donne chiesa mondo - n. 59 - luglio 2017

DONNE CHIESA MONDO 2 DONNE CHIESA MONDO 3 di L UCETTA S CARAFFIA Per trovare la forza di resistere La storia di Nadia e delle tante piccole chiese domestiche delle badanti ucraine in Italia H a un aspetto forte e dolce al tempo stesso Nadia Kuzinmko, ucraina che vive e lavora in Italia dal 2002. È una delle numerose donne che sono immigrate nel nostro paese per lavorare, soprattutto per assiste- re in casa bambini e anziani, per aiutare nelle faccende domestiche. Come quasi tutte loro, ha lasciato nel suo paese una famiglia: il mari- to e due figli, e in Italia ha allevato i figli di un’altra famiglia, assisti- to anziani che non conosceva mentre si facevano vecchi i parenti la- sciati a casa. Ma è contenta che il suo progetto si è realizzato: grazie al suo sacrificio, la famiglia ha adesso una casa di proprietà e i figli hanno potuto studiare. Come sono stati i primi tempi? Sono arrivata grazie alla moglie di mio cugino, emigrata a Roma qualche anno prima. Il primo mese è stato duro: non sapevo parlare italiano, non trovavo lavoro. Ma la mia parente mi ha aiutata, mi ha dato un posto in cui stare. Per altre, che non avevano alcun appog- gio, l’inizio è stato molto più duro. Poi ho trovato lavoro a Terni, dovevo assistere una signora anziana. Ma non riuscivo ad avere il permesso di soggiorno, e i figli dell’anziana non mi volevano tenere come clandestina. Sono tornata a Roma, da dove stavo per partire per Firenze, con la morte nel cuore perché a Roma c’erano le poche DONNE CHIESA MONDO Mensiledell’OsservatoreRomano acuradi L UCETTA S CARAFFIA In redazione G IULIA G ALEOTTI S ILVINA P ÉREZ Comitatodi redazione C ATHERINE A UBIN M ARIELLA B ALDUZZI E LENA B UIA R UTT A NNA F OA R ITA M BOSHU K ONGO M ARGHERITA P ELAJA Progettografico P IERO D I D OMENICANTONIO www.osservatoreromano.va dcm@ossrom.va perabbonamenti: donnechiesamondo@ossrom.va Una pietra dopo l’altra, a mani nude fino a raggiungere le pendici del Potosí. Così un gruppo di cinquanta piccole donne, tutte con trecce nere e gonne colorate multistrato, hanno costruito la minuscola chiesetta che si trova a picco nel percorso verso la Cordillera Real, a 6088 metri di altitudine e a 25 chilometri a nord di La Paz. Ci si arri- va tramite una scalinata piuttosto ripida, tra splendidi scorci panora- mici dove le tipiche pietre inca dal taglio poligonale si sovrappongo- no a pezzi di mattoni d’argilla mista a paglia. Un legame indissolubi- le che non si spezza quello tra la popolazione indigena della Bolivia e del Perú meridionale con la natura, il paesaggio e la religiosità po- polare. Le donne hanno sempre, nella storia e in tutto il mondo, contri- buito in modo determinante a costruire chiese, cappelle, luoghi di preghiera. Con il loro desiderio, la loro determinazione, il loro sacri- ficio personale ma ultimamente anche intervenendo come architetti nei progetti. E se, come ci dice in questo numero Eva Hinds, autrice della splendida Capilla Cardedeu a un’ora di macchina da San Sal- vador, non esiste uno specifico femminile in architettura, è vero però che, progettando e disegnando, le donne rivelano una speciale sensi- bilità per le esigenze di chi frequenterà questi luoghi, di chi ha biso- gno di questi spazi per vivere. La Chiesa, intesa come comunità cristiana, è un corpo in continua trasformazione, e lo sono quindi i suoi spazi celebrativi, sostiene Francesca Daprà del Politecnico di Milano in questo numero, ponendo una domanda: quali sono le esigenze degli abitanti con- temporanei rispetto agli edifici del culto? Domanda che trova una ri- sposta possibile nel pezzo, scritto dal figlio, su Daphne Acton, in cui l’idea di chiesa africana multietnica ha ispirato un intero progetto architettonico. ( silvina pérez ) L’ EDITORIALE

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