Critica Sociale - anno XXXIX - n. 17 - 1 settembre 1947

316 CRITICA SOCIALE Finanza straordinaria e imposta progressiva .sul I • • .patr1n1on10 Mutano i Ministri nel Palazzo di Via Venti Settembre, restano i Direttori Generali, restà tutto l'apparato buro• cratico che oppone una tenace resistenza ad ogni tentativo di rinnovamento. Nel campo cfella finanza ordinaria il peccato capitale della Amministrazione finanziaria fu quello della incom– . prensione di fronte ad ogni suggerimento di riforma: l'aumento delle entrate che, calcolate a fine Settembre 1946 in 240 miliardi annui, superano oggi di gran lunga i 300 miliardi, non assolve l'Amministrazione, sia perchè un tale aumento è dovuto iri gran parte ai tributi indiretti, . sia· perchè esso è diretta conseguenza dell'aumento del costo della vita: le proposte riduzioni di aliquote, in ogni caso insufficienti, non hanno senso se non congiunte a radicali modifiche del. sistema di accertamento. Errori della finanza straordinaria nel passato Ma se la finanza ordirn1ria ha peccato per riprovevole inerzia, quella straordinaria ha rrrato nei due sensi: ha fatto poco e ha fatto male. Mentre nella finanza ordinaria prevale H criterio tecnico (si tratta sempre di distribuire fra i cittadini nel modo più economiCOI e pi.ù equo gli oneri indispensabili per sopperire alle spese necessarie per la soddisfazione di bisogni pubblici di ordine generale), nel campo della finanza straordinaria è il criterio politico che prevale. Non è detto che anche alla imposizione di c~rattere straordinario no·n presiéda un criterio d~ giustizia sociale, nè che ·si debbano n~ressariamente dimenticare i principi fondamentali della tecnica tributaria, ma l' ele- .mento politico è sempre d·eterminante_ Pe~ citare un solo ·· esempio: le leggi che nel corso dei secoli, in ogni luogo, colpirono, con intento avocativo, la c.d: ,ma·nomorta' ecple.• siastica rispondevano ·certo ad un rudimentale sentimento di giustizia sociale e non contrastavano neppure al prin• cipio della economia della risc<:>ssione,, ma eraU:o· dettate 'da criteri prevalentemente politici. Dopo la prima guerra mondiale' l'Italia si trovj, a dover affrontare compiti ·che ~ccedevano di gran lunga le forze della finanza ordinaria. Anche trasc1n,ando i debiti di guerra, non era possibile con m<:zzi ordinari provvedere al pagamento dei danni di guerra, alle ricostruzio~i neces– sarie nelle provincie occupate, ai sussidi ~er la -disoccu– pazione imposti dalla 'rapida smobilitazione delle forze armate, èd oltre a ciò, e soprattutto, ad un adeguamimto in senso socialmente più. p,rogredito della situazione delle classi lavoratrici. Da ciò la necessità di ricorrere a prov– vedimenti finanziari di carattere straordinario. La pres– sione dei partiti di massa, riusciti vittoriosi nelle elezioni del 1919, fece sì che .tali misure prendessero sp1,sso un sapore demagogico. Le principali di tali imposte furono: la imposta sui pro– fitti di guerra e sugli aumenti di patrimonio derivanti dalla guerra e la ·imposta straordinaria sul patrimonio. Non vogliamo dire che dette due· imposte si siano dimo– strate del tutto ineflìcaci: esse aiutarono certamente lo Stato a superare una contingenza pericolosa, ma fu presto evidente la loro artificiosità, che si tr~mutava in taluni casi in iniquità. In sostanza, la imposta sui • profitti di guerra tend 1 eva ad avoèare allo Stato in •tutto o' .in parte quella_ quota di reddito realizzato dai singoli o dagli enti collettivi eccedente il reddito prebel\ico. 