Critica Sociale - XXXII - n. 23 - 1-15 dicembre 1922

tJ.RlÌilOASOCIALE 359 . I sono assentre, con 9n comodo contratto di affitto, I mettonQ i lavoratori alle -prese con affittuali che · sono semplicerriente intermediari. - Era naturale che i lavoratori, per liberarsi dalle strette di tali ·contratti, pen_sassero ad eliminare la concorrenza fra di loro e ad eliminare l'intermediario.· Sorsero così_ le Cooperative Agricole fra lavoratori della terra, con lo scopo di assumere in affitto la conduzione di aziende agrarie, di quotizzarle e di cedere poi i lotti alle famiglie dei soci a condizioni più umane che in passato. · Comi:!~ il ceto ·degli speculatori vedesse e veda l'estendersi di queste Cooperative lo dicono le pe– riodiche fucilate che tolgono ai .lavoratori i loro capi più influenti, 'da Panepinto a Verro, a Seba– stiano Bonfiglio. Figurarsi come 1 poteva essere ac– colto .un decreto il quale, requisendo le ·ter,re su- -scettibili di immediata coltivazione a .cereali, ten– deva ad assegnarle a Cooperative di lavoratori, cbn un compen~o che doveva essere stabilito dagli ' orgaui dellò Stato: · · Intéressi privati e interessi pubblici nella lotta ·pro e contro il decreto. ✓ _ La opposizione al decreto Visocchi si .accentuò per un altro fqtto: esso mirava a frenare la limita– zione della ·coitura dèl- grano ·in un momento in cui gli imprenditori agrari ricavano più elevati in– troiti dallo sfruttamento del pascolo. Il grano, con un alto. costo çii produzione e col _prezzo contenuto dallo Stato, dava un. reddito minimo; il pascolo invece éra cercato dai pastori che offrivano somqié sbalorditive, rese possibili .dall'alto prezzo della· carne e dei latt'icini. . · - . · Non sarebbe· stato. giusto e razionale chiedere il t_otale o. quasi totale sacrificio del pascolò, tanto più che il grano è una coltura esigente, la quale non si · adatta a ✓ tutte le zone d0ve il pascolo si stende. Ma lo Stato aveva ragione di intervenire 1~ dove' la coltura del grano era tecnicamente e, .sia pure entro un certo limite, anche economica– mente possibile. Eravamo in momenti in cui la· produzione del grano era in continua diminuzione · ,e richiedeva un maggiore acquisto all'estero con • 1n1aggiOriperdite per l'erario. E si trattava ·di zone . dove, in mancanza di una sufficiente produzione. · focale, il grano sarebbe arrivato dal· di ·fuori a .un - prezzo enorm_e, data la difficoltà ·e l'alto costo dei trasporti. . .Appunto, qui si deve ricercar.e la- causa delle invasioni di terre, e la ragion· d'essere del decreto Visocc.hi che quelle in;vasioni mira-va a far cessare, rfoon-os,cendo i bisogni delle classi lavoratrici e dando ad esse il modo di arrivare senza violenze alla loro 'soddisfaz'ione. ·'; · Ma era naturale che chi veniva distolto da un più redcfitivo impiego delle sue terr_e insorgesse e agisse perchè questa limitazione della sua libertà fpsse tolta o, almeno, ridotta. Conveniamo che non mancano casi in cui le Cooperative di lavoratori della terra n·on seppero fare un uso razionale delle terre per esse requisite, dando comodo pretesto agli speculatori per com– battere il decreto Visocchi nella sua applicazione e nel principio ,che l'informava. E' vero, purtroppo, éhe in· un primo tempo, nelle aziende assunte da Cooperative, il grano soppiantò ogQi altra coltura: .anche colture che, nell'interesse della produzione, .avrebbero d't>Vuto essere rispettate. Etl è anche_ ·vero che in un secondo tempo,_ dove la coltura ,del grano si a~dimostr@ poço redditiva, le Coope- 1rativve i singoli quotisti preferirono, adibire le · ·,terre a pascolo e, in alcuni casi_,_a~che·sub_affittar)e. Abusi deplorevoli, ne conveniamo noi c he sia– mo stati déi primissimi a q_en_unciarli,_ e ci sia.mo rivolti agli stessi lavoratori p~r indurli