Critica Sociale - anno XXXVIII - n. 19 - 15 ottobre 1946

310 CRITICA SOCIALE to socialista, e, precisamente, in quella piccola Molinella ché· ha un nome così caro al socialismo italiano. Le nostre « affittanze collettive» si propongono due sco– pi principali : o quello di procurarsi a buone condizioni l'u– so della terra mediante un patto collP.ttivo - <li fitto. di mezzadria, di terzeria -: o quello di diventare dirette pro– prietarie della terra, che i loro soci acquistano. Per l'uno e per l'altro scopo si sono avute; rispettivamente affittanze collettivl!J « a conduzione divisa» (tali in genere, quelle di origine cattolica, le Cooperative agrarie bianche) e affittan· ze coll/!ttive « a conduzione unita» (esattamente come i kolchozy russi), nelle quali, non solo la direzione e l'ammi– nistrazione dell.'azienda, ma anche la stessa coltura della terra ha luogo in forma collettiva: tali specialmente le Cooperative agrarie cosidette r.osse. Il raggiungimento di tali ~copi implica anche molte al– tre operazioni comp!ementari da disimpegnare a forze uni– te: irrigazicme. sistemazione del terreno, acquisti e vendite. collettive, trasformazione dei prodotti, .credito agrario ecc. ecc. Usdre dalle angustie Le nostre « affittanze collettive a conduzione unita», co– me, del resto, le loro consorelle; non sono sempre riuscite a raggiungere felicemente le mete che si proponevano. Se Molinella, povera terra di risaiole, non tardò a trasfor• marsi in un'.oasi felice di «affittanze» proprietarie della terra, fortuna eguale non è sempre toccata ad altre asso– ciazioni analoghe. Vi hanno fatto ostacolo insufficienza di capitali, piani troppo• vasti, inesperienza di dirigenti, di am– ministratori, di coltivatori; soprattutto, purtroppo, di~etto– so spirito di solidarietà sociale. Tuttavia, mentre le con– dizioni di fatto im{longono questa come l'unica via per uscire dalla stretta soffocànte, gli esempi fortunati indica– no che il duro cammino può, volendo,· essere percorso con fortuna'. Ed è interessante notare come, sia pure inconsape– volmente, sia pure asistematicamente, talora senza rendersi conto dei criteri teorici cui si obbediva, questo assoluto bi– sogno di uscire dalle angustie della piccola proprietà, quec sta necessità di dar mano a sforzi collettivi nel campo della coltu'ra· della terra della nostra penisola, abbia otte- , nuto ·1arghi riconoscimenti fuori del campo socialista. · Lasciando da p·arte alcune drastiche misure adottate in certi casi per ricomporre (ingrossare) delle proprietà. polve• rizzate, ricorderemo che una legge' del 1894, regolante la sorte deì beni già appartenenti a delle collettiviità, quei beni, che con espressione generica sogliono definirsi domi– ni collettivi. si ispirava, ·non già ai criteri che informano la proprietà individuale, ma a quelli .di uno sfruttamento col– lettivo. Quaralitatrè anni più tardi, una legge del 1937, e cioè emanata qe). corso di quella che un tempo soleva dirsi l'èra fasci~ta, tutta impregnata di sp'iriti antisocialistici; quella legge, dico, iniziava, nella vasta azienda bonificata di Maccarese (Lazio). un sistema di contratto, come fu detto, di « cç>mpartecipazione collettiva», dando vita, esattamen– te; a un grosso .kolchoz italiano. Un egregio studioso di economia agraria del periodo fascista, l'ufficiale teorico, an– zi, delle teorie agrarie fascistiche - il Serpieri -, dopo avere lungamente messo in rilievo gli inconvenienti del moltiplicarsi delle piccole proprietà, elogiava il sistema del– le « affittanze collettive a conduzione unita.» e0me quelle che .stimolano i coltivatori a fornire Un'opera più redditizia, in quanto essi sono dei veri imprenditori, tratti ad avere co– scienza della propria impresa, e possono, in tal modo, con– giungere· l'attaccamento del piccolo proprietario con i van– taggi della grande coltura (1). · Altri scrittori non socialisti (cito fra essi uno dei pionieri della economia agraria, Ghi– no Valenti) hanno sostenuto che le acque, ossia l'elemento fondamentale dell'agricoltura, non dovrebbero maì essere oggetto di appropriazione privata, ma solo di uso privato, per cui lo Stato dovrebbe godere in permanenza del diritte; di nazionalizzarle. E, finalmente, le maggiori ·opere di bo– nifica hanno sempre imposto ai proprietari, inclusi nella unità territoriale nella quale la bonifica si ·eseguiva. (il r:CJ– siddetto comprensorio), la rinunzia ad una parte dei loro persçmali diritti di proprietà e l'obbligo di associarsi in Consorzi fondi_ari. Così, nel nostro paese, pur·. rifuggendo dal condannare il fenomeno della. piccola proprietà, hanno opinato legislatori e studiosi. Ma la maggiore giustificazione