donne chiesa mondo - n. 26 - agosto 2014

L’OSSERVATORE ROMANO agosto 2014 numero 26 Inserto mensile a cura di R ITANNA A RMENI e L UCETTA S CARAFFIA , in redazione G IULIA G ALEOTTI www.osservatoreromano.va - per abbonamenti: ufficiodiffusione@ossrom.va donne chiesa mondo women church world mujeres iglesia mundo femmes église monde donne chiesa mondo women church world mujeres iglesia mundo femmes église monde donne chiesa mondo Novanta giorni per le madri Lee Mi-Kyung è la parlamentare che più si è battuta per i diritti delle donne coreane negli ultimi trent’anni «M i sono battezzata so- lo nel 1995 ma vengo da una famiglia pro- testante», racconta Lee Mi-Kyung che — come molte coreane — è diventata cattolica dopo una fase critica della sua vita. Lee Mi-Kyung è la parlamentare che più si è battuta per i diritti delle donne coreane ne- gli ultimi trent’anni. Fu lei a cominciare, nel gennaio 1992, una serie di manifestazioni per i diritti delle donne coreane ridotte a schiave sessuali durante la seconda guerra mondiale. Per decenni Lee Mi-Kyung si è battuta per i diritti delle donne. «La Korea Women Asso- ciation United, il movimento che ho fondato, si occupa di emancipazione femminile e di pa- rità di diritti tra uomo e donna; e tenta anche di sradicare la prostituzione in Corea e di pre- venire il traffico di donne sessualmente sfrut- tate. Il movimento nacque dopo che, a causa della rapida industrializzazione, molte donne si trasferirono dalle campagne in città per la- vorare in fabbrica. Questa scelta avrebbe mi- gliorato il loro tenore di vita ma, trattandosi di donne sole provenienti dalle campagne, il contesto urbano a loro totalmente estraneo le rendeva facili vittime di abusi e vessazioni, an- che da parte dei datori di lavoro. Nessuna leg- ge e nessun sindacato le tutelava. Insieme con altre donne, organizzai i primi sindacati e le istruii sui loro diritti». Ad esempio, «abbiamo fatto in modo che le lavoratrici incinte non venissero licenziate. Ab- biamo cercato volontari che si prendessero cu- ra dei loro figli durante l’orario di lavoro. Ab- biamo studiato leggi per punire con maggiore severità gli abusi sulle donne, creare le condi- zioni per istruire le lavoratrici su come difen- dersi dalle violenze e prevenire le aggressioni. Abbiamo creato gruppi di volontari in suppor- to delle vittime di violenze sessuali avvenute sul lavoro. Se oggi tutti i funzionari statali in Corea devono frequentare classi sulla preven- zione delle violenze sul lavoro, è grazie alle nostre battaglie». E quando, nel 1996, «sono entrata in politi- ca, ho portato in parlamento tutta la mia esperienza sui diritti delle donne. Ho lavorato per rinforzare la legislazione in materia di pro- tezione della maternità, grazie, ad esempio, al- la legge che ha esteso di trenta giorni il con- gedo di maternità, che così oggi in totale sono novanta». C’è una foto famosa che la ritrae nell’aula parlamentare, era il 1999. Rimase solo lei nel suo partito a votare l’appoggio alla risoluzione delle Nazioni Unite per mandare una forza di peace keeping a Timor Est. «Lì le violenze scoppiarono dopo il referendum che sancì l'in- dipendenza dall’Indonesia. Si stima che circa 1.500 civili siano morti per le violenze seguite alla consultazione popolare. Una forza delle Nazioni Unite, detta Interfet, fu dispiegata per ristabilire l'ordine pubblico e mantenere la pace. Il mio partito di allora si oppose all’in- vio delle forze di pace perché al tempo in In- donesia c’erano molte comunità coreane che detenevano vari interessi economici nel Paese, e non volevano danneggiarli. Io però — anche grazie alle miei precedenti battaglie per i dirit- ti a favore delle minoranze — avevo diversi contatti con i rifugiati di Timor Est, ascoltavo i loro racconti di soprusi». Le donne coreane, spiega Lee Mi-Kyung, «ancora oggi ricevono un salario che corri- sponde al settanta per cento rispetto a quello degli uomini e solo la metà delle donne lau- reate ha un lavoro. La competizione sul lavoro è molto dura e quando una donna lascia in se- guito