donne chiesa mondo - n. 15 - agosto-settembre 2013

donne chiesa mondo women church world mujeres iglesia mundo femmes église monde donne Contro gli stupri in guerra È tempo di agire insieme di W ILLIAM H AGUE * D urante i conflitti, in quasi ogni angolo del globo, lo stupro è usato come ar- ma di guerra: distrugge vite, provoca traumi fisici e psicologici alle vittime, mina le comunità e aggrava le divisioni etniche e set- tarie. Chi si macchia di questo crimine è sicu- ro dell’impunità, chi sopravvive non ottiene mai giustizia o sostegno. Ho fatto diventare una priorità della politica estera del Regno Unito la lotta contro le violenze sessuali du- rante i conflitti. Come comunità globale ab- biamo raggiunto un accordo — Arms Trade Treaty , trattato che regolerà il commercio in- ternazionale delle armi — ma lo stupro e la violenza sessuale sono armi efficaci quanto le pallottole e i carri armati. Le loro conseguen- ze altrettanto distruttive. Dobbiamo scegliere se lavorare di nuovo insieme per cogliere il momento politico sem- pre più sensibile verso le violenze sessuali e cancellare l’impunità, o invece lasciare che l’opportunità sfugga e con essa le speranze dei sopravvissuti. Credo si debba scegliere la prima strada: ora è tempo di agire per porre fine all’uso dello stupro come arma di guerra. Non ci sono soluzioni facili. Affrontare la violenza sessuale fa parte di uno sforzo più vasto per dare maggior forza alle donne nella società. Sono stato veramente contento quan- do, nell’aprile 2013, gli Stati del G 8 hanno vo- tato la Dichiarazione sulla prevenzione della violenza sessuale nei conflitti, impegnandosi ad affrontare le questioni politiche e pratiche connesse a tali crimini. Abbiamo bisogno di questo tipo di impegni per porre fine all’abi- tudine a considerare le violenze sessuali come questione secondaria e per porre i diritti e la partecipazione delle donne in primo piano nella risoluzione dei conflitti. Sono contento che questo proposito abbia ricevuto il caloroso sostegno di Papa France- sco, che ha scritto al primo ministro come «un ulteriore segnale di attenzione verso la persona umana è l’avere incluso tra i temi centrali nel programma [del G 8] la protezione delle donne e dei bambini dalla violenza ses- suale nelle situazioni di conflitto». In molti Paesi, le Chiese e i fedeli danno sostegno a chi sopravvive e aiutano le comunità a rico- struirsi. Le comunità di fede possono svolgere un ruolo importante nel trasferire lo stigma della vergogna dalle vittime al carnefice. La Chiesa cattolica, con la sua rete globale, svol- ge un ruolo importante. Ma è solo l’inizio. Per porre fine alla violenza sessuale nei conflitti, è necessario che altri Paesi si unisca- no a noi e decidano misure politiche e prati- che. Il G 8 è stato un potente inizio e a giu- gno, sotto la presidenza del Regno Unito del Consiglio di sicurezza Onu, ho presieduto a un dibattito sulla violenza sessuale in cui più di quaranta Paesi hanno co-sponsorizzato la nuova Risoluzione del Consiglio di sicurezza. Sto lavorando in stretta collaborazione con il Rappresentante Speciale dell’Onu per la vio- lenza sessuale nei conflitti per migliorare la cooperazione internazionale e speriamo insie- me di far sì che quanti più Paesi possibile si impegnino pubblicamente a una presa di po- sizione di alto livello e inviino un messaggio forte ai sopravvissuti per dire loro che non sono stati dimenticati. Come Regno Unito, abbiamo inviato squadre di esperti per lavo- rare con un numero di Paesi e di gruppi della società civile, per migliorare le loro capacità di intervento. Dal dicembre 2012 lavoriamo in Bosnia-Erzegovina, Libia, Mali, Repubblica Democratica del Congo e sul confine siriano, e stiamo sviluppando progetti in altri Paesi. Insieme alla Chiesa cattolica possiamo sfi- dare la cultura dell’impunità e del silenzio, che ha permesso ad altri di nascondersi dietro l’argomento che la violenza sessuale è inevita- bile conseguenza dei conflitti. I nostri prede- cessori hanno combattuto la tratta degli schiavi, bandito la tortura e reso illegale l’uso di armi chimiche: sta a noi