donne chiesa mondo - n. 5 - ottobre 2012

L’OSSERVATORE ROMANO ottobre 2012 numero 5 Sua madre confrontava tutte queste cose nel suo cuore donne chiesa mondo Il manto del concilio «Ma dov’è qui l’altra metà del genere umano?» si chiedeva il cardinale Suenens il 22 ottobre 1963, un anno e undici giorni dopo l’apertura del Vaticano II . Effettivamente poi le donne sarebbero arrivate al concilio in qualità di uditrici, ma è comunque a questa domanda del porporato belga nella sua portata più ampia che abbiamo cercato di rispondere con questo numero del nostro inserto pressoché interamente dedicato a quella poco ricordata presenza di cinquant’anni fa. E alle conseguenze che il concilio ebbe sulla storia del rapporto tra donne e Chiesa. In una parola, «approfondire» (termine con cui Jean Guitton nel 1965 indicò l’azione voluta da Paolo VI ). Lo abbiamo fatto cercando di vedere le cose in modo più complesso di quanto non si tenda a fare commentando numeri, assetti, assenze e quote. E lo abbiamo fatto cercando di essere equilibrate: la marginalizzazione delle donne nella Chiesa è vera, ma la via per superarla non può essere lo scontro. Per introdurre il tema, ci siamo affidate ad alcune pagine di diario della giornalista cattolica americana Dorothy Day, che ricordano in particolare il Papa che aprì il concilio. Per chiudere il tema, invece, abbiamo dato la parola direttamente a Paolo VI che fu talmente coraggioso da volere (diversamente da gran parte della gerarchia e dei Padri conciliari) che a quelle storiche giornate partecipassimo anche noi. Del resto, nell’ottobre 1967 Day farà il suo terzo viaggio a Roma, come ospite d’onore all’incontro internazionale dei laici. E in quella occasione riceverà la comunione dalle mani di Papa Montini. È un cerchio che si chiude: il sacramento ricevuto da Paolo VI traccia la strada anche per noi adesso. Isabella Ducrot vede il manto dorato di Maria che protegge i Padri conciliari. Li accoglie nella gioia e nella preziosità dell’oro e del giallo che è calore, mietitura, luce. Per volere espresso di Giovanni XXIII , il concilio si aprì nel giorno dedicato alla Divina maternità di Maria (proclamata a Efeso). La protezione che il Papa volle per lo svolgimento dei lavori non era una protezione solo mariana: era anche la celebrazione dell’Incarnazione, dell’«unione indissolubile di Dio e dell’uomo in Cristo» di cui ha parlato Benedetto XVI . Sotto questo manto dobbiamo metterci tutti. ( g.g. ) Stava parlando a noi in particolare La giornalista americana nel giugno 1963 racconta sul «Catholic Worker» i suoi giorni a Roma durante il Vaticano II di D OROTHY D AY O ggi, noi Madri per la Pace — don- ne provenienti da Hiroshima, Perú, Colombia, Stati Uniti, Austria, Germania, Norvegia, Svezia, Bel- gio, Olanda, Francia e Italia — sia- mo state ricevute dal Santo Padre in una di quelle grandi udienze in San Pietro, insieme a gruppi di scolaresche provenienti da molti Paesi. All’inizio siamo rimaste deluse (in particolare quelle tra noi che non erano cattoliche) per non aver avuto l’opportunità di parlare, ciascuna di noi, con Papa Giovanni, ma lo scenario è stato perfetto per il discorso che egli ha fatto sulla pa- ce, rivolgendosi a noi donne, ringraziandoci per il nostro pellegrinaggio e i messaggi di pace, e dicendo che ciò recava conforto al suo cuore e benedizione a noi, raccomandandoci di ritornare a casa per lavorare a favore della pace. Quanto è stato gioioso questo pellegrinaggio! Ho pregato ci abbia lasciati con quella sofferenza che fa ine- vitabilmente parte dell’amore, e anche con la paura. Se quanto viene riportato circa le sue ulti- me parole è vero, si è