Critica Sociale - anno XXXVI - n. 6 - 16-31 marzo 1926

78 CRIT1CA SOCIALE di esserlo ogni fed~l minchione di conserva– tore. Che! L'Inghilterra e i Do_min~ons ~ovreb~ bero impegnare la flotta bnttamca a1 cenm eventuali della S0cietà delle Nazioni, per far fronte eventualmente ad un'insurrezione bel– ligera di lontani Stalerelli? Ohibò!. .. Ma, a volte l'utopia è quella cosa che, sotlo i colpi della' più vera realtà, fa quel che si è detto del « naturel » che, cacciato via a forza, tor– na di galoppo.~. L' «utopia» era il bisogno or– mai disperato di colmare l'abisso renano, in cui, da duemila anni, ogni secolo , vedeva sprofondarsi le legioni armate dei Franchi e dei Germani, atlirando spaventosamente nel– la stessa apocalissi di morte i popoli neutri. Ogni speranza di sollevare l'Europa senza tamponare quello hiatus della civiltà si pale– savq sempre più assurda e, veramente, uto– pica. La legge uscita, da Versailles non solo non rispondeva alle necessità della vita, ma era un lancinante assillo sui fianchi dei ne– mici impossibilitati a 'riconciliarsi. Non solo, Ma la legge di Versailles aveva aperto sul– .l'altro fianco tedesco, ad· Est,· un'altra piaga .sanguinante che domandava unguento e .fi– laccie. Allora il Protocollo denunziato e rinnegato .fu richiamato in vita - empirico e mutilo, certo- ma abbastanza vivo, nei brevi termini suoi, da essere salutato come il principio del– l'era nuova. Ecco gli a.ccordi cli Locarno: il patto di sicurezza e di garentia di sette-Stati 'per porre il Reno e la Vistola al cli là cli ogni rivendicazione bellica. Ahimè! Ahimè! Gli ac- cordi cli Locarno, costruiti fuori, si volevano impiantare nel sistema della Società deHe N a– zioni. Con le più rette intenzioni la grande di– plomazia delle Pote11ze locarniche non aveva .riflettuto alle difficoltà in cui si sarebbe coz·– zato quando si fosse trattato di inserire quella ,sua grande cre~zione autocratica nel corpo costituzionale della Società, che non aveva pensato di consultare. Chi poteva immagiL narsi che un così bel parto del più illuminato dispotismo potesse mai dare ombra all'amor -proprio, alle gel,osie della piccola e minuta gent~ della Società! Le Potenz,e locarniche avevano stipulato - sovranamente - l'en– trata della Germania nella Società alla pari con le altre grandi Potenze di diritto divino . ' . ' c10e con un seggio permanente. La. Francia la sola per cui in quell'incontro si doveva al– largare il Consiglio ... Ora le Potenze extra- . loèarniche si dissero che tutto ciò poteva es– sere giusto e savio e commendevole, ma che non era affatto il'caso si facesse-senza di loro, disponendo di loro; che esse non si sentivano .affatto mi.rwrum gentium. o non volevano es– serlo più. I3reve; esse dissero che l'_agire delle signore Grandi Potenze era, nei loro riguardi, troppo sa.n.sfaçon. Il vento della ribellione si sollevò nelle loro schiere. La formazione e la tra~formazione del Consiglio era pur roba loro: troppo si disponeva cli esse, senza con– sultarle, e della Società fuori della Società. Una scia di pr,etensioni si disegnò puntando sul Consiglio. Oltre la Polonia, la Spagna, il Brasile domandarono un seggio permanen– te. Le Potenze mortificate si ricordarono tut– te dell'arma formidabile che l'assurdo statuto dàva loro e con cui ciascuna di esse poteva mettere in iscacco le Potenze egemoniche. La Svezia, fedele tutrice del diritto della Gérma– nia, m1nacciò il suo veto contro il seggio alla Polonia. Il Brasile, ardito pioniere delle due Americhe, di ril_)icco,fulminò il suo veto con– tro la ammissione della Germania. aveva anche dato privatamente qualche affi– ~lamento alla ~olonia per un altro seggio ... In fondo, nel SlSlfma di Locarno, era giusto. N_ on per ~°: contrappeso, volgarmente oltrag– g10so e diffidente, verso la Germa11ia - come alcuno pensò e come altri poi calcò inaspren– d_ola ?ituazione a sfogo ~i un st~o ~saspcrato · r:isentimento; ma, percbe, nel sistema di Lo– carno, ~ulla doveva apparire più ragionevole che mettere in una comunione di uguali le Potenze più rappresentative degli antagoni:~ smi, che gli accordi locarnici dovevano ca1i1- céllare. Unico errore di fatto e di forma non avere precisato :ogni oosa informando:n'e in tempo debito e in via rituale, la Germani~: la quale perciò a buon diritto, alla vigilia del,– la ratificaa:ione degli accordi e della sua en– trata nella Società, poteva credersi di essere La diplomazia locarnica, stordha davanti alla. insurrezione, neppure rimettendoci della sua sconsiderata superbia, trovò un modo di umiliazione che 'placasse, mediante ripieghi, la burrasca. L'assemblea della Società delle Nazioni fu rimandata di sei mesi. Nulla di fatto. Alle Potenze locar11iche non restò che chiedere :una specie di perdono alla Germania del malo passo in cui l'avevano tirata, troppo facendo a fid.anza sull~ loro onnipotenza ornai troppo contestata. L'omaggio solenne reso dalle Potenze locarniche alla lealtà con cui la Germania si era resa esecutrice di tutti i suoi impegni sembrò un'autoderisione per la leggerezza con cui le stesse Potenze avevano assunto' ed eseguilo i propr'.ì di fronte alla Germania. «Tragedia!», gridò quella sera il flemmatico Austin Chamberlain. « Trage– dia!» ripetè il coro possente dei vassalli an– gJosassoni, prestando l'antifona alla com– mossa idiozia dell'eterna negazione ul1rari– voluzionaria. Ma che tragedia! L,asciamo che tutti i protagonisti tornarono a casa interi, con le loro gambe, a raccogliere voti cli fi– ducia -ùai loro Parlamenti... Nè tragedia, nè finimondo. Appena una« sorpresa». Una sor– presa che non ,avrebbe dovuto sorprendere alcuno che fosse così spregiudicato da conce– pire _che un giorno chi ha una sigaretta in la- - sca sia preso dalla tentazione di accenderla, e_chi ha un suffragjo sia preso dalla tenta– zione di spenderlo a modo suo ... Neghiamo la « tragedia della Società delle Nazioni», ri– conoscendo invece una crisi potente di svi– luppo. La sola «tragedia» autentica a Gine– vra ~ stata çru:e~ladell'orgoglio egemonico lo– ~armco, morhflc8;to dal fiasco inflitt,ogli dalla msorta o dalla « rmascente » Società delle N a- zioni. ( D~e cose, infatti, balzano chiarissime agli occhi che sanno vedere: 1. 0 La rivincita del Protocollo di Ginevra oome sistema di uni– versalità, sopra i trattati di Locarno, come si- BibliotecaGino Bianco

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