dei sistemi di conduzione collettiva:'della terra, ossia, in genere, di istitu- -ti agrari; fondati su questo principio, si può desumere dal– la natura di quegli ste~si rimedi, che vengono consigliati a (.1) Sh'RPil!al, L'a ,grico.ft •r" nella ecoJomia, deÌla nazitme, Fi- renze 19'2, pp, ,HT -US. . · - · · Bibliot~caGinc,s·ianco · « rafforzare» la proprietà privata. Il pm importante di tali rimedi, è. si qice, ·.la cooperazione agraria : « il · rafforza· mento della piccola pror,rieta é la prima condizione- per ali" sicurare la vitalità della ·piccola proprietà coltivatrice. Han– no all'uopo fondame.ntale importanza la cooperazione che la so(trae all'iso-lamento, e l'istruzione professionale del contadino» (2). Or bene, tale «cooperazione», nel significa· to più comune che le si attribuisce,. nel significato, pet e– sempio, che le attribuiscono gli organizzatori e i legislatq– ri cattolici, non è altro che' una socializzazione parziale. una socializzazione arrestata ad un certo stadio del suo pro• cesso; .una socializzazione, che non ha osato estendersi a tutte le operazioni relative all'agricoltura, e questo, noll per ragioni tecniche e giuridiche. sibbene perchè i compo– nenti quelle cooperative agrarie, come oggi si dice, demo– cristiane erano. e sono, dei piccoli proprietari, nè si poteva offendere il loro prepotente senst quiritario. Ma, comunque sia di ciò, le aftittan,ze collettive, questa più evoluta forma di cooperazione agricola, ha avuto suc– cesso nell'Italia settentrionale, ma ne ha avuto pochissimo o nessuno nel resto della Penisola. Secondo un;:i statistica del 1928, .alla vigilia del profondo rimaneggiamento .che della coopeq1zione fece il regime fascista, la Lombardia ne contava allora 124, l'Emilia 73, il Veneto 24, l'Umbria e il Lazio 23, il Piemonte 12; dopo di che si d1scendev.. alle IO della Campania, alle 9 della Toscana, e si precipitava al– le 2 delle Puglie, che, insieme con· gli Abrùzzi, le Calabrie, la Basilicata. erano le contrade che proprio ne avrebbere avuto più bisogno. Vi faq!va eccezione la Sicili,1, che con• tava 39 affittanze, suscitate dalla brama di eliminare lo ·sfruttamento del gabellato; ma perciò i) loro -compito si esauriva nella quotizzazione di ex-feudi tra un certo nu– mero' di fittavoli (3). La conclusione del lungo discorso non può essere che una sola. Oltre alla inclemenza dei fattori naturali (an· ch'essa tutt'altro che invincibile), il nostro Mezzogiorno a– gricolo ha avuto fin oggi tre grandi nemici, suscitatigli dal malvolere o dalla inconsapevolezza deglì uomini : il lati, fondo, la piccola azienda, la piccola proprietà che è p@i una miseranda forma di possesso, socialmente non mene. perniciosa della prima. Or ·b~ne. il programma 'di un par– tito che voglia sul serio, e· non per preoccupazioni eletto– rali, redimere il Mezzogiorno, non può consistere neH'esal– tare, nel « rafforzare'>, nel «creare» la piccola proprietà, ma nel convincere i suoi infelici• detentori che la sua e la lor.o salute consistono ne)lo stringere insieme le forze per lottare contro tutti gli ostacoli che sbarrano il cammino. ,,,. Bisogna farsi una ragione. La piccola. pr.oprietà (come il piccolo artigianato) poteva vivere e, forse, pròsperare in tempi e in paesi in. cui vi era abbondanza di terre fertili, e potevano scegliervisi e accaparrarsi le migliori; in cui il trattamento del suolo era fatica semplicis~ima, facile, pun– to costosa; allorchè i trasporti erano lenti e difficili, e per- . ciò la concorrenza non costituiva un serio pericolo. Oggi tali condizioni ·sono mutate, così per l'industria, :ome per l'agricoltura. Oggi occorre creare il clima, creare il terre• no; oggi la cç,ltura s:' è scientificizzata, è divenuta difficile, . costosa-;--oggi ·bisogna lottare contro rivali intelligenti, ric– chi, audaci. In queste condizioni la piccola impresa agra· ria è condannata il perire o a rassegnarsi (come l'artigia– nato di fronte alla grande industria) a diventare un satellite della grande azienda, -deUa grande coltura. CORRADO BARBAGALLO (2) SERPIERI, op. dt. p. 220 (3) Sui dati statistici riferiti nel testo cfr. CosTAN~o, La coo– perazione agraria in Italia estr. da Rivista internazionale di agricoltura gennaio 1931 · p, 30 • segg. Abbiamo pubblicato: HAR!)LD J. LASKI 11 Battaglione segreto (Un esame dell'atteggiamento ·comunista verso il par- tito laburista) - Prezzo L. 20. · · GIUSEPPE FARAVELLI La Democrazia Socialista Prezzo L. 15. V~lgo,lljOpe,r entrambi lei facilita.zi -<mi, già disposte per gli altri iro-&triopus-col -i, di uoo ,s,co·nto de,l 2~% JMr ordinazioni di oltre 10 copie. · ·

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