Critica Sociale - XXV - n. 18 - 16-30 settembre 1915

274 CRITICA SOCIALE eque condizioni; l'altro del professore Nicola Tre– visonno, in cui svolgeva una proposta esclusivamente economica, dallo stesso già affacciata nel Giornale degli Economisti. Inutile dire che il Papini e il Trevisonno potevano avere ragione o torto nelle loro idee : lo stesso giornale non garantisce, per– chè non si può identificare con la tesla di ciascun suo collaboratore, la verità delle loro tesi (quid est veritas? andiam-0 domandandoci da Ponzio Pjlato in poi); ma non avrei mai creduto che il Censore po– Lesse .confondere la verità della tesi ui un articolo con la sua attitudine a rompere la concordia na– zionale. Eppure è questo che avviene; la Censura perde la concezione politica della sua funzione, per arrogarsene una morale, filosofica, religiosa, lette– raria, e magari politica - ma proprio di quella politica che è di parte: sopprime, diciamo così, le opinioni avversarie, non perchè sian-0·tali da met– tere in pericolo la unità del sentimento e della vo– lontà di vittoria della Patria, ma in quanto sono .... sovversive, cioè, in quanto sono presunte C•ontrarie a ciò che, in filosofi.a, politica ed amministrazione, pensa, poniamo, il professore Antonio Salandra. Soggiunge un quarto : - Allora, eccoti che la Censura, parteggiando, viene a promuovere proprio ciò che er.a nel suo 3° obbiettivo c1i vita, di impe– dire. Infatti, prendendo sotto la sua protezione ce·rte opinioni e sopprimendo la manifestazione delle opi– moni contrarie, soltanto perchè sono contrarie alle opinioni accettate e, in pratica, alle sue, essa deter– mina un senso rii irritazione profonda nell'animo di quelli che sono colpiti e di baldanza eccessiva in quelli che se ne sentono protetti : donde tra gli uni e gli altri un reciproco stato d'animo, di cui nessun altro si potrebbe immaginare men propizio alla ·pace e alla concordia civile, che è nel pensiero di tutti. È, sotto altro punto di vista, un altro risultato di quello stesso errore di apprezzamento, su ciò eh-e è atto e su ciò che non è atto a ispirare fiducia e lena ai soldati, che traviò la Censura allorché la Censura traeva sua norma di azione dal supposto che i soldati d'Italia si entusiasmassero alla pro– spettiva (falsa) di avere un nemico imbelle e si ab– battessero alla pros·pettiva (vera) di un nemico vi– goroso e potente; il che era precisamente tutto i.I contrario di ciò che l'esperienza storica ha glorio– samente dimostrato. E il quinto osserva: - In generale, alla .Censura si deve dare un còmpito il• più possibilmente con– creto 0d oggettivo; dove sia minima la parte lasciata all'arbitrio soggettivo dell'apprezzamento degli ef– fetti psicologici di un articolo sulle masse. Il Cen– sore, quasi senza accorgersi,. prende la propria,.co– sci,enza come misura della coscienza universale : ciò che lo solleva o lo abbatte, ciò che lo entusiasma o lo avvilisce, è ciò che solleva ed abbatte, entu– siasma ed avvilisce l'universale. Come potrebbe un Censore estrinsecarsi così da vedere che l'idea, in, cui egli non consente·, può benissimo, anziché mi– nare. la concordia, cementarla, e aI contrario quella idea, in cui egli si ritrova tutto, può avere l'effetto perfettamente opposto? Intanto è assai difficile che la Censura ammetta di essere censurata. Il primo segno di concordia nazionale, per la Censura, è che non le si muova censura. La tregua dei partiti consiste - come nel fioretto di S. Francesco, feli– cemente evocato dall'Avanti! - nel sostenere « pa– zientemente e con allegrezza, pensando le pene di Cristo benedetto » colui che « uscirà fuori con un bastone nocchieruto e piglieracci per lo cappuccio e gitteracci in terra e involgeracci nella neve e batteracci a nodo a nodo con quello bastone» - o sia che ci accusino soltanto di trattare col nemico o sia che ci sopprimano le proteste della nostra innocenza offesa .... BibliotecaGino