Critica Sociale - XXXV - n. 11-12 - 1-30 giugno 1925

CRITICA SOClALE 139 conquista; la conoscenza non' è contemplazione, ma è azione. Questo corollario all'apperceztone kantiana,· che si può trarre dalla Critica della ragion pura (13), par quasi ia ripetizione del commento, rhe tanto il Gen– tile· q~anto Rodolfo Mondolfo fanno alla famosa po– stiHa Xl del Marx. àl Feue1'.bach, e non è per ora il. caso Il€ di studiarne il diverso significato, nè di rilevare il senso che questa frase ha, ben diverso da quello della simile frase usata dall'Engels, là ove si oppone'. alla cosa in sè (14). E la ragione, legislatrice dell'esperienza,· non av:reb– be dovuto restare legislatrice della condotta, ove, ana– lizzando la cosci"enza comune, si tr-ovano principi di verità immediata, il cui valore universale si può comprendere solo riferendoli alla ragione, che è poila parte oggettiva ed immutabile di ogni uomo? . Del resto ·u Kan·t ha, in vari punti della sua Critica della ragio_n pratica, chiarito e difeso questo diverso ufficio delle ver-ità immediate nella ragion pura, ove d9vrebbero e non J}ossono este11dere la hòstra coBo– scenza, e nella ragion pratica, ove sono solo postulati, per guidare il fare e non per conoscere. Prometeo Filo– demo si cruccia perchè il Kant veda il vero io come noumeno, s0lo ente intepigibile e non conoscibile; co– nosce forse egli questo profondo mistero dell'io che ci indica, che è il primum d?•ogni·nostra azione, ma la cui natura sfugge a noi stessi? Soluzione empirica? È incompleta, perchè spie'ga ff contenuto dell'io, ma non l'attività unificatrice di qu.esto contenuto.· Solu– zione idealistica assoluta o attualista? Tautologia: per-· chè dà per risolto quel che appunto si deve risolvere. Beato chi vede con la soluzione dell'io anche quella dell'in sè, che tanto crucciò Socrate, prima di ber la cicuta. Come se in ognuna di queste soluzioni si pò– tesse uscire dalle condizioni formali del nostro pen– sare e del nostro sentire, ci_ò che appÙnto il Kant riteneva impossibile, sicchè prudentemente avvertiva doverci noi attenere a questo concetto limite, che Filo-· demo chiama -11egelianamente assoluto. Nè può dirsi che, per aver posto la ragione come legislatrice so– vrana, il Kant sia un razionalista paragonabile a Leib- - nitz e Wolff, che della ragione avevano un concetto .teologico-metafisico, statico e non dinamico come -il Kant. Nessuno più di Emanuele Kant s'è ,opposto al razionalismo illuministico, non solo nel ca!Jlpo teortf– tico, ma anche nel pratico (15), ove la ragione non prescrive il contenuto, ma solo la forma alla volontà, ,la quale possa in o~ni tempo valere oome principio d'una legislazione universale e, per que~ta sua indi– pendenza da ogni causa fenomenica, è libera, radiosa– mente ~ibera ed in se stessa buona. Formula vuota, s'è detto dall'Hegel in poi; ma, ohimè!, ogni qualvolta s'è voluto rendere concreta que-. sta formula, per meglio adattarla alla vita, s'è caduti, come osserva· giustamente lo Staudinger (16), o nell'au– toritarismo idealistico o nell'anacronismo edonistico. Il critico Filodemo pure la ritiene vuota ~d inumana, perchè essa impone « if bene per il bene » e non pone un « fine sensibile, qualunque esso possa essere, anche quello nobilissimo di addolcire ie sofferenze altrui» (17). (13) Trad. it.; ed~z. Laterza, pagg. 134-136. (14) Ludovico Feuerbach e il punto d'appr.odo etc., Trad. it., Società editr. Avanf.it pag. 14. · . (15) Anzi, specialmente nel pratico, ove « ha posto fine al– ·l'intellettualismo unilaterale del secolo XVIII » (Paulsen, op. cit., pag. 365), tanto da esser vantato come fondatore della corrente volontarista. (16) Op .cit., pag. 107. (17) Kautsky la ritiene invece piena ed efficace, come legge che tende ad una conciliazione (Versòbnung) delle antitesi so– ciali (op. cit., ·v~g. 40 ersegg.). Biblioteca Gino Bianco ,. Ecco il