Critica Sociale - anno XXXI - n. 1 - 1-15 gennaio 1921

f'RI'J'ICA SOCIALE 15 le redini dell'economia italiana. La ricchezza e l'espe• rienza tedesca fecondarono, non isterilirono i commerci italiani, e pesarono così poco -sull'indipendenza politica e sulla libertà. di condotta dell'Italia che questa, al mo– mento buono, si tenne e fu pertettamente ar,bitra di scegliere fra la Germania e i nemici di questa. Ma ora, dopo la guerra mondiale e dopo che i vin– citori si sono proposti la rovina sistematica della Ger– mania, questa avrà per molto tempo troppo da fare nella difesa e nella ricostruzione dell'economia propria per im– mischiarsi negli affari degli altri paesi. :E forse di ciò non avrà danno soltanto la Germania. Non esistono più capitali tedeschi da esportare; e d'altronde la confisca di capitali e di imprese tedesche, compiuta negli Stati nemici, cioè di quasi tutto il mondo, durante gli anni di guerra (con riolazione di antiche consuetudini, secondo, cui la guerra era fatta alla proprietà dei Governi, non anche a quella degli individui e ai frutti del loro privato lavoro}, ha molto diminuito il vecchio entusiasmo ger· manico per l'impiego del proprio denaro in paesi esteri· Quando la stampa italiana accusa i Tedeschi dì ri– correre, per asservire nuovamente l'Italia, a programmi e a metodi alteranti il libero giuoco delle forze d'un paiise riel mercato mondiale, mostra d'ignorare quali siano la situazione e l 'oi:ganizzazione .,presente politica ed economica della Germania. Questo errore, del resto, non è proprio soltanto dell'Italia. Viaggiatori reduci dai paesi dell'Europa meridionale e orientale riferiscono con– cordi-mente che colà. si ha molta fiducia - o molto timore - di un rapido rifiorire delle forze economiche tedesche, le quali si reputa siano uscite quasi intatte dalla guerra. Nell'Europa presente un popolo non può vivere senza l'altro: questa verità è così evidente, che perfino la Fran– cia, satura d'odio contro 111. Germania, va gradatamente persuadendosi dell'impossibilità di una •guarigione eco– nomica• del continente finche la Germania non si sol– levi dallo stato di miseria in cui l'hanno gettata la guerra e le conseguenze della guerra. Quindi è necessario che in paTte si vengano riallacciando i vecchi rapporti fra la Germania e l'Italia, i cui prodotti si integrano a vi-• canda. Come per il passato, così anche in avvenire i ' Tedeschi avranno bisogno degli agrumi e dei fiori e delle ' sete e degli zolfi d'Italia, e l'Italia troverà ln sua con– venienza ad acquistare le macchine e i colod e cento altre merci tedesche. Ma una collabora:i:ione cordiale non sarà possibile senza la reciproc11-fiducia, e la fiducia scom– pare, se l'uno dei due popoli sospetta nell'altro occulte mire di conquista. La Germania repubblican,a non è quella degli Hohenzollern, e, i· suoj figli hanno molto imparato negli ultimi cinque anni, parche la sventura è ottima maeslra. Tuttavia lo scrittore tedesco non esclude che i suoi compatriotti stiano per ricadere in più d'un vecchio er– rore, senza cui l'invidia e la concorrenza commerciale non· avrebbero mai assunto for,:ne così passionali e con– dotto a conseguenze così tragiche e catastrofiche come quelle che la Germania ha viste dopo il 1914: errori di °tatto politico e di contegno individuale. Non è più il caso che i Tedeschi, circondati ora dappertutto da un'aura di antipatia, continuino a recarsi in frotte (lo scrittore tedesco dice: in mandre) nelle grandi città italiane,, col cappello alla tirolese e coi gambali; a parlare ad alta voce e a disturbare nei luoghi che frequentano; a chiac– cherare nei musei e a cantare nelle trattorie, a fare in treno confronti odiosi (e oggi anche infondati) fra la pulizia e la puntualità dei