a una gravidanza spesso non ritorna più a lavorare. Questo perché ci sono tantissime altre leve pronte a sostituirti, e questo certa- mente contribuisce ad alimentare il grande nu- mero di aborti che abbiamo nel Paese. Solo le donne “fortunate”, ossia quelle che trovano un marito con un discreto stipendio, possono permettersi di stare a casa e fare le casalin- ghe». E, prosegue Lee Mi-Kyung, «la stessa poli- tica di Child Care è poco sviluppata, ci sono istituti privati molto costosi mentre quelli pubblici non sono per niente sufficienti, questi ora sono gli obiettivi politici da perseguire per sperare in un miglioramento delle condizioni della donna in Corea». ( cristian martini gri- maldi ) no in udienza privata da Giovanni XXIII . È il 1961: ascoltata la sua storia, il Papa le sorride: «Cammi- na adagio». Trascorrono oltre vent’anni tra i due episodi. In mezzo, grandi scoperte, Angela è sbocciata nella donna dallo sguardo appassionato che racconta una fede capace di rompere argini e trasformare: «La vita cristiana è vivere Cristo risor- to». Oltre alla forza di Dio, però, questa donna minuta testimonia il coraggio di lasciarsi trasfor- mare dalla fede, affidandole quanto abbiamo di più caro. Tornando agli anni Cinquanta, gli eventi politici sconvolgono la vita di Angela, e della sua ormai numerosa fa- miglia. Qualche anno dopo l’indipendenza, la Corea è divisa in due: il 15 agosto 1948 viene proclamata la Re- pubblica di Corea nel Sud sotto l’influenza americana, mentre il 9 settembre nasce la Repub- blica Democratica Popolare di Corea, vicina all’Unione Sovie- tica. Angela si trova così a crescere in un Paese difficile: per l’adole- scente curiosa e riflessiva che è di- ventata, la sofferenza è enorme. Nel tempo, infatti, la voce della verità continua ad accompagnarla, mentre la rettitudine dei genitori, che non conoscono il cristianesi- mo, è per lei guida costante. La madre, buddista, è sempre pronta a spartire il riso con i monaci che passano: un gesto che resta im- presso nella figlia maggiore. Intanto, tra le due Coree scop- pia il conflitto che durerà tre anni (1950-1953), con fasi alterne. Quando sembra che il Sud stia per avere la meglio, la Cina scen- de in aiuto dei comunisti. Sebbe- ne abbia solo sedici anni, Angela comprende che bisogna fuggire, approfittando della ritirata del- Angela, che vive all’epoca in un istituto di suore laiche, comunica entusiasta la decisione di ricevere il battesimo. La risposta — «Bra- va, così andrai in Paradiso» — ha l’effetto di una frustata. Il com- mento proprio non le piace: «Che ne sarà dei miei familiari che, pur non battezzati, vivono con co- scienza e profonda onestà? Dove andranno una volta morti? Se è solo la forma che conta per que- sto Dio, allora forse non è questo il Dio che sto cercando. Niente battesimo. Continuerò a seguire Gesù, conosciuto e amato attra- verso la lettura del Vangelo». Se dunque la voce della co- scienza ha condotto la giovane si- no alle soglie del cattolicesimo, sono le parole della comunità ad allontanarla. Angela, infatti, guar- da alla sostanza delle cose. Padre Ilarino, pur soffrendo, non dice nulla. Il momento per Angela non è ancora giunto. Intanto a Roma conosce la pre- sidentessa dell’associazione Italia- Corea, Antonietta Satta-Medici: è l’avvio di una profonda amicizia, anche nella fede (la donna sarà poi la sua madrina). Il battesimo è, infatti, solo ritardato. producono un’eco: semi vitali che nel 1962 portano alla conversione di una sorella e poi, anno dopo anno, di tutta la famiglia. Solo il padre morirà senza aver ricevuto il battesimo, pur avendone più figlia (nata dalle nozze con un italiano compagno di studi), che su questa terra non arriva a com- piere 17 anni. Animata a sua volta da un cri- stianesimo maturo e fecondo, Chicchi sa bene che solo con l’aiuto di Dio avrà la forza per af- frontare la prova, custodendosi «fedele alla sua vocazione cristia- na». E questa forza Chicchi la de- sidera anche per le persone che ama: «Avrai abbastanza coraggio, mamma», chiede ad Angela. Du- rante