Critica Sociale - anno XLI - n. 13 - 30 giugno 1949

298 CRITICA SOCIALE ------------------------ La questione agraria alle po.rte Mondo vecchio, sempre nuovo. « Mai non si parlò di questa legge in ,Roma, che quella città non andas– se sottosopra ». Così Machiav•elli intorno alla spar– tizione delle terre di conquista quattro secoli avanti Cristo; e sempre, nei secoli, le guerne, mangiaU gli uomini, lasciano una grande fame di terra, e la que– stione agraria alle porte, e quindi nelle piazre. La terra è naturalmente la misura delle cose di casa nostra, cioè delle rivoluzionj- mancate e delle riforme svanite. Sta•bilito il compromesso con le vecchie classi dirigenti -attraverso la conquista re– gia, il Risorgimento si -conclude senza affrontare la questione agraria: e a·nzi, dove una trasformazione si .compi-e, cioè nell'Italia: centromeridi-onaJe e nelle isole; la cosa avviene, quasi alla prussiana, a spese delle· m·asse, e senza danno della proprietà privata, a vantaggio di una borghesia terri<era che continua i rapporti contrattuali e i sistemi di coltura dell'an- tico feudatario. · -<< La rapina dei beni della Chiesa, l'alienazione fraudolenta dei demani dello Stato, il furto dei beni comunali, la trasformazione usurpatrice e terrori– stica, feudale e patriarcale in proprietà moderna e privata: ecco i processi idilliaci dell' « accumulazio– ne primitiva ». :parole del « Capitale » che quasi sem– brano scritte· per i primi decenni -del Regno, ·quan– do tra beni dell'asse ecclesiastico, e ,del demanio an– tico, e ademprivili, si rendono disponi,bili quasi due milioni di ettari di terra. Ed ecco, infatti, a questo punto, J.e quotazioni . concorrono -ad accrescere le grandi propri-età a danno delle piccole; i ricchi ar• r1cchiscono impoverendo i poveri, e i municipi; le gran.di tenute ingoiano tranquillamente i fondi de– maniali ; mediante il « procedimento di conciliaz10- ne » e un canone irrisorio, i «galantuomini» otten– gono il riconoscimento ufficiale delle loro usurpa– zion•i, per oltre 300.000 ettari; le v,en.dite dei beni della manomorta avvengono a prezzi disastrosi per lo Stato e troppo spesso a vantaggio dei ricchi che soli possono amicarsi le camorre e turbare le aste. Circa 600 milioni di ,quelle lire vanno a finire nel– le casse dello .Stato, cioè a dire quasi tutta la riser– va liquida del Reame va a finanziare il sistema ca– pitalistico che comincia ad affermarsi nel nord del Regno; ma la borghesia meridionale, ridotta senza quattrin.i e carica di ,terra, crede, ormai salvi o con– seguiti, con la suddivisi_one in classi rigide e semi– rigide, tutti i fattori economici e sociali per un mil– lenario dominio, per una immobilità quasi orienta– le. In Sicilia su 92.462 ettari di terra alienati fino al 1883, ben 48.08.8 vanno a grandi proprietari, 37.551 a medi, e solo 6823 a· piccoli pl'oprietari, i quali, per giunta, nel giro di pochi anni sono indotti dalla forza delle cos_e,e delle cifre a sbarazzarsene. Nel paese, dal 1894 al 1897 nientemeno che 185.000 fon– di si vendono per debito di imposta, e nel solo 1897 dei di<ecimila e più fondi messi all'asta per debito d'imposta, seimila non trovano aggiudicatari e de– vpno essere devoluti al demanio: sorge e giganteg– gia come non. mai l'imper,o del denaro, e una ser– v,itù schiacciante come forse non si vide mai sotto la tirannide borbonica (queste sono parole di Ettore Ciccotti) pesa su quelle masse di debitori. « Non si può non· rimanere stupefatti, scrive Rosselli nella vjta di Turati, apprendendo cbe tra il 1901 e ,B 1914 non si ricorda un· solo provvedimento di legislazio– ne sociale favorevole al proletariato rurale». Natu– ralmente, mangiate dai ricchi le terre di casa, alle marss,e disperate tra malaria e pellagra (97.855 pel- BibliotecaG·inoBianco lagrosi nel 1879, e 104.067 nel 1881 discesi a 41.768 nel 1909), tra brigantag gio (con 120.000 