Critica Sociale - anno XXXVI - n. 6 - 16-31 marzo 1926

CRITICA SOCIALE . 79 slema di articolarità. Il Protocollo agiva non sol tanto secondo, ma anche dentro e per mez– zo della Società d_clle Nazioni, escludendo la parte ridicola di mera omologazione che Lo– carno pretendeva imporre a Ginevra e po– nendo t~tti _isoci de~la Soc}età in ~gu~e pie– nezza d1 az10ne, ossia toghenclo via ogni ra– gione di suscettibilità tra le diverse P·ole1rne. - 2. 0 Il paradosso che 47 nazioni non ab– biano potuto decidere, perchè una non ha vo– luto. Colpito a morte il re_gime dell'unanimità che ha retto fin qui la Società. Colpito a mor- te, cioè, il sistema originario. del Sindacato degli alleati vittoriosL il sistema or¾ginar:io della dittatNra di guerra proseguita nella truccatura della dittatura di pace. Davanti alla Società sta scritto: O rinnovarsi o morire. Naturalmente l'inguaribile imbecillità di certi nazionalisti italiani capì la cosa tutto al ro– ,·escio di quello che è evidentissimamente. Costoro ebbero il coraggio di sentenziare che l'insuccesso di Ginevra era il prodotto dello spirito democratico e della struttura parla– mentare della Società delle Nazioni. Noi non abbiamo mai visto che sia « democratico » de– cidere tra alcuni soci a parte, di cosa che ri– guardi una Società, con la pretensione di im– porre tal quale la decisione alla Società ... E ancora meno abbiamo mai riscontrato in nes– suna struttura parlamentare che i voti non si numerino perchè sia rituale il voto unani– me! Bisogna risalire agli incunaboli dei si– stemi rappresentativi barbarici nell'alto Me– dioevo, anglico o polacco, di cui appena qual– che superstite rit1esso si trova ancora in certi fossili ordinamenti di giurì çriminale, per tro– vare l'osservanza di una tal regola, così fon– damentalmente offensiva del diritto ìnclivi– duale e del diritto della Maggioranza! Il vero . è per l'apl?unto il contrario di quello asserito: La Societa delle· Nazioni soffre di povertà dj democrazia e di mancanza di parlamenta– rismo. Se la Socieiià delle Nazioni ha da so– pravvivere, ciò non può avvenire se non in– tegrando in sè la struttura parlamentare, e cioè. abol,endo la legge dell'unanimità, adattis– sima, come ogni legge di aristocrazia, per non fare, e stabilendo quei diritti ugualitari che soli rendono una maggioranza capace di agi– re, con l'impegnare la minoranza dissenzien– te alla disciplina. Ecco il porro unum n.eccs– sarium. I signori capi dei Governi locarnisti, ossia, le Potenze egemoniche - e con esse il conser– vatorismo universale.- sono già inquieti con– tro tanta audacia di sovversivismo e minac– ciano in armi. É giusto. Difendono l'orgoglio della loro onnipotente impotenza. f: nel rito. l\Ia, se vincono, vincono sopra la Società delle Nazioni, distruggendo la Società delle N azio– ni. Però bisogna avere questa fiducia: non vinceranno. Le necessità che li incalzano a cercare l'unità europea attraverso le Locaf'– no d'Occidente e le Locarno d'Oriente che sono in incubazione nei viaggi di Nincik, il Jugoslavo, da Roma a Parigi, nelle astute ma– novre coordinate di Benes, lo Czecoslovac– co, nei terror i di Sc hrikinzki, il Polacco, stret- B . Q- tra la G~. man.ia e la Russia, li porteranrlo, , H101eca LJlnO t::51anco rebus ipsis dicla.nlibus, ad una Società delle Nazioni, funzionante democraticamente, pa:·– l~mentarmenle, se_condo uno schema arieg– giante dappresso 11 morto-vivo « Protocollo di Ginevra ». · , Non ci sono più che i nostri malinconici rimas~ical?ri. di m_assimalisn10, ingenui fian– cheggiatori d1 ogni reazione nazionalistica, a negare le necessità a cui la nostra idealistica fiducia _si appella. Il loro balordo tripudjo della pr11na ora, quando salutarono come un proprio trionfo il « tramonto » ('?) di Ginevra causato dal veto dell'insorto Americano dav~ a se stesso questa giustificazione eh~ tutti gli «accordi» e i «Protocolli» e la s,hcietà delle ~ azioni si rompono contro la « realtà econo– mica». Il capitaliSTTIOè la concorrenza· o·li Stati capitalistici per loro natura tendo~o 0 a sopraffarsi; tra essi non puG essere che riva– lità e diffidenza. Perciò, il pacifismo dei Go– verni non è che «illusionismo» con cui i Go– verni stessi si adoperano ad ~ddormentare i popoli. Ora coteste generalizzazioni sono vere in astratto e false in concreto. O sono ve– rità tendenziali a cui contrastano altre verità effettuali. Già! la guerra è anche una espres– sione del capitalismo. Ma pure espressione del capitalismo, anzi di un certo imperiali~ smo, è la ricostruzione; è l'ampliamento dei mercati fino all'unità continentale; è lo spo– salizio del ferro e del carbo:r;i.e,che seppellisce il contrasto per l'Alsazia-Lorena; è il trust dei colori, che confonde le fabbriche tede– sche, inglesi e francesi. Espressione del capi– talism.o è ariche l'inchiesta per l'unità della produzione proposta dal «plutocrate» Lou– cheur ed accettata dalla Società delle Nazioni. La Relazione al bilanciò della Società della Snia-Viscosa, constatando lietamente di avere collocato per centinaia di milioni di sue aziio– ni in America, si slanciava liricamente a con– siderare l'estremo libero-stambio intei;-nazio– nale come la condizione più favorevole al ri– torno della produzione. Ecco alcuni (e ci sa– rebbe da farne un libro!) dei.determinanti ca– pitalistici che formano .il sostrato realislico di certo id_ealismo pacifista degli Stati. Ma poichè ci sono altri determinanti capitalistici ( e ci sa– rebbe da farne un altro libro!) che formano il sustrato realistico di certo idealismo guer– riero (bisogna porre le questioni con probità di intelletto!), così la lotta «politica» per la pace e per la guerra _èvivacissima e perma– nente. Di qui la necessità, per il socialismo poli– tico e per il proletariato internazionale, di non stare con le mani in mano, in una mistica inetzia pessimistica, in una disperata convin– zione che non c'è nulla da fare fuorchè la– sciare passare i « cleterminanli capilalislici >> che vuole il destino, siano quelli della pace, siano quelli della guerra; ma anzi la necessità di bultarsi a capofitto nella mischia, sforzan– dosi di voltare le circostanze a favore degli interessi del Lavoro, che sono certamente quelli della pace e della libertà. Di qui ancora · il perchè tutto il socialismo della Internazio– nale Socialista Operaia, che vive 9Perando (e spesso anche sbagliando, che è proprio del-

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