Critica Sociale - anno XL - n. 23 - 1 dicembre 1948

·cm'fICA SÒCIAIJE 537 La riforma· agraria dal punto di :vista umano Una osservazione preliminare. N oh è facile distaccar.e il punto di vista umano da <!1Uello sociale e politico se è vero che « l'uomo fu creato per la società » come scrive Black– stone, e che « a fare sana e giusta politica non basta co1.1ò– scere gH uomini ma bisogna amarli », secornfo la massima di Arturo Graf. ·· ' Si çor-re, sopra t'utto, il rischio di volatilizzare il proble– ma in ut1a quintessenza !,irica e •astra1ita, 'perdepdo il con– tatto <della ... terr<J,,che è proprio l'oggetto di questa, rifles– sione· co11ettiva e prismatica. lt1 ogni modo, non è detto che le ,cose difficili defubano spaventare sino alla 1Finuncia. Esse esercitano, pur sempre, un appFezzabile stimolo e fanno per– domare anche la mediocri,tà del risaltato. Che, d'altro canto, la Fiforma, agraria, inforno alila quale si .raccolgono preoccupazioni,· ·esperienzé e sp,wanze di mi– lioni e milioni di creatuFe, includa elementi e aspetti etici e spiritual,i, in larghissima misur;a, mi sembra indfs~utibile. Nè cesto mi si sare!>be prnposto il t.ema se così rnon fosse. La vita/, intatti, riflette nella stÒFia delle gern;,raziorii,urna perenne, indjssolubi.le cornnaturazicme tra !"uomo è la '!;erra, Anczi, se non t0messi di fare della retorica, diiliei che si tratta addirittura di un reciproco amore, ai! quale offre la terrn ogni suo palpito e ,ogni suo bene, l'icambiata dalle•c\:lre e datle diatiche più appassionate <dell'uomo. E· come tuni gli 'amori che abbiano profondti radici non p1,10non esercifare una decisiva influenza sullo stess0 destino degli' interessati, Fiorisce. e fruttifica sempr,e piili espansiva e rigogliosa la terra, perdornando anche quàkhe afrodisiaco che vuol ria• nimare la sua stanchezza; mutan0 e si ev0lvÒno gli umori e i ca,i:atteri degli u0mini. Sopra tutt0 ·di quelli che hanno con essa una a;;iilintima: e ·oper,osa c0nfi.dehza. Ma lasciamo finalmente la metafora per dii,e che i pr6-: gressi dell'agricoltura hanno impegnato e corn~inua~o a im– pegµase, com eccezionale importanza, lo· stesso svil1,1ppodella civiltà. Basterebbe ri@hiamare, con ·significato simbolico la storia ,delle bonifiche.' Là doye le sterili paludi ammo;ba– vano l'atmosfor_a e diffondevano la malaria, le. bellle e fer– tili cainpagne ·distri.bmiscono saiate e letizia. Si sono reden– ti, ancora una volpa insieme, la terra e fuomo nella ma– teda e nello spirito. E 'intanto ci accade di ricordare, non certo a. sproposit0, quel passo di Marx dove è detto con inolto, e non incon- . sapevole idealismo, che « mutando le condizioni degJi uo• mini e il loro ambiente, mutano anche le loro concezioni e le loro idee». Ling1,1aggio, prr la verità, assai simile a. quello del cat– tolico R0ps quando scrive che « la miseria non colpisce sol– . tanto gli esseri umani pe~la !pro vita' materiak - ciò che sarebbe già -gravissimo - ma, estirpa in. essi le stesse ra– dici morali, intellett1,1ali e religiose».' , Dell'uomo dicévo e del>le sue relazioni con la terra, senza alcuna distinzione o· çategoria. Di proposito,· si intende. Dell'uomo nel suo s'ignificato ,più comprensivo; dunque di tutti gli l!IOmini.Ed è ben logico, se la terra innegaliil– mente costituisce un bene universale, predestinato: la fonte di ogni energia e l'origine di ogni pi,odot-to essenziale. La base e I~ condizione « s'ine qua n_on», i~ una parola, della stessa esistenza. Togliete all'uòm.o la terra, ed esso fata,lmenfe sarà per– duto. E' come se nella terra. egli ,avesse le radici vitali del proprio essere. E l'allegoria, per il suo eontenuto tremen– damente Feale, ci ·richiama, in un., riflesso pateticò, il de– stino degli alberi estirpati. Non importa che cada -su. di essi copiosam('nte la pioggia o !