donne chiesa mondo - n. 5 - ottobre 2012

L’OSSERVATORE ROMANO ottobre 2012 numero 5 Inserto mensile a cura di R ITANNA A RMENI e L UCETTA S CARAFFIA , in redazione G IULIA G ALEOTTI www.osservatoreromano.va donne chiesa mondo women church world mujeres iglesia mundo femmes église monde donne chiesa mondo women church world mujeres iglesia mundo femmes église monde donne chiesa mondo E comparvero le donne Tavola rotonda sull’apporto del Vaticano II alle trasformazioni del ruolo femminile nella Chiesa. Con una nostra proposta per proseguire lungo la via del concilio Fratel Roger aveva chiesto che nella Chiesa fosse istituito un ministero dell’ascolto nel quale la donna avrebbe dovuto avere un ruolo centrale Marek Durski è entrato nella Comunità di Taizé nel 1977, primo frère proveniente da un Paese dell’Europa dell’est. Dal 1999 è sacerdote. Negli anni Ottanta ha vissuto a lungo a Roma, dove Taizé ha organizzato due incontri europei. E a Roma si trova attualmente per preparare l’incontro del 2012. la fedeltà alla Chiesa. Era necessario mediare i termini del conflitto in modo intelligente. Le indicazioni del concilio entrarono come un vento, anche con una certa violenza, spinte soprattutto dalle suo- re del Nord America. Erano soprattutto loro a chiedere con maggiore forza il cambiamento. Ricordo che ci dice- vano: voi italiane volete più regole per poi non rispettarle del tutto, noi ne vogliamo poche perché le rispettiamo fi- no in fondo. C ATERINA C IRIELLO Nella mia congregazione — le Figlie di Gesù di Salamanca, fondata in Spagna nel 1870 — ci fu invece fin dal primo momento partecipazione e interesse. Ascoltavamo le sedute del concilio in diretta alla radio, le discutevamo e le commentavamo. Il cardinale protettore in visita ci raccontava passo passo le fasi dei lavori. Se già il concilio in sé era un fatto straordinario, la pre- senza delle donne era addirittura sconvolgente. Era evi- dente che le ventitré uditrici erano un po’ sfasate: da una vita quasi monastica, appartata, silenziosa, erano improv- visamente balzate alle luci della ribalta. Il loro ruolo, co- munque, non fu di poco conto. So bene che diversi stori- ci, soprattutto in libri recenti sul Vaticano II , hanno scrit- to che non hanno portato alcun contributo al concilio. Ma non è assolutamente vero! Il loro ruolo è stato silen- zioso, ma di grande significato. Come spesso avviene, le donne ci sono e agiscono senza clamore, ma non per que- sto il loro ruolo è ininfluente. Sicuramente i superiori ci volevano dare la loro inter- pretazione del concilio perché avevano paura del cambia- mento sia della Chiesa che delle donne. E sapevano bene che importanti cambiamenti ci sarebbero stati . R ITANNA A RMENI La comunità di Taizé si è accorta della presenza delle donne al concilio? O vi è arrivata — chiedo a fratel Marek — solo la voce "ufficiale" e anche voi avete pensato che le uditrici fossero solo fisicamente presenti, senza però aver portato alcun reale contributo? M AREK D URSKI Il nostro fondatore fratel Roger — la co- munità cristiana monastica ed ecumenica di Taizé fu fon- data da Roger Schutz nel 1940 — partecipò a tutte le ses- sioni del concilio e conobbe personalmente una delle ven- titré uditrici, l’argentina Margarita Moyano, e la invitò a Taizé per raccontare la sua esperienza. Abbiamo quindi ascoltato il concilio anche attraverso la voce di una don- na, e questo per noi è stato molto importante. Margarita Moyano ci trasmise una visione della Chiesa nuova anche per nostra comunità. È stata lei che ci ha spinto ad aprirci a una Chiesa più povera, più missionaria e più pasquale. Moyano era una laica: non dimentichiamo che la testimo- nianza delle donne laiche ha influito molto nel rapporto con la fede delle donne latinoamericane. Fratel Roger aveva capito