trattato della paura che i suoi figli, come chiamava tutti noi nel mondo, non ascoltassero le sue grida per la pacem in ter- ris . Offriva le sue sofferenze (così aveva detto prima di morire) per la continuazione del conci- lio a settembre e per la pace nel mondo. Ma aveva anche detto, quasi gioiosamente, che il suo bagaglio era fatto e che era pronto a partire, e che dopo ogni morte c’è l’inizio di una nuova vita. Il 22 maggio, proprio il giorno prima di ri- prendere il mare in direzione New York, ebbi l’immenso privilegio di essere presente alla sua ultima apparizione in pubblico. Stava alla fine- stra, guardando la folla davanti a San Pietro. Quel mercoledì, come al solito, era prevista un’udienza alle dieci e mezza, e la grande basili- ca era stipata di gente quando venne dato l’an- gruppo di donne, appartenenti per la maggior parte a fedi diverse e anche non credenti, aveva- no desiderato compiere questo tentativo di far giungere al Santo Padre una supplica per la con- danna della guerra nucleare e per lo sviluppo del concetto di resistenza non violenta. Il tentativo stesso ha fatto emergere con chia- rezza quanto sia difficile l’impegno a favore dell’unità e della coesistenza. Ottenere udienza dai principi della Chiesa non è più facile che ot- tenerla dai principi del mondo. In quello che ge- neralmente consideriamo il regno dello Spirito esiste un protocollo, esistono la gerarchia e bloc- chi dell’uno e dell’altro genere, c’è la diploma- zia. Ci sono manovre per ottenere credito e rico- noscimento da parte di gruppi e nazionalità tra le donne stesse. Queste sono iniziate non appe- na il gruppo di donne provenienti dagli Stati Uniti è sceso dall’aereo e ha scoperto che Hilde- gard Goss Mayr, Marguerite Harris e io aveva- mo elaborato un documento preliminare di una pagina da inviare al Santo Padre. Visto il preca- rio stato di salute del Pontefice, il messaggio do- veva arrivare nelle mani dei suoi segretari entro le undici del mattino seguente, il lunedì, al fine di poter essere riconosciute durante l’udienza del mercoledì. Per avere la certezza che il nostro messaggio lo avrebbe raggiunto, doveva essere breve, completo e accompagnato dalle lettere personali delle donne, e da una sintesi di come era composto il pellegrinaggio. Per compilare quest’ultima, Marguerite aveva lavorato stoica- mente ogni pomeriggio e ogni sera nella nostra cabina a bordo della nave che ci portava a Ro- ma da New York. Aveva battuto a macchina di- verse copie delle brevi biografie delle donne americane che partecipavano e le teneva pronte per quel primo incontro. Fu però l’accettazione di quella pagina di messaggio a causare i proble- mi maggiori. Ci fu un incontro che durò dal momento in cui le donne si radunarono fino alle due di notte e, sebbene alla fine fosse stato accettato come ri- visto, la mattina seguente ci furono un nuovo di- battito, un incontro subito dopo la colazione e poi una frettolosa partenza per incontrare il car- dinale che doveva sottoporla all’attenzione del Santo Padre. Fu solo il primo di molti incontri. La barriera linguistica rendeva tutto più difficile. Venivamo da tanti Paesi, da tante fedi, da tante esperienze diverse. Di certo, il tempo per cono- scerci è stato troppo poco. Ma la maggior parte di noi spera di potersi nuovamente incontrare un giorno. È tanta la letteratura sulla pace, e se c’è una cosa che riesce a fare è proprio avvicinarci. Giunse il giorno dell’udienza. L’attesa fu lun- ga. Solo alle 12.20, finalmente, ci fu un movi- mento tra la folla, poi un improvviso silenzio, seguito da un boato di saluto. Il Papa iniziò a parlare: le parole che uscirono dalle sue