donne chiesa mondo - n. 43 - febbraio 2016

donne chiesa mondo women church world mujeres iglesia mundo femmes église monde donne Il futuro delle donne nella Chiesa Parlare, consigliare e decidere di P AUL -A NDRÉ D UROCHER N el mio primo intervento nel recente sinodo dei vescovi i media hanno colto solo la proposta di studiare la possibi- lità di ordinare delle donne al diaconato permanente. Di fatto il mio intervento andava oltre. Faceva riferimento al nume- ro 30 dell’ Instrumentum laboris , incentrato sul ruolo della donna nella famiglia, che include la seguente affermazione: «La condi- zione femminile nel mondo è soggetta a grandi differenze che derivano in prevalenza da fattori culturali». Uno studio recente dell’Organizzazione mondiale della famiglia conferma questo giudizio sottolineando che circa un terzo delle donne nel mondo è vittima di violenza coniugale. Di fronte a ciò ho voluto invitare i padri sinodali a rinnovare l’impegno della Chiesa a favore della pari dignità tra uomo e donna. In un secondo momento, il mio intervento proponeva che tale impegno dovesse riguardare anche la vita istituzionale della Chiesa. Volevo dare maggiore spessore al numero 30 dell’ Instru- mentum laboris dove è scritto: «Può contribuire al riconoscimento del ruolo determinante delle donne una maggiore valorizzazione della loro responsabilità nella Chiesa: il loro intervento nei pro- cessi decisionali; la loro partecipazione, non solo formale, al go- verno di alcune istituzioni; il loro coinvolgimento nella formazio- ne dei ministri ordinati». Ho formulato tre suggerimenti a tale proposito: studiare la possibilità di ordinare delle donne al diaconato permanente; per- mettere a coppie sposate di prendere la parola durante le omelie nella messa al fine di rendere testimonianza del legame tra la Pa- rola proclamata e la loro vita di coniugi e di genitori; riconoscere l’eguale capacità delle donne di assumere ruoli decisionali nella Chiesa nominandole a posti che potrebbero occupare nella curia romana e nelle nostre curie diocesane. Lo riconosco: un si- nodo sulla famiglia non è il luogo più adatto per discutere delle strutture di colla- borazione nella Chie- sa. La questione resta comunque importante, anzi urgente. Vorrei approfittare dello spazio concessomi in questa pagina per soffer- marmi sulla questione della consultazione delle donne nella Chiesa, e soprattutto in Vaticano. Fa piacere trovare spesso donne tra i partecipanti agli incontri meno formali — congressi, conferenze, sessioni di studi — orga- nizzati da diversi dicasteri. Sempre più donne stanno prendendo la parola come relatrici. L’ho constatato di recente durante alcuni incontri dedicati al tema della tratta degli esseri umani, dove il contributo delle donne è stato particolarmente apprezzato. Si ve- dono però meno donne nominate in strutture permanenti. Fa an- che piacere che la Commissione teologica internazionale annoveri oggi tra i suoi trenta membri cinque donne, mentre al momento della sua fondazione nel 1969 non ce n’era nessuna. E non si può che applaudire il Pontificio Consiglio della cultura per aver isti- tuito un comitato consultivo di donne che può esprimere il pro- prio parere su tutti i temi e i progetti esaminati dal Consiglio. Si può però dire altrettanto di tutti i dicasteri? Non sarebbe il caso di avviare una riflessione seria a tale riguardo? Un gruppo che potrebbe aiutare a portare a termine questo compito è l’Unione internazionale delle superiore generali (Uisg). Tanti suoi membri hanno acquisito competenze e fatto esperienze molto importanti. Non è forse giunto il momento di aprire loro la porta a una collaborazione più stretta a tutti i livel- li della vita ecclesiale? Ecco un esempio. Un membro laico di un istituto religioso ha partecipato all’ultimo sinodo a titolo di padre sinodale. Ci si è allora posti la domanda: perché non una donna, membro di una comunità religiosa? Che cosa impedirebbe di riservare nell’assem- blea sinodale all’Uisg posti analoghi a quelli riservati all’Unione dei superiori generali? Il ministero episcopale non può che arric- chirsi ascoltando