Critica Sociale - anno XL - n. 22 - 15 novembre 1948

504 CRITICA SOCIALE, -----'----~------------ Politica estera e I. Miraggi pericolosi Stiamo attraversando una fase assai delicata della politica internazionale. Siamo forse alla vigilia (ma speriamo non sia) di avvenimenti che possono ri– chiedere alla opinione pubblica un severo sforzo di comprensione. E' dunque necessario illuminare il pubblico su alcune questioni fondamentali che per i tecnici. sono chiare, mentre per i non tecnici pos– sono essere fonti di erronee interpretazioni e di conseguenti pericolose deduzioni. Si sta parlando molto in questi giorni di blocchi, di unioni, di neutralità armata o disarmata, di « guerra alla guerra». Si parla anche apertamente di « buttar giù i fucili », di « darsi alla macchia »: E' quest'ultima un'idea che seduce non solo molti. possibili combattenti, ma soprattutto le madri, le mogli, le sorelle. E' un'idea che penetra con la stes– sa facilità con cui certi suadenti veleni penetrano nell'organismo e, alimentata da recenti ricordi, tro– va larga flCO di simpatia in molti ambienti della stanca, stremata, e spesso affranta popolazione ita– liana. Non è il caso ora di soffermarsi sulle origini e sulla sincerità di questa propaganda. Vale invece la pena di soffermarsi su un'altra idea che, venen– do da fonti non sospette e giovandosi di pacati ragionamenti e di speciose argomentazioni tecniche, · costituisce ,un pericolo forse ancora più grave del minacciato « sciopero militare». Tanto più che. es– sa proviene talvolta da persone di buona fede e giu– stamente orientale; in linea generale, circa le nostre posizioni e le nostre direttive nella politica interna– zionale. Si tratta della prop::.ga,nda per la neutralità 1di tipo svizzero e per il programma d'ella nazione arll)ata sul modello svizzero. Che l'esempio di alta pacifica civiltà offertoci dal– la Svizzera possa esercitare una profonda suggestio– ne su paesi che hanno subìto atroci sofferenze e stanno tuttora attraversando angosciosi periodi di ansie e di incertezze per il loro avvenire, è troppo giusto. Che la luce di armonioso progresso che ema– na da una serena, confederazione che ha saputo conciliare popoli diversi per razza, per religione, per tradizioni, in una sfera superiore di opèrosa. e feconda, convivenza, attragga gli sguardi di uomini assetali di quei benefici, ma impotenti a, procurar– seli, è pit1 che naturale. Ma che si creda di poter esportare dalla Svizzera il principio della neutralità· perpetua e della sua· difesa a mezzo della nazione armata è una pericolosa illusione che va distrutta prima che metta raciìci e riesca a fuorviare la opi– nione pubblica. La neutralità svizzera ha una vecchia storia. Essa è nata da un lungo travaglio, e nel giudicare il suo valore attuale non dobbiamo perdere di vista la realtà dei fatti, scartando risolutamente i veli delle apparenze. Le due ultime guerre hanno fatto trop-· po_ sistematico strazio di rispetti umani e di for– mule e accordL internazionali perchè si possa an.- · cora credere che soltan fo riguardosi scrupoli inter– nazionali abbiano salvato la Svizzera dalle invasioni. La verità è che tutti i belligeranti hanno trovate il loro tornaconto nel rispetto della neutralità svizze– ra. Nel turbinoso -vortice della guerra, ìa Svizzera è stata come il salvagente del metropolitano in mez– zo al crocevia, come la cassetta di sicurezza al si– curo nella camera blindata della banca, come il « buem retiro »·nel vicolo attiguo alla g·rande strada, appartato e remoto, ma ·pur vicino. Se non ci fosse ·stata la Svizz_era, dove si sarebbero tramati intrighi BibliotecaGinoBianco politica ,militare di spionaggio e controspionaggio, affari di ogni ri– sma che spesso univano, al di fuori e