la malattia, è proprio Chic- chi che la guida. Quando la figlia chiude gli occhi sua madre tocca «il fondo del dolore», ma, nel sentire che l’anima di Chicchi si è avvicinata al cielo, Angela si sente pervasa da una serenità profonda: il Signore vince la morte proprio nel momento in cui essa sembra strapparci le persone amate. Tempo dopo, leggendo le paro- le del salmo 117, comprenderà che l’amore di Dio ha prevalso sul- l’amore di madre. «E compresi anche — racconta dolcemente — il volto di Maria nella Pietà di Mi- chelangelo». Quindici anni fa, nel 1999, ini- zia a studiare l’ebraico: sa che la parola di Dio è la cosa più impor- tante — «Gesù dice tre volte a Sa- tana “sta scritto”, ma sta-scritto- dove? mi sono chiesta». Avendo chiaro che entrarvi da sola è trop- po difficile, Angela si avvia a un più profondo incontro con la Scrittura attraverso il biblista pa- dre Giovanni Odasso, professore di esegesi e teologia biblica alla Lateranense («il secondo sacerdo- te che ha segnato la mia vita»). È davvero una sete ardente la sua: Angela cita le parole di Giro- lamo secondo cui «l’ignoranza della Scrittura è ignoranza di Ge- sù». Grande è stato lo stupore di questa incredibile donna quando ha scoperto che non tutti i sacer- doti sono anche biblisti. E così, forte delle parole di Isaia «se non crederete, non avre- te stabilità» ( Isaia 7, 9), Angela vive quotidianamente la liturgia della Parola. Nella sua ricerca del- la verità, del Regno e della sua giustizia, ringraziando il Signore, con gli occhi raggianti Angela ci invita «a vivere da risorti sulla terra». Nessuna legge e nessuna struttura tutelavano le lavoratrici Così abbiamo organizzato e formato i primi sindacati So che non cadrò Storia di una conversione tra Sinŭiju e Roma Le ragazze del coro Volti e vissuti delle giovani che ascolteranno Papa Francesco Da un sondaggio risulta che il cattolicesimo è la religione che suscita maggiori simpatie nel Paese Secondo Rena è perché «viviamo la fede in modo partecipato E preghiamo per il bene di tutti» «E ro a Roma quando Bene- detto XVI ha rinunciato: mi sono resa conto che era vero quando ho visto che l’account twitter del Papa era sospeso». Yu-jin Shin, neolaureata come programmatrice, ha 27 anni, età coreana, sa- rebbero 25 per noi: perché in Corea l’età si calcola a partire dai nove mesi nell’utero — che poi è la più grande dichiarazione politica sull’inizio vita — e un altro anno lo aggiungo- no immediatamente al 1° di gennaio. Yu-jin Shin, che sarà a Daejeon per prende- re parte alla Giornata asiatica della gioventù, canta ed è leader del coro della parrocchia. Guida anche il gruppo di giovani cattolici che studia la Bibbia. «Il libro di catechismo ci parla di questioni di vita reale, è un modo per mettere in relazione la Scrittura con la vita dei giovani, e una via per condividere le esperien- ze con gli altri membri del gruppo». Yu-jin Shin si è convertita 14 anni fa. «Mi sono bat- tezzata anche per l’influenza di mia madre Lucia. E a lei devo anche la passione per il canto, sin da quando andavo alle elementari». La ragazza nega di avere talento, ma Rena, che le è accanto, la corregge: davvero la più brava, altrimenti non sarebbe lei la solista e leader del gruppo. Se la madre è stata un’influenza fondamen- tale per la scelta religiosa di Yu-jin Shin, la nonna lo è stata per la madre. «Mia nonna è diventata cattolica di nascosto. Il marito era assolutamente contrario». La storia della Co- rea è segnata da lunghi periodi di persecuzio- ne, la scelta di battezzarsi in segreto è stata per lungo tempo un passaggio quasi obbligato esattamente un anno dopo, a 32 anni. Mio pa- dre, Agostino, invece, è stato convinto a con- vertirsi da mio fratello, che voleva farsi prete, ma è morto giovanissimo, appena tredicenne». Per Elisabetta la decisione di partecipare al- la Giornata asiatica della gioventù è stata sof- ferta: sta cercando lavoro e cercare lavoro in Corea, nonostante un tasso di disoccupazione ufficiale del tre per cento (in realtà la disoccu- pazione giovanile è molto