Kantismo antikantiano. Se un uomo addol~irà'le sofferenze mie, pur essendo mio nemico, cioè per una serena sua concezione del dovere, sarà morale, secondo la morale kantiana e anche secondo la morale cristiana del Disoorso della Montagna; se'tm uomo addolcirà le pene mie per sim– patia, per fare cioè piacere à se stesso,· farà un atto meritorio ma non -obbligatorio, agir~ conformemente alla legge ma non per la legge, e quindi non compirà un atto che io possa chiamare universale, oggettivo, mo:rale. Se egli mi benefica per simpatia, non lo fa in, quan~ to lui uomo èd io uomo, ma perchè non può soppor– tare lui il dolore nel vedere il mio dolore, e, sicco– me egli, ciò facendo, benefica se stesso prima di me, e ciò non farebbe se non sentisse questo suo impul– so, così egli non può ·aspirare alla sere~a soddisfa– zione che sola può dare la coscienza morale. Lo spet– tatore imparziale di Adamo Smith non saprebbe dav– vero spiegarci per quale simpatia egli agisca nella sua fredda e razionale imparziaMà ... kantiana, in cui e per cui deve agire come tutti gli uomini potrebbero agire in quella contingenza, cioè secondo una legge universale. (Contimw). ALFREDO POGGI. Idee .che no·n muoiono Fra pochi giorni· riprenderà a pubblicarsi a Milano (Via Passerella, 20), sotto la direzione di Pietro Bar– bieri e di Gerolamo Lazzeri, quella rivista La Rassegna Internazionale,· che un uomo di nobile spirito, Gugliel– mo Lucidi, fondò a Roma nel, 191.9 e continuò a di– i-igere fino alla vigilia della sua morte immatura, pianla da un fedele stuolo di amici e di ammiratori. Dalle,bozze del programmo. che.i nuovi direttori pre- . mettono al primo numero della Rivista, togliamo alcuni passi che esprimono con plastica precisione qual è il compito e la fede di tutti i sinceri _credenti nella democrazia,. in quest'ora in cui in tante parti d'Europa la dittaturà s'illude di aver ·soffocato per sempre i prìncipii che furono e sono il soffio vitale della mo- derna civiltà. NOI. 1n una delle ore più oscure e più irte d'incognite della storia d'Italia, tra milioni di cittadini non ancor nati nè meno alla più rudimentale delle educazioni po– litiche, nei quali il senso del civismo è nullo, lo spirito di sacrificio per le idee fenomeno limitato a pochi gruppi intellettuali, la passività alla 'sopraffazione · quasi generale, osiamo ridar vita ad una pubblicazione . il passato della quale è una sfida aperta e decis.a alle idee ed_ai principi oggi imperanti. Osiamo, cioè, sfac– ciatamente inalberare la _parola «internazionale», in · un·paese che sta vivendo l'ora topica del nazionalismo, che, ufficialJnente almeno, si dimoslra ebro di sè, fan– tasticator~ df non sappiamo quale grandiosità romana. E mentre tutti, straniandosi dalla vita delle nazioni, si crogiolanq beatamente nella nazione, osiamo spalan– care le finestre e respirare l'aria libera che ci giunge · da tutto il mondo civile. hlsofferenti l'asfissia dei pae– saggi costretti e degli orizzonti noti, solleciti e curiosi della vita, che, nell'alterna vicenda della storia, affra– tella Fu.omo a l'uomo, al di sopra di tutti i monti e al di là dì tutti i mari; esploratori intellettuali, i quali sanno guardare al passato solo figgendo l'avvenire; viandanti che, partendo nostalgiçi dal villaggi<o IJatio, . hanno conquistato la metropoli e la patria e, nostalgici ancora, sono partiti alla conquista di una patria più grande,. affermiamo la nostra fede, integra e pura, contro tutti i pregiudizi dell'ora. No: la parola « intern~zionale » non ci spaventa. Il preconcetto politioo che l'ha resa impopolare, nascon– de in se stesso il valore pieno e integrale della sua profonda attualità, intesa nel suo significato democra– tico che dà senso realistico alla parola stessa. Cono– sciamo l'impopolarità delle parole: vi fu un tempo che, '

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