Critica Sociale - XXXV - n. 18 - 16-31 settembre 1925

.. • CRITICA SOCIA.LE 233 anche in altre nazioni la cui economia agricola è più progredita. . ' Quelle due forme di cooperazione - le affittanze collettive a conduzione unita e le affiltanze colletttve a conduzione divisa - riproducono in fondo, esatta– mente, (salvo la rendita pagata dalle Cooperative ai proprietarii), due forme diverse di socializzazione della terra: . La conduzione upita rappres·enta una forma comu– nista di produziooe; la più perfetta, se vogliamo, ma la più remota: Essa risponde- a quella concezione di orga– nizzazione sociale, sia pure non ben definibile, nella quale « ognuno avrà diritto alla ricchezza soèiale in ra– gione del proprio bisogno», la cui attuazione esige uo– mini poço_ meno che perfetti, che trovino nell'intimo della p,ropria -coscienza le ragioni e gli stimoli al la– voro; la conduzione· divisa, al contrario, rappresenta una forma di socializzazione, assai meno remota. che .assegna ad ognuno un compenso proporzionato al pro– dotto del proprio lavoro; essa tiene confo appunto di quel tale egoismo individuale, che per molto tempo an– cora costituirà il più grande incentivo al. lavoro. Quale di queste due forme ha maggiore probabilità di diffusione e di benefiça applicazione? · " La risposta è evidente. · Noi dobbiamo intanto registrare c'.ò che l'esperienza quotidiana indica nelle sue grandi lince; questa, espe-, ric11za ci dice ormai - iJ1 Ital1a come altrove - che hanno assai ·maggiore vitalità e forza di espansione le .. aziende collettive costituite d'ai piccoli coltivatori che lavorano e producono per loro conto. Le imprese col– lettive dei'-braccianti hanno reslstito debolmente agli urti della concorrenza ed hanno dimostrata una scars"I vitalità. Si deve perciò dedurne - e la deduzlone non mi. sembra audace - che, tra tutti i coltivatori, i soli braccianti, prodotto genuino dell'economia capitali– stica., siano destinati a scomparire. Ed è giusto ch,e così sia. La condizione sociale di questi salariati, « povere fo– « glie staccate che il vento accumula é sparpaglia qua « e là, uomini, donne, fanciulli, alla rinfusa, secondo la • variabile richiesta di mano· d'opera» (3), è oramai in– compa,tibile con qualsiasi convivenza sociale. Saranno .assorbiti in parte dalle industrie, in parte dalle piccole aziende che si costit1ùanno sulle rovin<;: dellè grandi unità .fondiarie, e in _parte - pei Paesi a · superpopolazione oome il nostro - dovranno emigrar.e per il mondo nella perenne ricerca di quell'-equilìbrio economico e sociale e .(\i quel « punto di aderenza al suolo » che non riusciranno a trovare finch.è rimar– ranno nella condizione di salariati agricoli. ' BIAGIO RIGUZZI. (3) CELSO ULPIANI : La Georgiche. Il~orialiimo ne1liavveuarii iel iorialiimo in lnghil!erra V. - Il salario sociale. Eccoci al secondo punto: .il salario. Nel quale non si disconosce ormai più, accanl•o al !alo economico, il lalo etico. Riconosciuto il ,,alore preminente del fattore umano, ne viene logiçamenle che, perchè esso abbia a mante– n'ersi nella sua piena efficienza, .occorre abbia assicu– rato un minimo di sussistenza, qu;ndi un minimo di salairio. Per quanto_ vaghe siano le espressioni.« salario nor- male» o « salario di vita 1> - scriveva il Times (16 giu- gno 1925) - « nondimeno si ammette in generale con– cordemente che un salario basato sulle cifre minime I fissate dai Trade Boards, deve essere, prima di ogni altra spesa, a carico dell'industria i>. Ma qui si presenta il quesito: e se l'industria non può pagarlo? Esso si è presentato anche alla Commis- 8 i biioteca Gino Bianco sione d'inchiesta sulla crisi carbonifera in questa for– _ma: « Se il salario economico, che un industria è in grado di pagare, è inferiore al salario sociale di cui