popoli settentrionali e quelle dei popoli meridionali. Ai vinti si convengono il ritegno e la modestia. Molto peggio poi fanno quei tali che non ibJiotecaGino Bianco sanno trattenersi dal parlare del • tradimento • italiano e della • perfidia latina • non appena il discorso cade sulla politica; e la stampa che pubblica sotto titoli sen– sazionali le più innocue notizie di avveninienti italiani, e giudica con tendenziosità e partito preso le vicende poli ti che ed economiche dell'Italia. Ma (conclude Meridionalis) come biasimare i privati quando gli uomini di Governo si comportano male? E' fresco lo scandalo suscitato dalle parole del ministro von Simons a proposito dell'irredE1ntismo tirolese, che offesero profondamente quegli Italiani che desiderano sincera– mente di riannodare la vecchia amicizia con la Germa– nia. E! quanti Tedeschi conservano ombra di saggezza e di prudenza deplorarono l'incauto discorso tenuto dal ministro, in un momento in cui ogni sforzo dei Tedeschi, grandi e piccoli, deve tendere a dissipare le ingiuste pre– venzioni• addensatesi contro 111 loro patria. Perchè Simons parlò proprio del Tiro!~, e non deÌla Boemia settentrio– nale dove vivono dit1ci volte più Tedeschi, e in ben altro pericolo che non nel Tirolu? Ilerche ferì il sentimento nazionale italiano, ·precisamente quando Giolitti si sforza di dare alla po 1 itica italiana un largo indi rizzo europeo e manda il suo più fedele interprete come ambasciatore a Berlino? Meglio avrebbe fatto, e più sicuramente avrebbe interpretato l'opinione germanica, se avesse augurato che il Tirolo meridionale, governato liberamente dagli Ita– liani, costituisse un ponte fra i due grandi Pae~i, ai quali l'avvenire serba ancora un lungo cammino da per– correre insieme. Con queste sagge parole lo scrittore tedesco termina il suo articolo: il quale merita veramente per il suo significato - di essE1reconosciuto e notato. Molto clamore suscitò in Germania una novella del famoso libro dell'ungherese Latzkos, • Uomini in guerra• nella quale e svolta. questa tesi originalissima, che la maggior colpa della guerra mondiale spetta precisamente alle donne. Le donne, con la loro ostentata ammirazione per la forza fisica, pe1· il coraggio che non ragiona, per la violenza brutale ; con la loro vanità, col loro culto per l'eroismo, col loro religioso rispetto per le decora– zioni militari, CrJlarono la mentalità e l'ambiente che rese possibile la' guerra. Scoppiato il conflitto, esse tennero vivo lo • spirito eroico•, coprirono di fiori i c0mbaltenti disprezzarono come vile ogni uomo di sentimenti paci– fisti, riservarono il loro entusiasmo e il loro cuore a chi portava appuntata sul petto la croce di ferro. La teoria idella bellezza della guerra è essenzialmente una teoria femminile. Le donne tedesche, che, come le loro ~orelle d'altri paesi, non hanno in proposito la coscienza molto tran– quilla, si eentirono punte sul vivo, e molte di esse pro– testarono con lettere vivaoi a giornali e a riviste. La rassegna mensile Die P.riedens- Wa1·te di Lipsia ne pub– blica alcune, fra le più iuteressanti. Ne riproduciamo i brani essenziali, per far conoscere come Gret~hen si di– fende, o tenta difendersi, dalla terribile accusa del poeta magiaro. Scrive una signora: • Un personaggio di La.tzkos chiede ad un amico : Le donne ci hanno mandati ad ammazzare, ci hanno mandati a morire per soddisfare la loro vanità: potrai tu difenderle? - Dunque noi donne avremmo spinto gli uomi,1i al macello, perchè si guadagnassero una medaglia per noi, pt1rchè tornassero insigniti della croce di ferro. Ah, io penso alle migliait< di donne a r... i la croc9 di ferro non valse nessuna stima, nessun riguardo da parte

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