donne chiesa mondo - n. 2 - giugno 2012

Sua madre confrontava tutte queste cose nel suo cuore donne chiesa mondo L’OSSERVATORE ROMANO giugno 2012 numero 2 L’offerta delle donne Questo secondo numero di «donne chiesa mondo» è dedicato alla cura. Attività complessa e femminile che comprende l’attenzione, l’assistenza, la premura, la preoccupazione, l’educazione, l’impegno. E che richiede sentimento e intelligenza. Per curarsi e preoccuparsi degli altri non si può fare a meno né dell’uno né dell’altra. La cura dei corpi (e non solo dell’anima) è stato da sempre il compito e l’offerta delle religiose. Ma è anche il filo, il comportamento, il modo di essere che unisce tutte le donne e che anche il femminismo ha riconosciuto come elemento della differenza dall’uomo. «Sfortunatamente — ha detto di recente Benedetto XVI — questa dignità e missione donate da Dio alle donne non sono state sempre sufficientemente comprese e stimate». Da sempre e da molti infatti la cura (con il lavoro che essa richiede) è stata trascurata, non riconosciuta, ritenuta parte residuale del vivere umano. In realtà ne è l’elemento primo e fondante: senza cura non c’è vita. Curarsi dell’altro è il livello più alto di espressione dell’umanità. E le donne ne sono maestre. Nella «capacità dell’altro» risiede il genio femminile evocato da Giovanni Paolo II . A suor Anna Bałchan, che da anni si cura di donne e bambini vittime della violenza lavorando anche sulla strada con le vittime della tratta, è dedicata l’intervista di prima pagina. Alle religiose, che negli ospedali e non solo si occupano della cura dei corpi dei malati, la nostra inchiesta. È la preoccupazione e l’educazione dell’anima che si devono “smontare” per far posto alla volontà di Dio il cuore dello scritto di suor Maria Barbagallo, «una missionaria del nostro tempo» che ha prodigato le sue cure fra i poveri e i diseredati del mondo. La santa del mese è Elisabetta, la cui parola “autorevole” accolse Maria che andava a trovarla. ( r.a. ) Un calcio alla violenza Intervista a suor Anna Bałchan che semina «aiuto» per ridare dignità alle vittime di G IULIA G ALEOTTI * Gli Europei di calcio in corso riportano al centro della scena la domanda di sesso a pa- gamento che proprio in queste occasioni arri- va a picchi molto alti. Del fenomeno si è oc- cupato anche il Parlamento europeo nel 2006 con la campagna «Cartellino rosso alla pro- stituzione forzata durante gli eventi sportivi». Suor Anna Bałchan da anni si occupa in Polonia di questo problema. A lei chiediamo: la preoccupazione è reale? Il dipartimento per le politiche migrato- rie del ministero degli Interni polacco si è detto contento che il Parlamento europeo abbia notato il problema. Il rischio non va sottovalutato: gli artefici della tratta non sono borseggiatori, ma criminali. Il lavoro è incessante: ad esempio la fondazione Fi- gli di nessuno ha appena inaugurato una campagna d’informazione dallo slogan «non perdere», dedicata allo sfruttamento sessuale dei bambini. Sono stati organiz- zati corsi di formazione per poliziotti, for- ze dell’ordine e pedagoghi delle città ospi- tanti gli Europei. La polizia ha istituito una linea telefonica per i turisti; il centro nazionale di intervento e consultazioni per le vittime della tratta ha preparato posti letto in più, laddove servano. È un impe- gno massiccio di forze dell’ordine e ong che avrà senz’altro un forte effetto dissua- sivo. Ma contro la tratta occorre opporsi in modo sistematico: è un reato che avvie- ne ogni giorno vicino a noi e i criminali non aspettano certo il campionato. La vostra associazione, Po MOC (“aiuto”), nacque nel 2000 a Katowice, nel sud ovest della Polonia, per aiutare le donne a rischio e i loro bimbi, vittime della violenza sessuale e domestica, della tratta e della povertà. Co- me lavorate? Diamo un aiuto globale, assicurando un rifugio sicuro e sostegno socio-economico, terapeutico e spirituale per accompagnare nello sviluppo personale. Le vie concrete sono di diverso tipo e hanno diversi obiet- tivi, sebbene mirino tutte alla stessa finali- tà: avviare la persona