Critica Sociale - anno XLI - n. 11 - 1 giugno 1949

CRITICA SOCIALE 255 ll' rapporto Hoffman (C-0ntinuazione e fine) Gli investimenti. Fatto rilevare che il programma d'investimenti qnadrien– nali presentato in un primo tempo dal nostro Governo per 3.842 miliardi ed j.n un secondo per 4.281, manifesta nella prima ipotesi una pressione deflazionistica piuttosto sensibi– le per lo meno nel primo anno, il rapporto nota come l'e– quilibrio che la seconda ipotesi fa apparire è raggiunto solo con la presunzione di notevoli investimenti privati, che da 220 miliardi dovrebbero passare a 920, cioè quadrupli– carsi, mentre gli investimenti pubblici dovrebbero ridursi al– la metà: da 535 miliardi passare a 28-0. Ai compilatori del rapport~ ciò non sembra affatto probabile, per cui, apportan– do « adeguate rettifiche, le stime indicherebbero una rile– vante eccedenza (dei risparmi sugli investimenti) ad effetto deflazionistico, non solo per l'esercizio 1948-·49, ma anche negli anni successivi ». Come evitare il verificarsi di una tale situazione? Attra– verso un programma d'investimenti pubblici tale da utiliz– zare in pieno la capacità produttiva nazionale. Evidentemen– te un siffatto programma non potrebbe realizzarsi senza percorrere vie sulle quali incombe il pericolo inflazionistico. È a questo punto che il rapporto contiene una delle sue pa– gine più interessanti: « La misura di tale pericolo pnò determinarsi soltanto per prova ed errore; non può calcolarsi preventivamente in ma– niera precisa. Nel prossimo futuro, la mancanza di consi– stenti limitazioni fisiche all'incremento' della produzione in– dustriale rende improbabile lo sviluppo di una forte pres– sione inflazionistica; è presumibile che un incremento nella domanda di moneta dia luogo ad un aumento di produzione come pure elevi il livello delle importazioni. Sotto questo aspetto, la situaz_ione presente non è confrontabile con quel– la del 194,7, allorchè le deficienze di combustibili ed altre materie prime importate limitavano notevolmente le possi– bilità fisiche di incremento della produzione industriale. Sol– tanto quando ci si avvicinerà ad uno sfruttamento completo degli impianti esistenti, si profilera più minaccioso il peri– colo d'inflazione. In tal caso sarà probabilmente necessario un controllo effettivo e discriminatorio del credito bancario, in modo da prevenire il ripetersi dell'accumulo eccessivo e speculativo di scorte del 194 7. Saranno anche necessari ac– corgimenti amministrativi volti a ridurre il ritmo della spe• sa di investimenti pubblici e privati, qualora i prezzi appaia– no assnmere un ritmo d'aumento preoccupante. Inoltre, una parte delle disponibilità valutarie accumulate durante il 1948 potrebbe essere usata in caso d'emergenza, per incre– mentare le importazioni di generi alimentari e di altri beni di consumo, nl fine di controllare le spinte inflazionistiche. Sembrerebbe che il Governo italiano abbia poco da temere e molto da guadagnare da un programma audace di investi– 'menti pubblici, purchè si prevedano ~ccnratamente e tempe– stivamente le possibili ripercussioni. In effetti, il persistere di una mancata utilizzazione di una considerevole parte della ca'pacit-'t industriale contrasta con gli obiettivi del program– ma di ripresa e non contribuisce alla soluzione del fonda– menta!,, problema italiano, quello dell'occupazione della ma– no d'opera inoperosa ». Putroppo il Governo italiano non ha ancora formulato una tale audace politica, ed il piano quadriennale che ha pre– sentato all'OECE ha, secondo il giudizio dei redattori del rapporto, « carattere affatto preliminare e... costituisce in– dicazioni di una linea di pensiero anzichè di una politica economica sistematica ». Second'o quali principi generali è opportuno formulare il programma d'investimenti per il nostro paese? Il rapporto ne elenca cinque: « 1) La creazione di un massimo volume d'occupazione contemporaneamente al processo stesso di formazione di ca– pitali; « 2) la ,·reazione del massimo volume d'occupazione nella continua utilizza:1:ione dei nuovi capitali; BibliotecaGino Bianco « 3) preferenza degli investimenti ad alto e rapido ren– dimento; « 4) nel settore industriale, e particolarmente