elevata), richiede un impegno assoluto. Elisabetta spiega che anche un giorno al mese da dedicare alla preparazio- ne del coro diventa tempo prezioso sottratto al job hunting . Non stupisce, dunque, che mol- ti analisti elenchino tra le cause dell’alto nu- mero di suicidi nel Paese lo stress dovuto alla ricerca di un impiego. Del resto, anche una volta trovato un lavoro, le cose non migliora- no: i coreani hanno gli orari più lunghi al mondo e pochissimi giorni di ferie. Un mondo del lavoro insomma ad altissima pressione, in cui è molto sentita la sottomis- sione nei confronti dei colleghi più anziani e dei superiori. Il tutto, spesso, sfocia in abusi conversione viene da un periodo di forte stress dovuto allo studio di preparazione per il Ksat (Korean Scholastic Aptitude Test, gli esami della scuola superiore)». Quello degli esami delle scuole superiori è un altro degli ostacoli, fonte di stress, che ogni coreano deve superare per accedere final- mente all’età adulta. La sfida stessa di prepa- rare l’esame, a prescindere dall’esito di questo, è un vero rito di passaggio, forse il più impor- tante momento per ogni teenager. Quasi il set- tantacinque per cento della popolazione stu- dentesca partecipa a corsi privati supplemen- tari in vista dell’esame. «In quel periodo, mi sono ammalata per il troppo studio» racconta Rena. «In più anche mia nonna si è ammalata, e mia zia ha avuto dei problemi economici, una serie di situazioni abbastanza sfortunate». I problemi per la ra- gazza sono cominciati quando la madre ha preso a sottoporla a una dose eccessiva di pressione. Le cosiddette “madri tigri” sono un fenomeno tanto cinese quanto coreano. Un in- segnante di inglese di Seoul ha recentemente domandato ai suoi studenti di sedici anni di cosa avessero più paura: la risposta di gran lunga ricorrente è stata: «Di mia madre». È altissimo il livello di aspettativa che i ge- nitori ripongono sui figli. Da costoro, infatti, ci si aspetta non solo che siano motivo di or- goglio, qualcosa di cui vantarsi con gli amici, ma anche un sostegno economico quando so- praggiungerà la vecchiaia. Ancora oggi è una consuetudine consolidata che il primo stipen- dio dei figli venga consegnato direttamente ai genitori come gesto simbolico di riconoscenza. È una pratica presente anche tra i coreani che risiedono all’estero. Un ragazzo americano di origini coreane che lavora per una compagnia che costruisce raffinerie di petrolio ci ha re- centemente raccontato di come la madre esi- gesse da lui non solo il primo stipendio del primo lavoro, ma ogni primo stipendio di ogni nuovo impiego. La cosa si faceva per lui ra di ritardo, addirittura le rotte di volo di al- cuni aerei vengono modificate e gli agenti di polizia con le ambulanze scortano studenti in ritardo nei luoghi dove si terrà l’esame. Molti uffici e negozi, quel giorno, ritardano l’apertu- ra di un’ora per garantire il minor impatto di traffico possibile e facilitare così gli studenti che si mettono in viaggio. «Tutto questo appare esagerato all’orecchio occidentale — dice Rena — ma in Corea, se non fai bene questo test, non potrai avere ac- cesso alle università che contano, non sarà possibile ottenere un buon lavoro, e forse nes- suno vorrà sposarti a causa del tuo basso sta- tus sociale» conclude quasi scherzando, ma la sua espressione non lascia scorgere alcun sor- riso. È stato proprio in questo periodo di forte stress che Rena si è avvicinata al cattolicesimo. «Mia madre era già cattolica, si era battezzata cinque anni fa, mio padre — che è uno scien- ziato e lavora all’università — è ateo. Io perso- nalmente ho sempre avuto una buona immagi- ne dei cattolici, anche per le storie che ho sen- tito su Giovanni Paolo II che venne qui in Co- rea per ben due volte, prima che io nascessi. Tempo fa lessi un articolo che raccontava del- le scuse ufficiali che Papa Wojtyła fece a ogni gruppo che aveva sofferto per gli sbagli com- messi nella Chiesa in passato, come gli ebrei, i musulmani. Mi colpì molto, pensai che quello era davvero un grande gesto rivolto a instau- rare