donne chiesa mondo - n. 59 - luglio 2017

DONNE CHIESA MONDO 38 DONNE CHIESA MONDO 39 a Nazareth, come egli stesso racconta: «L’idea di Maryam viene da lontano, precisamente dalla basilica dell’Annunciazione di Nazareth dove mi recai tra il 2005 e il 2006. Lì assistetti allo spettacolo di una fila quasi ininterrotta di don- ne musulmane che entravano nella basilica per rendere omaggio alla Madonna. Quella visione mi colpì per la sua solennità, per la certezza fi- duciosa che quelle donne mi trasmettevano». Sul palco queste tre donne sono voci prima che corpi, sono parole, di cui si fa carico l’unica voce implorante, aspra e rabbiosa, ma anche dolce e melodiosa, della Montanari alla quale spettano tutti i ruoli, compreso il ruolo finale di Maria. «Essere madri è ciò che unisce Maria a queste donne — dice l’attrice — e questo rappor- to può essere il modo per affrontare i grandi in- terrogativi del nostro tempo. Ci dà la possibilità di cogliere un punto di generazione dentro un mondo di morte». Le tre donne innalzano pre- ghiere diverse, ma nel profondo le preghiere delle donne si somigliano: le donne mescolano rabbia e amore e paura, pronunciano parole di gratitudine, di richieste d’aiuto ma anche di co- raggio per farcela da sole, quasi sempre pregano per altri, le loro preghiere hanno una profondità comune, che va al di là della religione cui ap- partengono. Si rivolgono a Maria, a una donna che somiglia loro, e questa a volte è l’unica pos- sibilità per le donne di trovare un luogo in cui poter esistere. Zeinab, Intisar, Dohuah cercano risposte che possano dar tregua alle loro lacrime inconsola- bili: la violenza gratuita, la follia ideologica sui- cida, la perdita di un figlio risvegliano la voce ancestrale e incontenibile della vendetta, che ap- pare l’esito inevitabile di ciascuna di queste tre preghiere. Da Maria attendono parole che le ab- braccino e che colmino il vuoto doloroso della perdita di ogni speranza, da lei ci si attende la risposta al grande mistero originario che ci abi- ta, il mistero del dolore che pare inscindibile dalla creazione. A Maria è lasciata la parola finale che porta in sé una risposta che però non ha risposta. Maria compare, a mani vuote, ha ascoltato ma non può dare risposte, non le ha. Qui Maria è prima di tutto donna, conosce il patire e condi- vide con queste donne la pena e il mistero di un amore pieno di lacrime e di dolore che nemme- no Dio sa riscattare. Dice infatti Maria alle don- ne: «Io non ho mai perdonato Dio per aver fat- to morire mio figlio anche se è risorto, anche se è per sempre nella gloria. Quella ferita rimane intatta, questo Dio lo sa e non accampa pretese di perdono». E ancora: «Se avessi potuto com- piere il prodigio di togliere mio figlio dalla cro- ce, cosa sarei io per voi, oggi? Fortunata quella, beata lei. Questo direste di me, senza amore. Invece voi mi amate e io vi amo di un amore sconosciuto ai macellai e ai becchini, ai sommi sacerdoti e ai procuratori generali». Lei che ascolta e soffre per tutte, sa mettere l’ultima parola: una parola di compassione, con- divisione per dire il mistero di un amore che non promette risposte ma solo la certezza di es- sere, solo la possibilità di essere condiviso. «Il mistero che abbraccia tutto l’universo: l’onnipo- tenza dell’Amore, che è anche l’impotenza dell’Amore». Proprio lei che ha assistito impo- tente alla morte del figlio («Io che non ho po- tuto nulla...») viene a porsi come una figura ponte tra le diverse religioni, a significare che l’incontro non solo è possibile, ma è alla portata di chi sa ascoltare. Maria, la figura dell’incontro porta in sé il mistero della follia dell’amore evangelico, donna tra le donne racchiude in sé la profondità del mistero dell’amore umano che proprio oggi viene così violentemente e dram- maticamente sfigurato dal male della guerra. E come lei, le donne non hanno risposte, non cercano nemmeno il perdono, le donne hanno come risposta la com-passione, la condivisione che accomuna, dona prossimità, crea ponti. L UCA 10, 38-42 N ella festa di Marta, Maria e Laz- zaro, amici e ospiti del Signore, ascoltiamo un racconto molto noto, che vede la presenza delle due sorelle e di Gesù. Sono ri- cordate sempre quali sorelle, e sorelle di Lazza- ro, ciascuna e insieme legate al Signore Gesù, mosse dalla sua venuta, come si legge alla morte di Lazzaro nel quarto vangelo (cfr. Giovanni 11, 1-45), che non manca di far notare che «Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella Maria e a Lazzaro» ( Giovanni 11, 5). All’inizio il testo si apre con un plurale («mentre erano in cammino») ma subito si con- centra su Gesù, chiamato qui sempre ho kýrios , “il Signore”, che entrò in un villaggio «e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua ca- sa». Non c’è abbondanza di parole: «lo accol- se» basta a dire il dovere e la premura dell’ospi- talità incarnata da Marta. L’evangelista passa al- M EDITAZIONE Dispersi in troppe cose a cura delle sorelle di Bose Lara Sacco, «Betania» (ori su legno, Bose) Nella pagina seguente: «Gli amici del Signore» (tempera all’uovo, Bose)

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