la voce carismatica nella Chiesa. Si potrebbe quindi pensare di invitare l’Uisg a inviare alcuni suoi membri alle riunioni dei concistori dei cardinali a titolo di osservatrici o di consigliere, e addirittura alle riunioni preparato- rie di un conclave. Tali incontri, estremamente importanti per la vita della Chiesa, riguardano anche le donne, fedeli di Cristo. Avremmo tutto da guadagnare invitandole a parteciparvi, e la te- stimonianza resa al mondo sarebbe ancora più forte. In modo analogo, tutte le conferenze episcopali del mondo dovrebbero sentirsi onorate d’invitare rappresentanti delle associazioni di co- munità religiose femminili a titolo di osservatrici e di partecipanti alle loro sessioni generali. Senza attuare grandi cambiamenti strutturali, cogliamo l’invito fatto da Papa Francesco a elaborare nella nostra Chiesa una vera sinodalità in cui tutte le voci siano ascoltate, anche quelle delle donne. In tal modo potremmo realizzare un po’ di più la visione del concilio: «Nella diversità stessa, tutti danno testimonianza della mirabile unità nel corpo di Cristo: poiché la stessa diversità di grazie, di ministeri e di operazioni raccoglie in un tutto i figli di Dio» ( Lumen gentium , n. 32). Al di là delle regole Elisa Zamboni racconta santa Scolastica Elisa Zamboni, laureata in filosofia, vive nella comunità di Bose, dove si occupa del lavoro di redazione e di ufficio stampa della casa editrice Qiqajon. Jean de Stavelot, «Episodi su santa Scolastica» ( XV secolo) Benedetto doveva compiere l’ultimo passaggio dalla rigorosità della legge alla libertà dell’amore Sarà l’incontro con la sorella a farlo muovere dalla paralisi in cui l’osservanza della Regola lo aveva rinchiuso Perché non dare più spazio all’Assemblea delle superiore generali? In questo modo il ministero episcopale non può che arricchirsi A lle soglie del VI secolo, una donna viene celebra- ta da un Papa, Gregorio Magno, con una defini- zione che racchiude tutta la sua vita: «Poté di più colei che amò di più». Vita intensamente rac- colta in due capitoli del secondo li- bro dei Dialoghi di Gregorio Magno, interamente dedicato a san Bene- detto. In questi capitoli — una delle più belle pagine di Gregorio — è descrit- to l’ultimo incontro tra Scolastica e il fratello. Scolastica, nata attorno al 480 e conosciuta per essere la sorella del grande padre del monachesimo d’occidente, compare così all’interno di un libro dedicato ai viri Dei , “uo- mini di Dio”, le cui vite sono narrate come esempi da imitare per tutti i cristiani. La narrazione è tesa a ren- dere comprensibile concetti che altri- menti rimarrebbero inaccessibili a un popolo semplice e analfabeta. Sono composizioni esortative, che propon- gono esempi di santità all’imitazione, senza ricercare il dato storico. L’uni- ca fonte che abbiamo, quindi, lascia aperti molti interrogativi, anche per- ché Gregorio parla di Scolastica solo in riferimento a Benedetto. Ed è pro- prio questo rapporto di fratellanza a rendere il nome di Scolastica un rife- rimento, al femminile, per gli inizi del monachesimo occidentale. Una volta all’anno fratello e sorella si incontrano in un luogo nelle vici- nanze del monastero di Benedetto. Dopo una giornata trascorsa nella preghiera e nel dialogo spirituale, Scolastica esprime il desiderio di pro- lungare quel dialogo per tutta la not- te. Il rifiuto di lui, fedele alla Regola che non permette di passare la notte fuori del monastero, è immediato. Udite le parole di Benedetto, Scola- stica prega fino alle lacrime e ottiene lo scatenarsi improvviso di un tempo- rale talmente violento che impedisce al fratello il ritorno in monastero. Così Benedetto, suo malgrado, tra- scorre la notte in colloquio con la so- rella: si separano solo l’indomani mattina e dopo tre giorni Scolastica muore. Tutta la vita precedente que- sto episodio è riassunta da Gregorio in una riga: Scolastica era consacrata al Signore fin dalla più tenera età. E ora è definita sanctimonialis femina , espressione che indica una vergine senza specificare la forma di vita mo- nastica cenobitica: può anche indica- re una vergine