Critica Sociale - anno XXXI - n. 7 - 1-15 aprile 1921

ORITICA 800TALE serta erl iu altre regio11i dell'Italia l\Ieridiouale e della Sicilia, ed i competenti non escludono che a grandi profondità si possano trovare rlei giacimenti cli pe– trolio cli una qualche entità. In questi giorni appunto sono state diffuse notizie assai confortanti sui prnm risultati delle nuove crivellazioni iniziate dallo Stato in territorio di Ripi. ì\Ia si tratta di 1·icerche costo– sissime ed estremamente aleatorie (negli Stati Uniti medesimi, tanto riccamente dotati, si è calcolato ohe, &u cento trivellazioni, duf, soltanto, i,\ media, diano un risultato J>OSitivo),per le quali a noi manca110non solo i capitali, ma anche il personali tecnico e l'attrezza– tura. È quindi assai improbabile che l'Italia, come del resto quasi tutta l'Europa occidentale, possa entrare nella gara mondiale come paese produttore. Ma se il nostro Paese non può pesare per la sua produzione -- e non ci consta infatti che, almeno fi– nora, nella corsa febbrile all'acquisto <li diritti di ri– cerca e di concessioni ci siano state notevoli offerte straniere per lo sfruttamento delle nostre riserve - , esso ha invece una importanza di un qualche rilievo come consumatore. Le nostre importazioni di petrolio, benzina ed oli pesanti sono salite, nell'ultimo decen– nio, con rapidità sensibilissima, fino a raggiungere nel 1920 le 350 mila tonnellate (pari a più di 2 milioni di barili), di cui i tre quarti almeno seguitano ad es– serci spediti dagli Stati Uniti di America. Perciò le prei-sioni che in questo momento si esercitano sull'Italia e sulla Francia principalmente dal gruppo americano, e che hanno la loro ripercussione in tanti nostri giornali, fino al punto da giuugere alla pubblicazione, ohe sembra imminente, a Roma ed a Parigi, di grandi quotidiani finanzi11ti dalla Standard Oil, debbono, secondo ogni probabilità, pe1· quanto riguarda il nostro paese, mirare a dne scopi: il pri– mo, e pi(1 importante, di stringere sempre pitt i lega– mi che vincolano i consumatori italiani alla Società Italo-Americana del Pefrolio,. dirett.a emanazione della Standard Oil; e l'altro di as:iicurarsi il coacor.so del Governo italiano all'azione politica ohe gli Stati Uniti esercitano nel Messico ed in altri Paesi per ottenere una deroga alle leggi restrittive dell'attività mineraria degli stranieri. Per. questo secondo punto noi abbiamo molti dnbbt sul vantaggio di ,jmpegnarsi a fondo in nn Paese, dove sono in lotta interessi così formidabili e dove da un decennio a questa parte qneste lotte si son combat– tute con i pronuncia._ment.i,le bande armate, gli incendi e le stragi. l\Ia è un affare che riguarda principalmente i nostri capitalisti e, se e&silo riterranno vantaggioso, non vedremmo alcun male se il Governo concedesse loro il suo appoggio diplomatico, purchè le concessioni eventualmente ottenute nel Messico non dovessero compensarsi con nn vincolo sempre più stretto ad uno dei due gruppi in contesa. Nell'a posizione necessariamente modesta che l'I. talia può assnmere nelle grandi gare del capitalismo mondiale, il suo interesse fondamentale non è tanto quello di assicurare nelle proprie mani alcuM fonti secondarie della produzione in Paesi stranieri, quanto quello di assicurare il rifornimento del proprio mercato alle migliori condizioni possibili. Per questo scopo, assolutamente vitale non solo per la nostra industria automobilistica, ma per tutta l'industria meccanica e per la navigazione, è opportuno che il uostro Paese conservi quanto più è possil:.ile la sua lib&rtà di azio• ne e si metta in condizione di approfittare della gara di concorrenza che si delinea sempre più formidabile. Finora la gara si è !_imitata all'acuaparrawento delle BibliotecaGino Bianco riserye; ma, quaudo gli impirtnti uuovi com111cerauno ad essere in attiYiti1 - e, dato l'e11onue im]_Jiego di capitali, il completamento dei lJl'Ìmi lavori non dovn\ .tardare di molto - noi assisteremo ad una gara an– che piì1 accanita per la conquista di mercati. Avvenà per il petrolio quel che è accaùuto per il ca-ucciù; per il quale l'enorme àumeato del consumo spinse, dopo il 1900, Inglesi ed Olandesi all'impiego di enormi ca– pitali nelle piantagioni indiane per sottrarsi al mono– polio brasiliano; cosicohè, dopo un pe!'iodo in cui dappertutto si temeva l'esaurimento del prezioso pro– dotto, nel l917, in pien·a gue1'ra, il mercRto ·mondiRle fu inondato dal raccolto d~lle nuove piantagioni ed i prezzi non solo non salirono alle altez2ieiperboliche che si erano temute, ma ebbero anzi una leggera tendenza al ribasso. Così i> molto probabile che fra breve i nuovi impianti del ti-nst anglo-olandese e la ripresa febbrile dell'attività americana conducano ad un periodo di sovraproduzìone del petrolio e ad nu conseg,10nte pre– cipizio dei prezzi. In quest'attesa il Governo italiano, se vuol tutelare gli interessi di tutte le sue industrie, deve evitare cli prendere qualsiasi impegno che gli impedisca di aprire indistintamente il nostro mercato ai grnppi concorrenti. GINO LUZZAT'l'O. Per lalolla ~i liane, rnntro la~uerra livile. La violenza della guerra civile continua a disfrenarsi con crescente brutalità.Non c'è, ormai, a11golo di terra italiana sn cui non si sia allungata la scìa sanguinosa. Ohi saprà rompere il terribile cerchio entro cui pa1:e stretta la vita di tutti gli Italiani? Certo, sarebbe puerile attribuire tutto questo sconvolgimento o alla tolleranza complice del Governo o alla propag,mda di odio e di vendetta che la stampa conduce con settarismo delittuoso. Le· radici del male sono più profonde, nè po– tranno essere estirpate così facilmente e così presto come vorrebbe il nostro desiderio. L'ir– requietezza spirituale prodotta dalla guerra è mantenuta viva da una crisi. postbellica che ogni• giorno ha aspetti nuovi. La vita economica non riesce a riprendere il suo ritmo: alla erisi di difetto subentra, di punto in bianco, la crisi di--eccesso, alla sotto– produzione il sottoconsumo. Pareva ieri un di– sastro la riduzione a 8 ore dell'orario di lavoro; oggi si deve, con la riduzione a 6, a 5, a 4 ore, c~rc'.1r la difosa da mali piÌ!l gravi El più minac– c1os1. ·Nè, tuttavia, si riesce ad evitare la disoc– cupazione, che s'allarga, s'allarga, un pò per la perfida speculazioue di industriali che cercano di profittare della situazione per rompere i. con– cordati stretti con le maestranze, liberarsi da ogni impegno, allontanare i ribelli e ristabilire nella fabbrica il loro incontrollato assolutismo; ma molto, certo, per fenomeno spontaneo, in cui gli altri Stati più ricchi ci hanno già preceduti. Altro paradosso: l'altezza del cambio, che era eonsiderato, fino a pochi mesi addietro, la causa più grave detle nostre difficoltà economiche, parve, negli ultimi tempi, funzionare da valvola di sicurezza, in quanto facilitava la nostra espor-

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