Critica Sociale - anno XLII - n. 14 - 16 luglio 1950

' 186 CRITICA SOCIALE bare il sonno degli uomini fino al giorno della saggezza o della ca.– tastrofe. Che cosa si può fare 1 Curare il male alla radice e molto in fretta. Abbiamo detto che la democrazia è certament~ libertà e ragione, ma sanno anche i bambini, ormai, che non è soltanto questo·. Essa è anche, nella sua concret ezza più viva e urgente, giustizia. E non igno– ra chi ha pianto sul.le pagine più tragiche della storia che le ingiu– stizie possono essere più pericolose e esplosive della stessa bomba ato– mica. Converrà aggiungere, d'altro canto, che non meno del problema della libertà si è internazionalizzato quello della giustizia. Ed è natu– rale. I confini non sono ormai che dei vecchi simboli superstiziosi. Si incrociano su di essi, invisibili, grandi palpiti umani e non c'è sipario di ferro capace di arrestarli. Si potrà sentire il richiamo più urgente della Russia o dell'America, ma niente è più difficile che vivere isolati· e indifferenti. E la voce dei popoli non ha bisogno del megafono e riempie, elettrizzandolo, il cielo. Essa parla di sentimenti formida– bili e insieme di grandi interessi. .E, ascoltandola, gli uomini si di– spongono da questa o da quella parte, .così da formare le grandi coa– lizioni c he da p sicologiche si fanno via via politiche e morali. Non s' illu.da alcuno: il témpo del minimo comun denominatore è tramontato per sempre. Non rimane che cercare· onestamente il mas– simo,, vis~o che assai pericoloso è lo stesso gioco delle equazioni, e fon- · dato su elementi troppo variabili e incerti. Il dado è stato tratto un secolo fa col manifesto di Marx e di Engels. · . · Gli uomini interessati, che sono implicitamente miopi, si sono preoccupati soltanto di contrapporre la loro mobilitazione a quella del proletariato. Una volta di più essi non hanno• capito niente. La verità era semplice ma rivelatrice : da quel giorno l'ultima isola del Pacifico si era imparentata col più ambizioso dei continenti. E pure di un'altra cosa nessuno si è accorto: che la stessa diplo– mazia veniva ad acquistare un senso tutto• nuovo, assurgendo a rego– la essenz1almente sociale e umana. Accadde così che gli uomini di go– verno e gli ambasciatori continuassero a parlare un linguaggio che i popoli non riuscivano a comprendere. E, com'era naturale, la storia non ha fatto che divertirsi a stracciare· sanguinosamente le ragnatele dei furbi. La pace e la giustizia, dunque, sono una cosa sola come la pace e la libertà. Non diversamente degli individui sfruttati, i popoli mal. contenti vivono inquieti e saranno sempre disposti a fare la guerra, civile o no. Ma ormai non c'è guerra che non sia poco o tanto civile. Ecco perchè ,l'estremo tentativo di salvare la pace non potrebbe trovare fortuna, oggi, che sul terreno della giustizia sociale e interna– zionale. Tutto il resta non è che illusione e palliativo dilatorio. Anche le quinte colonne, del resto 1 non sono pericolose per lo zelo di un pic– colo stato. maggiore fazioso, ma per la: polarizzazione indiscriminata delle umiliazioni e delle offese. Venga dunque la nuova diplomazia. I furbi hanno fatto il loro tempo: questa è l'ora dei giusti. Essi parleranno un l'inguaggio che tutti potranno finalmente capire. Nè ci si dica che sarebbe ingenuo e vano. C'~ qualcuno ché l'abbia usato fin qui 1 _ Dev'essere un linguaggio che, abolita la sinistra nomenclatura feudale e borghese, sottintenda l'uomo, lui solo; uguale a dispetto di qualunque attributo di origine o di censo.. Dall'antitesi tra il mio e il tuo è nato il primo conflitto fra due creature e nascerà, se non sapremo impedirlo, l'ultimo tra <Juemondi. Il giorno in cui gli ambasciatori dei popoli si raccoglieranno in– torno allo stesso tavolo senza carte geografiche e senza conti pen– denti e si guarderanno negli occhi da uomini, nel nome degli uomini la pace si irradierà dal loro incontro fino agli estremi confini dell; terra e entrerà in ogni casa e in ogni cuore. Ma questi ambasciatori non potrebbero essere che socialisti o cristiani. Intransigenti nella lo·ro fede e mistici nella loro missione. Compagni tra compagni, fratelli tra fratelli. Che cosa aspettiamo, noi, a:d assumere finalmente un ruolo degno della nostra fede e della nostra storia 1 Che cosa ci può ancora divi– dere se la nostra unità soltanto, nel paese e nel mondo, potrà darci la forza e l'ascendente che occorrono 1 - Ogni giorno perduto costa migliaia di vittime innocenti. Innocenti tutte, perchè tutte credono di morire per nna causa giusta. E invece sono giuste soltanto le cause che difendono la ·vita e la salvano. ANTONIO GREPPI Riesam ·sarebbe opera di falsa cari– tà negare che nel partilo c'è 1 dissenso, non dirò di .Principi, ma dt umori. Da ciò non si verrà ad alcuna scissura,· ma quei dissensi devono pur esse– re chiariti e rimossi con la di– '.scU$.fÌone, con la persuasione, col metodo intuitivo delle ne– cessità presenti. Bisogna che cosi i focosi come gli intiepi– diti... sottopongano a regolare 'l"evisfone le impressioni ed i giudizi loro, per rassegnarsi al– la .norma del fattibile. Mantenere di con/.inuo l'affla~ lamento con il movimento ope– raio, e da:re ad esso indirizzo poCWco; questi son sempre i due. lati seri del problema. Qu·este questioni pratiche, e assai fortemente complicate, non basta. per risolverle, rì– cond-urle di continuo ai termi– ni generici di evoluzione e ri– voluzione. Si tratta di sapere •nettamenie quali carichi prati- ci il partito sia capace •e di– sposto a 'prendersi sulle spal– le, data 'l'a condizi'one del pae– se; e quando abbia scelta la sua v•ia, esso de,ve rifiuta·rsi a ~utte le responsabiHtà, che non collimino con gli atti preordi– nati e con le azioni volute. Ciò i.mporta, che tutti e s.ingoli i componenti del ,partito, accet– tino la disciplina, non come si accetta una regola di mora– le cattolica, che ammette ogni sorta di dispensè. E ciò sia dett.o cosi per gli sj,orUvist·i della rivoluzione come per i bigotti della legalità. Non è certo nè con le improvvisazio- , ni, nè col farisei'smo ~he si porta innanzi la politica di un partito. lo credo fermamente, che il partito ha guadagnato anzi che perdere dopo· le ultime traver– sie (le repressioni del '98); e se ha perduto, ha perduto ciò che era inutile o nocivo ci fos– se. Moli.i hanno perduto il fi– gurino del mondo avvenire che recavano sicuramente in tasca. A ,molti sarà passata la ten– tazione di appellarsi ad ogni pie' · sospinto all'autorità dei principi astratti. Allri s.i sa– ranno accorti che · i compQ4ni che si i•ntiepidiscono erano sta-' ti· per l'innanzi e ab origi-ne dei dilettanti di novità. Anche molti d·i quelli che avevano una certa pratica politica si saranno finatmente persuasi elle non vale do.mmatizzare sul– le massime della tattica quan– do manchi il tatto. ANTONIO LABRIOLA

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