Critica Sociale - Anno XXV - n. 13 - 1-15 luglio 1915

194 CRITICA SOCIALE trnpidanti della Balcania, allora anch'esse senti– ranno, penseranno con la logica della guerra; e colai Joo-ica è di odio o di amore (secondo il punto di applica7,ione) - non mai di giustizi.a. Tutt~ i 1 Pcchi e i nuovi beJligeranti detesteranno la « g1u-• :-;tizia», come il tradimento stesso; odieranno la « irnpartialità » più del nemico in campo, come un nemico in agguato, perchè in guerra l'unica 11orma del giudicare è la volontà di vincere, è la volonlà di pr1epolere. /\h! come sono asini quei Governi che in tempo di guerra tormentano i popoli con le sciocche arti di polizia per tenerne su il morale .... Se tali arti I,otessero qualcosa, potrebbero soltanto nel senso di deprimere gli spiriti per l'insofferenza della mo– lrstia inutile e pedantesca. La guerra tiene da sè ;.;o]levato « il morale>> del popolo, con le passi-0ni c·lte da essa si sprigionano e che, se d!l essa non si sprigionassero, indarno si cercherebbe cli susci– .Iarie con i verboten della . censura e Je molteplici ordinanze volle alla divulgazione forzala di buone notizie, di cui, secondo un umorista, il primo arti– colo suona così: « Duranle la guerra ogni citta– dino ha l'obbligo di essere allegro. La mestizia ;.;arù punita con le pene dell'alto tradimento ridotte da 1111 quarto ad una, metà>>. Ah! come sono savi quei giornalisti i quali di– cono: - Eliminiamo pure dal giornale le notizie ::;ulle operazioni militari che possono essere inge– nue e pericolose segnalazioni al nemico .... Ma, per il resto, lasciateci scrivere, lasciateci studiare, di– scutere, vivere. 1 on avvilile il morale del pubblico cd il nostro con la scusa di custodirlo. Il nostro• morale si solleva con l'esercizio di dire alto e forte ciò che ci par giusto nella disputa dei partiti e delle classi, la quale è eterna e non patisce sospen– sioni neppure durante la guerra. Lasciateci fare la discussione politica consueta, perchè il proibirla per misura di polizia delle anime ingenera facil– mente il sos-petto eh~ non sia lecita altra politica che quella degli interessi che sono rappresentali dal Governo·; donde contrasti, diffidenza, sorde osti– litù; s-cntimenti invero punto propizi alla poli– tica della guerra. Ora lutti vogliono vincere. La concordia di questo volere non è disputabile; quelli, che per principio erano avversi alla guerra, per gran parLe dei motivi stessi per i quali la guerra :1eprecavano sono indotti ad auspicare la villoria, 11na volt.a che la guerra è.... intervenuta! Ciò si J,egge pme negli ordini ciel giorno della Direzi-one tld P. S. e, se non è così esplicito, si è perchè In nirrzione ha la preoccupazione di salvaguar– dare da on-ni confusione, pur nelle menti dei più -cmplici, la grande idea-forza della Internazionale. .... E allora perchè i Governi dovrebbero restar li!:ri al vecchio sistema di tener su il morale del popolo con il silenzio, la reticenza, le proibizioni, l'inquisizion,e, ecc., come se il popolo fosse sempre un fanciullo inelto a sopportare le asperità del r-cro, inetto a sopportare dunque i cimenti della guerra? Tal politica diffama il popolo ·e diffama la guerra .... A coloro- che i primi giorni della im– presa nostra assumevano atteggiamenti di patema ufficiositò descrivendo l'esercito austriaco come sfi– duciato, malnutrito, malcalzato, pronto alla resa ignominiosa, il vecchio Montaigne non avrebbe mancato di ricordare l'insegnamento di Cesare - il quale a lui pareva così provvido - per cui, essendo l'esercito in qualche apprensione per il rumore che correva tra le file delle grandi forze rhe conduceva contro di esso il re Giuba, Cesare, in luogo di abbassare l'opinione che i soldati se ne •'rano fatta e di rimpicciolire la forza del nemico, avendoli riuniti in assemblea per incitare