subito l’importanza del ruolo delle donne nel lavoro pastorale, e in particolare aveva ca- pito che nel rapporto con i giovani del nostro movimento le donne erano indispensabili. Davano della Chiesa una visione nuova ed entusiasmante. Ormai da molti anni noi collaboriamo proficuamente con tre congregazioni femmi- nili: le suore di Sant’Andrea, le suore orsoline del Sacro Cuore di Gesù agonizzante e le Figlie della Carità. L UCETTA S CARAFFIA L’apertura del concilio alle donne fu un atto rivoluzionario soprattutto dal punto di vista sim- bolico: ancora oggi commuove pensare all’ingresso di questo drappello di donne, vestite di nero e con il velo in testa, in uno spazio fino ad allora rigorosamente riservato agli uomini. Negli anni Sessanta non esistevano assemblee mondiali di vertice in cui fosse assicurata una presenza femminile, la prima a farlo è stata la Chiesa. La loro pre- senza ha prodotto effetti anche nei decenni seguenti. Molte di loro — come Margarita Moyano — hanno testi- moniato il concilio Vaticano II anche in Paesi lontani. Ma ci sono state anche conseguenze negative. Molte delle protagoniste del concilio infatti hanno pagato caro questo coinvolgimento: da una parte, Sabine de Valon, superiora generale delle Dame del Sacro Cuore e coordinatrice del drappello femminile, colei che ha dovuto mediare i prov- vedimenti sulla vita consacrata con le congregazioni fem- minili, non resse a questo stress e si ammalò di esauri- mento nervoso, per cui si dovette ritirare da tutte le cari- che. Dall’altra, uditrici come Gladys Parentelli e Rie Ven- drik, presero posizioni sempre più critiche nei confronti della Chiesa perché non permetteva di mettere in discus- sione l’esclusione delle donne dal sacerdozio, ponendosi in una posizione marginale. In sostanza, la prima apertura ufficiale della Chiesa alle donne ha aperto molti problemi: in particolare, ha rischia- to di provocare una rottura con la gerarchia sul tema bol- lente del sacerdozio femminile, un tema che ha segnato — e che segna ancora oggi — il destino del rapporto delle donne con la Chiesa. Da allora in poi l’istituzione eccle- siastica ha temuto che aprendo alle donne, dando loro un ruolo e una visibilità, si finisse con il ritrovarsi davanti il problema del sacerdozio femminile. Io credo che non sia necessario essere ordinate sacerdoti per vedere riconosciu- to il ruolo delle donne nella Chiesa. Lo avevano compreso perfettamente le fondatrici delle congregazioni di vita attiva fra Ottocento e Novecento. Il loro esempio è importantissimo (e sarà poi anche l’esem- pio di Chiara Lubich): senza bisogno di rivendicazioni ideologiche, le fondatrici hanno lavorato, si sono prese le loro responsabilità e hanno assunto il ruolo che spettava loro nella Chiesa. Alla prova dei fatti sono state davvero femministe, più femministe di molte laiche loro contem- poranee, perché hanno cambiato le cose nel concreto. E non solo nella Chiesa, ma nel mondo. Un cambiamento che è avvenuto mantenendo viva la differenza fra donne e uomini, senza mirare a una uniformità che non rispetta la natura umana e rischia di creare solo confusione. C ATERINA C IRIELLO Su quel che avvenne fra le donne e la Chiesa durante e dopo il concilio c’è anche da dire un’altra cosa. La ricostruzione storica l’hanno fatta in ge- nere gli uomini e quindi è, inevitabilmente, di parte. Dobbiamo ricordare che le donne al Vaticano II hanno preso molto sul serio la consegna del silenzio, quindi han- no parlato e scritto poco. Così è finito spesso che le loro congregazioni abbiano appreso quanto avveniva nelle se- dute conciliari più leggendo i giornali che ascoltandole direttamente. Del resto le donne nella Chiesa hanno sem- pre avuto scarsa possibilità di parola. Non dimentichiamo che hanno potuto leggere le letture