'Ma come era possibile un tal calcolo per differenza, quando il reddito prebellico, per una tacita intesa fra Finanza e contribuente, era stato accertato e concordato in misura notevolmente inferiore al reddito reale? E come era possibile accertare l;aumento di _patrimonio d,erivato dalla guerra quando JDan– ca,,a la possibilità di accertare l'entità dei patrfmoni pre– bellicj? L 'inconveni_ente m~ggiore riscontrato negli_ ~ccer- BioliotecaGino Bianco · lamenti del tempo dipendeva dal fatto che alcuni cespiti patrimoniali, come , quelli immobiliari, dovettero pagare -l'imposta in toto, mentre altri, come il danaro, i conti cor– renti bancari, i titoli al portatore, praticamente ne furono esenti. Da ciò una deplorevole sperequazione fra le re– gioni, le classi, gli individui. ~ Oltre alle due im11oste principali suaccennate, pullula– rono, ali' epoca, molte altre imposte di carattere più o meno strnordinario e di contenuto più o meno d.emago– gico, ·che poco o ·nulla resero allo Stato, mentre assorbi– rono e distrassero numerosi funzionari, la cui opera ben più efficacemente sarebbe stata spesa a favore di poche imposte fondamentali. Ne citeremo alcune: imposta stra• ordinaria sui terreni bonificati, imposta complementare sui ·redditi superiori alle L._ 10.000, 1 contributo personale stra– ordinario di guerra, imposta sui proventi degli ammini– stratori di società per azioni e imposta sugli aumenti di c,ompensi agli amministratori di società, imposta sui pro– venti dei dirigenti e dei procuratori di società ~ommer• ·ciali, imposta straordinaria sui dividendi, imposta sui mìli– tari n9n combattenti, imposta sulle esenzioni dal servizio ,militare, diritto di guerra sulla riscossione degli affitti, :etc. etc. ' L'esperimento fatto avrebbe dovuto portare i suoi frutti ·nelle più 'gravi contingenze nelle quali l'Italia si trovò dopo la seconda guerra mondiale ; invece gli e1'1'ori ven• nero ripetuti, peggiorati. Un altro gruppo di provvèdimenti vnanziari di carattere st•aordinavio fu. emanato dal governo fascista negli anni 1936-38 ,<<per. vàlorizza•e fa vittoria conseguita in Africa << Orientale e per p•ocurare i mezzi niicessi,ri per garantire << la sicurezza nazionale ». In data 5 Ottobre 1936 fu eme;so. un prestito forzoso redimibile 5 per cento, alla sottoscri– zione del quale erano tenuti tutti i proprietari di terreni e fabbricati nella misur~ del 5 per cento del v.alore del– l'immobile: contemporaneamente venne decretata, ,per la durata di 25 anni, una imposta straordinaria immobiliare nella ·misura del · 3.50 per mille dei valori immobi.Jiari, il cui reddito dov(/va · servire al pagamento degli intere~si e dell'ammortamento del prestito. Tale. imposta fu ·presto seguita (19 ott-0bre 1937-) da una imposta straordinaria sul capitale d·«ll'le società per azioni, n·ella misura del 10 per cento e poi (19 novembre 1938) da una imposta stra– ordinaria sul capita1e delle aziende industriali e eommer• ciali, nella misu~a del 7.50 pér cento, Queste ,imposte stvaordi,;arie, aventi tutte · per bas: il capitale al 5 Ottobre 1936, eranò reali e proporzionali (ad eccezione di quella sul capitale delle aziende indu– .striali e commerciali, che ei-a leggerm<:nte progressiva). Fu, presto evidente, anche questl! volta, come una imposta sul pattimonio, per esser taÌe, deve esser personale, e deve colpire tutti i . cespiti del patrimonio, per evit~re spere– qu;izio;;i ed evasioni: inoltre l'applicazione di dette impo• ste dimostrò la inanità della determinazione dell'imponi– bile fondato sull'accertamento· base di imposte già esistenti, sia quella di R.M., sia quella di negoziazione. . Errori delle attuali imposte straordinarie Cessata [a seconda gue~ra mondiale, il problema finan• ziario fu il primo · e più grave as·sillo di tutti i paesi, e so.pra tutto di quelli di fatto vinti. Mentre i paesi vin– citori (Stati Uniti d'America e Gran B!etagna) ritenqero, a torto o a ragione, di poter continuare nel sistema fiscale tradizionale, tutti gli altri, e specialmente quelli che eb– bero a spbire o l'occupazione tedesca o quella a11glo-sas– . sone, videro la loro situazione economico-finanziaria in grave ·pericolo e corsero o pensarono ai ripari. La prima misura. considerata, sia per: motivi tecnici che psicologici,

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