consacrata che vive in un villaggio o in famiglia. Tuttavia gli inizi della vocazione di Scolastica si possono rintracciare seguendo le orme di Benedetto, possiamo quindi ipotizzare che l’influenza di lui, con il suo risoluto abbandono di famiglia e studi, sia stata tale da delineare an- che per lei la forma della vita mona- stica cenobitica così come la si sareb- be vissuta a Subiaco prima e a Mon- tecassino poi. Il loro legame di san- gue sfocia quindi in un legame ancor più definitivo nella comune vocazio- ne che li rende uno in Cristo. Il rapporto tra Benedetto e Scola- stica è descritto come un rapporto umano di affetto reciproco, segnato dalla tenerezza. Una relazione che si sviluppa all’interno del loro persona- le amore per Dio: si visitano una vol- ta l’anno, e nei loro incontri pregano, cercano Dio, dialogano su quanto sta loro maggiormente a cuore. L’atmo- sfera dell’incontro è segnata dalla gioia, così come la gioia connoterà la morte di Scolastica, l’unico altro dato della sua supplica e l’abbondanza delle sue lacrime le ottengono ciò che desidera ardentemente. Scolastica, che ha vissuto la sua esistenza in as- soluta fedeltà alla vocazione che fin dall’infanzia aveva sentito come pro- pria forma vitae secondo il Vangelo, ora dimostra di aver perseverato in questa fede semplice e salda. All’interno della narrazione dei Dialoghi , ella viene presentata come figura femminile pacificata e libera. È una donna, con tutte le caratteristi- che della femminilità: la dolcezza, il profondo affetto, l’audacia nell’otte- nere ciò che profondamente desidera. Può essere vista, nella descrizione di Gregorio, come segno di una distin- zione, una differenza, rispetto alla vocazione che condivide con il fratel- lo. Questa differenza è ciò che le per- mette di vivere con serenità il grande dono del primato indiscusso dell’amore su ogni regola o legge. Benedetto aveva bisogno di compiere l’ultimo passaggio dalla rigorosità della legge alla libertà dell’amore: l’incontro con la sorella provoca que- sto passaggio, lo fa muovere dalla paralisi in cui il rigore e l’osservanza della Regola l’avevano rinchiuso. Ciò che affascina di Scolastica, e che è il segno più grande della sua santità e della sua grandezza spiritua- le, è la profonda umanità, il suo esse- re donna di desiderio, di ricerca, ma soprattutto di amore. La sua vita, alla sequela del Signore, ha la forza della comunione che viene solo dall’amore di Gesù. Scolastica rappresenta l’amore, è la donna criticata dal fra- tello, campione della legge, custode dell’osservanza: lei, invece, supera la lettera della Regola e fa prevalere l’amore per la persona. Per questo Dio la esaudisce, perché ha molto amato (cfr. Luca , 7, 47). Il Signore mette il sigillo di autenticità al desi- derio spirituale e all’amore che Scola- stica osa esprimere contro la parola della Regola. «Ella poté di più per- ché amò di più». Scolastica è anche la donna del presente, dell’oggi: non abbiamo una storia di lei, non abbia- mo lunghe narrazioni di gesti, ma il racconto del suo oggi, un oggi piena- mente umano perché capace di fare spazio alla carità: Dilatentur spatia caritatis (Agostino, Sermoni, 69, 1). Scolastica ricorda a tutti noi che al di là delle leggi e delle regole che ci possiamo dare per camminare sulle tracce del Signore, non esiste via più sicura di una carità ardente e sincera per trovare la volontà di Dio sulle nostre vite. che possiamo ricavare dalle pagine dei Dialoghi . Dopo la morte, l’anima di Scolastica, vista da Benedetto, pe- netra sotto forma di colomba nel cie- lo. Gioia e gloria sono i sentimenti che questa morte suscita in lui. Scolastica è una “scolara” in quella “scuola del divino servizio” che è il monastero secondo la Regola di Be- nedetto. È una vera cercatrice di Dio (cfr. Regola , 58, 7), colei che non an- tepone nulla all’amore di Cristo e, conseguentemente, alla preghiera (cfr. 4, 21; 43, 3). Ella realizza pienamente con la sua vita la parola della Regola. La preghiera che sgorga da questo cuore puro è la sua forza: l’intensità

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