un clima di riconciliazione religiosa uni- versale. E poi ci sono i miei amici cattolici che fanno molto volontariato, cosa abbastanza inusuale per i ragazzi della mia età. Anche da loro ho avuto l’ispirazione a seguire lo stesso percorso di fede che nutriva quelle loro scelte. Ora anch’io insegno, come loro, ai ragazzi di- sagiati, ed è una cosa che mi riempie di gioia, è una attività che mi ha dato molto dal punto di vista umano». Con tuo padre parli mai di fede? «No. Non che lui sia mai stato contrario al fatto che io e mia madre diventassimo cattoliche, ma per ora non oso affrontare l’argomento con lui. Mia madre ha provato ad avvicinarlo alla fede, ma per ora ha fallito. Non in tutto fortunatamen- te: i miei genitori, ad esempio, partecipano a degli incontri mensili in parrocchia che si chiamano i Me, Marriage encounter : diverse coppie discutono della Bibbia e della loro vita personale, del loro legame, come migliorare la loro vita coniugale, condividono i problemi insomma. Ora anche mio padre si è convinto ad andare, è un primo passo verso la conver- sione, forse». Secondo un sondaggio recente in Corea la religione ritenuta più affidabile è il cattolicesi- mo, mentre solo il venti per cento degli inter- vistati dice di fidarsi del protestantesimo. Chiediamo a Rena come si spiega tanta diffe- renza tra le confessioni. «Sicuramente — risponde Rena— una delle spiegazioni risiede nella modalità di evangeliz- zazione. I protestanti possono essere molto aggressivi. Ad esempio nelle università ci sono persone che ti avvicinano e con modi a dir poco irruenti cercano di condurti nella loro chiesa. Se non rispondi in maniera decisa, non se ne vanno, insistono, continuano nel loro proselitismo prepotente. Ma non è solo que- sto: i miei nonni sono protestanti, e mi rendo conto che il loro modo di vivere la fede è di- verso dal nostro, loro pregano molto per il be- nessere proprio, il pensiero è rivolto al singolo individuo in preghiera. Noi cattolici, invece, viviamo la fede in maniera più partecipata, preghiamo per il bene di tutta la comunità e per la società in generale. Forse anche questa ragione ha il suo peso, forse è per questo che il cattolicesimo suscita maggiori simpatie». (cristian martini grimaldi) Pennellate di cristianesimo Nelle pagine della scrittrice Kyung-sook Shin «U na notte — racconta il professor Yun ai suoi studenti dell’universi- tà di Seoul – mentre dormiva pro- fondamente, Cristoforo sentì qual- cuno chiamarlo. (...) Vicino alla riva del fiume, avvolto nella fo- schia notturna c'era un bambino. Questi gli disse di aver bisogno del suo aiuto, perché doveva rag- giungere la sponda opposta prima dell'alba. Nonostante fosse notte fonda, Cristoforo acconsentì. Pre- se sulle spalle il piccolo ed entrò in acqua. Si era appena addentra- to nel fiume quando il livello del- l'acqua cominciò a salire fino ad arrivargli al collo. Quel bambino prima così leggero iniziò a pesare tanto che Cristoforo pensò di ave- re sulle spalle un enorme carico di ferro. Il corso d’acqua si ingrossa- va sempre più e il peso di quel bambino rischiava di farlo andare a fondo. Cristoforo, sempre così fiducioso, pensò per la prima vol- ta di morire sommerso dalle ac- que. (...) Stremato dalla fatica e dalla paura, riuscì a raggiungere l’altra sponda. Fatto scendere il bambino a riva, gli disse: “Pensa- vo di morire per colpa tua. Nono- stante tu sia così piccolo ho cre- duto di portare il peso del mondo intero. Da quando faccio il tra- ghettatore non ho mai incontrato una persona pesante come te”. Al- lora una luce immensa avvolse il fanciullo che si trasformò, davanti ai suoi occhi, in Gesù». Il professor Yun conclude il suo racconto. E domanda ai suoi stu- denti, ammutoliti: preferireste es- sere Cristoforo o il bambino? La scena è tratta dal romanzo Io ci sarò di Kyung-sook Shin, che ha al centro il ricordo di una lontana amicizia giovanile tra tre ragazzi, nata in risposta alle difficoltà di una generazione a trovare il suo posto nel momento in cui la Co- rea del Sud vive un momento di