Critica Sociale - anno XXXVI - n. 7 - 1-15 aprile 1926

CRITICA SOCIALE 95 Arrivata Pora dei rovesci, lutti tornarono nel– le file più umili, sia in patria, si-a battendo le vie dell'esilio, poveri come Giobbe, a ripren– dere il duro mestiere manuale, nobilitato cen– to volte· dalla dignifa semplice e magnifica del gesto ... ! Un utilitarismo tuUo di classe senza la minima commistione di privato-van~ taggio, o è idealismo - e del più alto valore morale - o noi p:roprio non abbian10 più il senso delle parole. In un tempo di arrivismo sfrenato, di cupidigie insaziabili e di. tenta-' zioni così facili, la corrente «riformista·», se ·pose per tutta la classe lavoratrice la rivendi– cazione delle riforn1e che tornavano più op– portune, fuor da ogni cura di privati inte– ressi, non può accusarsi senza ingenerosa in– giustizia di avere mancato al dovere volgendo le spalle ai valori supremi soltanto perchè collocò la serie delle rivendicazioni possibili secondo un piano piuttosto che secondo un aitro ... ché ancora non si definisce, neppur:e con la scienza del « poi », quale dovesse es~ sere ... *** Stringiamo l'argomento andando incontro alle preoccupazioni del nostro critico. I va– lori morali e politici negletti, probabilmente sono nella sua mente quelli che avrebbero. dovuto concretarsi in un rivolgimento poli– tico, che permettesse al proletariato di difen– dere meglio, nell'ora dell'aggressione, le sue libertà e le sue conquiste. Se indoviniamo il pensiero del critico, esso ci trova assoluta;– mente coi;i.senzienti. E non da ora, soltanto. Durante tutta la crisi politica del dopo-guerra noi indicammo al proletariato la via del po– lere non per l'attuazione massimalista e clas- ' ~ sista di un socialismo totalitario soltanto ne1- le belliche macerie, ma per la tutela delle sue libertà, violentemente minacciate dagli spiriti di reazione che la guerra aveva nutrito dei suoi furori. Si trattava di integrare la demo– crazia la quale, se abbandonata alle sole forze borghesi, ben sentivamo noi essere inet– ta a difendersi e presta a tradire. I.Hustra,– vamo il nostro concetto con la dimostrazione che un partito, il quale amministrava tanti Comuni, tante Provincie, tante Cooperative e Féderazioni di Cooperative, non poteva_ la– sciare tulti cotesti beni esposti alla violenza dei nemici, asp·ettandosi che li tutelasse lo Stato - in atto, il Governo borghese democra~ lico ogni giorno offeso e vituperato - per la dov~ta osservanza alle sue leggi. Non importa ora dire come il partito, bat– tendo le vie della rivoluzione totalitaria, ar– rivò alla totalitaria reazione. Qui conviene stabilire l'insufficienza del _problema come è posto dal Rosselli. Domandarsi: « perchè sia– mo batluti '? » è nulla se non ci si domanda: « in che siamo battuti'!». Nella nostra ideo– logia socialista, no, perchè la ·critica anticapi– lalista non è mai stata tanto suffragata quan– to dalla crisi convulsionaria del dopo-guerra, l'a quale ornai, per confessione cli tutti, ~om: presi gli imperialisti, non è più sperabile s1 risolva col regime della privata concorrenza, ma con l'unità. cooperativa e la concentra– zione solidale degli sforzi, salvo, ben inteso; Bib~rb~~~d9!fràh1e'~Psa per vedere a van- taggio d{ quali céti,la cris_i sia per· risol,vep;i: onde i due poli estremi, imperialismo o so-– ~ialismo, entrambi µegatori della piccola n– zienda, del mercato breve, degli impianti mo– desti, ecc., entrambi; cioè, fautori della Welt– politik per la Weltoeconomik .... Dunque noi siamo stati battuti in qualche cosa che non ··era·« noi», sebbene fosse anche di- noi: Noi siaino stati battuti nel liberalismo, nella de- mocrazia, che, .essendo «noi», era ,però _più proptiamente la borghesia, quella déllo « Sta– to nazionale i>, quella delle élites del Risorgi– mento, quella del '48 e del '70 ... quella _che·il Rosselli dimentica quando di flaccidezza mo– rale accusa soltanto il partito socialista e le masse, quella cui particolarmente competeva la difesa strenua, fino all'eroismo, fino al sa– crifizio, delle istituzioni proprie .. çh~ se una resistenza ci fu., quale essa sia s.tatà, non fu che dalla parte socialista. Questo dirà la cri– tica storica più giusta dell'avvenire. Conè~s– so, procla111ato l'errore capitale del parlito di àvere lasciato che si divaricasse la sua in– fluenza economica dalla sua influenza poli– tica, pèr un assurdo dispregio del potere ~se– cuti vo in r~gime ancora capitalista, tale erro– re non è cli prestanza morale. Cotesta ·osser– vazione ha una importanza capitale, perchè, ove ·altrimenti si pensasse e si accettass,ero ìe corrive critiche del Rosselli è degli altri che ne seguono l'indirizzo., se, ne dovrebbe infei– rire che la vittoria degli avversari si debba a speciali virtù, ignote ai vinti. Molti sono gli interessati a dare credito a siffatto giudizio. _Si guardino i nostri an1ici del Qiiarto Stato ùal prestare argomenti ad un sofisma storico e morale di insigne stoltezza. C'è· anche h~oppo l'and~zzo, dovulo alla cattiva Mistica nazionalistica di Treiitzke, di ritenere ogni vit– toria come la prova inconfutabile cli tutte le superiorità; di vedere nel successo, davanti a cui tutti si prostrano, incorporarsi sempre la volbn~à divina e la vittoria dello spirito L.. « .·.~ E, siccome non si ama e non si difende se -non ciò per. cui molto si è lottato e saerificato, così. era fatale che la classe lavoratric·e, che nei Fa,esi evoluti è giustamente la più vigile e interessata custode del li'lefodo democratico, dovesse da noi assistere quasi inerle alla uezazi:one di val(Ori supremi che appari:.. . vano purtroppo estranei alla sua coscienza ». Ah! no. Tutto un fronte è caduto:__ il fronte della civiltà 'liberale democratica. Ma acca– gionarne la classe lavoratrice in tale _propqr– zione è furore di autocritica, è passione di penitente, ebbro cli dissolvimento. Fu errore di intellet~o, non cli sentimento, credere che lo Stato si difendesse e ·custodisse in sè l'o– spizio delle libertà legali del proletariato in– sieme a tutte le altre. Ammesso ab initio tale errore il resto doveva. seguire irreparabil,.. niente.' Nessuna forza umana può vincere la sedizione che collude col ·potere stabilito. Se· il putsch cli Kapp avesse.trovato nell'on~sto Enert un alleato, neppure la classe lavora– trice tedesca, malgrado il buon allenainen.to dèi dodici apni di leggi eèéezionali bismarr kiane avrebbe vinto, e la Repubblica Tede– sca non sarebbe più. E qualche epigone he– geliano, per il quale t~tto ciò che è, è razio-

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