relegare l’uso del- lo stupro come arma bellica nei libri di storia. *Segretario di Stato del Regno Unito per gli affari esteri e il Commonwealth «Carissimo fratello, tua Chiara» La santa del mese raccontata da Liliana Cavani Nata a Carpi nel 1933, Liliana Cavani, sceneggiatrice e regista lirica, ha diretto film per il cinema, tra cui Il portiere di notte (1974) e quelli dedicati al patrono d’Italia, Francesco d’Assisi (1966) e Francesco (1989); tra i film per la televisione, Mai per amore. Troppo amore (2012, sulla violenza contro le donne) e tra i documentari Clarisse (2012). Ha ricevuto, nel 2012, il Premio Federico Fellini 8 1/2 e il David Speciale alla carriera. Helena Bonham Carter interpreta Chiara in «Francesco» (1989) di Liliana Cavani L’ordine da Roma ha imposto a noi Sorelle di non uscire mai più e non incontrare più i Fratelli Eppure non ci fu mai scandalo di qualsiasi specie ma scambio di aiuto e di consigli «C arissimo fratello in Cristo, che il Pa- dre ti dia pace e salute. Avrei voluto scriverti soltanto per darti notizie di allegrezza ma non è questo il mo- mento. Tutte insieme noi le tue pic- cole sorelle abbiamo riflettuto e soprattutto pregato tanto per toccarti in Spirito affinché le parole che leggerai non ti feriscano troppo ma raggiungano lo scopo che è quello di illuminarti sulla urgente necessità di lasciare la Terra dei Mori e tornare. «La fraternitas è come una povera barca in mezzo a una grande tempesta e corre il rischio di essere sommer- sa. Ecco la causa. Chi la guida in tua assenza dà ordini ai Fratelli e alle Sorelle opposti e contrari a quelli che in- tendevi tu. Questo provoca discussioni e liti continue che tu conosci ma che sapevi gestire con pazienza e saggezza. Tre mesi dopo che sei partito per la Terrasanta ci sono state assemblee di Fratelli sempre più frequenti alle quali noi Sorelle non eravamo mai chiamate a partecipare. Leone, Egidio e qualche altro venivano tristissimi a rife- rirci quanto accadeva. E tu puoi immaginare quello che accadeva. Riproponevano per la Fratellanza una Regola di vita opposta a quella che tu avevi indicato con tanta chiarezza e pazienza. Chi si opponeva veniva zittito e cacciato fuori. Per questo tanti Fratelli sono confusi, altri tristissimi e dispersi. Molti invece sono contenti di segui- re le nuove direttive. «La prima conseguenza è che la nostra amatissima Si- gnora Povertà fedele compagna della nostre vite è caccia- ta via con fastidio e persino disprezzo. I Fratelli che con- tinuano ad amarla sono accusati di eresia e cacciati ma il vero motivo è che sono considerati troppo fedeli alle tue direttive. Il cuore di tutta la questione tu la conosci bene. Dicono che tu negavi loro il diritto di studiare e di ap- profondire con lo studio la parola di Gesù Cristo. Lo sanno bene che tu dicevi ben altro. Dicevi che lo studio è importante quando aiuta gli uomini a essere liberi e dice- vi anche che lo studio è persino santo se è al servizio del- la Verità e della Vita. E per te proprio Cristo è Verità e Vita. Per molti di loro invece lo studio è un mezzo per sottomettere chi non ha studiato e non conosce le parole per chiedere giustizia. Ed è proprio la parola fraternitas che sembra irritare questi dotti come se non ne compren- dessero il significato travolgente, quello che ha travolto te e attraverso te tanti uomini e donne compresa me. Que- sto ci dà una grande tristezza e possiamo soltanto prega- re per questi fratelli dotti affinché Gesù Cristo li illumini ma per ora — è amaro dirtelo — sono vincenti e tenuti in considerazione da Roma. «Ed è a causa di tutto questo che la tempesta si è ab- battuta anche su di noi Piccole Sorelle tue. Due mesi fa da Roma è arrivato l’ordine di fare di San Damiano, che per noi è sempre stata semplicemente la Casa, un vero convento come tutti gli altri conventi. Se ricordi bene c’era già una minaccia nell’aria anche prima che tu partis- si ma grazie alla tua presenza l’autorità restava ferma co- me una belva trattenuta a catena. L’ordine da Roma ha imposto da subito a noi Sorelle di non uscire mai più e di non incontrare più i Fratelli, nessuno di