Critica Sociale - anno XXXIX - n. 20 - 16 ottobre 1947

3'i8 CRITICA SOCIALE stra mozione separata. Ed è davvero stupefacent" la pretesa di Nenni, il quale si adira perchè, quando egli chiese la votazione per divisione del suo or– dine del giorno, con la speranza- che sulla secon– da parte di esso si potesse raccogliere una maggio– ranza contro il Ministero, noi non ci siamo prestati e abbiamo voluto che il tentativo di costituire una siffatta maggioranza si facesse invece sopra la mo– zione nostra o su quella dei repubblicani, ch·e certo avevano possibilità di ra,ccogliere un maggior. nu– mero di consensi, come infatti è avvenµto. Se il Mi– nistero fosse caduto su un ordine del •giorno pre– sentato da Nenni, evidentemente egli sarebbe dive– nuto la chiave di volta della soluzione della crisi, per la quale egli si sarebbe naturalmente affiancato a Togliatti; e poichè essi sanno bene che non è il momento ancora per i loro partiti di « passare dal governo al potere», avrebbero studiato una nuova comoda formula di governo di .,coalizione, cioè d,i compromesso, cioè di nullismo e 'ai. 'J.>aralisi.E' mo– mento questo in cui il nostro Paese possa proporsi lussi di questo genere? E ciò tanto più che in quei giorni stessi la pre– sentazione della relazione della Commissione dei Sedici nominata nella Conferenza di Parigi prospet– tava la necessità di un compito immediato. In die– ci settimane quella Commissione ha fatto veramen– te un buon lavoro: con pazienti indagini ha fissato il fabbisogno di ciascuna nazione, stabilito quello che ognuna di esse deve fare per aiutare se stess;:i e meritare l'aiuto esterno di cui è stato fissato l'am– montare. Non si può dire certo che col compimento del lavoro della Commissione possiamo ormai con– siderarci avviati acl. entrare in porto. Senza dubbio era difficile mettere d'accordo anche sulla carta le esigenze dei diversi Paesi, ma innegabilmente è mol– to più difficile metterli d'accordo nella reaità effet– tuale. Potrà f America soddisfare. tutte le richieste? Sentiranno le naziòni europee che solo nella soli– darietà è la loro salvezza, o si lasceranno prendere da cupidige egoistiche, da invidie, da sospetti? E lo stesso Governo americano, che pure ha certamen– te bisogno di una Eur0pa calma, nella quale siano pertanto soddisfatte le fondamentali esigenze di vita, potrà vincere gli egoismi particolaristici che non si adattano a riconoscère che l'Europa per risorgere ha bisogno anche di poter esportare e s1 sìorzano di ottenere che la loro posizione monopolistica, già forte per i naturali privilegi dell'economia. ameri– cana, sia rafforzata con l'innalzamento delle barrie– re doganali? Tutto questo non può tuttavia esimerci dal rico– noscere ·che l'idea del piano Marshall era ed è prov– vida. Non c'è bisogno, come avvertimmo altra volta, di supporre che solo un intento politico- abbia potu– to isp:rare l'idea di ·quel piano, perchè l'attuazione di esso rappresenta un mezzo di salvezza economi– ca anche per l'America, fatta esperta dalla grave cdsi che piombò su di essa nel 1929 e ne sconvolse la vita per più anni. In ogni modo, se anche nell'i– dea di Marshall o di Truman o di altri elementi re– sponsabili della politica americana c'era anche l'in– tento di soddisfare mire imperialistiche, la coali– zione delle potenze europee, le quali fianno ora for– .mulato il loro piano e non possono certamente ave– re lo scopo di asservirsi all'America, avrebbe co- Bibllo eL.a Gino ts1anco stituito una forza risoluta a resistere alle eventuali mire imperialistiche americane. Si deve quindi cer– care di rafforzare questa volontà di autonomia e a ciò avrebbe certamèffte giovato la presenza; nella · coalizione degli Stati europei, anche di quegli Stati orientali delle cui direttive politiche la Russia non può certo dubi.tare. E allòra perchè essa li ha co- . stretti a rifiutare l'invito, che avevano ricevuto, di partecipare anch'essi alla formulazione del piano Marshall? E' davvero stupefacente che questo piano sia ora denunziato come uno strumento di guerra, non solo nelle intenzioni dell'America, ma anche di tutti i Governi che hanno accolto il suo invito. Se non tutti i commenti attingono i vertici dell'assurdità cui è giunto !'on. Longo in un articolo pubblicato su Vie NM.ove, anche gli altri commenti sono però su per giù sul medesimo tono. Si poteva forse pre– tendere che le Nazioni europee, le quali hanno scar– sità di denaro e scarsità di merci e hanno bisogno dell'uno e delle altre per risorgere e vivere, rifiu– tassero l'unica possibilità di afoto che si offriva lo– ro per non urtare le suscettibilità della Russia e dei seguaci comunisti? Se l'U.R.S.S. avesse nella realtà. e non solo nelle arbitrarie affermazioni del– l'on. Togliatti, la possibilità di offrire milioni di tonnellate di grano alle Nazioni dell'Europa cen– trale e occidentale, queste sarebbero pronte ad ac– cettare con giubilo, tanto più che non hanno fi– ducia che a tutto il loro fabbisogno possa provve– dere l'America.· Se domani la Russi'a offrirà pe– trolio o earbone, non rifiuteremo certo l'offerta, ma l'accoglieremo anzi con un senso di sollievo. Non neghiamo con questo che ci possa essere in Europa qualche governo od uomo politico o gruppo di ca– pitalisti, il quale senta vaghezza che la politica del suo Paese si appoggi su quella degli Stati Uniti; ci sono però nell'interno di ciascuna nazione (e l'Avcmti! stesso _lo riconosce e lo proclama) :fi©rze risolute ad opporsi. Ma di qmeste, se alcune voglio– no risolutamente restar fùori da ogni blocco, altre mirano invece a far cadere il loro Paese nell'orbita del blocco orientale. I comunistj svelano oggi apertamente il loro gio– co, che del resto era già prima facile intuire. Non indaghiamo se 1a deliberazione presa, non sappiamo bene se a Belgrado o a Varsavia, sia resurrezione del Comintern; non vogliamo neppur valerci della autorevole affermazione della nostra Balabanoff che nonostante l'annunzio uscito nel 1943, in re;iltà ii Comintern non ha mai cessato di esistere. Ammet-· tiamo pure che non ci sia un Comitato che dia ordini. Certo, c'è una coalizione di uomini che ri– conoscono nella Russia la loro patria, nel bolsce– vismo il loro ideale, e di là vogliono "trarre la nor– ma · della loro condotta. L'imperativo scaturisce dalla posizione di volontaria sudditanza che essi harino assunta e vincola con forza anche maggiore che se venisse soltanto aa una imposizione esterna.,' Può anche essere rispettabile come atto di fede nelle anime semplici, aliene dai doppi giuochi; ma certo rappresenta ,un pericolo. Lasciamo il caso delle Potenze orientali, dove la interferenza russa ha creato una conciizione di pas– siva universale obbedienza; ma per la Francia e per l'Italia il caso è diverso. Nell'interno di questi paesi, dove c'è una minoranza, numericamente de--

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