Critica Sociale - anno XL - n. 23 - 1 dicembre 1948

CRITICA·SOCIALE 543 tere politico. Ma non basta ingaggiare la lotta per il potere politico,. bisogna sapere anche esercitare tale potere, e non basta ancora conquistare il potere politico se non si sa eser– citare prima il potere nel campo della produzione, cioè nel campo economico. Si aggiunga .che·quando parliamo di clas– se lavoratrice intendiamo tutta la classe lavoratrice, tutti i lavoratori, che debbono saper esercitare ognuno la propria parte di potere, pernr la frattura della classe lavoratric~ stessa in dominati e dominatori, pena cioè la .materiale im– possibilità di mutare la l~mentata sitt!lazione attuaie. Per ora la. classe lavoratrice si è ~nserita tra la proprietà dei mezzi di produzione e coloro che esercitano di ·fatto il potere su di essi, per affermare il proprio diritto a vivere. In que– sto modo, essa costituisce spesso una remora all'abuso di potere da parte di chi lo esercita, e spesso, anche, tende al perseguimento delle finalità proprie dell'impresa - cioè delle finalità d'interesse universalistico -, qualche volta si trova ad essere solidale uel perseguimento di finalità che sono in vera antitesi con guegli interessi universalistici in quantn gr~ttamente contingenti e di categoria. Assurdo sarebbe pensare ad un'involuzione nel divenire dei rapporti di produzione e qµindi 'è inconcepibile che la so– lidarietà d'interessi che abbiamo visto spezzarsi tra « capi– ta,lista » ed « iml))renditore » possa in avvenire ricostituirsi. La classe lworatrice Cessata la capacità del capitale ad t!6ercitare il potere, ve– nute meno le effettive ragioni d'essere dell'imprenditore co-– me tale, solo la classe lavor~trice rimane apportatrice di va– lori universali. La classe lavoratrice deve pertanto prendere coscienza di tali valori e trovare in sè la capacità a perse– guirli, ,t difenderli, a realizzarli. I consigli di gestione possono essere è un'utile palestra ed un ottimo trampolino di lancio; ma non basta: la classe lavoratrice deve saper ·mobilitare i propri uomini, deve cioè sapere, prima di tutto, selezionare ed esprimere i propri ef– fettivi valori per lanciarli, per impegnarli nella lotta contro la casta dominante, per sostituirla, per superarla, fouk de.Jla propria posizione di portatrice di valori universalistici. Questa capacità va estrinsecata dovunque i lavoratori vi– vono la propria vita: nelle organizzazioni sindacali prima di tutto, nei partiti politici ove militano, nelle organizzazioni cooperativistiche, assistenziali, culturali, ecc. Inoltr~ gli uo– mini, .gli stessi valori espressi dalla classe lavoratrice, non basta siano rivelati, affermati, sostenuti; debbono 'altresì es– sere costantemente controllati, per essere immediatamente .sostituiti quando si possano affermare maggiori valori, per– chè gli uomini si logorano e sono facili a conformarsi al– l'ambiente in cui vivono, m,agari dimenticando che sono sta– ti invece posti lì a bella posta per modificare quell'ambiente. In proposito non ·va mai dimenticato che gli uomini, come singoli, possono anche [mborghesirsi, cioè !lilOn riflettere più le esigenze della classe ,lavoratrice - sempre jntesa come portatrice di valori universali - ma che le organizzazioni di lavoratori non possopo- imborghesire, e solo possono essere incapaci di esprimere quei tali valori universalistici e le relative esigenze quando perdano la possibvlità di ma– turare la coscienza dei propri problemi e dei pr-opri speei– fici interessi, cioè quando siano prive di libertà di critica e. di autodecisione, oppure quando, essendo loro state tolte le libertà democratiche, esse vengono asservite ad interessi particolaristici. Se in ·Italia la classe lavoratrice non saprà assolvere a questa funzione -: che implica, necessariamente, il ripudio di tutte le scorie demagogiche è piazzaiuole ed un'energica politica sinceramente democratica in quanto premessa ad · ogni processo evolutivo atto ad attuare effettive selezioni e quindi ad avviare ad un sistema concreto di autogoverno da parte dei lavoratori - non è solo inevitabile una dittatura borghese, ma noi avremo un processo· almeno relativamente involutivo nelle nostre possibilità produttive, cioè avnemo as- sicurata n\iseria e qisocc11p,izione. ' In un paese dove il 20% dei lavoratori occupati nelle in– dustrie con più di 500 dipendenti