labbra sembravano indirizzate a noi, al nostro gruppo, perché parlò dei «pellegrini della pace» che era- no venuti da lui, esprimendo la sua riconoscenza per il loro incoraggiamento. Continuò a rivolger- ci sorrisi radiosi, e tutti quelli che erano intorno a noi, vedendo i nostri distintivi — grandi come piattini, di un celeste intenso, con scritto in ita- liano Madri per la Pace — sorridevano e, indican- do alternativamente il Papa e noi, sembravano volerci far capire che stava parlando a noi in particolare. Sembrava troppo bello per essere ve- ro e se la gente intorno non avesse continuato ad assicurarci che stava parlando a noi, l’avrei considerata una coincidenza. Sentivamo che i nostri messaggi lo avevano raggiunto, per quan- to potesse sembrare impossibile. SUOR ULTIMA DI CONCILIA? LA PRIMA E UNICA VOLTA È STATO 48 ANNI FA... E NON VI HANNO FATTO LA MULTA? ...ERAVAMO IN 23, UNA RIVOLUZIONE ! UN MIRACOLO SUOR ULTIMA... ??!!!! di nuovo presso la tomba di san Pietro, dove ho avuto la fortuna di poter godere di una veduta completa su tutta la scena e lì, seduta tra un gio- vane borsista, studente di canto del Nicaragua, e una giovane romana, restauratrice di dipinti, ho pregato per tutti voi e ho ricevuto la benedizio- ne del Papa, che ha esteso a tutti i nostri cari. Alle 8 di mattina del 3 giugno sono approdata dalla nave di linea italiana Vulcania alla 45ª stra- da di New York. A bordo della nave, dove le notizie venivano diffuse tutti i giorni in italiano con un comunicato a forma di tabloid, avevamo ricevuto solo informazioni scarne sulla salute del Papa. Eravamo ancora seduti a pranzo, con la gente che andava e veniva nel piccolo apparta- mento di Kenmare Street, quando, alle 3 del po- meriggio, qualcuno arrivò con la notizia della morte del Papa. Era stata una lunga agonia, e ogni giorno avevo recitato la preghiera di rito orientale per una morte senza dolore per quel Padre tanto caro a tutto il mondo. Ma temo che finestra. Arrivai appena in tempo per vedere la tenda muoversi e il Papa apparire. Non mi ero resa conto di quanto fosse grande la piazza fino a quando non vidi quanto sembrava piccola la figura del Papa, lassù, a quella finestra. La sua voce giungeva forte attraverso un altoparlante. Recitò l’ Angelus , poi la preghiera agli angeli cu- stodi, concludendo con il Requiem per i defunti. Fu l’ultima volta che il pubblico vide il suo vol- to (molti avevano binocoli da teatro, quindi lo si può dire). Domandando alle persone nel piccolo convento che mi aveva ospitato l’ultima settima- na a Roma, appresi che nel suo ultimo discorso (l’udienza del mercoledì) il Papa aveva esortato tutti a leggere e ad approfondire le sue ultime encicliche, l’indizione del concilio, Mater et ma- gistra e Pacem in terris . Aveva detto tutto ciò che aveva da dire; questo fu l’ultimo messaggio che lasciò al mondo. Desidero raccontare qualcosa in più di questo viaggio a Roma, che si è concretizzato perché un nuncio che il Papa la notte prima era stato male e non sarebbe potuto essere presente quel giorno, ma che si sarebbe affacciato alla finestra per benedire la folla come era solito fare ogni domenica a mezzogiorno. Quel mattino avevo un appuntamento alle dieci e mezza nell’uffi- cio del cardinale Bea, e stavo scendendo dall’autobus 64 vicino al colonnato di sini- stra di San Pietro. Notai che la gente si affrettava a raggiunge- re la piazza. Le voci girano in fretta a Ro- ma, e domandando scoprii che di lì a po- co il Santo Padre si sarebbe affacciato alla Dorothy Day (a destra) e lo staff iniziale del «Catholic Worker» (Cortesia Henry Beck)

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