il loro BibliotecaGino Bianco coraggio, prese una via tutta contraria a quella cui noi siamo avvezzi, perocchè disse loro che non si mettessero iri pena per sapere le forze del nemico, chè egli ne aveva avuto notizie certissime: ed allora egli ne fece un numero assai superiore al vero etl alla voce che ne correva nel campo, suyvant ce que conseille Cyrus en Xénophon: d'autant que la tromperie n'est pas cle tel i11terest de trouver /es ennemis pal' el{ect plus foibles qu'on n'avoit espéré, que cle les trouver à la verité bien fol'ls, aprèz les avoir jugez foibles par réputation. (MoN– TAIG:-JE, Es·sA1s, Livre Seco11d, chap. XXXIV). La quale tromperie è per avventura quella che si ri– serva ai popoli pupilli, spregiat.i dai propri go– vernanti! Ah! la guerra da sè, eia sè, suol t.enere sollevato « il morale>> cLelpopolo, poichè è. virtù sua propria quella di venir naturalmente sistemando e ingigan– tendo lutti i· sentimenti umani che siano propizi aliJ volontà di vittoria e di venir naturalmente disinte– grando ed eliminando tutti ~li altri, e sia pure cl1J questi ultimi si rappresenlrno nella forma e nel paludamento delle virtù più elleniche, delle virtù meglio raccomandate da SocraLe, da Marco Au– relio e da Seneca, lo studio del Vero, la modc– razìone dell'animo, l'equanimità dei sentiment.i, lu giustizia per tutti.... · S'io dico il ver, se lo sa il Papa .... Pensate u11 po' quella sua crocifissa intervista col giornalista francese!... Tutla vera, tutta vera, malgrado che dopo l'Osservatore Romano ci abbia trovato inesat– Lezze e il cardinale segretario tli Stato, Monsignor Gasparri, si sia ingegnalo a spuntarne il senso, vi– sto l'effetto che aveva r iportalo sui po-poli in guerra! Tutta vera, malgra.do il Cardinale abbia certo 1·a– gione supponendo ch e il giornalista francese abbia dovuto accentuare le idee del Papa che: esulcera– vano lui, francese e patriota, e che il Papa avrù pure espresso in lingua più melliflu;i. Tutta vera, tutta vera nel fondo e nell'intimo, ove si scorge lim– pidamente la grande tragedia della cattolicità che combatte con 11 particolarismo nazionalista e nou vuol lasciargli riessun vantaggio. L'universalilù della Chiesa tutta si ribella al conato di irretire tutta la verità, tutta la giustizia, nella causa della Duplice o della Triplice diventata quadruplice Alleanza. Dicano quello che vogliono italiani, francesi, in– glesi, rus$i! Il Papa ·non giudicherà mai su di essi p,er non giudicare dei suoi figli di Austria e di Ger– mania; e così alle accuse di ciascuno conlrapporrù le accuse di lulli gli altri senza decidere. Egli non è giudice. Giudice è Dio. Eg 1 i vuol rimanere im– parziale. In fatto non riesce ad essere che indiffe– rente. Ed ognuno lo riguarda. come guadagnalo al nemico, perchè ognuno che combatte non può fare a mezzo e mezzo delle sue ragioni col nemico. Ognuno ha tulle le ragioni. E quelle che egli loda in sè, le stesse egli rimprovera più acerbamente al nemico. La gloria della rappresaglia è uguale al– l'infamia della provocazione. Povero Papa! Nessuno si trovò disposto a cre– dere n,el disinteresse della sua imparzialità. Lo sfor– zo di neutralità della Santa Sede, derivato dalla co– scienza di una missione universale, non fu da al– cuno riconosciuto. E, a prescindere anche dalle passioni di guerra, c'era di che. In falli la Chiesa è neutrale solo per il principio trascendente, da essa troppe volte calpestalo nella sua storia poli– ticp, della comune origine divinn degli uomini! Come potrebbe ora da quel nudo principio legit.– timamente inferire un diritto di imparzialità, che si risolve in un diritto di indifferenza, tra le parti belligeranti nella immane conflagrazione? ... Ah! co– me diversa nel suo cuore interno la neutralità del

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