Critica Sociale - anno XXXVIII - n. 20 - 15 ottobre 1946

CRITICA SOCIALE 327 • e insediandosi in Libia che, in mano della potenza che detiene Gibilterra e' Malta, che domina' la Pa– lestina e non è forse disposta, a rinunziare in alcun . modo alla posizione di cui gode in Egitto, le dà un dominio ,incontrastato sù tutto il Meditèrraneo ren: dendola arbitra della politica· di tutte le nazio~i che , si affacciano su quel mare. Ma se anche è .quella accennata la ragione del duro trattamento fatto all'Italia, certo è ugualmen– te un fatto grave che ai propri motivi di gelosia e di sospetto le· grandi potenze possano con tanta di– sinvoltura sacrificare il diritto e la dignità degli .al– tri popoli. Ci sarebbe veramente_ da perdere fiducia sulla possibilità che· si possano mai stabilire su un fondamento di giustizia e di rispetto reciproco i rap– l.}Orti tra gli Stati. Forse le parole di Spaak aprono l'animo alla speranza. Egli ha osservato che la vo- FILIPPO , Mentre questo fascicolo della nostra rivista va in macchina, ci prepariamo a partecipare, con una schiera infinita di çompagni fedeli, a quel vero pel– le.grrinaggioa cui i compagni di C(ltl1,zo hanno ·con– vocato i socialisti della Lombardia e delle regioni vicine. Nesswna più degna celebrazione del pensiero e delle tradizioni del Parrtito·Socialista Italiano noi potremmo farre di questa' rievorozione del p,ensiero e dell'opera; di Filippo Tura!ti, p,resso il lnonumentio , ch.f!, primo in Italia, riproduce l'immagine di Lui e l'offre allà devozione', di quanti sentono come wn re– taggio sacro il culto delZ: ideale. Diamo qui sotto il profilo che dell',op•eracompiu– ta da Filippo Turati, con la_ ·parola;,co_ngli scritti, con l'attività ·p,mrlamentare,con l'esempio di tutta la vf,ta, ha tracciato il nostro Direttor-e; e ci auguriamo che la celebr(!zione che ora si fa della memoria de.I 11Jostro grande Maestro non sia pe_rnessuno un omag-· grio convenzi9nale e menzognero, ma significhi per tutti iDproposito di trarre dall'esempio di favi l'inse- . gnJaimentodel m,o,doin cui, con.sincerità di pensiero' e pwrità di intenti, si serve l'ideale I La C. S, Filippo Turati è stato a noi tutti maestro di pen– siero e di vita. Alla nascita del P. S. in Italia nessun altro ha contribuito quanto lui. Fu lui che portò la luce del pensiero marxis_fa fra coloro che avevano costituito a· Milano il Partito Operaio è per più anni erano rimasti ostinatamente chiusi Ìì.ella corteccia di un gretto corporativismo. Infranto quell'involucro, il P.O. non fu più un'associazione di bluse, ma un'as– sociazione di coscienze : la comunanza della fede apparve vincolo più stretto che quello del mestiere. I lavoratori sentirono che, per elevarsi ad un gra– do più umano di vita, occorreva rovesciare il pre– dominio capitalistico, dal quale, liberando se stessi, avrebbero insieme liberato tutta l'umanità. Da que– sta coscienza dell'èfficacia liberatrice dellà- lotta di classe, prendev·a inizio il movimento socialista e·soro geva quel « Partitg dei Lavoratori Italiani », che al Congresso di Genova nel 1892 scolpiva le proprie tavole di fondazione. · · L'anno prima T11rati aveva iniziato a Milano, in– sieme con Annà Kùliscioff; la pubblicazione di « Cri– ticà Socia,le », fiaccola ·àccesa avanti all'esercito per ilt'uminargl~ il cammino. La sua parola fu da allora lioteca inoBianco lontà dei Grossi si è imposta ai piccoli Stati, i quali hanno visto anche essi dalla prepotenza di quelli misconosciuta la loro dignità. E' l'unione dei piccoli che potrà salvare l'Europa e il mondo. Contro l'in– gordigia dei Grandi essi debbono opporre il loro di– ritto di vita e di libertà. Se sapranno intendere la loro missione, che è al tempo stesso anche il loro interesse, se sapranno unirsi a trovare la forza di resistere a ogni tentativo di coartare la loro volontà e la loro azione, saranno essi che potranno salvare il mondo, la pace, la civiltà. · · Ma occorre che ci sia una grande idea che li gui– di. Anche per questo noi sollecitiamo col nostro voto ,la costituzione dell'Internazionale Socialista. Essa avrà forza e autorità di dare impulso e direttive al– l'azione liberatrice delle piccole potenze. U. G. M. TURATI pronta a chiarire sempre meglio il suo pensiero, a dar coscienza sempre più piena della gravità del còmpito e dei mezzi per assolverlo. Era facile in– correre .nei due· opposti pericoli : restar troppo vin– colati alla realtà transeunte, o perder contatto con questa realtà e smarrirsi in vuote astrazioni; rima-_ ner vincolati a vecchie tradizioni di pensiero -e a vecchi conglomerati politici, oppure perdere nell'i– solamento ogni possibilità di aiuti nella lotta per cui le solé forze del nuovo esercito non bastavano. Con quale attenta cura e finezza di intuito Turati addita al Partito dei Lavoratori come debba tenersi lonta– no da quello Scilla e, insieme, da quel Cariddi. Bi~ sogna differenziarsi per affermare la propria auto– noma esistenza è la ragione di questa, ma non re– spingere in braccio ai' nemici forze che possono re– care aiuto alla nostra battaglia. Il Parj:ito dei La– voratori ha bisogno di vivere in atmosfèra di liber– tà; se a conquistare que~ta libertà altre forze lotta - no, nqi possiamo averle alleate, senza bisogno di con– fonderci, anzi affermando· il ·fine nostro particolare della lotta condotta in comune. _ La reazione crispina del 1894~95 e quella pellu– siana del 1898-1900 offrirono l'occasione a provare la necessità e il beneficio di questa tattica, Filippo Turati, che aveva detto l'alata e accorata parola di solida_rietà coi fasci dei lavoratori siciliani travolt~ nel 1894 dalla violenza reaziomy;ia; che, u– scendo dalla galera in cui lo aveva gettato nel 1898 la sentenza del Tribunale militare, aveva assunto per motto le parole con cui il 'dotto di Salamanca, uscito dai ceppi dell'Inquisizione, riprendeva sere– no il suo insegnamento : « heri dicebamus ... » ; Fi– lippo Turati, dopo la vittoria della democrazia tiel 1900 e il vittorioso· sciopero generale di Genova che imponeva al _Governo di revocare lo scioglimento di quella Camera. del Lavoro ordinato dal Prefetto, in– tese che si era finalmente conquistata quell'atmosfe– ra di libertà in cui la classe lavoratrice avrebbe po– tuto iniziare con buone speranze la sua s_pecificabat– taglia. Non poteva essere però .ancora la battaglia _per l'emancipazione finale, nè essere una· mònotona ripetizione di aspirare a questa -mèta : doveva essere un cammino, a passo-a passo, verso una meno iniqua retribuzione· di lavoro; verso una maggiore sicurezc za e dignità- di vita: Turati propugnò la._nècessità di

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