solo a partire dal 1983, con il nuovo codice di diritto canonico. R ITANNA A RMENI Colpisce particolarmente, ricordando la presenza delle donne al concilio, la figura di Paolo VI che le ha volute malgrado l’opposizione di parte consistente della gerarchia e che ha chiuso i lavori con un messaggio a loro sostenendo che possono tanto per aiutare l’umanità a non decadere. L UCETTA S CARAFFIA Certo, Paolo VI fu il Pontefice che invitò le donne al concilio pur sapendo che gran parte della gerarchia era contraria. L’atteggiamento dei Padri conciliari verso le uditrici era vario: alcuni ne furono feli- ci, tanti furono sostanzialmente indifferenti, molti disap- provarono: quella di Montini fu decisamente una scelta coraggiosa. Una scelta che faceva tornare la Chiesa alle origini. Alla fine il concilio Vaticano II — che all’inizio aveva escluso le donne — ha dato loro molto di più di quello che pensava di concedere. Paolo VI ebbe una gran- S ono entrate solo alla terza sessione del concilio e come uditrici. Ammesse per esplicito volere di Paolo VI , dalle iniziali diciassette divennero ven- titré, dieci religiose e tredici laiche (nove nubili, tre vedove, una sposata). Entrarono in sordina, ma il loro contributo si rivelò superiore a quello che si sa- rebbe pensato, e che per solito si pensa ancora. Presero parte ai lavori delle commissioni e dissero la loro. Non fu- rono, insomma, solo passive “uditrici”. Del resto era stato lo stesso sostituto della Segreteria di Stato monsignor An- gelo Dell’Acqua a spiegare (come attesta il verbale di un’udienza del 21 gennaio 1965) che la posizione di uditri- ce «non deve essere intesa in senso passivo; essa impegna chi ne ha ricevuto il mandato a dare un apporto di studio e di esperienza alle commissioni incaricate di rivedere e di emendare gli schemi in preparazione alla quarta sessione del concilio». R ITANNA A RMENI Il tema della nostra tavola rotonda è «donne e concilio Vaticano II ». Vorremmo affrontare due argomenti che finora nelle celebrazioni ufficiali sono rima- sti in ombra. Innanzitutto il ruolo effettivo delle donne che vi parteciparono, se e come riuscirono a influenzare i lavori. In secondo luogo, cosa altrettanto importante, le conseguenze della rivoluzione conciliare sulle religiose e sulle laiche. Per arrivare all’eredità del Vaticano II oggi nel rapporto fra le donne e la Chiesa, un rapporto che — come sappiamo — non sempre è facile. Vorrei cominciare da una domanda personale a madre Maria Barbagallo che all’epoca era in missione a Torino. Come ha vissuto lei con le sue sorelle i mesi del concilio? M ARIA B ARBAGALLO All’inizio non capivamo molto. Non ci era facile seguire i lavori perché a noi arrivavano poche notizie, per lo più filtrate dai superiori. Posso dire come cambiò la nostra vita. La nostra congregazione — le Mis- sionarie del Sacro Cuore di Gesù, fondate a Codogno da santa Francesca Cabrini nel 1880 — era strutturata secon- do un’organizzazione monastica, in cui la vocazione si misurava sulla capacità di obbedire e di osservare le rigide regole. Erano regole che con alcuni permessi potevano qualche volta cambiare, ma la nostra vita era comunque molto disciplinata. Con il concilio Vaticano II si introdusse invece la di- stinzione cruciale fra vita monastica e vita apostolica. Una distinzione che non fu facile da comprendere e da pratica- re specie per le suore più anziane, abituate a una vita che seguiva altre norme. Ci fu tra noi qualche incertezza. Si pose il problema di come conciliare la fedeltà convinta al nostro ordine e alle regole volute dalla nostra fondatrice e C ATERINA C IRIELLO La sola ad aver messo per iscritto le sue memorie conciliari fu suor Costantina Baldinucci, su- periora generale dell’Istituto Maria Bambina, l’unica ita- liana presente, una donna