l'o– peraio ha bisogno per mantenere Sf e la sua famiglia in un ragionevole· tenore di vita, il dilemma diventa inesorabile». La Con1miss1one non risponde al quesito così posto .col pr-oporre un rimedio specifico, ma, nella sua con– clusione, dimostra di accogliere oome un fatto acquisito il princip'.o del « sàlatio sociale», perchè viene ad am~ mettere che, ove il criterio economico non basti ad as– sicurarlo, conviene intervenga il criterio politico. Infatti essa conclude: « Siamo condotti a domandarci (p.i fronte al èaso che poche o molte miniere non pos– sano pagare siffattò salar~o e, se costrettevi, debbano chiudersi· e quindi gettare sul lastrico i loro operai aumentando la massa dei disoccupati) se l'industria carboniera sia di quelle la cui sorte, dal punto di vista nazionale, debba essere abbandonata, senza miti– gazioni, all'azion~ delle pure forze economiche. B que– sta un'industria basilare,. il prodotto della quale è in– dispensabile alla nostra vita industriale, commerciale e domestica. Dal suo continuare nelle _attuali propor– zioni tanti interessi dipendono. Inoltre essa procura i mezzi di sostentamento a un decimo della nostra _popo– lazione. Una forte restrizione delle sue attività sarebbe gravida di conseguenze.' Questi, per altro, sono proble– mi più vasti e che escono dall'àmbito dell:1 nostra competenza·». (1). . . Quanlo dire che il problema diventa- politioo. Con· criterii politici, jnfatti, il Governo lo ha momenta– neamente risolto, quando è intervenuto con un sus-. sidto di' non meno di 10 milioni di sterline per que:lle aziende minerarie eh~ non fossero in grado di conti– nuare a rispettare ,l'attuale contratto con gli operai, il quale implica il principio del salario minimo nazionale pagato a tulti i minatori. · Tale_principio ha ottenuto, così, pieno riconoscimen– to con, in più, una sanzione: dove l'industria non può pagare, provvede la collettività, detraendo dàlla massa dei t.rib.uti quanto occorre. per assicurare un minimo di esistenza ai lavoratori del carbone. VI. - IJ controllo s·ull'azienda privata .. Facciamo un .altro passo innanzi. Qui, aòbiamo un esempio di intervento della collettività nella gestione dell'azienda industriale privata, in forma che possiam0 chiamare passiva, perchè di tale intervento essa assume 1'01rnre, a!Dleno fine a quando, nella prossima: prima– vera, attraverso un'apposita Commissione· d'inchiesta snllo stato dell'industria mineraria, si sia trovata una soluzione meno precaria ai problemi presentatisi .nel– l'ultimo incontro fra i proprietarii e le organizzazioni operaie, in forma così piena di incognite e di pericoli. La forza delle Unioni OJ?eraie solidali fra loro ho vinto ogni resistenza, perchè il ,principio· del minim0 di salario indispensabile ad ogni famiglia trova acquie– scente la grande maggioranza della opinione pubblica. Ma non è questo soltanto che il tradunionismo è riu– scito a .far penetrare nelle correnti dell'opinione in-· glese·. . Discorre diffusamente di ciò agli Americani, dalle co– lonne della _Nation di New York (15 aprile 1925), J. H. Hobson in un artìcolo che_merita, per la sua hilpor– lanza, di essere riassunto oon una certa larghezza, per- chè ha anche valore di documento. · Sotto lo stimolo, dunque, del trade-unionismo, del . socialismo gildisla e; ciel sindacalismo, sono cresciute le domande di nuove forme di governo nell'industria, le quali diano ::lll'operaio .voto e controllo sulle sue èon– dizioni di lavoro, e forse anche una compartecipazione negli interessi dell'industria alla quale' esso dà il su-o contributo di opera. Tutto questo è ancora vago ed agli inizii, ma gli espe– rimeQti procedono e il principio non trova accoglienza (1) illanchester Guardian, 29 luglio 1925.

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