lavora in imprese di pro– prietà dello Stato, ove il 30% dei dipendenti di aziende han-. carie. è impiegato in istituti di proprietà dello Stato, il tutto per un complesso di oltre 231.000 lavoratori, senza contare le aziende controllate dallo Statp con fin;mziamenti, sovveu- zioni, ecc., oltre tutti gli enti economici statali e parasta– tali (assicurazioni, istituti di previdenza, banche di Stato, trasporti gestiti dallo Stato 1 arsenali militari, ecc. ecc.) ; in un Paese insomma oye oltre la metà dei lavoratori è costi– tuita da salariati - direttamente od indirettamente - dello Stato, la borghesia dei « fiduciari» e dei « funzionari> as– sume un carattere di tale gr~vità e diviene tale palese mi– naccia per le istituzioni democratiche e .pel <divenire della classe lavoratrice, che solo un'energica e cosciente azione del proletariato può sventarla. Un secolo di lotte del proletariato nel mondo stanno ari ammonire i lavoratori che solo battendo le strade illumi– nate da libertà e segnate da democrazia è possibile marcia– re verso l'avvenire, verso la liberazione dell'Umanità. Lo ricordino i lavoratori, e ricordino pure che violenza, incon– sulte esplosioni di piazza, limitazioni della libertà e insidie alla democrazia, hanno sempre preluso a maggior servaggio. La nemesi storica non perdona, e chi ha creduto di po– tersi avvalere delle armi dell'avversario per sconfiggerlo - e la violenza è l'arma naturale della borghesia - si è sem– pre fatalmente trovato ad essere spietato oppressore di co– loro che intendeva liberare. PIETRO BEGHI Il ,comun1smo e la rivoluzione mondiale Gli scopi di;?llapol~tlvca estera rUòl.Sla. Dei due scopi principali della politica estera russa: sicu– rezza e rivoluzione mondiale, indicati dal Cole, come si è detto. nell'articolo precedente, il .primo, quello diretto a pre– venire il p~Ù pos-sibile rl periéol@ di un attacco concentrato deì paesi capitalistici nèll'interesse del capitalismo contro l'U.R.S.S.' in una nuova guerra mondiale, si lega per lui, nella pratica, col secondo scopo, womu,ovendo di_visione e debol~zza tra i membri potenziali di una crociata mondiale antisovietica, dato che i capi bolscevici non credono nella possibilità di una costruttiva cooperazione economica tra pae– si che operano sotto sistemi economici radicalmente diversi. Anche la opposizione della Russia al piano Marshall, come la sua politica nell'O.N.U., colla sua insistenza sul diritto di veto, che ne boicotta il funzionamento, sarebbero, per il Cole, ispirate dal timore del- costituirsi· di una maggioranza coalizzàta di IStati capitalistici ai suoi danni. Ma il ,secondo scopo, quello della rivoluzione mondiale, è soprattutto alla base della' politica dire(ta ad estendere l'influenza dei Soviet, che, per i bolscevichi, si identifica coll'interesse del socialismo. Anche se qualcuno dei capi del– l'U.R.S.S. sogna il dominio universale, nota il Cole, non il dominio del mondo ma la vittoria della rivoluzione so– cialista mondiale, come essi la intendsmo, ·è lo scopo che per– seguono i bolscevichi. Il benessere del proletariato dipende per es~i dalla vittortia del comunismo sul capitalismo, non 'èssendovi nessuna possibilità di pace mondiale prima della· rivoluzione, nè di soluzione del problema della produzione massima senza crisi iri regime capitalista; e per loro non ci sono forme di cooperazione internazionale buone in sè e nei loro effètti, indipendentemente dalla loro tendenza a promuovere la vittoria del comunismo nei paesi che vivono attualmente sotto il sistema capitalistico. Per i caj}i sovieti– ci ~ perciò sempre 1 1egittimo dare tutto il loro appoggio a ogni rnovimento che provochi torbidi per il cài,italismo nei paesi ancora soggetti alla sua influenza e crei imbarazzi alle pÒtenze «imperialiste» nelle colol'lie, con rivÒlte ·coloniali, ad un tempo 'per rendere gli Stati capitalisti meno atti ad un attacco diretto all'U.R.S.S. e p~r contrastare l'estendersi J della loro penetrazione nei paesi che cadono principalmente– sotto la sfera d'influenza sovietica; nè i bolscevichi si peri– tano di soffiare a tal fine alternativamente caldo e freddo sui movimenti nazionalisti o su altre forme di rivqlta nel mondo capitalistico, a seconda _che essi ritengono ciò più espediente dal_punto di vista della loro strategia.

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