che riesce a dire le cose con dolcezza e incisività. Le sue memorie, Il postconcilio e la suora , sono state pubblicate nel 1967, e sono particolar- mente interessanti per gli spunti che offrono per capire il concilio dalla prospettiva della vita consacrata. Il Vaticano II si è arricchito delle quote rosa piuttosto in ritardo, solo nel settembre 1964, una settimana dopo l’avvio dei lavori (le lettere di invito per le donne hanno come data quella di una settimana dopo l’inizio dei lavo- ri!). La scelta dei nomi delle uditrici non fu casuale, ma avvenne sulla base di criteri precisi: l’appartenenza a isti- tuti religiosi di diversa nazionalità e in grado di offrire personale molto qualificato, adatto a ricoprire “ogni man- sione”. Si passano al vaglio le qualità delle religiose più conosciute con un’attenzione che ricade sulle congrega- zioni più grandi non solo per numero di appartenenti, ma anche per varietà di attività apostoliche. Proprio per que- sto, per esempio, il cardinale Antoniutti giudicò poco adeguata la scelta delle rappresentanti di Libano ed Egit- to in quanto «a capo di piccoli istituti» (come scrisse in una lettera al cardinale Cicognani del 21 settembre 1964). Gli fu spiegato, però, che suor Khouzam aveva svolto il suo mandato di generale per ben quindici anni, e nel dif- ficile momento della guerra anglo-franco-israeliana, la na- zionalizzazione del canale di Suez e la guerra del Sinai. Mentre suor Ghanem aveva fondato, oltre all’assemblea delle superiori maggiori del Libano, l’Istituto di Scienze superiori di Beirut in vista della formazione teologica di religiosi e clero. R ITANNA A RMENI Sarebbe interessante capire se le venti- tré donne presenti al concilio hanno avuto anche un rap- porto fra di loro. Si sono confrontate fra loro, fra donne, oltre che con gli uomini? C ATERINA C IRIELLO Fra le uditrici laiche e le uditrici con- sacrate si formò rapidamente un gruppo di lavoro sulle questioni sulle quali collaborare, definendo le procedute concrete per realizzarle. Le uditrici si considerano innan- zitutto donne e vogliono ridare voce alle donne nel mon- do e nella Chiesa. Il gruppo intende affrontare i medesimi temi dei lavori del concilio, ma vuole farlo con una flessi- bilità maggiore rispetto all’agenda ufficiale. L UCETTA S CARAFFIA Mi risulta che molti ordini religiosi femminili hanno vissuto le indicazioni del concilio attra- verso un intervento esterno, di natura maschile, che ha obbligato le religiose a delle scelte diverse da quelle prati- cate fino a quel momento. Non è stato facile per donne che si erano date un ordinamento autonomo — quasi sem- pre a opera della fondatrice — accettare ciò che era deciso da altri e che quindi era vissuto come una imposizione dall’alto. Le carmelitane scalze, per esempio, dopo il con- cilio si sono divise. Da un lato vi erano le monache che difendevano la costituzione originaria, opera di santa Te- resa, dall’altro quante accettavano il cambiamento del concilio. Dalle cabriniane, un altro esempio, è arrivato pa- dre Molinari a insegnare le nuove regole scaturite dal concilio Vaticano II , riproponendo lo schema di un uomo che arriva alle donne e spiega loro cosa fare. Non è vero madre Maria? religiose e alle laiche di assumersi finalmente responsabili- tà dirette nella liturgia e nella vita parrocchiale. La condi- zione delle donne nella Chiesa è cambiata dopo il conci- lio grazie alle riforme che hanno ampliato la possibilità per i laici di partecipare alla vita della Chiesa, valida sia per le donne che per gli uomini, ma raccolta soprattutto dalle donne, e per l’apertura degli studi — in particolare quelli di teologia — alle donne. Queste riforme hanno permesso che si moltiplicassero le teologhe, che sono intervenute in modi spesso non marginali nell’interpretazione