soldati in azione, e 1000 fucila.ti , e 2500 morti sui campi di battaglia, e 2800 condannati alla galera) e anal.fa.be • tismo (85'% degl-i abitanti nel 1881 in Basili cata), non si può offrire che l'emigrazione alla cieca (e in.tan– to in Basilicata il 22 per mille degli uomini risulta– no benestanti oziosi) o la gloria, cioè le guerre d'A– frica, col miraggio della terra facile, della terra per tutti. La prima guerra mondiale ripropone la questione agraria ben prima dell'armistizio: ci vuole carne da ta-pum, da Schwarzlose, da 305, ci vogliono grossi battaglioQi da mandare sottoterra, e quindi si pro– mette affan,nosame-nte la terra ai contadini. « I mi– liardi dei tedeschi alle famiglie d,ei combattenti, la terra ai contadini» grida Mussolini; ed ecco fioc– care a dozzine, in schemi di legge, le propo.ste di Pullè, del riformista Drago, e del comitato d'agita– zione meridionale, e dei monarchici liberali, e di Pantaµo, e -di Granone, e di Geremicca.: il màrchese Tau.ari (Resto del Carlino, 22 aprile 1917) esorta ad– dirittura i proprietari stessi ad assumere l'inizia– tiva di una condizionata ma spontanea rinuncia a.i loro diritti. Francamente, Gius,epp.e Prato conside– ra « ricordo dei tristi giorni che seguono Caporet– to il progetto procombattenti dovuto a deputati di ogni settore, da Ciccotti a Federzoni, da Labriola a Canepa, e inteso a espropriare o a r,equisire le terre incolte da dieci ann.i ». Comincia così la famosa corsa al palio delle illusioni; e intanto la gente di campagna corre al fronte: secondo una s-tatistic-a del 1920, su 280.090 ,orfani di guerra risultano figli di contadini 179.326 (64'%), mentr,e su 5.758.277 mo– bilitati deUe classi dal 1867 al 1900 risultano 2.618.234 contadini (meno del 50%), assegnati in gran parte alla fanteria, regina delle batta,glie e dei cimiteri. E al settembre 1918 su 608.985 mili-tari eso– nerati, comandati o lasciati a disposizione, 440.895 dipendono dalle industrie, e solo 16;3.090 dall'agri– coltura. Oon la pace si determina, soprattutto nei paesi dell'Europa centroorientaI,e, un vasto movi– mento di riforme. che tra il 1918-1928 muove circa 25 milioni di ettari; ma in Italia, tra i benpensanti, gli slanci magnanimi e progressivi si spengo-no, co– me promesse ,da marinai, con lo spegnersi dell'ura– gano di guerra persuasore di riforme. In verità, me– dian te trasferimento spontaneo di circa 950.000 et– tari, gli agricoltori proprietari aumentano- di nume– ro passando dal 21,21'%, sulla popolazione totale a– gricola del 1911, al 35,60 del 1921, ma., tranne la co– stituzione dell'·Opera Nazionale -Combattenti, che rie– sce a frazionare solo 39.000 ettari, dico 39.000, nes– sun atto legislativ,o accoglie le aspirazioni dellie mas– se rurali. A Montecitorio, nel 1921, socialisti,. comu– nisti, popolari, repubblicani e persino taluni libe– rali approvano il progetto di riforma dei oompagni Canevari e Pi,emonte, .ma da troppa gente quel voto deve essere stato -dato senza troppa con.vinzio.ne: an– zi, a sentire Ri,gola, fu quasi una. presa in giro, cioè un accorgimento della- destra al fine di prendere tempo. E poi fu il ventennio. Grandi, per tante ragioni, in questo dopoguerra il desiderio di cose nuove, e le speranze; ma ben pre– sto, caduta la « ,bella guerra » contro i fascisti e i tedeschi, che nei peri,coli ,comuni aveva sopito gli antagonismi di classe, si chiariscono i carattieri, gli obiettivi e le respònsabilità dei partiti. I comunisti puntano .anche per il tempo di pace sul blocco di guerra del C.L.N. dovendo, per dogma, tendere a una crisi che spinga il paese sulla via deUa rivolu– zione o verso una situazione di vecchia maniera on– de la r-ivoluzione può rendersi indispensabile; i re– pubblicani vogliono o -tollerano tutto il vecchio mon– do borgbes,e, tranne la testa del re; le vecchie classi

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