al di sopra della linea delle trincee, gli stessi belligeranti? Dove si sarebbero depositati ingenti capitali, valori di ogni genere, documenti preziosi da mettere al si– curo per riesumarli al momento opportuno, sottraen– doli ad ogni rischio? Dov.e gli stessi nemici poteva– no discretamente incontrarsi e trattare segretamen– te per i loro governi o per le opposizioni ai loro governi? Dove si poteva sperare un sicuro rifugio in caso di fuga di fronte ad improvvise avversità 'li Ripensando a tante cronache, a tante « rivelazio– ni » del dopoguerra, vien fatto di · dire che se la neutralità svizzera. non fosse esistita per volontà de– gli Svizzeri, bisognava inventarla per comodità dei belligeranti. (E non dimentichiamo che le autorità diplomatiche svizzere hanno curato gli interessi di tutti i belligeranti in tutto il mondo è che la Sviz– zera forniva ad alcuni belligeranti certi prodotti delle sue industrie di precisione che erano preziosi per gli usi di guerra). Il rispetto della neutralità territoriale svizzera ha dunque permesso ai bellige– ranti di atteggiarsi a caval_]ereschi paladini di con– venzioni internazionali, ma in sostanza ha obbedito soltanto alle esigenze di ·concreti e spesso non con– fessabili interessi. Quali vantaggi avrebbe dato una invasione? Il territorio svizzero rende ben poco ed i fattori della sua ricchezza sono di natura tale che una invasione straniera li avrebbe immediatamente inariditi. Neppure i.I lavoro di alta prècisione può prosperare setto il tallone •dell'invasore. Le viola– zioni di neutralità aerea che ·qon lasc-iano traccia e non rappresentano altro rischio che quello di una azione contraerea a carattere prevalentemente dimo-. strativo, o quello dell'invio di una nota diplomatica di protesta, si sono sistematicamente- verificate quando ce n'è stato bisogno. Rallegrjamoci dunque che ad una nazione benefica, civile, utile come la Svizzera sian.o stati risparmiati gli orrori della guerra e ,dell'invasione, ma non facciamoci illusioni sul valore « esemplare » della sua neutralità. Dopo aver così messe a fuoco, con obbiettiva va– lutazione, le vere caratteristiche di questa ne.utrali– 't,à, c'è chi si sente d{ jffermare che l'Xtalia, sol che volesse, potrebbe in' un futuro conflitto assu– mere la parte di una nuova Svizzera? Ma basta guardare una carta .geografica per rendersi conto dell'enorme differenza che corre tra i due paesi dal punto di vista ·delle loro possibilità ai fini della guerra. E' noto che le vie della politica internazio– nale sono ora quelle dell'accaparramento di basi di interesse strategico; appare quindi evidente per qualsiasi profano la diversità di attrazione che i dne paesi possono esercitare sugli ipotetici bellige– ranti. Neppure un.a esplicita e formale dichiara– zione di rispetto alla nostra neutralità da, parte dei contendenti (qualora fosse possibile ottenerla!) giu– stificherebbe l'errore di farci sicuro affidamento. Sono tante le occasioni che fanno gli uomini ladri e si è fatta in questi tempi una così alta scuola di... furti con destr~zza ! Quanto poi al peso che potreb– be avere una nostra dichiarazione unilatera1e di neutralità... Siamo seri, sono specchietti per le al– lodole che è meglio non· tirare in ·ballo se 1 non si vuol fare la solita fine delle allodole! Ma, obbietta qualcuno, la Svizzera, e tutti lo sa– pevano, era pronta a difendere la sua neutralità con le unghie e coi denti, avendo adottato il felice sislema della nazione armata, -e questo è stato il segreto della sua incolumità. Facciamo dunque an– che noi la nazione armata. Costa poco e rende as– sai, come lo dimostra la Svizzera che è oggi la nazione più. felice del mondo. Confesso che non

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