Critica Sociale - anno XLI - n. 1 - 1 gennaio 1949

8 CRITICA SOCIALE dell'oppressione e dello sfruttamento capitalistici. Ma questa democrazia soci_alista. che è poi se non la conseguenza della « rivoluzione sociale », ossia del– la fine del regime di classe? Parlare quindi di un « fine democratico» (ossia della instaurazione della democrazia) è impiegare un termine troppo generico ed ambiguo. Ed un ter• mine che svisa l'obiettivo finale. Esso, per un par– tito socialista, è e deve restare l'instaurazione del socialismo (che è il suo peculiare compito) e non l'instaurazione di una non meglio definita demo– crazia (che è aspirazione anéhe di altri movimenti e partiti democratici, ma dichiaratamente non so- cialisti). · Non. si vede, anzi, perchè ad un partito che si qualifica « democratico nei fini e nei mezzi » non possano aderire anche quei moHissimi « democra– U~i puri», che pure lealmente ed esplicitamente di– chiarano di non essere in alcun modo socialisti: Siamo pronti ad ammettere costoro nelle nostre file? Io credo· di no, e proprio per il fatto che nelle no– stre file desideriamo dei sociaÙsti e non della bra– vissima gente che con molta franchezza dichiara di non 'essere e di non volere essere socialista. Ma, se così motiviamo fa nostra esclusione, bisogna con– statare allora che essa non corrisponde alla formula che avremmo scelta per la nostra caratterizzazione. Vedi,amo ora l'altro termine: « democratico nei mezzi ». Es so significa che il socialismo democra– tico intende persegui.re il suo fine di trasformazione (rivoluzione) so ciale s olamente ed esclusivamente con mezzi democratici, cioè medi!)nte l'esercizio del– la democrazia, con la leale e totale accettazione del metodo de!llocratico, ripudiando l'intervento :µ-bi– trario, diseducatore e deleterio della violenza e fon.– dandosi invece sulla possibilità di conquistare la maggio,ranza per il raggiung1mento del fine sociali– sta. In ;:iltre parole: i mezzi democratici •sono i s9li atti e legittimati a raggiungere il fine rivoluzionario. Non esiste quindi H preteso contrasto tra i d1,1e termini, nè una discrepànza tra la natura dei mezzi e la natura del fine. Attraverso la democrazia si mira alla rivoluzione socialista. Il contrasto potreb– be essere configurato solo -nella ipotesi di un'assur– da dilacerazione cronologica tra fine e mezzi: cioè quan'.do si parla della· trasfo.rmazione sociale come di un fine lonf,ano, come ·di una cosa dlell'avvenire, come di un evento che esce· dall'àmbito della nostra possibile azione, limitando invece la nostra realtà . presente all'esplicazione ed all'esercizio dei mezzi. In tale guisa, come meglio delucidavo nel mio artico– lo « Fini e mezzi » nel numero del 15 agosto •di que– sta rivista, si crea una frattura. Al presente è riser– vata una esclusiva azione democratica; soltanto ala l'avvenire lontano è rimandata un'azione rivoluzio– naria. E cièÌ ingenera questo dubbio: che ad un certo punto la democraticità dei mezzi debba ve– nir meno, per dar· luogo ad altri mezzi, rivoluzio– nari o, comunque, non più ,democratici. Ma le cose non stanno così. n'• perseguimento del fine non è una cosa del futuro: è azione quotidiana, graduale, invisibile del presente, è azione che muta la società ed è azione che costituisce organi, quadri,• valori della società di domani. Come è avvenuto per fa borghesìa nell'àmbito della società feudale, così nella società borghese la socie•tà socialista va co– struendo il propr,io edificio. La rivoluzione sociale, benchè possa avere periodi di allentamento e pe– riodi d'incremento, va compiend9si anche attual– mente. L'importante, per il socialismo "democratico, è che ciò si compia con mezzi democratici e con i\ rispetto de,l m·etodo democratico. Il quale - si badi bene - non. ha da essere abbandonato mai, nemmeno quando si fosse ·più prossimi al fine, nem– meno a .fine raggiunto. Se dovesse passare, l'emendamento proposto, an– zichè gio:vare ad