donne chiesa mondo - n. 46 - maggio 2016

DONNE CHIESA MONDO 34 DONNE CHIESA MONDO 35 co in modo trasparente e tutto ciò che dice e che fa è per ispirazione divina; l’altra osserva quel che accade, i suoi gesti si rivelano ambigui e prende da sola le sue iniziative. Nello stesso tempo, sono due per- sonaggi in continuità: Debora profetizza ciò che Giaele compirà e il gesto deplorevole di quest’ultima — il tradimento — trova il suo senso e la sua legittimazione nelle parole della profezia. La valutazione della vicenda da parte del redattore non segue la logica umana. Se così fosse, egli dovrebbe condannare il tradimento di Giaele e provare compassione per la madre di Sisara, che incon- triamo solo nei versetti conclusivi del canto (5, 28-30), mentre atten- de invano il ritorno del figlio. Al contrario, il redattore insiste sugli aspetti più cruenti del racconto e sul capovolgimento delle attese dei personaggi di cui vuole beffarsi, i cananei. L’unica verità che gli pre- me di affermare è che di fronte alla potenza di Jhwh a niente valgo- no le armi e le strategie umane: Israele potrà prosperare e vincere solo se sarà fedele al suo Dio . Tutto, in questa vicenda, concorre a rendere l’intervento divino straordinario: il popolo è guidato da una donna, la stessa che sollecita il generale alla guerra; l’esercito più potente viene sconfitto dal debole; il generale non muore eroicamente in bat- taglia ma nel modo più disonorevole, per mano di una donna tra le mura domestiche (cfr. 9, 53). La dimensione domestica, poi, viene presentata sotto aspetti diversi: nel caso di Debora, essa subentra so- lo indirettamente quando si dice che era sposata. Infatti, incontriamo la profetessa soltanto nello spazio pubblico (mentre giudica, mentre profetizza, mentre guida l’esercito in battaglia) e quando si trova ac- canto ad un uomo è solo per comandarlo e guidarlo, anche se pos- siamo supporre che i doveri matrimoniali fossero gli stessi delle altre donne. Forse, è per questo motivo che, nonostante il prestigio delle sue funzioni pubbliche, la sua presentazione viene completata con il dettaglio “moglie di Lappidot”. Giaele, invece, vive la sfera domesti- ca “sulla soglia”, intesa come limite che può essere superato : la valica per andare incontro al generale cananeo e lo conduce all’interno del- la tenda per tradirlo, fingendo di ubbidirgli. In questo caso tutto si consuma tra le pareti della tenda: la soglia trascende la separazione tra pubblico e privato . Infine, la casa della madre di Sisara (5, 28) è de- scritta come un luogo completamente separato dagli eventi, un luogo di non-azione, nella quale la dimensione pubblica entra in gioco solo attraverso i suoi esiti: l’arrivo del bottino o, come in questo caso, il pericolo di diventarlo. L’azione di Debora è davvero liberatrice perché è il frutto di uno speciale rapporto che lei ha con il Dio di Israele. Senza la fede, la sua parola non sarebbe profezia e la sua guida non sarebbe legittima. cito nemico è preso dal panico, Baraq interviene con il suo esercito per distruggere i nemici. Il generale cananeo è costretto a fuggire a piedi (4, 15) ed ecco Giaele (“stambecco”), moglie di Eber il kenita, lo invita a rifugiarsi nella sua tenda. Convinto di trovare in lei un’al- leata, poiché la stirpe di suo marito era in pace con quella del re Ia- bin, Sisara accetta, ma anche questa volta le previsioni umane saran- no disattese. Giaele si mostra scaltra e ambigua fin dall’inizio: esce dalla tenda e va incontro a Sisara, invitandolo ad entrare. Nella fuga, il generale cananeo non sembra volersi fermare, ma la donna gli va incontro con insistenza (4, 18), lo accoglie nella sua tenda e si rivolge a lui piena di premure (4, 18-19). L’atteggiamento di Giaele ispira fiducia a Sisa- ra, il quale, dopo essersi rifocillato, le chiede un ultimo favore: vuole che la donna rimanga sulla soglia della tenda a fare la guardia. Nel caso in cui i suoi nemici lo cerchino, lei dovrà negare la sua presen- za. Nel chiedere protezione, Sisara si affida totalmente alla donna. Giaele asseconda la richiesta del generale cananeo, ma la sua staticità sulla soglia, come quella di Debora sotto la palma, è solo apparente: Giaele non attende l’arrivo dei nemici di Sisara, ma il momento op- portuno per portare a compimento il suo piano. Appena il generale si addormenta, lei lo uccide (4, 21; 5, 26-27). Proprio in quel momen- to giunge Baraq, al quale la donna mostra come trofeo la testa del Figura dalla statura imponente Emerge sia per la propria singolarità sia per le sue funzioni sia per il suo ruolo di moglie, citato per ultimo generale cananeo. Sia la versione in prosa, sia il canto si soffermano sulla crudeltà del gesto di Giaele: neanche per un momento il testo indugia a commentare il fatto che la donna ha profanato il diritto di ospitalità, piuttosto la benedice e ne esalta la scaltrezza (4, 21; 5, 24- 27) che realizza pienamente la profezia di Debora (4, 9). Nulla è più importante della vittoria di Israele. La versione in prosa termina con l’incontro di Giaele e Baraq, al quale segue il canto di trionfo con la vera conclusione dell’episodio (5, 31). Debora e Giaele sono personaggi tra loro molto diversi per ruolo, per strategia e per modo di agire, ma entrambe si fanno strumento della volontà divina. L’una è la voce di Dio, parla e agisce in pubbli-

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