trappolati, dispersi in molte cose, troppo «pie- ni». Forse Marta cerca solo di offrire una buona ospitalità, di essere una buona padrona di casa (ruolo comunemente riservato agli uomini). Ma ecco lo scacco: Marta si sente sola, o meglio si sente lasciata sola, abbandonata dalla sorella, da colei che avrebbe dovuto esserle vicina, di soste- gno, di aiuto, di consolazione. La immaginiamo tutta presa in cucina e il suo brontolio, la sua insoddisfazione esplodono in un rimprovero mosso addirittura a Gesù, l’ospite, nei confronti di Maria. Non avrebbe potuto rivolgere la paro- la direttamente alla sorella? No, Marta, troppo preoccupata, o forse troppo stanca come a volte siamo anche noi, diventa impaziente e pungen- te, incapace di mettersi in una relazione alla pa- ri; cerca una parola più autorevole. Sembra che Marta si senta doppiamente sola, non compresa: non solo la sorella l’ha lasciata sola a servire ma anche lui, il Signore, non si cura di lei! Marta rivendica la mancanza di riconoscimento, di re- lazione. Ed ecco che Gesù, al quale era stato chiesto di intervenire con una in favore dell’altra, calma la tempesta rivolgendosi direttamente a Marta, chiamandola per nome con affetto accorato: «Marta, Marta». La riporta al tu per tu, alla re- lazione centrale con lui, il Signore, e in lui e con lui al rapporto con la sorella. Gesù indica, letteralmente, la «parte buona», non la «parte migliore». Nel testo non c’è nes- suna superiorità. Gesù non intende risolvere un problema trovando una soluzione, non fomenta una facile contrapposizione, un’opposizione tra sorelle, ma sembra rivelare qualcosa: la priorità è il convergere a lui; il resto, tutto il resto, è re- lativo, è comunque un mezzo, il fare come il pregare. Si può imparare a servire se prima ci si lascia lavare i piedi. Si può imparare a pregare se si ascolta il Signore e ci si lascia visitare da lui, se si condividono con lui anche i nostri af- fetti.

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