Critica Sociale - XXXI - n. 4 - 16-28 febbraio 1921

54 CRITICA SOCIALE voluzionaria: rappresenterebbe pur sempre l'affermazione di un principio che s'io8inua nelle menti e disarma o attenua quelle resistenze che l'opinione pubblica, anche dei neutrali, anche di coloro che hanno interessi con– trari. oppone al turbamt-nto di ordine di cose che è san– cito dalla tradizione e pare legittimato da principi di diritto inconcussi ed eterni. Quale forza è stata sin qui, a sostegno dell'industriale, il concetto che egli è il pa– drone e ha perciò il diritto Gi fare quel che vuole, di teuere aperta o chiusa la sua o:ffìllina, di assumere e li– cenziare gli operai come gli piace, di seguire i metodi di liworazione che più gli talentano (e se c'è qualcuno a cui non accomoda, se ne vada), e così via! D'altra parte, sempre a proposito delle riforme • di salvataggio,, dobbiamo pur tenere conto che un ordi– namento sociale, mau mano che si trasforma, perdo parte della fisonomia a cui è ~onnaturato anche il possesso e il più sicuro uso degli organi di resistenza e di di– fesa; che esso non ha una capacità illimitata di adat– tamento e, man mano che si trasfor:na, si avvia ad un equilibrio sempre più instabile, mentre cova nel ~uo seno i germi del nuovo ordinamento. L<J manifestazioni violente della rivoluzione intervengono tempestivamente e util– mente appunto allora, quando si tratta di vincere un te1,tativo di resistenza ch11è invece, 11llasua volta, in– tempestivo ed inutile, perchè il vecchio ordinanwnto ha esaurito la sua funzione e il nuovo è già pronto a so– stitui,·lo. E ognuno vede che il Proletariato pnò combattere in condizioni più vantaggiose la lotta contro questa cieca re sistenza del passato, quando abbia assuo to nelle proprie ma– ni il potere, se anche l'abbia assunto coi mezzi e nelle forme della demQcrazia borghese: basta considerare anche sol– tanto che esso toglierebbe alla borghesia e avrebbe io gran parte per sè certi strumenti di lotta (esercito e forza pubblica, ordinamento giudiziario, ferrovie ed altri pubblici servizì etc./, che pertanto, anzichè aiutare la resistenza delle forze conservatrici, ag,13volerebbero il cammino delle forze innovatrici. Sotto questo punto di vista nessuno potrebbe con– trastare la perfetta ortodossia socialista del programma di conquista del potere, contenuto nella mozione di Reggio Emilia. *** È chiaro, dagli accenni che abbiamo tentato di fare qui sopra, che il programma d'azione del Partito richiede una continua elaborazione, per essere adattato alle cir– costanze. Non solo i comunisti unitarì, ma gli stessi co– munisti puri oggi parlano un linguaggio e propugnano un metodo d'azione diverso da quello di un anno ad– dietro. Non c'è, dunque, una formulazione di programma, compiuta la quale s'entri senz'altro nel periodo dell'a– zione. C'è un'interferenza continua di pensiero e d'azione; e quindi c'è una contempo,anea necesdità, in ogni mo– mento, di libertà e di obbedienza, di critica nelle mani– festazioni del pensiero e di disciplina nelle singole forme dell'azione. È quel sapiente equilibrio che sa suggerire e ha anzi imposto quasi sempre la realtà, quando chi le si pone di fronte ha il freno del senso di responsabilità e l'impulso della passione. Perciò i compagni che oggi governano il nostro Par– tito debbono proporsi, serenamente e senza preconcetti, il quesito s.e giovi veramente all'interesse del Proleta– riato e della causa socialista. quel controllo (il quale sa– rebbe, anche contro la volontà degli uomini, una vera dittatura) che essi intendono di imporre anche sull'atti– vità intellettuale di og!!i singolo membro ed organo del Partito. U. G. MoNDOLFo. BibliotecaGino Bianco SOCIALISMO E C MUNISM Discorso di Filippo Turati