al cambiamento. I nostri strumenti sono lo streetworking , il consultorio, il centro aperto 24 ore su 24, le case per favorire il reinserimento, l’atti- vità di formazione e prevenzione. Così per alcune ore i nostri volontari lavorano in strada con le vittime della tratta: prendo- no contatti, danno informazioni sulle pos- sibilità di ricevere aiuto, distribuiscono vo- lantini su hiv, aids e corsi professionali, celebrano le feste con le nuove schiave. È lo streetworking , è l’andare in strada a dare il semplice messaggio: se vuoi cambiare qualcosa, lo puoi fare. Dal 2001 al 2011 abbiamo fornito in media 160 ore di attivi- tà annuali. Al consultorio (dove prestano servizio anche psicologi, avvocati, terapeu- ti, assistenti sociali) redigiamo un piano di aiuto individuale e diamo gratuitamente consulenze legali, mediche e lavorative. Dal 2001 al 2011 abbiamo fornito 27.452 ore di consultorio. Il centro aperto 24 ore su 24 offre rifugio e alloggio, aiuto materiale, pedagogico, terapeutico, psi- cologico e spirituale. Dal 2004 al 2011 abbiamo ospitato 214 persone, di cui 121 donne e 93 minori (147 vittime di vio- lenza: rispettivamente 75 donne e 72 bimbi; 67 vittime della tratta: 46 e 21). Infine, le case per l’inserimento: è la tappa successiva nel processo verso l’autonomia. Occorre imparare a ge- stire la vita di una casa in tutti i suoi aspetti. Lo scopo è accrescere il senso di sicurezza della persona. Tutto di- venta occasione preziosa per seminare il cambiamento, e cercare di creare relazioni sane con il prossimo. Come nasce il vostro metodo «street- working»? Il metodo risale all’Ottocento quando le suore andavano alla sta- zione per accogliere le ragazze e le donne che arrivavano in città cer- cando lavoro: offrivano loro alloggio, corsi professionali, aiuti per trovare lavori onesti cercando di evitare che finissero nelle case chiuse. Oggi streetworking è un metodo sempre più popolare, diventato parte inte- grante dell’assistenza sociale. Coinvolge tanti gruppi: i senza tetto, i drogati, i bambini di strada, le vittime della tratta. Iniziai a lavorare con i bimbi di strada e poi passai alle donne: così ho instaurato un contatto e ho compreso i loro bisogni, premesse indispensabili per realizzare il cambiamento. Streetworking è necessario perché ci sono persone che, per i motivi più vari, non si rivolgeranno mai alle strutture di assistenza. Perché non cono- scono le possibilità di aiuto; perché prova- no vergogna nei confronti del loro gruppo di appartenenza; perché credono sia nor- male vivere in famiglia la violenza, l’alcoli- smo, l’abbandono, l’accattonaggio. Ha parlato di prevenzione... Le faccio un esempio concreto. Da quando vige il trattato di Schengen, molti polacchi partono per cercare lavoro all’estero: è fondamentale sappiano i rischi cui vanno incontro, quelli che sono i loro diritti, dove cercare aiuto. Collaboriamo con l’agenzia di lavoro Aterima : sui pul- lman diretti verso le città europee distri- buiamo testi in cui diamo queste informa- zioni. Lei fa parte della Congregazione delle Suore di Maria Immacolata, nata nel 1863: emi- grate in città in cerca di lavoro molte ragazze si ritrovavano sole, in balia di violenza, ma- lattie e avidità. Cosa è cambiato da allora nella società e nella Congregazione? I rischi per le donne ci sono sempre, per le suore erano nulle: chiuse le scuole professio- nali da loro gestite, chiusi i collegi, gli ospedali, gli orfano- trofi, lo Stato aveva requisito tutto. Ora invece le suore possono nuovamen- te svolgere il loro lavoro. Nel carisma del- la nostra Congregazione c’è l’impegno a favore della donna, una specie di full ser- vice dalla nascita alla morte naturale: tutto ciò che riguarda il suo ruolo nel mondo, il suo valore e la sua dignità nel piano del Creatore, l’aiuto per far loro sperimentare il Dio vivente. Nel 2004 la Polonia è entrata nella Ue: ci sono stati cambiamenti nell’area di cui vi oc- cupate? I cambiamenti sono stati tanti. Da un lato minori controlli, dall’altro nuovi peri- coli nascosti dietro attività apparentemen- te legali. La nostra