dei testi Sacri e su questioni dottrinali, e più in generale che la cultura media delle re- ligiose si alzasse considerevolmente, facendo così diminui- re il dislivello culturale che le separava dai religiosi. Da queste riforme è nata la realtà oggi presente in molte par- rocchie, delle donne catechiste e pure delle chierichette. Da questo punto di vista l’intervento del concilio è stato decisivo, e i suoi effetti si possono vedere soprattutto og- gi, dopo cinquant’anni, perché hanno fruttificato nel lun- go periodo. Anche se spesso le donne guardano solo a quello che non hanno — atteggiamento spesso condiviso anche da al- cune uditrici, che si sono sentite defraudate dalle loro speranze di riforma dopo il concilio — dobbiamo conclu- dere che il Vaticano II , per le donne cattoliche, è stato una vera benedizione. R ITANNA A RMENI Dal concilio sono passati cinquant’anni. Sono abbastanza perché si possa fare un bilancio a poste- riori, per dire se il ruolo delle donne in questi anni è cam- biato e magari per indicare qualche passo in avanti? M AREK D URSKI La parola chiave dei nostri giorni è co- munione. La Chiesa come comunione di fedeli. Fratel Ro- ger l’aveva capito quando ha fatto una proposta nuova: ha chiesto che fosse istituito nella Chiesa un ministero dell’ascolto, nel quale la donna avrebbe dovuto avere un ruolo centrale. È riconosciuta infatti alle donne una capa- cità di ascoltare che spesso gli uomini non hanno. Nel nostro ambito già in parte lo facciamo. A Taizé, oltre alla confessione, offriamo la possibilità di essere ascoltati da uomini e da donne: l’ascolto è cosa diversa dalla confes- sione (questa può seguire oppure no). L’ascolto è la capa- cità di dedicarsi all’altro, di prenderlo in considerazione, di fare attenzione alle sue parole, alla sua vita. Di curarsi di lui. L UCETTA S CARAFFIA E le donne, più degli uomini, sanno che per dare una risposta occorre prima ascoltare attenta- mente. Perché lo hanno sempre fatto. Sarebbe giusto rico- noscere loro questa capacità e questo impegno in un mi- nistero apposito. Un ministero, per di più, che corrispon- de a due importanti opere di misericordia spirituale: con- solare gli afflitti, consigliare i dubbiosi. M ARIA B ARBAGALLO È vero: gli uomini spesso questa ca- pacità di ascolto non ce l’hanno. Posso portare il caso della nostra congregazione. Ci sono casi in cui nelle car- ceri i detenuti non vogliono essere ascoltati dai sacerdoti, ma dalle suore. Lo chiedono esplicitamente. Evidente- mente trovano in loro una maggiore capacità di compren- sione. E non dimentichiamo che la capacità di ascoltare porta a una visione più ampia del cristianesimo. C ATERINA C IRIELLO Gli uomini non ascoltano, ma rac- contano! Sono loro, per esempio, che parlano della vita religiosa femminile. Invece, proprio a partire dal concilio Vaticano II , dovrebbero essere le donne, che hanno tanto dimostrato di saper ascoltare, a parlare di nuovo. L UCETTA S CARAFFIA Mi sembra una bella cosa che questo nostro incontro — nato per ricordare quelle donne che parteciparono al Vaticano II e l’influenza che questo ebbe sul rapporto successivo fra le donne e la Chiesa cattolica — si concluda con una proposta concreta: quella di un mi- nistero dell’ascolto che valorizzi le donne e produca un nuovo modello di collaborazione fra le donne e la Chiesa. In questi anni l’incontro è stato difficile, c’è stata tanta diffidenza dovuta a molti motivi. Ma le donne sono anda- te avanti. Le donne parlano, sono entrate nella sfera della liturgia, hanno accesso alle facoltà di teologia. Se è vero che parte della gerarchia ha ancora una mentalità misogi- M ARIA B ARBAGALLO La nostra congregazione è sempre stata caratterizzata da un’assoluta autonomia (a volte ce l’hanno addirittura rinfacciata!). Quella di