nelle indu– strie esportatrici, dovrebbero essere attentamente stndiatj. i raffronti con i costi internazionali, mentre dovrebbe essere p~rtata la massima cura allo Hudio delle possibilità di ridu– zione dei costi. Tuttavia, in un paese come l'Italia, con am– pie disponibilità di mano d'opera qualificata, salari reali re– lativamente bassi, e un ristretto mercato sia all'interno che all'estero, gli investimenti ·tendenti a ridurre l'impiego di mano d'opera non si risolveranno necessariamente, e nep– pure solitamente, in una eliminazione dei costi; « 5) dovrebbero evitarsi le tendenze autarchiche. L'indi– rizzo dello sviluppo italiano è rivolto, di necessità, ·verso l'accenluazione piuttosto che verso l'attenuazione della spe– cializzazione dell'economia italiana e quindi della sua dipen– denza dal commercio estero ». Sulla base di tali criteri il rapporto ritiene di poter iden– tificare nei seguenti settori i principali campi d'investimento: Energia elettrica (passare dai 22 miliardi di kwh. all'anno ai 28 miliardi); Edilizia, lavori pubblici e industria, in par– ticolare: tessile, meccanica, alimentare, chimica, raffinazione del petrolio, ecc., per ognuna rlelle quali il rapporto con– tiene utili anche se succinte. indicazioni sui limiti e le pos– sibilità. All'espansione dell'iniziativa statale nel campo industriale ~i oppone però, a torto o a ragione, nell'opinione di una larga parie della popolazione, l'esempio dell'auività del- 1'1.R.I. A questo proposito il rapporto esprime queste opi– nioni che non hanno per i nostri lettori alcun bisogno di essere commentate: « Il termine "controllo statale'" usato nei confronti del– l'industria italiana non deve essere interpretato nel senso di "industria nazionalizzata". In una grandissima parte di tali imprese, il Governo italiano provvede semplicemente, in una certa misura, l'appoggio finanziario e la copertura dei rischi, mentre partecipa passivamente e molto limitatamente alla direzione di tali aziende. In gran numero di imprese lo sforzo del Governo italiano per conseguire una più elevata efficienza attraverso la modernizzazione e la riorganizzazione è limitato. Le quasi nazionalizzate industrie non vengono usate allo scopo di orientare la produzione delle imprese private dello stesso settore. Le imprese controllate dallo Stato non sono allatto impiegate come strumenti della politica economica governativa, ma servono, ora, piuttosto ad aggra– vare i mali che affliggono l'economia italiana; in taluni casi unità produttive marginali che in normale situazione di con– correnza sarebbero certo crollate continuano a vivere grazie all'appoggio finanziario dello Stato italiano. In assenza del– I"incentivo dell'impresa privata e della libera concorrenza, a cui la direzione da parte dello Stato non ha saputo sostituirsi efficacemente, alcuni settori di queste industrie controllate dallo Stato hanno cessato di &vilupparsi o ben lentamente riescono a migliorare la propria efficienza. « Il superamento di questi impedimenti strutturali sembre– rebbe richiedere una rigorosa azione statale attraverso l'esi– stente o una nuova macchina amministrativa, coordinata me– diante un adeguato meccanismo di pianificazione governa– tiva. Per esempio, una riduzione nei prezzi degli attrezzi agricoli, e specialmente dei trattori, potrebbe essere ottenuta razionalizzando, migliorando e sviluppando gli impianti esi– stenti. Parimenti, gli impianti controllati dallo Stato potreb– bero essere usati per produrre nitrati a basso costo, in vista di stimolare il consumo di concimi e di sostenere la pro– duzione agricola. La concession.- di futuri crediti alle singole industrie- meccaniche potrebbe essere rivolta, non n sostener~ le imprese marginali o antieconomiche, ma ad aiutare la razionalizzazione e la riorganizzazione ». Le esportazioni. Per assicurare la ripresa del paese è necessario portare il livello delle esportazioni dell'anno 1952-53 a circa 1,5 mi– liardi di dollari ai prezzi del 1948, ciò che rappresenta un aumento del 50% dell'attuale livello. Nell'analisi che il rapporto fa delle condizioni il cui veri– ficarsi è necessario per il raggiungimento di tale scopo, ci

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