impressione, però, è che la Ue abbia il progetto di legalizzare la prostituzione: non si parla mai di aiuti per le persone coinvolte in questa indu- stria, per le donne che vorrebbero cambia- re vita. Non esistono risorse economiche per dare loro un aiuto serio e specializza- to. L’aiuto che noi offriamo è possibile so- lo grazie ai benefattori individuali e a for- me, modeste, di autofinanziamento. Che significato ha che siano donne consacrate a mettersi in rapporto con una violenza così connotata sessualmente? Ogni donna è creata alla libertà, all’amore e a non essere usata. Come suo- re e come donne ci mettiamo insieme, e con una voce difendiamo quella realtà alla quale Dio ci ha chiamate, e cioè alla vita nella libertà e nell’amore per poter rispon- dere alla nostra vocazione come donne nel mondo. Quali problemi specifici pone una violenza esercitata da familiari o fidanzati, da persone di cui le donne si sono fidate? Una persona amata ha la forza per esse- re felice e condividere questa felicità con gli altri, e quindi genera la bellezza e il bene. La violenza (che agisce contro l’energia positiva) e la sofferenza che ne deriva, tolgono senso alla vita. Uno dei metodi di reclutamento della tratta è l’esca dell’amore, il modo più perfido e profon- do di distruggere la persona. Desideriamo l’amore così tanto e siamo disposti a fare così tanto, che siamo capaci di vivere a lungo nell’illusione dell’amore, prima di capire la dolorosa verità, e cioè che siamo stati usati in modo premeditato. Sono fe- rite che rendono molto difficile dare nuo- vamente fiducia al prossimo e costruire re- lazioni sane. Se nasce un bimbo, ad esem- pio, diventa difficile manifestargli l’amore. È appena uscito il suo nuovo album «Signo- re insegnami»: che cantautrice è suor Anna? Sono un’artista popolare! Il disco è de- dicato a tutti coloro che hanno sentito la nostalgia del vero amore, che hanno perso qualcuno, a volte anche dei sogni, che si sono posti domande sul senso di tutto ciò che succede adesso e di quello che potrà avvenire in futuro. Gli eventuali ricavi so- no destinati a sostenere la nostra associa- zione. In che modo la sua persona e la sua vocazio- ne sono espressi dalla sua musica? Le canzoni che scrivo sono in realtà col- loqui con il mio Dio, contengono un dia- logo che parla di nostalgie, del tempo che passa, delle relazioni con il prossimo. Mi è più facile parlare con Dio così, esprimen- do quel che la parola non riesce a dire. È una mia personale liturgia delle ore. * Con la collaborazione di Dorota Swat La nostra impressione è che l’Unione europea abbia il progetto di legalizzare la prostituzione Perché altrimenti non si parla mai di aiuti per le donne che vorrebbero cambiare vita? L A CURA L’immagine di Maria con suo figlio è stata fin dagli inizi del cristianesimo simbolo della cura. In questo dipinto di Isabella Ducrot il corpo femminile, che ha accolto e generato, si avvolge attorno a quello ancora debole del bambino per continuare a proteggerlo. La cura della madre per il figlio di Dio assume un significato più ampio e universale che trascende la maternità e diventa sollecitudine, premura e attenzione per il mondo. Il simbolo di affidamento a una donna di cui l’umanità continua ad avere bisogno. Suor Anna Bałchan fa parte della congregazione delle Suore di Maria Immacolata fondata nel 1863 dal sacerdote Johannes Schneider a Breslavia per occuparsi delle giovani lavoratrici a rischio. Oggi la congregazione è presente in Germania, Italia, Lettonia, Polonia, Tanzania e Ucraina. L'associazione Po MOC, nata a Katowice il 23 ottobre 2000, si occupa di donne e bambini in difficoltà. È formata da 4 suore, 6 laici, 9 specialisti e 8 volontari. Le assistite sono bulgare, moldave, rumene, russe, ucraine e, in prevalenza, polacche. SUOR ULTIMA DI LE PAROLE PRENDONO SEMPRE UN SAPORE DI ETERNITÀ ! QUANDO A LAVORARE SONO LE DONNE NEL DIZIONARIO LA DOMESTICA DEL SACERDOTE È LA PERPETUA anzi con il tempo so- no aumentati. Du- rante la guerra e l’epoca comunista, le possibilità di azione

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