donne chiesa mondo - n. 51 - novembre 2016

DONNE CHIESA MONDO 36 DONNE CHIESA MONDO 37 S draiato sul crinale di una collina del Mejlogu c’è Siligo. Siligo è attraver- sato da una sola strada maestra, s’istradone , distesa al sole come una biscia lucente. Una main street su cui affacciava, ancora fino a qualche tempo fa, una teoria contrapposta di case a un piano. Con tre eccezioni: la casa della famiglia di Francesco Cossiga, costruita a due piani fin dall’origine, la casa di Gavino Ledda, lo scrittore di Padre e pa- drone e infine la casa natale di Maria Carta. «Per quella strada cantavo sempre... allora cantavo a voce delirante»: Maria si ricorda bambina. Aveva otto anni quando cominciò a far sentire la sua voce nella chiesa di Siligo. Un passaggio esistenziale, rivissuto per sempre co- me una scena primaria: capitò per il funerale di un suo compagno morto a dieci anni, che into- nasse con tutta la forza che aveva nell’anima un terribile Dies irae. Ne rimase tanto provata, sconvolta nel profondo del cuore, che la madre le impose di non cantarlo più. Vissuto come un tabù, il divieto fu infranto e il trauma rivissuto quando decise di intitolare proprio Dies irae il suo album del 1975 dedicato al canto gregoria- no, in latino come Adoro te devote , l’inno eucari- stico attribuito a san Tommaso d’Aquino, ma soprattutto in logudorese, come Ave mama ’e deu , cioè l’ Ave maris stella ritenuta di Paolo Dia- cono che visse nel secolo VIII . «Die tràgicu su die / morit su mundu in fia- ma / comente est profetizadu» (“Giorno tragico quel giorno / muore il mondo in fiamme / com’è stato profetizzato”): forse non è inutile qui ricordare che la parlata del Logudoro, che si parla ancora nel Mejlogu, regione storica della Sardegna, non è un dialetto ma una vera e pro- pria lingua romanza... La più vicina al latino fra tutte le varianti del sardo, e forse per questo particolarmente adatta a trovare sottili e sublimi corrispondenze con la cultura musicale in cui si afferma lungo i secoli il canto gregoriano. Come ha scritto in quell’occasione Severino Gazzello- ni, «Maria Carta è la sola nella cui arte possa fondersi la modalità gregoriana con le astuzie di una moderna orchestrazione» Nella doviziosa biografia, Maria Carta , che le ha dedicato nel 1999 Emanuele Garau per le Edizioni Della Torre, si cita parola per parola una confessione in pubblico, rivelatrice di una personale filosofia di vita, durante un concerto a Bologna nel 1988, in occasione del nono cen- tenario dell’università che proprio quell’anno le aveva affidato la docenza in Antropologia cultu- rale: «Io purtroppo non ho avuto la possibilità di trascorrere la mia giovinezza china sui libri, ma affaticando la schiena sul lavoro, ed essere qui oggi è molto importante per me, perché mi rendo conto che nella vita ciò che conta non è la fortuna che si ha in gioventù, ma quanto si riesce a costruire da soli». A RTISTE Il coraggio di cantare il Dies irae Mural dedicato a Maria Carta nella piazza di Siligo di P ASQUALE C HESSA

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