padre Molinari è stata solo una parentesi. Le suore hanno preso sul serio l’idea del cambia- mento introdotto dal concilio, molto più di tanti sacerdoti nelle parrocchie che rimanevano Soprattutto in libri recenti sul Vaticano II diversi storici hanno scritto che le uditrici non hanno portato alcun contributo al concilio Ma non è assolutamente vero! Caterina Ciriello, religiosa della congregazione delle Figlie di Gesù di Salamanca, vive a Roma dove insegna storia della spiritualità e della vita consacrata presso la Pontificia Università Urbaniana e storia della Chiesa presso l’Angelicum. Tra i suoi libri: Dorothy Day (2011) ; Pietro Pavan (2012) . legati alle vecchie regole e temevano il cambiamento. E lo hanno portato avanti. I frutti di questo lavoro sono stati tanti e importanti. Le donne soprattutto africane, americane e latinoamerica- ne che si sono formate dopo il concilio Vaticano II hanno acquisito un ruolo centrale, le conferenze episcopali han- no dato loro ruoli e poteri: sono state Chiesa. In molte zone dove i preti erano pochi e sovraccarichi di lavoro al- le suore sono state affidate funzioni di parroco: mandava- no loro avanti la Chiesa, sostituendo i sacerdoti in tutto tranne che nella consacrazione, nella piena accettazione dei fedeli. Le suore latinoamericane, dal canto loro, hanno compreso di essere agenti di trasformazione dei rispettivi Paesi. Non dimentichiamo che le donne hanno una capacità di entrare in sintonia con l’altro, di non urtare in modo diretto i nemici, di essere davvero — e non solo in modo esteriore — diplomatiche. E tutto questo viene sempre dal concilio Vaticano II ! La prima apertura ufficiale della Chiesa alle donne ha aperto molti problemi In particolare ha rischiato di provocare una rottura con la gerarchia sul tema bollente del sacerdozio femminile Lucetta Scaraffia insegna storia contemporanea all’università di Roma La Sapienza. È membro del Comitato nazionale di bioetica e consultore del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Tra i suoi libri: Donne e fede (con Gabriella Zarri, 1994); Il giubileo (1999); Due in una carne (con Margherita Pelaja, 2008). Spinte soprattutto dalle suore nordamericane pronte al cambiamento le indicazioni del concilio entrarono come un vento E anche con una certa violenza Maria Barbagallo è entrata a 24 anni nella congregazione delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, fondata da santa Francesca Cabrini. Dal 1974 missionaria tra i poveri in America centrale, per dodici anni è stata superiora generale delle cabriniane. Tra i suoi libri, Fino agli estremi confini del mondo (2012). Colpisce particolarmente la figura di Papa Montini Paolo VI infatti volle le donne ai lavori malgrado l’opposizione di una parte consistente della gerarchia Ritanna Armeni è giornalista e ha lavorato a «il manifesto», «l’Unità», «Rinascita», «Liberazione» e all’agenzia Asca. Editorialista de «il Riformista», per quattro anni ha condotto su La 7 Otto e mezzo con Giuliano Ferrara e ha collaborato con Radio Tre. Tra i suoi libri, La colpa delle donne (2006), Prime donne (2008) e Parola di donna (2011). de intuizione, come del resto conferma il suo saluto fina- le, per nulla scontato ma ancora oggi molto criticato dalle femministe perché ribadiva la diversità femminile e il ruo- lo sostanzialmente materno. R ITANNA A RMENI Ma proprio nessuna tra le ventitré udi- trici ha sentito di dover scrivere, di dover dare un proprio contributo alla storia di quell’evento straordinario? Riconciliate gli uomini con la vita A chiusura del concilio Vaticano II , Papa Montini rivolse un messaggio in undici punti alle donne. Era l’8 dicembre 1965. Eccone il testo. 1 Ed ora è a voi che ci rivolgiamo, donne di ogni condizione, figlie, spo- se, madri e vedove; anche a voi, vergi- ni consacrate e donne nubili: voi siete la metà dell’immensa famiglia umana! 