Critica Sociale - anno XXX - n. 3 - 1-15 febbraio 1920

CRITICA SOCIALE 35 quel rudimento di lotta iniziata dal proletariato cçm~ trn l'oq~anizzazione politica internazional,è della bor– ghesia 1mpe,rialista, c~1esi reclamò dalla_ revisione del Trattato di Versailles e dalla opposmone alla guerra dell'Intesa contro la Repubblica socialista dei. Soviety, ha trovato la. sua arena naturale e un innegabi,le successo nei Parlamenti? No,n è il Con– g11essodi Washington che ha spento prima che. na– scesse quella Società delle nazioni - ila quale,' aven– do perd.uto i-1 predicato generate che faceva cosi bella mostra cli sè nel 14° punto di Wilson, si trovò ad-essere niente altro-che il trust della vittoria? Non\ ripara la Svizzera dietro la costituzionale necessità del referendum popolare la profonda avversione sua ad abbandonare la propria ,secolare neutralità per accogliere l'invito-ricatto di aderire alla stessa «onb– rata società»? Non è la Camera francese ch e liqui dò la presidenza di Clemenceau? e non sono sta.te la Camera italiana e la Camera dei Comuni di Ingh il- · terra che ispirarono ai Goverrni del)'Intesa il can– giamento di politica rispetto alla Russia? Anche senza sopravvalutare cotesti risultati per amore di tesi si pilò con sicura coscienza affermare che solo un preconcetto f:eticistico' di violenza li può disco– noscere a profitto di tattiche sistematicamentf} insur– rezionali, le quali poi per -loro natura non si ap– plicano aHe r.ivendic.azioni·quotidiane della po.J~tica di cla,sse e. vogliòno essere riserwitt} per fini straor– diwui, nella m~ggiore pienezza de·i tempi. Le quali umili verità nessuno penserebhe a disco_noscere se l'immane guerra, nei suoi processi psicologici de: generativi, non avesse lasciato il mondo pieno d1 furore e p~eno di voglie di. rappresaglia .. Più ché il bene proprio, delle proprie idee e dei pi'oprii inte– ressi, singolari e collettivi, ciascuno sembra ricer– care il male altrui. È la -logica folle e terribile deh la guerra. che co~tinua: nell'ordine internazi~nal_e degli Stati gal_va~1zza~do~e .concorre,nze. ca.ertah– stiche e le pass10m naz1qnahstiche, nell·ordme mter– no degli Stati solle_vand? iincessanteme~te le ag1~a: zioni e i grandi scmperr, che alle classi lavoratnc1 · non apportano che !'.inganno dell'aumento dE:i lo•ro salari, immedia-tamen~e eluso dall'aumento dei prez– zi dellè. cose:· nessuno vedendo che la, salvezza può essere soltanto nella pace, nella 'più vera pace, nell'organàzzazione solidale e non combattiva, coo– perativa e non .individualista dèlla vita, che permet– terà l'aumento della produzione, la abolizione delle spese autoritative, milita~iste _d~gli ~t.ati, il i:e~ipr_o-· co unive,rsale condono di tuttr 1 deb1-t1pubbhc1 e la ripresa del oen'essere e dei f>entimenti più miti e più dolci della umanità. RABANO MA.URO. DOPO. LO ·sciOPERO, FERROVIARIO Voglia_mo con una ~reve nota risf?ar_iniare ~n ta_r– divo articolo sullo sciopero .ferroviario. E sintetiz– ziamo. Nove giorni d~ sciope_ro generale ferr:ovia– rio se debbono avere ingrandite le caverne nei pol– mo~i tubercolotici di questa miserabile società. c_he ha lasciato dietro di sè la guerra, non recarono, giu– dicando dalla superficie, nessun profondo sconvol– gimento. Si r.iteneva da molti ai quali si dava tre– dito di competenti che la paralisi ferro viaria, arri– vando sopra la cronica disòrganizzaziqne della cir– colazione. de.lle màterie prime e degli approvvigio– namenti, avrebbe in· pochi piorni determinafo la chiusura delle fabbriche, lo sciopero generale auto– matico, le. masse in piazza e la fame acuta nelle c·a– se. Sul che qualcuno della Direzione del nostro Par– tito ipotizzava•t'ennesima occasione della rivoluzione massimalista ·per il collet(ivismo in toto. Invece non \ ' ne fu nulla. La paralisi ferroviaria