loro. Eppure non ci fu mai scandalo di qualsiasi specie ma scambio di aiuto e di consigli e ci aiutavano coi malati all’ospizio per casi difficili come i paralitici da far muovere. Erava- mo di fatto una fraternitas . Oltre a portoni e cancelli an- persona. Esultava per la gioia ma pare che a Roma ab- biano altre idee. È evidente che in Terrasanta hanno bi- sogno di te e io e le Sorelle rischiamo di essere importu- ne. Ma è giusto che tu conosca tutto per poter decidere e per questo preghiamo tanto e...». La lettera si interrompe qui. Provocò di sicuro molto dispiacere a Francesco. Sapeva che Chiara non l’avrebbe mai scritta se i fatti non fossero stati anche peggiori. Elia da Cortona che stava con lui in Terrasanta, ricorda che l’amico leggendola aveva le lacrime ma non rivelò il con- tenuto a nessuno. Decise però di tornare in Italia col pri- mo possibile vascello. Questa lettera non è mai stata letta da alcun biografo. Nelle Fonti francescane si legge però una lettera inviata da Chiara a Francesco in cui lo sollecitava a tornare. Era in- fatti il periodo nel quale dentro alla fraternitas c’erano grandi dissensi. L’ho scritta immaginandola. Ora mi sem- bra così vera che non posso distruggerla. che le sbarre alle finestre ci separano da tutti. Non abbia- mo più potuto andare a lavorare chi al servizio in una ca- sa di benestanti chi alla fabbrica per ottenete il sostenta- mento per noi e per i nostri fratelli poveri o ammalati. Ti chiederai di che cosa viviamo. Ecco la maggiore sor- presa. Il nutrimento ci deriva dalle consegne dei “nostri contadini” che ci portano ogni ben di Dio. Noi siamo di- ventate infatti le loro “padrone”. Insomma la Chiesa ci ha conferito delle rendite e così viviamo di rendita. Sem- bra quasi uno scherzo se pensi che io e altre sorelle ab- biamo lasciato comodi palazzi e ricche mense per abbrac- ciare Signora Povertà per vergogna verso i fratelli svan- taggiati. Siamo di nuovo privilegiate e protette e ci sen- tiamo come quei pupazzetti coi quali si gioca da bambi- ne e che vengono sbattuti qua e là. Il Commesso Pontifi- cio che ci ha portato il documento riguardo l’usufrutto delle terre che ci hanno conferito ha riso quando gli ho detto che non volevamo quel privilegio di rendita ma in- vece il privilegio di essere povere. Ci ha fatto notare che moltissimi fratelli erano ben felici di avere ottenuto delle sedi confortevoli per lo studio e la preghiera. Non c’è stato verso di fargli capire che eravamo felici di guada- gnarci di che vivere come fanno la maggior parte dei “fratelli”. Non riusciva a capire che non mi riferivo a fra- telli di sangue ma ai fratelli in Dio che è ben più impor- tante. È stato un dialogo impossibile. I primi tempi non riuscivamo quasi a mangiare per l’imbarazzo. Ci vergo- gnavamo e donavamo tutto. Poi insieme a Leone e Pietro sono andata dal Vescovo a parlargli e così d’intesa con lui, con lui solo, appena fa buio io e alcune sorelle uscia- mo a portare cibo e assistenza ai nostri fratelli in difficol- tà. Ma il principale impulso per la nostra resistenza è la certezza che quando tornerai verrà chiarito questo equi- voco. Un’interpretazione così errata delle parole del Van- gelo non può che essere un equivoco. E proprio a causa di questo equivoco tanti Fratelli hanno accettato case e persino palazzi per vivere nell’agiatezza. Dicono che stu- diano e che perciò necessitano di riposare comodi, di nu- trirsi con cibi delicati e vestirsi con panni morbidi. Non la pensano così i primi arrivati alla fraternitas , Leone, Ru- fino, Pietro, Egidio e altri. Sono rimasti fedeli al Vangelo alla lettera e pertanto continuano a vivere come prima ma sperano e pregano perché presto si faccia chiarezza. Quanto sia necessario che tu esista non puoi neanche im- maginarlo. «È giunta qui la notizia, grazie a un mercante che l’ha diffusa, che hai incontrato il Sultano e che avete parlato di una possibile Pace. Il Vescovo è venuto a riferircelo di William Hague in Rwanda con Angelina Jolie, ambasciatrice dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (marzo 2013)

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