2 La Chiesa è fiera, voi lo sapete, d’aver esaltato e liberato la donna, d’aver fatto risplendere nel corso dei secoli, nella diversità dei caratteri, la sua uguaglianza sostanziale con l’uo- mo. 3 Ma viene l’ora, l’ora è venuta, in cui la vocazione della donna si completa in pienezza, l’ora in cui la donna ac- quista nella società un’influenza, un irradiamento, un potere finora mai raggiunto. 4 È per questo, in questo momento nel quale l’umanità sperimenta una così profonda trasformazione, che le donne imbevute dello spirito del Van- gelo possono tanto per aiutare l’uma- nità a non decadere. 5 Voi donne avete sempre in dote la custodia del focolare, l’amore delle origini, il senso delle culle. Voi siete presenti al mistero della vita che co- mincia. Voi consolate nel distacco del- la morte. La nostra tecnica rischia di diventare disumana. Riconciliate gli uomini con la vita. E soprattutto ve- gliate, ve ne supplichiamo, sull’avve- nire della nostra specie. Trattenete la mano dell’uomo che, in un momento di follia, tentasse di distruggere la ci- viltà umana. 6 Spose, madri di famiglia, prime educatrici del genere umano nel se- greto dei focolari, trasmettete ai vostri figli e alle vostre figlie le tradizioni dei vostri padri, nello stesso tempo che li preparate all’imprevedibile futu- ro. Ricordate sempre che attraverso i suoi figli una madre appartiene a quell’avvenire che lei forse non vedrà. 7 Ed anche voi, donne nubili, sappia- te di poter compiere tutta la vostra vocazione di dedizione. La società vi chiama da ogni parte. E le stesse fa- miglie non possono vivere senza il soccorso di coloro che non hanno fa- miglia. 8 Voi soprattutto, vergini consacrate, in un mondo dove l’egoismo e la ri- cerca del piacere vorrebbero dettare legge, siate le custodi della purezza, del disinteresse, della pietà. Gesù, che ha conferito all’amore coniugale tutta la sua pienezza, ha anche esaltato la rinuncia a questo amore umano, quando è fatta per l’Amore infinito e per il servizio di tutti. 9 Donne nella prova, infine, voi che state ritte sotto la croce ad immagine di Maria, voi che tanto spesso nella storia avete dato agli uomini la forza di lottare fino alla fine, di testimonia- re fino al martirio, aiutateli ancora una volta a ritrovare l’audacia delle grandi imprese, unitamente alla pa- zienza e al senso delle umili origini. 10 O voi donne, che sapete rendere la verità dolce, tenera, accessibile, impe- gnatevi a far penetrare lo spirito di questo Concilio nelle istituzioni, nelle scuole, nei focolari, nella vita di ogni giorno. 11 Donne di tutto l’universo, cristiane o non credenti, a cui è affidata la vita in questo momento così grave della storia, spetta a voi salvare la pace del mondo! na, è anche vero però che le critiche e le richieste troppo radicali danneggiano fortemente e impediscono il dialogo. Oggi si può ricominciare partendo proprio dal modello che ci propongono le donne che in questi anni hanno sa- puto ascoltare, dare, fare conquistando un ruolo senza ri- vendicarlo, ma con l’azione concreta, con la loro presenza e con il loro impegno. Sono proprio loro che oggi posso- no chiedere a buon diritto un ministero dell’ascolto. Da qui si può proseguire costruttivamente sulla strada traccia- ta dal Vaticano II , che un posto di maggiore responsabili- tà alle donne lo dava, senza mettere in discussione la dot- trina sul sacerdozio. L UCETTA S CARAFFIA Vorrei aggiungere che quan- to dice madre Maria, un fatto indubitabile, ci porta a un altro tipo di riflessione: non sono state le donne invitate al concilio a stimolare i grandi cambiamenti che hanno permesso alle Dina Bellotti, «Paolo VI » (1987)

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