grande travaglio politico. A mo- strare la strada ai tre amici, sarà proprio il professor Yun, incorag- giandoli a rischiare, ad aprirsi al mondo, a proteggersi a vicenda nel cammino verso l’età adulta. Il racconto di Cristoforo è solo una meteora, ma è interessante la pennellata che restituisce. Perché, quasi in controluce, dalle pagine di Kyung-sook Shin traspare il ri- tratto di un Paese venato dal cri- stianesimo, nell'incontro (ora riu- scito, ora meno) con la società co- reana tradizionale. Nata nel 1963 in una regione montuosa della Corea del Sud, quarta di sei figli, a 16 anni Shin si trasferisce a Seoul. Di giorno lavora (e manda i soldi a casa), la notte va a scuola. L'esordio come scrittrice avviene nel 1985, appena ventiduenne, con il racconto Fiaba d’inverno . Prima donna e prima coreana a vincere nel 2012 il Man Asian Li- terary Prize, il più prestigioso del suo continente, Kyung-sook Shin è diventata famosa nel mondo con il romanzo Prenditi cura di lei , che ha al centro una famiglia alle pre- se con l’Alzheimer dell’anziana madre, scomparsa nel nulla. La pennellata, qui, è meravi- gliosa. Quando ormai le flebili tracce dell’anziana donna sono evaporate, la figlia minore, di pas- saggio a Roma, dopo aver com- prato il rosario che la madre tanto tempo prima le aveva chiesto, va a pregare a San Pietro. «Ti prego, prenditi cura di lei»: in una città che non ha nulla della storia di sua madre, la figlia riesce final- mente a pronunciare il suo grido di dolore rivolgendosi alla Madre che regge tra le braccia il Figlio morto, davanti alla Pietà. Davanti a colei che compie quel gesto che nessuna madre dovreb- be essere costretta a compiere, la figlia si affida. (giulia galeotti) Elisabetta, Rena e gli altri giovani del coro della parrocchia Da diversi anni studia l’ebraico Perché — come dice Girolamo — «l’ignoranza della Scrittura è ignoranza di Gesù» chiesa di via Tagliamento, la mat- tina del 25 marzo 1961 Angela ri- ceve il battesimo e la comunione, mentre nel pomeriggio il cardinale Cento le impartisce la cresima. Padre Ilarino è presente, ma non si fa vedere. Angela lo saprà solo in seguito. Il 25 marzo ritornerà nella sto- ria della sua famiglia: in quattro riceveranno il battesimo proprio il 25 marzo (l’ultima, nel 2001, Agnese, la pronipote che vive a Tokio). Per Angela, comincia una fase di gioia profonda, che va condivi- sa con le persone care: scrive lun- ghe lettere alla famiglia in Corea in cui racconta la felicità e la be- nedizione di essere nella Chiesa. Pur nella distanza, le sue parole volte manifestato il desiderio. In punto di morte, però, gli cade una lacrima: la Chiesa lo definisce il battesimo di desiderio. Ed è la sua fede, forte seppur in costante cammino, che aiuta Angela a vivere il momento più duro della sua vita, ma anche quello più intenso, del maggior abbandono al Signore: il 12 ago- sto 1986 muore Cristina Chiara, detta Chicchi, l’unica amatissima L’episodio decisivo av- viene a Siena nell’agosto 1960: girovagando per la città, Angela entra per ca- so in una chiesa: è il mo- mento della comunione. Improvvisamente, sente un vento che la spinge verso l’altare: «È lui che cerchi», le dice la voce. E così, a Roma, nella nuova Koh-Varilla Guild, «Korean Pieta» (2013) Angela Pak testimonia anche il coraggio di lasciarsi trasformare dalla fede Affidandole ciò che ci è più caro Neolaureata, la solista Elisabetta sta cercando un’occupazione Racconta di un mondo del lavoro ad altissima pressione se non si voleva rischiare l’espulsione dalla co- munità, salvo essere catturati dalle commissio- ni punitive di turno: a quel punto l’imprigio- namento e le torture erano inevitabili. «Mia nonna — racconta Yu-jin Shin — si ammalò a 56 anni. Venne quindi ricoverata all’ospedale Santa Maria di Seoul. Il suo com- pagno di stanza era un cattolico che la aiutò molto spiritualmente: da allora la nonna co- minciò a frequentare in segreto la messa. Un giorno, però, durante una celebrazione, sven- ne improvvisamente: fu così che la famiglia seppe del suo avvicinamento al