eliminare una pretesa antimonia, BibliotecaGino Bianco toglierebbe al' socialismo democratico proprio un suo elemento peculiare, che lo differenzia sostan– zialmente da qualsivoglia altro movimento o partito· democratico. Esso è bensì legato essenzialmente alla democrazia, sì che dove la democrazia si spegne o viene soffocata, esso pure ne segue, solidalmente, le sorti. Ma esso va più in là degli altri movimenti o indirizzi democratici, in quanto non si• appaga della instaurazione di una democrazia, per perfetta che sia, ma agisce per raggiungere una società sen– za classi, una società socialista, cioè. per compiere una rivoluzione sociale. Tacere questo o masche– rare questo è nascondere la verità: ed il socialismo è sempre vissuto della verita. Bisogna aggiungere che. proprio perchè il P.S.L.I. è l'estrema manifestazione organizzata della demo– crazia socialista, bisogna evitare un mutamento del– la formula che lo caratterizza. Ciò infatti darebbe l'apparenza '- e le apparenze in politica contano -· di uno slittamento da una essenza tipicamente socialista, còrrispondente del resto al programma di Ge,nova del 1892, pilastro fondamentale della tra– dizione socialista italiana, ad una definizione ge– nerica!l'lente ed ambiguamente democratica. Ecco le ragioni per cui non è una questione me– ramente accademica, degna di sottili ideologi o di scaltriti grammatici, battersi perchè la vecchia for– mula che definisce il P.S.L.I. « rivoluzionario nel fine, democratico nei mezzi » venga conservata. GIULIANO PISCHEL A ntitrasf ormismo Sulla scorta della nostra storia parlamentare, se si guarda alla sostanza, alle· direttive finali ·della politica interna at– tuata da De Gasperi, non è difficile concludere che siamo sullo schema di De Pretis. ' Con la caduta della destra del 18 marzo 1876 era venuta meno una linea di politica interna nel Paese. La destra ca– vourriana significava un intelligente conservatoristno, illu– minato, democratico; la sinistra era compendiata nel La pen– tarchia Crispi, Cairoli, Zanardelli, Nicotera, Baccarini, po- ' tente per numero 1 ricca d,i uomini, ma priva di un prmcipio di coerenza. Con De Pretis ebbe inizio la deviazione della linea po– ,litica dei partiti verso un'azione ,personale degli uomini e degli interessi particolaristici. La mancanza di chia·ri princi– ·pi, associata al temperamento individualistico degli Italiani, in un ambiente con tradizioni parlamentar) pressochè nulle, genérò il trasformismo, che fu trasmesso come ima lue sottile, ma non .sradicabile, a tutta la ~ita politica del Paese, e trovò nel carattere degli italiani" ambiente particolaTmente favor.evole. · Trasformismo o furbismo, come preferite; donde il de– plorevole costume politico, di app·rezzare non colui che sa creare una corrente di idee e difenderla, ma chi si destreg– gia per rimanere a galla, per prevalere personalmente, ma– gari con la « formula empirica del Dulcamara». Perchè, purtroppo, il nostro' popolo, come insegna una lunga storia, è per natura più propenso a seguire un uomo che un'idea. Questo feticismo politico, associato ad un farisaico catto– licesimo e ad uno scettico e formale conformismo, che im– pedisce una critica spregiudicata ed obiettiva, costituisce il motivo· conduttore della storia politica italiana. Con queste premesse, è facile spiegare la molteplicità dei partiti, degli schieramenti, delle fazionf, delle frazioni politiche, che cer– cano una differenziazione in sottili distinzioni dottrinarie, in disaccordi sulla tattica, in contrasti effimeri, che ven– gono ingranditi fino alla deformazione, per poter costituire un pretesto che dia sfogo agli sfrenati individualisml ed ambizioni. Donde, cotne necessità di giustificazione, la in: (*) Questo articolo e quello che segue, esprimono due delle correnti che sono raipp,resentaite nelle mozioni per il Con– gresso à:el noSll!ro Partito (nota di C. s:i.

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