Bianco A questo punto il Comizio, convocato idealmente a dire dei mezzi della Censura meglio ordinati al suo fine, si leva unanime: - Le vie della pace civica e della concordia nazionale sono quelle della disci– plina nelle cose necessarie e della libertà in quelle dubbie, idest, disputabili. Il valore dei militi si ali– menta in battaglia dal sano e vigoroso istinto del vivere, affinato ed elevato dalla coscienza di un dovere che richiede sacrificio. Con ciò• è detto tutto. Se alla creazione di questo stato di coscienza gio– vino meglio le illusioni corroboranti o la fortifi– cante visione della verità immanente, non si può con oertezza, ed in via assoluta, universale, stabi– lire. Il perchè è assurdo che la Censura si affatichi, in un suo supposto preconcetto, a dirigere tutta la produzione giornalistica in un solo senso. Lasci passare tutto, e ciascuno cercherà il suo prò dove stimerà trovarlo. La tregua dei partiti non è abo– lizione de~le idee _diverse de\ J?(Hliti; sopratutto _non è la caccia alle idee che si ritengono contrarie a quelle che segue il Governo. Lo stesso Governo, nella sua recente circolare, ha espresso ai Censori il suo più che giustificato timore che la pratica della Censura possa condurre l'opinione pubblica a ritenere che tutto che s.i•stampa incensurato ri~ sponda al sentimento, al vol,ere, all'interesse del Gove.rno. La Censura non può altrimenti scongiu– rare tale falso vedere che rispetta,ndo le libere di– scussioni, magari gli attacchi più vibrati a sè ed al Governo. La concordia pratica si fa anche di co– teste discordie teoriche. Neppure la dittatura, nep– pure i pieni poteri escludono il consulere de re pu– blica, e chi dice consulere dice discutere, e nes– suno potrebb,e pensare ad impedire aUa Critica So– ciale di speculare fin d'ora se la pace salda dell'av– venire riposerà più tranquilla sopra un aumento o sopra una riduzione dèi poteri dello Stato in confronto di quelli dell'individuo, se affidata ad un rinforzato dispotismo dei Governi o ad una più piena libertà di controllo e di decisione dei popoli. Cotal discussione non involge certamente rivelazioni di segreti militari, nè è fatta per scemare l'ardore di clu combatte, e nepriure. p,er rallentare tra i par– titi dell'oggi quella· reciproca tolleranza, senza della quale il nemico si imbaldanzirebbe •come davanti ad un popolo diviso; chi la sopprimesse la sopprime– rebbe - . magari senza accorgersi - per ostilità personale alla tesi che il pubblicista avesse accolla. La concordia discorde è l'armonica risultante di mi– gliaia di antitesi, tutte, singolarmente, animate dallo stesso sincero proposito che la Patria esca vitto– riosa dal grande cimento. Non c'è nessun partito , ~ nessuno, nel' modo più assoluto - in Italia che possa nutrire un pensiero div,erso. Tutti sono disposti a dare, a seconda delle proprie ideali pre– messe, nell'ordine militare e nell'ordine civile, l'o– pera propria, perchè più salda sia la resistenza na– zionale. I grandi Comuni amministrali dai sociali– sti sono esempio della più .nobil,e attività in tale senso, e il Governo mostra di apprezzare i servizi preziosi àe ess,i rendono alla caus,a della patria .... Ma, appunto, si ha da rispettare il savio sviluppo delle ideali premesse di ciascun pa·rtito nell'àmbito delle civili discussioni, dappoichè è da quelle che i partiti traggono lume e sprone alle conseguenze pratiche. La Censura che pretendesse abolire quelle premesse rischierebbe di essiccare la linfa vigorosa che alimenta la féconda attività dei partiti, la loro gara possente verso l'obbiettivo comune: la vit– toria. Nella Francia repubblicana (ma in tempo di guer– ra vi è ancora repubblica?), si dispera di riuscire a contenere .la Censura in quell'orbita, in cui l'azio– ne sua appaia ammissibile ed utile, e un giornale conservatore, il Figaro, si è messo alla testa cli una

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