cattolicesimo. Il nonno, molto colpito, non la ostacolò più. Poco dopo mia nonna venne battezzata, ma 15 giorni dopo morì. Il suo funerale si tenne in una chiesa cattolica. Mia madre si battezzò veri e propri. Stando a un recente studio, qua- si la metà delle infermiere hanno subito mole- stie sessuali da parte dei medici sul luogo di lavoro. Rena — il suo nome, ci tiene a precisare, viene da reincarnazione; il suo nome coreano è You-jung Song — ha 22 anni e si è battezza- ta quattro anni fa, il giorno di Pasqua. Dopo le scuole cattoliche, è entrata all’università gesuitica di Sogang. «La mia di G IULIA G ALEOTTI A fine anni Trenta, una bim- ba di appena quattro anni corre per le strade di Sinŭiju, al confine nord della Co- rea, in quegli anni ancora tutta sotto la dominazione giapponese. È Angela Pak, primogenita di una famiglia che si è trasferita lì da poco. La madre, che ha un’altra bim- ba e aspetta il terzo figlio, la man- da a fare la spesa. Nonostante i rimproveri, portando il cibo a ca- sa, Angela corre. «Non correre, ri- schi di farti male» le dice la ma- dre. Ma la bimba è sicura: «Non cadrò». «Vedendoti correre — le dice ancora la madre — la gente crederà che hai rubato la spesa». Ascoltando queste parole, Angela si ferma un attimo: per la prima volta, a soli quattro anni, sente ri- suonare la voce della coscienza. «So di non aver rubato, so di es- sermi comportata bene: cosa mi interessa di ciò che gli altri posso- no credere?». Da allora e per tutta la vita, sempre correndo, Angela ha conti- nuato a seguire quella voce. La voce che le ha fatto conoscere la Chiesa cattolica, conducendola fi- cambiamenti nel mondo, in Co- rea, nella Chiesa e nella vita di quella bimba, diventata adulta. Attraverso nuovi incontri e nuove l’esercito sudista. Sotto il 38° parallelo vive un lontano zio: Angela vuole rag- giungerlo. Inizial- mente i genitori sono contrari: non è facile abbandonare la pro- pria terra. Ma è an- che difficile non ascoltare le parole di Angela, così decisa, intelligente e saggia. Il viaggio rocambolesco attra- verso il Paese dilaniato segna il traghettamento verso una nuova fase della vita della ragazza. E di tutta la sua famiglia. Al Sud, Angela studia e lavora. Fa amicizia con una missionaria metodista americana che le inse- gna l’inglese, con una Bibbia che la donna le regala. Nonostante l’affetto che prova per la missio- naria, Angela — pur facendo teso- ro di ciò che ascolta — non è at- tratta da quel messaggio. Intanto fa un altro incontro de- cisivo. A Seoul conosce, per lavo- ro, l’ambasciatore italiano, Spalan- zini, che un giorno le porta una notizia: Roma ha istituito due borse di studio per giovani corea- ni. Angela quasi non ci crede: per lei, che è sempre stata attratta dall’Europa (non dagli Stati Uni- ti, come la più parte dei coreani del sud), è un’occasione preziosa. Appresi i primi rudimenti di ita- liano dalla moglie del console Mattei, vinta la borsa, continua a fare esercizio sulla nave che, sal- pata da Hong Kong, la porta a Napoli. Destinazione finale, Ro- ma. Ha ventiquattro anni Angela quando arriva in Italia. È il 20 ot- tobre 1959. Non c’è molto tempo per ambientarsi: il 5 novembre ini- ziano le lezioni alla Sapienza. Proprio alla facoltà di lettere, An- gela conosce «uno dei due sacer- doti che hanno segnato la mia vi- ta». È padre Ilarino da Milano (predicatore apostolico di Papa Giovanni) che insegna Storia del cristianesimo. Ascoltando il pro- fessore, la giovane capisce che è la Chiesa cattolica ciò che cerca. Cristina Chiara, detta Chicchi gravosa in quanto negli ultimi dieci anni ave- va cambiato lavoro mediamente ogni 12 mesi. «Il Ksat — prosegue Rena — è la prova più importante della nostra vita e lo dico senza esagerare». E ha ragione: basti pensare che quel giorno in Corea quasi un milione di stu- denti delle scuole superiori daranno l’esame che servirà come base di valutazione per otte- nere l’accesso nelle università più importanti. In quel giorno lo stock market apre con un'o-

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