al Congresso di Livorno (19 gennaio 1921 1. ( Continuazione v. nwmero precedente) La violenza e il vero marxismo. Noi siamo, come voi, figli del «Manifesto» del '48. :::ìoltanto che noi, pur sentendoci figli di qnel « Manifesto», uon lo seguiamo come un sistema cl,e si elevi a dogma religioso, ma criticamente, integrato da oltre sessaut'anni di esperienza, corretto e perfe– zionato, come fu, dai suoi stessi autori e dai loro inter– pre1i più autorizzati. Io citai, a Bologna, la celeb,e pretaz10ne a Ee lotte di clas,çe in J?rcwcia di Marx, scritta dopo un cinquantennio, nel 18!:!5, dal suo col– laboratore e contiuua,tore più fedele, Federico Engels; nella quale è come il coronamento di. tutta l'idea mar– xista. Dopo avere lamentato l'enorme salasso di saugue e di forze che l'esperimento della Comune parigina aveva costato, onde si ebbe in Francia per parecchi decenni l'anemia e l'arresto del movimento proletArio; dopo aver dimo~trato come la tattica ri volnziouari a abbia dovuto subire una profonda mutazione per effetto delle conquiste del suffragio un iversale, e chial'ito come la violenza, che del resto anche nelle rivoluzioni del passato ebbe una parte assai più superficiale e appa– rente che profonda e reale, sia divent::.ta oggi, pei1· taute ragioui, anche tecniche, il suicidio del Proleta– rii.to , mentre la legalità è la sua forza e la sua vit– toria sicura; « comprende ora il lettore - egli chie– deva - per qual motivo le classi dominanti ci vogliono ad ogui costo trnsciuare colà dove spara il facile e fende la sciabola? perchè ci si accusa oggi di vigliar– cheria, quando non scendiamo nelle strade, dove siamo in precedenza sicuri della sconfitta? e perchè con tanta insistenza si invoca da noi che abbiamo una 1 buo11a volta da prestarci alla parte d1carne da cannone? Eh! no: non siamo così grulli! ,, '.Evidentemente il povero Engels p~ccava un tantino di presunzione, e - alme110 in quest'ultima frase - nou prevedeva con esattezza l'avvenire! Ma già in molte delle monografie .precedenti, in quelle magnifiche mon0grafie che sono come il compi– mento e il saggio di applicazione delle teorie astratte, Marx, su questo tema della violenza, aveva corretto abbondantemente il suo pensiero del 1848. Baldesi vi ha citato un suo discordo del '74 ad Amsterdam. Io vi rammenterò le prefazioni alle varie successive edizioni e traduzioni del« Manifesto», nelle quali i due autori confessano apertamente di essersi ingannati al– lora nell'aver sopravalntato le forze rivoluzionarie pro– letarie (sono del resto le illusioni di tutti i giovani e di tutti i partiti giovani, e per Marx erano state- con– cessioni inevitabili allo .ipirito blanquista dei tempi), e nelle quali si ride delle congiure e della azione :lle– gale sist'lmatizzata. Potrei ricordarvi ugualmente quel brano de « La g-ue1Ta civile in Francia nel 1870-71 •, in cui afferma che anche dalla Comune i lavoratori non potevano aspettarsi dei miracoli : « essi sapevano che, per realizzare la loro emancipazione e raggiungere così quelle forme superiori a cui tende la società moderna con tutte le sue forze economiche, essi avrebbero da sostenere delle lunghe lo1te e attraversare una serie di fasi storiche, che trasformerebbero le circostanze e gli uomini. Essi non avevano da realizzare l'ideale: dovevano soltanto sviluppare gli elementi di un nuovo mondo che la vecchia società in"dissoluzione racchiude nel suo seno. • E rideva, verso la fine di quello scritto - già fin dal 1872 - dello spirito poliziesco dei bor· ghesi, che si figura « l'associazione internazionale dei lavoratori che agisce alla ·maniera di un'associazione segreta, con un Comitato centrale il quale ordina a

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