>àttano i raggi corroboranti del più bel sole: nessuno potrà salvarli dalla morte. E allora perchè, a differenza· dell'aria, la terra non deve essere di tutti? Come ammettere che su di essa qualcùno pos~a prendere delle ipotec!'te .0 accampare dei privilegi ; e (1) Per gentile concessione della rivista « Rèaltà nuova ». o Bianco creare immensi giardini o parchi riservati o, peggio, con– servare lande sterminate là dove potrebbero, mareggiare le messi e prosperare i frutteti e verdeggiare gli orti? Non si vuole sostenere con questo, naturalmente, che gli uomini debbano esercitare totalita.riamente ed esclusivamen– te l'agric0ltura - ciò che sàrebbe grottesco e controprodu– centts - ma piutto~to che la terra non possa esse~e che pa– trimoni@ della colletti.vità. E ~he su di essa non altre leggi o discipline siam:> da ammettere ohe quelle di pubblico e generale interesse. Immagino l'obiezione. Se alcuni uomini soltanto p'ossono lavorare la terra, perchè sulla terra dovrebbe cadere il di– ritto_ di tutti? Faoile, elementare, è la risposta. C'è- forse qualche uma– na attività che non si rifaccia, sia p1,1reindirettamente, alle eneFgie ger1etiche della terra? ,,Ogni metro di· aFe~ sottratto all\a disponibilità della gran, ·de fa!iJlliglia degli uomini ne diminuisce, dunque, l'e,fificien– za. vitale e ne compromette lo svilappo hiologico e intellet– tivo. EcGo perchè un pensatore della statura e della chiaroveg– genza di Tolstoi attribuiva al potere dispotico sulla ,terra l'origine \lei peggiori mali• della società, riecheggiando le gernerose perorazioni cli uno dei più ispirati pionieri della riforma agraria dal punto di vista uman.o. 'Scriveva, in:flatti, con la penna anoventata Enrico Geor– gel n0Ua sec01:da, met~ del secolo soor_so: « a ren<dere la ter– ra una propneta .pnvata; a consentn;e alle persone d'im– padronirsi di quel capitale che natura ha messo a disposi- . ·z.ione di tutti, ·noi, gettiamo ai cani dell'avidità 1 e del lusso il pane dei popoli. Noi diamo Ga,usa ad una f~ndamentale disuguaglianza, che sprigiona in ogni dlirezione altrettante tendenze ail'ia disuguaglianza .. E cla questo invertimento dei beni donati dal creatore, da questa ignorarnza e disprezzo delle sue leggi s0ciali, ecco scaturire proprio ner cuore del– la, mostra civiltà quell'orribile e mostrnosa malattia che si chiama pptrefazione s~ciale ». · , Poi .verrà Nino Mazzopi, che al problema agrario ha de– 'dicato una così severa appassionata e· per-severante riflessio– ne, e alla vigilia di questa nuova ma ancora problematica e perplessa riforma 1:!etterà parole ben simili nella lettera non meno che nello spirito. « In ne~s-tip altro ramo quanto nell'agricoltura la p,roprie– tà dei mezzi. di prodazi0p.e svela il suo pericoloso carattere monopoli,stico, che si traduc~ in servitili della collettività. La terra _che ci <dàil nostro pane non dev'essere una signo– ria, dei singoli». Nè ci si opJ')onga che non pare iiusta la limitazione u, addirittt_ira, l'esclusiòne del diritto <diproprietà per la terra·, se di ogni altro bene chiunque può liberamente possedere quanto vogl,ia o possa. Per quello che m'i riguarda perso– nalmente, affe.rmo l'assurdo' di ogni proprietà che non sod– disfi le esigenze elementari \)ella vita individ;ale. Comun- -que è l(>Ur sem_pre 'lecessario e morale distinguere tra i be– ni p,reoostitaiti e quelli prodotti dal proprio lavoro e dal proprio talento creativo. Ed è questo, certo, il senso implicitamente religioso di una radicale soluzione del problema agrario. Radicale alla maniera di George, di Tolstoi ·e di Mazzoni. * * * Dal pant0 di vista umano a me basta chiarire le premesse e defini,re il principio. Quali debbano essere 1e forme mi– gliori di gestione collettiva della terra, diranno ·gli esperti. Essi <dovranno conciliare l'esigenza spirituale delle gene– razioni moderne con quella, esclusivamente pratica, del mi– g.Jior rendimento. N è si lasceranno scoraggiare dalle diffi– coltà iniziali e dalla .int1,1itiva·resistenza delle abitudini in– veterate e degli interessi costituiti. Questo è assiomatic<;>: che tutto è strumentai~, semplice– mente strumentale, ciò che non attiene all'uomo. Allla sua clignità e al suo destiao. E non è meno vero che sul metod9 si possono fare e rifare tutti gli esperimenti, non sull'uomo, se non al patto di consumare degli inammissibili sacrilegi. L'uomo è fine, a se stesso. Dovrehbe essere questa, or– mai, nel ventesimo secolo, una premessa consensuale. Dun– que non può costituire mezzo a nulla, nemmeno all'illuso,.

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