indubitabilmente agì con tutta l'ef{icacia suq,, ma ecco qu,ello che . siugge semp·re ai calcoli del desiderio impa~ie_nte! -,- la società - come durante la guerra - sprigionò da sè gli insdspettati e insospetta_bili corr:pensi,. cioè quelle forze ascose che ha ogni organismo ·vital·e, che nella vita ondinaria non si 'fanno sentire, .e che seno le risorse dei mome,:iti estremi, davanti al pe– ricolo della· morte. Lo Stato - c9me durante la .auerra - mostrò la sua potenza che non hfJ, limiti calcolabili. Diciamo lo Stato, e'non il Governo. An– zi ·diciamo lo Stato come sinonimo di 'società orga– nizzata e non come sistema di poteri burocratici. Questi non furono, in verità, nè' più grandi nè più piccoli dell',ordinario. Forse furono ·stavo/la presi , un po' meno ·alla sprovveduta. La saetta attesa è ve– nuta più lenta .... Ma la saetta: poteva, doveva ndn venire,. Lo pro– vano i risultati dello sciopero. Nulla gli scioperanti ottennero che non avrebbero ottenuto· senza lo scio- , pero. Soltanto lo sciopero agì come una terribile rne8~1lin mora del debitore Stato, che per lo spirito di ròtltine della' sùa burocrazia; per la furbizie av– vocatesca .del' guadàgnar -tempo, giuocan,do di rinvii, non· veniva. mai a capo di nulla, prima della fase' critica dei negoziati, e come si entrò in questa fase, con l'inabile doppie-zza politicante di lusin·gare certi · organismi del personale contro i p,iù veri e mag– giori, esasperava la gelosia sindacale, dava l'im– pressione di insidie_ che bisognava· sventare con gli atti più risoluti, e finiva per far· precipitare ogni cosa. · · ' Ma la sproporzion~ tra ( vantaggi recati al per– sonale e i .danni inflitti a tutti è parsa, anche ai p"iù disposti alla solidarietà tra tutte le categorie dei la– voratori, non trovare nelle ci 1 costanze l'equivalenza •~ufficiente., Ora il diritto - n'pn è vero? - secondo la definizione ·dantesca - non è che ·proporzione. Il sindacalismo pu.ò ignorarlo, e dare ad oqni sin– golo sindacato un'autonomia assoluta, ed una po-. tenza limitata soltanto dalla forza dello 'strumento che_ è nelle sue mani e dalla urgenza del bisogno socutle cui esso serve. Ma il Mcialismo, no. Il so– cialismo non sogna una società dq,ve, distrutta· la classe capitalistica, le gerarchie sociali si stab,ilisca– no secondo la 'potenza di azione dei singoli sinda– cati, in nuisa che quelli che servono, per esempio, alla necessità quotidiana del trasporto possano sem– pre idettare la loro legge di preda e di arbitrio, po– niamo, sugli agricoltori, i quali non hanno mezzo– da frirsi valere fuorchè al'l'epoca del ... raccolto! e tacciamo apposta di· quegli altri sindacati che, per servire bisogni voluttuari, intellettivi, culturali, ecc., non .avrebbero in tutto l'anno tnai neppure un gior-– no per imporsi o.... per potersi difendere .. Perciò il socialismo già in og_gi postula l'unità proletaria dei sindacati nella Confederazione 'Generale de( La– voro, che dovrebbe essere lo strumento di fusione, di arni<;mia, di fratellanza tra tutti i sindaçati, da cui dovrebbe risultare spontanea la «proporzio ne» che è «diritto». Speriamo- che la Direz'ione del P.ar – tito socialista, per quanto di cotesto socialismo po- , co intenda, e ami,· immemore della nostra dottrina del 1892, inginocchiarsi, a·i piedi di ogni sindacato, abbastanza potente nel suo splendido isolame,nto, per trascurare tutti gli. altri e ridersi di essi; che con maravigliosa intransigenza si occupava per lui nelle anticamere di Palazzo Braschi, finisca un gior– no per inten(lere e far intender:e che ogni « isolato » nel grande esdcito dell'organizzazione economica dei lavoratori (e non soltanto le povere donnette dei sindacati cattolici) è l'esponente di un egoismo sociale, · di un « krumira'ggio » in potenza, quando non in at:to. 1 , 'CLAUDIO TREVES.

RkJQdWJsaXNoZXIy