donne chiesa mondo - n. 54 - febbraio 2017

DONNE CHIESA MONDO 32 DONNE CHIESA MONDO 33 forza e la sua generosità che sottrassero Betulia all’assedio dei nemici. Al ritorno dalla sua eroica impresa, Giuditta si presentò vittoriosa al- la porta della sua città e fu allora che: «Tutto il popolo si stupì pro- fondamente e tutti si chinarono ad adorare Dio, esclamando in coro: “Benedetto sei tu, nostro Dio, che hai annientato in questo giorno i nemici del tuo popolo”. Ozia a sua volta le disse: “Benedetta sei tu, figlia, davanti al Dio altissimo, più di tutte le donne che vivono sulla terra, e benedetto il Signore Dio che ha creato il cielo e la terra e ti ha guidato”» ( Giuditta 13, 17-18). Lo schema è sempre lo stesso: prima si benedice Dio, poi colei (o colui, come nel caso di Abramo) che ha compiuto un’impresa straor- dinaria, di cui Dio è stato all’origine, ma grazie alla fede di chi crede in lui. Le imprese che meritano la benedizione sono sempre descritte in termini bellici. Quella di Abramo è una guerra tra popoli che si contendono un territorio; quella di Giuditta è una guerra tra una cit- tà e i nemici che la stanno assediando; quella di Maria è la rivoluzio- ne che Dio porta tra i poveri e i ricchi, per cui questi ultimi verranno Rosanna Virgili, biblista, vive a Roma, è laureata in filosofia all’università di Urbino, in teologia alla Pontificia università lateranense e licenziata in scienze «Sia benedetto Abram dal Dio altissimo, creatore del cielo e della terra, e benedetto sia il Dio altissimo, ché ti ha messo in mano i tuoi nemici» ( Genesi 14, 19-20). Data da un sacerdote, la benedizione giunge ad Abramo come un tributo di Dio per quanto egli ha compiuto. Il Dio di Melchisedek è chiamato «altissimo» come il Dio di cui Gesù è figlio, secondo le pa- role dell’evangelista (cfr. Luca 1, 32). La benedizione di Elisabetta scaturisce proprio da colui che Maria già porta in grembo: il Figlio dell’Altissimo. Per questo come il sacerdote Melchisedek benedice il Dio altissimo, così Elisabetta benedice il figlio dell’altissimo, cioè il «frutto del suo grembo »; e come il sacerdote invoca la benedizione di Dio su Abramo, ugualmente Elisabetta benedice Maria. La figura di Maria si fa sostituta di quella di Abramo e ciò verrà confermato nel Magnificat, che così si conclude: « Come aveva pro- messo ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza per sempre » ( Luca 1, 55). « Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle », aveva detto Dio ad Abramo, « tale sarà la tua discendenza» ( Genesi 15, 5). Nel fi- L’autrice bibliche al Pontificio istituto biblico di Roma. È docente di esegesi presso l’Istituto teologico marchigiano (Pontificia università lateranense). Fra le sue pubblicazioni: Il “no” di Elisabetta. Lettura di Lc 1-2 (Editrice Ancora, Milano 2013). rovesciati e i poveri, invece, verranno esaltati. Ma il dettaglio che accosta e distanzia, allo stesso tempo, Maria e Giuditta, è lo strumento utilizzato per la salvezza del popolo: Giuditta ha usato la sua mano audace nel brandire la spada di Oloferne; Maria ha usato il suo grembo inerme della tenerezza di un fi- glio. Maria non usa violenza, ma la sua piccola crea- tura. Il frutto di questo grembo diventa, allora, la ra- gione della benedizione di Elisabetta, perché è da lui che verrà la grande opera della salvezza di Dio. Mentre nei casi precedenti sono re e sacerdoti a da- re la benedizione, il caso di Debora e Giaele è ancor più simile al nostro, perché una donna benedice un’altra donna. Col- locato anch’esso nel contesto di una guerra e scaturito dalla vittoria di Israele, il cantico di Debora benedice una donna per il suo provvi- denziale coraggio: « Sia benedetta fra le donne Giaele, la moglie di Cheber il kenita, benedetta fra le donne della tenda! Acqua egli chie- se, latte ella diede» ( Giudici 5, 24-26). Nei periodi più difficili della storia di Israele, spesso entrano in gioco le donne che si alleano tra loro per salvare il popolo. I tempi di Debora e Giaele, quelli di Noemi e di Rut e persino delle figlie di Lot, dalla cui audace iniziativa ebbero origine i popoli di Moab e di Ammon (cfr. Genesi 19, 30-38). Quando gli uomini si mostrano fragi- Un gesto normalissimo assume un valore teologico fondamentale Maria non va solo a trovare sua cugina Elisabetta ma entra nella casa del sacerdote portando ciò che ha ricevuto dall’annuncio dell’angelo glio che lievita nel grembo di Maria, alita la pienezza della promessa antica. Elisabetta, per contro, diventa un “sacerdote” simile a Melchise- dek, estranea, cioè, a ogni autorità ereditaria e legittima della funzio- ne sacerdotale, ma è lei a benedire sia Maria che Dio, a rendere gra- zie, cioè, della grande impresa che si realizza nella sua parente: acco- gliere e portare il figlio di Dio. Un altro caso che può contribuire a illuminare il senso della bene- dizione di Elisabetta è quello di Giuditta. Piena di sapienza e di bel- lezza, di prudenza e di bontà, Giuditta — la “giudea” — rappresenta la sapienza stessa di Israele. Grandi furono il suo coraggio, la sua

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