a segmre, ~qte_ç~ _Gino -.Bianco nell'uso della terra loro 'àssegnata, sistemi più cor– retti e più razionali. Mentre però contro i lavoratori che si sono resi. colpevoli di questi abusi è pronto il giudizio di condanna, senza che nessuno cerchi di rendersi conto se ci sia stato lo stimolo del biso~ gno, della -miseria, o l'attenuante della scarsa edu– cazione ; contro ingordi speculafoti che, per assi 0 curarsi una rapida_ fortupa, non avevano scrupolo di ridurre la prod[Jzione, affamando paesi interi; nessuno trova, invece, una· sola parola di deplo-. ~azione ; nessuno richiede .provvedimenti. Per essi si vuole la più ampia libertà di . speculare e di arricchire, in nome di una agricoltura (se si· può dir così) che offende tutte le esigenze della produ– zione e i più sacri interessi della collettività. Così il decreto Visocchi è venuto mano mano Mtenuando le sue disposizioni, e così è finito con -l'essere mançlato agli archivi, con grc~nde compia– cenza degli agrari che hanno vinto la loro batta– glia, e con un estremo saluto datogli, sul "Corriere della Sera ,,, in forma alquanto grossolana, dal , Prof. Einauqi, il quale non vuole accorgersi che , s,crive troppo e che, scrivendo troppo, gli avviene di ocèupai'si anche di questioni che non conosce. I( decreto non è· più e, col suo rjtiro, viene ca_ncellato dalla legislazione il diritto di registra- zione delle terre mal coltivate. · Quali sono le terre " mal coltivate ,,. " Delle terre incolte,,, contirua a dire qualcu– no. Gli avversari sottolineano !'.aggettivo incolte, gli. danno un valore assoluto e dimostrando, con cifre esatte,-che in Italia di terre incolte non c'è che una minima trascurabile superficie, pretendono di aver dimostrato che é irrazionale, demagogico, ogni pro:vvedimento inteso a punire quegli impren-. ditori agrari che fanno della loro terra un uso non conforme ai bisogni della colléttività. V E' vero: le terre incolte sono limitate e~ non spno suscettibili di coltivazione, almeno immediata. Non bisogna idel}tificare la coltura in genere con la coltura del ·grano: il pascolo è ·una. forma di ,coltivazione che ha la sua· tecnica, la sua econo- mia, la sua ragion d'essere. Non parliamo dunque · di terre incolte. · Ma possiamo parlare di terre ·male coltivate. Qualc·uno, subito, _obbietta: - Che cos,a pretendete? Che si mutino i si– stemi colt[lrali invalsi in una determinata plaga, così, col fiat di un· decreto? E' .un assurdo. Un sistema .colturale, a qualunque tipo esso appar~ .tenga, anclfe se ai men.o moderni, trova le sue · determinanti nelle condizioni tecniche, economiche 1 lì sociali del!' ambiente. Esso non muta se non col mutare di· quelle determinanti. Volete dunque ren– dere colpevole ·un singolo imprenditore se, in ambiente avverso, egli non pratica un'agricoltura razionale? - L'obbiezione non ha valore: noi non parliamo di terre màl coltivate in senso assoluto; bensì di terre mal coltivate in senso relativo. Quarido sia assodato, da elementi tecnici autorizzatì, quali sono le caratteristiche comuni, medie, del siste ma col– turale dominante nella zona dove risiede u.na· de- . terminata azienda, possiamo e dobbiamo rit enere che ql!el sistema è tecnicamente possibile ed eco– nomicaménte conveniente. Chi, o pe'r speculazione~ o per incapacità tecnica od economica, non compie tutte le pratiche proprie di quel sistema e riduce .'così la produzione lorda unitaria della sua azienda, è 'o no passibile di una peria? . Quando sia assodato che una determinata a– zienda è suscettibile di migliQramenti colturali, che . l'imprenditore ha I~ possibilit~ e_ la conv~ni_e_nza di ese·guire, s_e eglt, per qualsiasi causa, s1 rifiuta di introdurre quei miglioramenti, facendo mancare

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